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Caraibi 2

Impiegai qualche attimo per realizzare quello che mi stava dicendo, poi riuscii a metterlo a fuoco nel controluce della porta finestra della camera da cui penetrava il sole cubano. Un languore mi prese nell’osservarlo: pantaloncini corti color cachi in stile militare, camicia bianca di un tessuto simile alla garza, calzettoni bianchi e scarponcini da trekking, portava i capelli sciolti e un berretto con visiera della locale università, era bellissimo. "Ma tu non dormi mai? – gli chiesi – Sono appena le otto e io sono in vacanza".

Proprio non mi andava di lasciare quel letto così accogliente e la fresca atmosfera della stanza immersa nell’aria condizionata. Ma lui era implacabile: "Le otto?, veramente io ho già fatto l’allenamento in piscina, prima di venire qui, cosa desideri per colazione?".

Stiracchiandomi senza ritegno di fronte a lui, gli chiesi una tazza di tè nero e una fetta di pane con marmellata di fragole. Armeggiò per un attimo e poi mi porse il vassoio appoggiandolo sul bordo del letto, sedendosi anche lui sul bordo. Mi sorrideva, come solo può sorridere un ragazzo della sua età pieno di energie e di entusiasmo.

"Ti ho portato degli abiti per l’escursione di oggi, sono di Teresa, penso che dovrebbero starti perfettamente, avete la stessa taglia, mi sembra". La cosa mi stupì, di solito gli uomini, compreso mio marito, non sanno la differenza tra una taglia e l’altra, una misura di reggiseno o di uno slip, Manuel sembrava avermi valutato con molta attenzione il giorno prima. Effettivamente Teresa era molto simile a me, stessa altezza, forse un po’ più seno, ma i fianchi e le gambe erano molto simili, non per niente Teresa era una bella ragazza!

In ogni caso rimasi infastidita al solo pensiero di indossare degli abiti di Teresa, anzi rimasi stupita che avesse acconsentito a prestarmeli, comunque non indagai oltre e mi gustai la colazione, servita da quell’ incredibile cameriere.

Mentre mangiavo Manuel non mi perdeva d’occhio un istante, era bello mangiare con lui che ti serviva attento a soddisfare ogni richiesta.

Poi fummo interrotti dal suono del telefono della camera, alla cornetta c’era Paolo che mi salutò: "Ciao tesoro, mi passi Manuel che abbiamo un problema con i permessi di pesca!"

Come diavolo faceva Paolo a sapere che Manuel era in camera da me, pensai alquanto irritata mentre porgevo la cornetta a Manuel.

Mentre loro parlavano al telefono di autorizzazioni, permessi di pesca, moduli da presentare nella capitaneria di porto, continuavo a rimuginare sul fatto e alla fine giunsi alla conclusione che, conoscendo le mie abitudini, doveva essere stato Paolo a dire a Manuel di buttarmi giù dal letto se volevamo fare l’escursione.

In ogni caso la cosa mi dava fastidio e decisi di vederci chiaro, per cui visto che il mio cameriere era impegnato al telefono mi sporsi in avanti a prendere il bicchiere con il succo d’arancia e nel farlo lasciai scivolare il lenzuolo che mi copriva il seno.

Non feci nulla per trattenere il lembo di stoffa e con tutta la naturalezza possibile continuai a fare colazione a seno nudo come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.

A Manuel, poggiando la cornetta del telefono, non era sfuggita la cosa, vidi indugiare il suo sguardo sul mio seno e subito sentii i capezzoli indurirsi, come se lo sguardo li avesse fisicamente accarezzati, rimasi turbata da quella sensazione e come una stupida liceale mi affrettai a ricoprirmi.

Manuel si avvicinò, pensai che mi avrebbe baciata dopo quell’ invito malcelato, ma disse: "Attenta ti è caduta la marmellata nel letto" raccogliendo il piccolo contenitore di plastica e rimettendolo sul vassoio.

Irritata, gli chiesi: "E Teresa come mai non è con te?" Per un attimo non rispose, stupito da quella domanda e dal riferimento a Teresa. "La mattina va a scuola, ci vediamo sul tardi eventualmente".

Mi pentii subito di quella domanda che rivelava il mio disagio e gli chiesi di voltarsi per permettermi di andare in bagno per prepararmi. Feci una doccia veloce e rientrai in camera con l’accappatoio .

I vestiti di Teresa erano proprio della mia taglia e di gran gusto: un paio di short verde scuro e una t-shirt bianca, che indossai sopra il costume acquistato prima di partire.

Raccolsi i capelli con un fermaglio elastico e allo specchio decisi che il risultato finale era passabile.

Manuel fu soddisfatto che il tutto fosse di mio gradimento e mi porse un berretto simile al suo: "Il sole di Cuba non perdona" aggiunse.

La convertibile ci aspettava di fronte all’albergo e dopo essere saliti a bordo, Manuel si diresse velocemente, come solo sanno fare quelli del luogo alle prese con il traffico disordinato della capitale, verso la periferia.

"Dove mi stai portando?" gli domandai "È una sorpresa, Giulia, sono riuscito a farmi dare dal mio professore di botanica le chiavi della Grotta Majore, dove teniamo le colture del laboratorio genetico; so che sei una appassionata di fiori e sicuramente apprezzerai quello che ti mostrerò"

Non riuscivo a capire come Paolo avesse avuto il tempo, in pochi minuti, di raccontargli anche questi dettagli. Certo non immaginavo che lui e Manuel fossero in contatto via e-mail da un paio di mesi, durante i quali Paolo aveva avuto il tempo di organizzare tutto il nostro viaggio nei minimi dettagli comprese le fortuite coincidenze che mi sorprendevano sempre più.

Quando Manuel mi disse che eravamo arrivati, ci trovammo di fronte ad un cancello con la targa Università dell’Avana, botanica e genetica.

"Vieni" mi disse aprendo il cancello. Fatti pochi passi ci infilammo in un sentiero dove il profumo dei fiori ci raggiunse, era talmente intenso che rimasi stupita.

Ci addentrammo e dopo un po’ il sole sparì alla nostra vista a causa dei rami degli alberi che formavano un soffitto vegetale molto fitto. Manuel proseguiva con passo spedito, soffermandosi di tanto in tanto ad osservare alcuni innesti che portavano delle etichette di legno.

"Fai attenzione ora dobbiamo scendere".

Mi tese la mano per guidarmi e scendemmo alcuni scalini ricavati nella roccia, l’umidità era molto forte ma la vegetazione circostante attenuava in modo sensibile il calore dei raggi del sole.

"Aspettami qui un attimo, poi ti aiuto a scendere". Aiutandosi con un corrimano in corda scese un piccolo dislivello roccioso, e poi mi invitò a fare lo stesso, mi sentii afferrata dalle sue mani che mi guidavano nella discesa, il mio corpo scorreva sul suo mentre mi calavo, per un attimo mi ricordai delle sensazioni che avevo provato la sera prima quando avevamo ballato insieme.

Le sue mani percorrevano le mie gambe, i fianchi e mi ritrovai sul pavimento di roccia che costituiva una piattaforma con un foro di ingresso sul lato sinistro.

"Siamo quasi arrivati!" mi disse indicando una pozza d’acqua di mare trasparente.

"Dobbiamo immergerci in acqua se vogliamo vedere la grotta, l’ingresso principale, dall’altra parte è ancora chiuso per via dei lavori di costruzione del nuovo montacarichi. Non aver paura si tratta di trattenere il respiro per pochi secondi, lasciamo gli abiti qui".

Manuel cominciò a spogliarsi e rapidamente restò in costume da bagno. Per un attimo restai rapita a guardare il suo corpo, la bellezza di un corpo scolpito dall’attività sportiva e dai vent’anni mi si parava davanti in tutta la sua energia e vigore.

Sembrava quasi finto nella totale assenza di qualsiasi traccia di peluria, fatta eccezione per un delicato vello sotto le ascelle appena accennato.

Provai uno strano languore allo stomaco ed un rimescolamento mentre mi spogliavo sotto il suo sguardo.

Terminata l’operazione mi parve di notare un cenno di approvazione quando rimasi in due pezzi, Oddio! Due pezzi, un paio ci centimetri di stoffa tenuti insieme da un paio di laccetti sui fianchi e sulla schiena degni più di un bordo piscina che in quella situazione.

Manuel si tuffò in acqua ed attese che lo raggiungessi, l’acqua era talmente trasparente che si poteva vedere distintamente il fondo ricoperto dalla flora acquatica lussureggiante dei carabi.

Lo raggiunsi ed insieme percorremmo un paio di metri sotto il bordo della grotta.

Come spuntai dall’altra parte restai senza fiato, la caverna era molto vasta, ci si sarebbe potuta giocare tranquillamente una partita di basket, ma quello che mi colpiva era il pavimento letteralmente ricoperto di fiori, illuminato dalle lampade poste sul soffitto della grotta, dalla tonalità leggermente azzurra.

Tra i fiori, un sentiero attraversava tutta la grotta, si sentiva forte il profumo che emanavano misto ad un aroma di muschio.

La temperatura era poco più di ventiquattro gradi tenuta costante dall’isolamento dovuto alla roccia scaldata in superficie dal sole.

"Sei la prima estranea che visita questa meraviglia da molto tempo, ma il professore non poteva rifiutarmi questo favore dopo tutto il lavoro che ho fatto per lui".

Sembrava un angolo di un mondo perduto, mi chinai sui fiori e solo allora notai quanto belli fossero, la flora di Cuba si caratterizza non solo per la varietà delle specie, bensì per il suo essere endemica, essere cioè esclusive dell’isola.

Nella formazione di questo mosaico ecologico di gran ricchezza e diversità hanno influito fattori come la temperatura, l’ umidità, le piogge, i venti, il tipo di suolo e il fatto di essere un’isola.

Diverse varietà del giglio della costa, ma soprattutto le orchidee attirarono la mia attenzione, molte di queste andavano ad alimentare l’Orchideario di Soroa tra L’Avana e Pinar del Rio.

Manuel mi portò in un angolo della grotta e mi fece vedere l’orchidea, frutto del suo lavoro, quella che avrebbe presentato con la sua tesi, era un fiore rosso e carnoso.

Il fiore delle Orchidee è costituito da sei tepali (nelle piante in cui non esiste la distinzione tra calice e corolla gli elementi che costituiscono il fiore sono detti: tepali).

Secondo alcuni si tratta di tre petali e tre sepali (foglie modificate).

Il petalo basale unito ad uno stame forma il labello che ha un aspetto tipico a seconda dei generi in questo caso assumeva la forma del sesso di una donna.

Si distinguevano le grandi labbra dalle quali prepotentemente usciva il prepuzio di un clitoride rosso fuoco dalla polpa vellutata.

Manuel sfiorò quel fiore come se accarezzasse il sesso di una donna, metteva nel movimento la stessa delicatezza e la stessa voluttà di un amante.

"Come l’hai chiamata?" chiesi quasi sottovoce a due passi da lui. Non l’ho ancora deciso, ma ora che ti ho conosciuta stavo pensando di chiamarla Giulia.

Cosa ne dici?".

"Non mi pare adatto, forse Elisa, il mio secondo nome, sarebbe più appropriato".

Nel dire queste parole lo fissai intensamente.

I nostri visi erano molto vicini, troppo vicini, sentivo il suo alito tiepido sulle mie labbra, volevo baciarlo, volevo mordere le sue labbra, volevo leccare la sua lingua, succhiarla, entrare dentro di lui, fu Manuel a risolvere la situazione: "Vieni ti faccio vedere le colture idroponiche" disse alzandosi e versando una cascata d’acqua gelata sulla mia libidine che stava montando.

Mi ritrovai di malavoglia a seguirlo e sorrisi dentro di me nel vederlo assorto nel suo ambiente come un ragazzino, quale mi apparve, che si diverte tra i suoi giocattoli.

Era la prima volta dopo l’esperienza con Simone che provavo una forte attrazione fisica per un uomo, ero stupita della mia reazione, non avrei mai pensato di trovare così naturale il pensiero di tradire mio marito, anzi il pensiero di Paolo era l’ultima cosa che passava per la mia testa in quel momento.

Era proprio vero quello che diceva la mia amica Sara, quando si autogiustificava: l’unico modo per non cadere in tentazione è rifuggirle. Ma le sorprese non erano finite, la mia attenzione fu richiamata da Manuel che mi invitava a seguirlo, attraversammo un cunicolo non molto alto che ci condusse ad una delle uscite della grotta.

La forte luminosità che si intravedeva al termine del cunicolo si trasformò in uno spettacolo mozzafiato, un balcone di roccia sospeso sull’oceano come un’enorme finestra da cui la caverna prendeva aria. Il caldo ci avvolse e l’umidità delle goccioline delle onde che si infrangevano poco sotto ricoprì la nostra pelle.

Era uno spettacolo da sogno.

Rimasi a bocca aperta di fronte al mare che giocava a rincorrersi sino ai nostri piedi per poi esplodere nel fragore delle onde. Manuel a fianco godeva del panorama come se fosse la prima volta che lo vedeva: "È meraviglioso vero? Io vengo qui a studiare ogni volta che mi è possibile".

Lo fissai, il vento che proveniva dal mare gli scompigliava i capelli, sembrava il capitano di una nave mentre affronta il mare in tempesta, non resistetti oltre, mi sollevai leggermente sulla punta dei piedi e mi strinsi a lui che ricambiò l’abbraccio. Era bello sentire le sue braccia cingermi i fianchi, ma lui fraintese le mie intenzioni e con fare innocente disse: "Emoziona anche te, vero?" continuando a fissare l’orizzonte.

A quel punto se non ci fosse stato il precedente di Teresa avrei cominciato a nutrire seri dubbi sui gusti sessuali di Manuel. Di certo il mio amor proprio era sparso tra le onde e gli scogli sottostanti, per cui quando Manuel propose di rientrare in albergo ne fui quasi sollevata.

Quando rientrammo si erano fatte le tre del pomeriggio e rimanemmo d’accordo che ci saremmo sentiti telefonicamente per decidere il programma della serata. Mi feci portare un paio di sandwich in camera e dopo mi immersi nella vasca decisa a non pensare ad altro che a rilassarmi.

Mi svegliò Paolo mentre assopita ero ancora immersa nell’acqua: "Ciao amore, è stata una giornata favolosa, abbiamo fatto una battuta di pesca incredibile, e tu ti sei divertita?" Gli raccontai l’esperienza della mattinata, purgata ovviamente del lato emotivo, e lo invitai a condividere l’idromassaggio, volevo sentirlo, volevo sfogare su di lui le frustrazioni passate con Manuel, ma Paolo cortesemente declinò l’invito: "Faccio una doccia veloce, mi aspettano al porto per mettere a posto l’attrezzatura".

Mi sentii delusa, inappagata, presi la decisione di scoparmi il primo uomo che fosse entrato in camera, stavano giusto bussando alla porta, però quando entrò il vecchio cameriere del piano, che probabilmente aveva fatto la rivoluzione dei primi del 900, piano per ritirare il vassoio della colazione, tornai sulla mia decisione e sfinita mi assopii.

Paolo tornò dopo una ventina di minuti, l’appuntamento al porto era saltato, mi disse che aveva visto Manuel e che per quella sera ci aveva invitati a casa sua.

Anche lui si sentiva stanco dopo un giornata passata in barca e mi raggiunse a letto, si avvicinò e mi sfiorò il collo con un bacio, di spalle a me, mi pressò con dolcezza accarezzandomi i fianchi facendomi rabbrividire, finalmente si accorgeva che esistevo.

"Ti sei divertita questa mattina?" mentendo spudoratamente dissi: "È stata una cosa fantastica", descrivendogli tutto quello che di bello avevo visto.

"Manuel è stato all’altezza del compito?" aggiunse. Sentivo che il contatto con il mio corpo cominciava a fare il suo effetto per cui lo stuzzicai: "È stato perfetto, non avrei potuto chiedere di meglio, grazie", aggiunsi sottolineando le ultime parole e aumentando la pressione sul suo inguine. Di rimando sentii un fremito attraversare il suo corpo.

"Ti è piaciuto?" insistette, "Oh! si è un amante fantastico, anche se è così giovane, sa come far felice una donna" e nel dire queste parole presi in mano il suo sesso che reagì alle mie parole con una violenta erezione. "Mi stai dicendo che avete fatto l’amore?" disse incredulo.

"Non era questo che volevi? Me lo hai anche mandato in camera".

E mentre dicevo queste cose lo guidai dentro di me, il suo calore mi avvolse, finalmente. Paolo continuava ad interrogarmi ed io gli rispondevo a tono fantasticando le doti di Manuel, le dimensioni del suo sesso, la sua energia.

Ad un certo punto mi accorsi di avere esagerato perché Paolo venne dentro di me con un sussulto, mi morsi le labbra per la delusione, quasi procurandomi del male, ma non dissi nulla e restai vicino a lui, ancora dentro di me, sentendo il suo respiro farsi pesante, si era addormentato e anch’io, vinta dalle emozioni della giornata, precipitai in un sonno agitato.

Fui svegliata dal rumore dell’acqua della doccia che scorreva, raggiunsi Paolo sotto la doccia e amorevolmente presi il sapone e gli massaggiai la schiena.

Le mie mani percorrevano il suo corpo e lo sentii rabbrividire di piacere quando glielo presi in mano, stranamente era eccitatissimo nonostante avessimo fatto l’amore poco prima, pensai di recuperare l’occasione sfumata, ma lui fu lesto a comunicarmi che Manuel sarebbe passato tra poco a prenderci per la serata.

Non mi rendevo conto di nulla di quello che Paolo mi stava riservando: il suo finto orgasmo, l’astinenza sessuale prolungata, il suo incontro con Manuel nel pomeriggio per fare il punto della situazione ed avere i dettagli della mattinata trascorsa con me.

Immaginate le risate di quei due che stavano giocando con i miei sensi in modo spudorato. Evidentemente la lezione di Simone non mi era stata sufficiente per immaginare quanto fosse abile Paolo a circuirmi.

Mente mi preparavo, Paolo mi guardava ammirando la civetteria con cui mi truccavo, e ad un certo punto mi disse tra il serioso e il divertito: "Sai non pensavo che saresti stata capace di andare con un altro senza che io fossi presente, devo preoccuparmi?"

All’inizio quasi non capii, poi tentata di confessare la bugia di prima, con una risata decisi di tacere e guardandolo dritto negli occhi gli dissi: "Mi stai trascurando uomo, sai quanto posso essere pericolosa in questi casi, ricordati che la tigre che assapora la carne umana non può più farne a meno.

" Lui ridendo aggiunse: "Ti piace la carne tenera dei bambini?" alludendo all’età di Manuel.

"Mi deve essere capitata una parte poco tenera, però! " conclusi strizzandogli l’occhio mentre mettevo il mascara e lo guardavo dallo specchio.

Il citofono squillò. Era il portiere che ci avvisava che Manuel ci attendeva alla reception.

Diedi un ultimo sguardo allo specchio, ero soddisfatta, il completo gonna e camicetta di seta di Baloon con le sue sfumature rosse, gialle e bianche s’intonavano all’azzurro del trucco e degli occhi e i capelli biondi sciolti facevano il resto, restituendomi la vista di una donna sensuale pur se decisamente inappagata.

Come spesso avviene le disgrazie non vengono mai da sole e nel mio caso la disgrazia aveva il nome di Teresa, seduta in macchina a fianco di Manuel, non meno radiosa di me in un abitino bianco di garza leggera con i capelli neri ebano ad incorniciare quel musetto da Lolita impenitente.

Mentre Manuel avviava il motore, Teresa si sporse in ginocchio sul sedile per salutare me e per scoccare un bacio sulla guancia di Paolo, rimasi irritata dal calore con cui Paolo ricambiò il saluto.

Al colmo dell’irritazione pensai che Teresa aveva solo 3 anni più di nostro figlio, ma dubitavo fortemente dell’istinto paterno di mio marito nei confronti di quella smorfiosa sgualdrinella.

Dopo baci ed abbracci, finalmente Manuel avviò lauto, mentre Teresa continuava a stare in ginocchio sul sedile sporgendosi pericolosamente dalla parte di Paolo ogni volta che la macchina accelerava e la cretina lanciava un urletto che destava l’ilarità di mio marito.

Quanto possono essere stupidi gli uomini quando la pollastrella di turno gli sventola la sua disponibilità sul viso, perché Teresa ci stava decisamente provando ed in modo anche sfacciato, tirando a sé Paolo e raccontandogli chissà quale baggianata all’orecchio e scoppiando a ridere prima ancora di vedere se il suo interlocutore trovava la cosa spiritosa.

Attraversammo tutta l’Avana vecchia e un pezzo del lungomare prima di arrivare nella periferia dove c’erano alcune case sparse che conservavano intatto il fascino delle costruzioni a due piani, con la terrazza e col tetto fatto di canne.

La casa di Manuel stava su una collina dalla quale si vedeva tutta la città e il panorama era bellissimo, fatto di mare, di case colorate, di una folta vegetazione multicolore e del cielo che di sera assume le tinte calde di un quadro ad olio.

Manuel ci fece strada e arrivati sulla terrazza la vista che ci si presentò era di quelle mozzafiato: il sole al tramonto si rifletteva sul mare, si sentiva chiaro il profumo dei fiori e una leggera brezza mitigava l’umidità sempre presente. Restammo tutti e quattro in silenzio ad osservare quello spettacolo naturale.

Il primo a riprendersi fu Manuel che propose di bere qualcosa.

Il gusto del Mojihto che ci portò era molto fruttato e solo il pizzicore alla lingua rivelava la forte presenza dell’immancabile rum, ma questo era di ottima qualità, decisamente differente da quello dozzinale che servivano nei locali, anzi il gusto leggermente asprigno era decisamente gradevole.

Teresa, che dimostrava molta familiarità con la casa, accese l’impianto stereo e la melodia di un chitarrista emerse come per magia dai bordi del terrazzo diffondendo la musica in sottofondo, lei si mise a danzare in modo molto sensuale ad occhi chiusi, lasciandosi guidare dalla musica.

Teresa aveva un modo di muoversi e danzare veramente elegante, frutto di anni di danza; aveva l’incedere classico di chi è abituato a muovere il proprio corpo seguendo le note, le spalle si muovevano indipendentemente dal resto del corpo, i fianchi roteavano, si flettevano imprimendo al busto una rotazione che veniva accentuata o rallentata dalla posizione delle braccia, lunghe e flessuose.

La sua danza aveva catturato l’attenzione di tutti, ognuno di noi provava un piccolo sentimento di invidia nei suoi confronti per la sua capacità di seguire l’armonia della musica.

Ad un certo momento si avvicinò a Paolo e lo trascinò verso di lei, mettendolo al centro della sua danza come totem sacro. Paolo, catturato dalla magia di quella danza, non riusciva a staccare gli occhi dal corpo di Teresa, poi si diresse verso Manuel e gli cinse il collo con quelle braccia lunghe e flessuose terminando il movimento in un abbraccio che l’avvolse, con un gamba sollevata a cingergli i fianchi.

Teresa ci aveva conquistati, giovane vestale che danzava in onore dei suoi dei, e quando venne dalla mia parte la seguii, trascinata dalle sue mani.

Sentivo il calore che emanava il suo corpo, i suoi occhi neri come la notte si perdevano nei miei, sentivo il battito del cuore che accelerava e la testa leggermente persa nella vertigine che la rotazione del suo corpo mi trasmetteva. Le sue mani sfioravano il mio corpo, poi prendevano il mio viso e lo tiravano a se, quando al termine della musica avvicinò le sue labbra alla mia bocca trovai naturale assaporarle.

Dio mio, come erano morbide, profumate, dolci, come intontita piegai leggermente il capo per gustare profondamente quella sensazione, fu allora che sentii la lingua di Teresa, sottile, agile, nervosa, morbida come solo la lingua di una donna può essere, si allargava sul mio palato, mi massaggiava dall’interno le guance, poi sentii le mani di Teresa che scivolavano sotto la leggera seta della camicetta che afferravano i miei seni e i suoi denti che mordevano le mie labbra sino a quasi farle sanguinare.

Mi staccai da lei con violenza e per un attimo barcollai, poi la fissai dritta negli occhi sembravano quelli di una fiera a cui hanno sottratto la preda, poi mi sorrise, si avvicinò e mi sussurrò: "Scusami, quando ballo perdo la testa".

Fui solo in grado di annuire "Me ne sono accorta", ricambiando il sorriso.

Quando ci voltammo verso gli uomini li trovammo con una espressione di stupore stampata in viso per lo spettacolo cui avevano assistito.

Teresa fu rapida a commentare: "Piaciuto lo spettacolo?", accompagnando le parole con un inchino che strappò gli applausi di Paolo e Manuel.

Improvvisamente l’ostilità verso Teresa era svanita ed anche il suo atteggiamento non era quello di sfrontata provocazione manifestato nel primo incontro.

Manuel sparì in cucina e tornò con un carrello in cui facevano bella mostra frutti di mare, delle deliziose aragoste e i Camarones (i tipici e gustosi gamberi cubani).

Non aspettammo il suo invito e gustammo quella cena improvvisata, questa volta non c’era il mojihto ma la Cerveza Espezial fatta con una lattina di birra, due cucchiaini di zucchero, tre cucchiai di succo di ananas (o d’arancia, pompelmo, mandarino ecc.), un cucchiaio di rum invecchiato tre o sette anni, due o tre cubetti di ghiaccio.

Il discreto contenuto alcolico di questa bevanda e la facilità con cui si gusta ebbe un deciso effetto sull’umore dei convitati.

Decisamente su di giri, finimmo stesi sul divano a bere un forte caffè e a gustare, comprese le signore, dei sigari havana di prima qualità dal gusto fortemente aromatico.

Teresa si alzò e mise sul lettore di cd un disco di criolla. Sin dalle prime note cercai di capire se fosse vero quello che avevo letto da qualche parte, e cioè che la musica criolla si nutre di elementi africani, europei e anche nordamericani, ed è caratterizzata da forme quali la contro-danza, il son, il bolero cubano, la conga e la celebre rumba. Si liberò dei sandali e si lanciò in un ballo frenetico e sensuale.

Pareva nuovamente in trance, Manuel abbassò le luci ma lasciò che una lampada multicolore la illuminasse.

Era bellissima, ben presto si liberò anche dell’abito di garza e rimase solo con un minuscolo tanga nero che poco nascondeva del suo corpo di splendida diciassettenne.

Seguiva il ritmo della musica iniziando un lieve ondeggiare del corpo che si trasmetteva dalla testa ai piedi, i lunghi capelli neri le coprivano e scoprivano i seni sodi con la punta dolce e tonda e leggermente conica della donna ancora bambina.

Ero ipnotizzata dalla sua figura che danzava per noi e quando con un gesto della mano mi invitò a raggiungerla non fu necessario insistere.

In piedi di fronte a me attendeva qualcosa fissandomi, capii che desiderava che mi liberassi degli abiti, slacciai la camicetta e lei slacciò l’unico bottone della gonna che scivolò ai miei piedi. Le sue mani seguirono il contorno dei miei fianchi, sollevai le braccia e lei risalì poggiando le sue mani sui miei seni nudi, rabbrividii e mi avvicinai al suo corpo, sentivo la punta del suo seno carezzare dolcemente i miei capezzoli che si erano fatti turgidi e sensibili.

Com’era dolce il contatto con i suoi seni, aumentai la pressione e sentii la loro morbida carezza allargare l’area di contatto mentre le sue mani percorrevano la mia schiena costringendomi ad inarcarla per godere appieno della carezza.

Poi fu la volta di Manuel ad essere invitato al centro di quel fascio di luce che illuminava quella strana compagnia, anche lui si liberò degli abiti e rimase con un ridottissimo perizoma che a stento nascondeva l’emozione della situazione, io stavo tra Teresa e Manuel e quando lei lo abbracciò mi trovai stretta tra i loro corpi, sentivo il sesso di Manuel pulsare dietro di me. Le sue mani risalivano dai fianchi per approdare ai miei seni cominciando ad accarezzarli, mentre la punta scorreva tra le sue dita a v, procurandomi un piacere fortissimo.

A quel punto sentii Teresa che slacciava i piccoli fiocchi che reggevano le mie mutandine, che lentamente caddero ai miei piedi. Si chinò tra le mie gambe e mentre affondava la lingua nel mio inguine abbassava gli slip di Manuel liberando il suo desiderio compresso dalla stoffa.

Teresa continuò ad affondare il suo viso tra le mie cosce e facendolo mi costringeva ad accentuare l’angolo del bacino, poi attraverso le mie gambe infilò una mano e prese il sesso di Manuel guidandolo con l’altra mano dentro il mio corpo.

Ero talmente bagnata che non offrii la minima resistenza alla sua invadenza, scivolò dentro di me e lo sentii riempirmi tutta, rabbrividendo di piacere nell’incrociare lo sguardo di Paolo che seguiva la scena ancora seduto nel divano.

Fu in quel momento che capii che tutto quello che mi stava accadendo era frutto della sua mente e gliene fui grata, fu giusto un attimo perché i colpi di Manuel mi facevano sussultare spostando la testa di Teresa che con le labbra incollate alle mie grandi mi tormentava senza respiro, vedevo la sua testa ondeggiare al ritmo del suo compagno e ogni tanto ricevere in bocca il suo sesso quando Manuel smetteva di torturarmi.

Teresa era in ginocchio tra le mie gambe ed a un certo punto spostò il sesso di Manuel e lo indirizzò sul fiore di carne tra le mie natiche, aiutando il suo incedere con la saliva. Ebbi un lieve sussulto quando Manuel superò i due anelli che lo separavano dall’interno della mia pancia.

A quel punto Teresa prese Paolo e lo condusse sotto la luce che illuminava la sua mogliettina che gemeva sotto la monta del giovane cubano, la vidi slacciare i jeans di Paolo e abbassargli contemporaneamente gli slip.

Il suo membro ebbe un sobbalzo quando si liberò dell’elastico degli slip, ma Teresa fu rapida ad afferrarlo e a farlo sparire tra le sue labbra.

La sua invadenza mi diede fastidio, però considerando quello che mi stava facendo il suo uomo alla fine la giustificai. Teresa stese un tappeto sul pavimento e su di esso fece stendere Paolo, poi mi liberò dalla stretta di Manuel e mi fece inginocchiare sul sesso di Paolo, non capivo il motivo della sua azione, ma fu solo un attimo e Manuel mi raggiunse di nuovo alle spalle, Teresa costrinse la mia schiena a flettersi su Paolo per accogliere anche lui.

Essendo quella via già usata non provai molto dolore, ma comunque due lacrime caddero sul viso di Paolo che mi guardò un po’ allarmato.

In quella situazione di precario equilibrio, Paolo aveva poco spazio per muoversi pressato dal mio peso e da quello di Manuel, cercava di rifarsi con le mani che si agitavano sui miei fianchi, mentre le nostre bocche e le nostre lingue tentavano un contatto che i colpi di Manuel ogni tanto interrompevano.

Paolo stava godendo sui movimenti del sesso di Manuel che era a stretto contatto del suo. Io facevo solo da tramite al loro piacere, per un attimo mi sentii usata da quei due maschi che si procuravano piacere a vicenda.

Teresa nel frattempo era dietro di noi dedicandoci equamente le sue attenzioni: ora infilando una mano tra me e Paolo accarezzandomi il clitoride, ora premendo le labbra sull’ano di Manuel che solleticava con la punta della sua morbida lingua, o estraendo il suo sesso da me per succhiarlo avidamente per alcuni secondi e poi guidarlo ancora dentro le mie viscere. Vedevo Paolo attraverso il dondolio impresso al mio corpo da Manuel, con lo sguardo annebbiato dal piacere che stavo provando e dall’effetto dell’alcol contenuto nella Cerveza Espezial, poi percepii dalle contrazioni del suo sesso che stava raggiungendo l’apice del piacere.

Tentava di prolungare l’atto, ma il sesso di Manuel implacabile non accennava a rallentare la sua azione, mi chinai sulla sua bocca e, seguendo gli insegnamenti di Simone, gli tolsi il respiro per aumentare il suo godimento. Lo vedevo soffocare ma tenni la mia bocca sulla sua sino a quando non avvertii l’ultima contrazione del suo sesso dentro di me, solo allora mi spostai e lui prese fiato con la stessa violenza del nuotatore che risale in superficie dopo una profonda apnea. Lo sentii fuoriuscire dal mio corpo non avendo più il turgore per resistere alla pressione esercitata dal sesso di Manuel.

Sentivo l’orgasmo impadronirsi di me ma lo ricacciai indietro con la forza della volontà, non era ancora il momento di cedere al piacere che stavo provando, avevo imparato che questo momento era quello in cui l’uomo è più vulnerabile, soddisfatto il suo piacere vorrebbe sottrarsi, ritirarsi ma mi sentivo implacabile.

Ancora una volta si era preso gioco di me e per quanto grande fosse il piacere di cui mi aveva reso partecipe meritava una punizione, anzi forse solo quella punizione poteva appagarlo completamente.

Strofinando il mio sesso sul suo pene senza vita, imbrattato dei miei e dei suoi umori, gli trasmettevo il movimento e i sussulti di Manuel, sorridendogli godevo su di lui, non mi facevo alcuna remora di tacere i suoni che provenivano dalla mia gola scossa dal piacere, lo baciavo in modo lascivo, gli succhiavo il mento, baciavo avidamente con la bocca spalancata il suo collo e mi impadronivo della sua lingua succhiandola come se fosse il pene di Manuel.

Poi sentii le dita della mano di Teresa che si impadronivano del mio sesso: una, due, tre, ed infine fui penetrata da tutta la sua mano, tanto che il sesso di Manuel non riusciva più ad entrare.

Teresa con la mano dentro il mio corpo accompagnava il movimento dell’altra sua mano che mi tormentava il clitoride.

Sentivo la punta delle sue dita che esploravano tutto il mio sesso e quando raggiunsero il fondo non seppi più resistere a quel dolce supplizio. Scossa dall’orgasmo, sentivo la vagina contrarsi per espellere quella mano , ma lei la teneva ben salda accarezzandomi tutte le pareti mentre il suo polso sottile e delicato ruotava accompagnando il movimento dei miei fianchi.

Crollai sul ventre di Paolo scossa da quelle sensazioni e provai una violenta fitta di piacere quando Teresa tolse la mano da dentro il mio corpo.

Paolo rimase immobile per un tempo che mi parve infinito, incapace di strapparmi da quel torpore.

Furono Teresa e Manuel che dolcemente mi sollevarono e mi poggiarono sul cuscino del dondolo. Avvertii la presenza di Paolo che si sedeva e dolcemente mi prendeva la testa poggiandola sul suo grembo, passando una mano sul mio viso e tra i miei capelli in un atto di amore che mi tranquillizzò e, vinta dalle emozioni, mi assopii.

Quando ripresi conoscenza, mi sollevai dal dondolo e vidi Manuel e Teresa abbracciati sul divano sul quale probabilmente avevano placato l’eccitazione che ci aveva coinvolti in quello strano baccanale fatto di sesso, alcol e cibo.

Il mio sguardo incrociò quello di Teresa che disse: "Ciao Muchacha, ti sei divertita?", le sorrisi facendo segno di sì e pensando che avevamo ancora tre settimane di vacanza davanti a noi pensai: "Questo è solo l’inizio, mia piccola jinetera".

Poi mi strinsi a Paolo e baciandolo gli dissi: "Sei il solito bastardo, ora però mi racconti tutto!"

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