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VAMPIRE HOTEL

VAMPIRE HOTEL 200 Esci di casa poco prima del tramonto quando la luce ha un colore incerto, bloccata a mezza strada tra giallo e rosso…ti aspetto lungo il viale, al solito posto. Scorgo subito la tua sagoma in fondo alla via, camini lentamente calpestando con gli anfibi le foglie secche sul marciapiede, foglie che con la loro morte non andranno ad arricchire nessun terreno, foglie morte senza scopo. Sei completamente avvolta in un mantello nero lungo fino alle caviglie, ti copre le mani e il cappuccio calato sul viso è una maschera per nasconderti dal resto del mondo…da tutti tranne che da me. Accendo la moto e rombando mi avvicino facendoti cenno di salire…mi cingi la vita con forza, sai che la partenza sarà brusca così come ogni curva sarà al limite, ogni frenata una staccata…ormai inizia a piacerti e poi oggi è finalmente il “gran giorno”. Le affollate e putride zone metropolitane lasciano presto il posto ai piccoli paesi urbani apatici nella loro solitudine che finalmente spariscono nel sottobosco. La strada serpeggia il fianco del monte, l’asfalto grigio è percorso da rivoli scuri di pioggia…è come guidare sul dorso di un immobile serpente adagiato a spirale tra questi rilievi sanguinanti di rosso autunnale…è quasi buio qui, l’aria è fredda e i rami degli alberi somigliano troppo a scheletriche braccia maydeniane…si, siamo sulla retta via. È appena scomparso l’ultimo spicchio di sole quando arriviamo alla vecchia villa. Nascondo la moto dietro la siepe degenere che divora l’intera cancellata da chissà quanti secoli. La Villa ci guarda da sopra il terrapieno come un fantasma cieco con le sue finestre sprangate e il tetto sconnesso…rapidi troviamo la sbarra cedevole nella recinzione e guadagniamo veloci il cortile tra l’erba alta. La Villa sembra diventare sempre più alta e incombente mano a mano che ci avviciniamo…mi segui in silenzio mettendo i piedi esattamente dove li metto io…come ti ho ordinato. La paura e l’emozione ti pervadono facendoti saturare le vene di adrenalina…solo la fiducia che riponi in me ti permette di non scappare via correndo. Il porticato resta in piedi per qualche strano gioco di baricentri e sopra il grande portone semi divelto troneggia una scritta a bomboletta rossa: “VAMPIRE HOTEL” All’interno il buio è maggiore e i tuoi occhi chiedono un time-out di qualche minuto…rimuovo il perno che tiene fissato il massiccio portone ai cardini rendendolo quanto mai instabile…sembra solido solo in apparenza e chiunque, entrando, lo farebbe involontariamente cadere…ottimo avvisatore acustico per presenze sgradite dato che tutti gli Altri sono a conoscenza di questo piccolo stratagemma. Dove poggia il portone ci sono spranghe di ferro per ogni evenienza, ne prendo un paio e ti guido lungo le scale scricchiolanti fino al primo piano. Il salone è molto grande con un enorme caminetto sul lato est. Mi muovo alla cieca accendendo lumi funebri un po’ ovunque che trasformano le pareti scrostate in rosse opere d’arte: graffiti di ogni epoca testimoniano il passaggio delle decine di Ospiti dell’Hotel. Ci sono disegni macabri un po’ ovunque compreso il soffitto… i più recenti fatti dagli spray, con nero carbone i più antichi. A lato del camino una catasta di legna è protetta da un telone scuro…accendo il fuoco che rende più vivido il bagliore nel salone scaldandone l’aria. A semicerchio davanti al caminetto un grande divano e due poltrone con a lato un tavolo e alcune sedie. Seduta sul divano ti accendi una sigaretta e non smetti di guardarti attorno cercando di decifrare le vecchie scritte sui muri…hai ancora addosso il mantello ma senza il cappuccio sul volto, gli anfibi bagnati nell’erba della collina luccicano davanti al fuoco. Le finestre sono sprangate e coperte da pesanti tappeti a mo di tende per evitare che durante il giorno la luce del sole possa in ogni modo filtrare all’interno del salone disturbando il riposo degli Ospiti dell’Hotel. Mi avvicino a te da dietro e senza che tu te ne accorga ti afferro le spalle facendoti sobbalzare…lascio scivolare le mie mani lungo il tuo mantello fino a slacciarlo sfilandotelo di dosso: rimani splendidamente vestita di nero… raso, velluto, velo e pelle fasciano il tuo corpo tremante…i capelli neri scendono sulle spalle enfatizzando il tuo collo flessuoso. La tua pelle rimane bianchissima nonostante il riverbero del fuoco e la luce rossa delle candele da cimitero…continui a tremare…attizzo il fuoco e mi avvio verso una vecchia credenza. Torno da te con una bottiglia di vino completamente avvolta dalle ragnatele e dalla mia sacca compaiono due calici in argento portati apposta per l’occasione. Il tuo sguardo continua ad essere pieno di fiducia ma agitato dal luogo sinistro in cui ci troviamo. Stappata la bottiglia ne riempio un bicchiere ciascuno, ti spingo vicino al fuoco per non farti sentire il freddo e alzo il calice per un brindisi: Brindiamo e beviamo un rosso d’annata…ti faccio cenno di finirlo tutto d’un fiato, senza staccare le labbra dal calice d’argento e tu obbedisci al mio volere lasciandoti sfuggire due rivoli rossi lungo il mento e il collo che ti segnano il seno procace. Sei stupenda! La vicinanza del fuoco e l’alcol del vino riescono a scaldarti ravvivandoti lo sguardo di nuova energia ma ciò nonostante ti avvolgi nel mio abbraccio dicendo di aver freddo…mentendo. Ti stringo baciandoti il collo e le orecchie…ti sussurro appena che questa sarà la tua notte più lunga e lascio che le mie mani scorrazzino liberamente sulle curve del tuo corpo, passando dal velluto al pizzo…dal velo alla nuda pelle mentre, ormai bollente, non riesci più a trattenere gli ansimi di desiderio carnale. Anche la tua mano ora vaga su di me…tra le fredde borchie e le fibbie del chiodo ancora gelate nonostante la vicinanza del fuoco…risali la coscia poggiandomi decisa la mano in corrispondenza del mio sesso, istintivamente ti giri verso di me lasciandoti umilmente cadere in ginocchio smaniosa di poter fondere il sapore del vino col mio…ma questa non è una serata qualunque, il posto non ha niente a che vedere con la banalità, qui i gesti devono assumere dei significati e i piaceri vanno vissuti solo a tempo debito. Lasciandoti in ginocchio ti blocco le mani che già mi frugavano nei pantaloni e ti porgo il calice argentato ricolmo di vino invitandoti a berlo d’un fiato. Bevi avidamente tenendo il calice con due mani, stavolta senza perderne nemmeno una goccia. Ti invito a rialzarti e porgendoti il mantello ti ordino di spogliarti lentamente. Obbedisci sfoderando un bellissimo sorriso compiacente e assisto alla caduta dei tuoi abiti tanto succinti quanto complessi…leggeri strati di velo nero, velluto, raso…i tuoi occhi mi attanagliano senza sosta, languidi alla ricerca delle mie emozioni. Ora ti sono alle spalle, ti bendo facendoti sprofondare nelle tenebre più nere agitate dai rossi lampi delle figure tetre ed angoscianti viste poco prima sui muri del salone. La tua pelle e tutto il tuo corpo bruciano mentre ti guido scendendo le scale completamente nuda sotto il mantello. Pochi passi e siamo già fuori, la luna è alta nel cielo coprendo i contorni del paesaggio di una patina argentea…l’umidità fa brillare i fili d’erba alta mentre ci immergiamo in essa verso il lato nord del cortile, oltre la discesa del terrapieno. Ecco stagliarsi a malapena oltre il prato incolto un perimetro lucente di ghiaia bianca delimitato da una sorta di recinzione di rovi neri acuminati … un cancello di ruggine ci indica il passaggio ed entriamo nel piccolo cimitero di famiglia adorno di vecchie lapidi grigie corrose dal tempo. Lascio che la benda ti scivoli via dando ai tuoi occhi la visione del luogo…le tue gambe si bloccano e ti volti subito a guardarmi. Riecco lo sguardo sperduto ma fiducioso che si perde nel mio…ti abbraccio e poggio le mie labbra gelide sulle tue, infuocate nonostante la temperatura esterna…il vino sta mantenendo l’effetto. questo ti basta…riprendi il cammino…sugli scalini della piccola cappella dei lumi tremolano già accesi e 3 figure incappucciate ci attendono. Sono completamente vestiti di una tunica nera con cappuccio e restano immobili fino al nostro arrivo. Questo è il momento più difficile…lo so…ora vedrò a quanto arriva la tua devozione, la tua fiducia in me. tendo il braccio nella direzione degli incappucciati per esortarti ad andare. Tu mi guardi allibita…mi supplichi con lo sguardo di non abbandonarti, sei pronta a tutto lo so ma in mia presenza….questa divisione non era contemplata nei tuoi pensieri…ora devi scegliere. Resti immobile solo qualche secondo, mi basta uno sguardo torvo per farti abbassare la testa in segno di sottomissione ed ecco che lentamente ti allontani verso l’ignoto, verso i 3 Oscuri. Mi dileguo in un lampo tra le lapidi del camposanto, così veloce che già al tuo voltarti non scorgi che il buio della notte. Era quello che volevo, devi provare la sensazione dell’abbandono per liberarti del tutto dei legami terreni…stanotte ti aspetta qualcosa di arcano. I 3 ignoti ti afferrano per le braccia e senza troppi convenevoli, ti trascinano all’interno della cappella e giù nella piccola cripta sotto l’altare…gli scalini sono resi scivolosi dalla muffa e il fetore di chiuso è fortissimo…una sola candela illumina l’attimo … dal muro di pietra penzola una catena con cavigliera, chiudi gli occhi e tremi all’idea di restare chiusa in quel luogo angusto…ma a nulla servono le tue suppliche, i 3 ignoti hanno già assicurato la catena alla tua caviglia lasciandoti a terra, da sola. Stranamente, nonostante la temperatura sia bassa, non senti freddo… altri pensieri popolano la tua mente…ti sfugge il motivo del mio sparire…il perché ti abbia lasciata a degli estranei ma in te alberga ancora la certezza del mio ritorno. Rumori di passi sulle scale, eccoli che ritornano. Spalancano la spessa porta di legno, ti afferrano in malo modo e ti impongono un inchino forzato: uno dei tre carcerieri tiene in mano un frustino lungo e rigido…un altro ti afferra le braccia mentre il terzo ti solleva il mantello scoprendoti il culetto nudo. Il frustino ti colpisce con forza, ripetutamente a brevi intervalli di tre lasciando autografi rossi sulla tua pelle bianchissima. Nonostante la tua resistenza al dolore brevi gridolini ti escono di bocca a denti stretti. Il terzo incappucciato ti allarga le cosce così da offrire il tuo sesso rosa e liscio allo spietato frustino…non puoi trattenere le urla adesso che risuonano nella profondità sorda della cripta fino a perdersi negli echi della cappella. Le gambe iniziano a vacillare e cadi in ginocchio sulla fredda pietra levigata. Esausta ti lasci andare allo sconforto per essere stata abbandonata a quel destino che non riesci a comprendere. Non è certo il frustino a spaventarti bensì la mia assenza…se fossi io a infliggerti una simile punizione o se almeno fossi presente in quel momento nulla ti risulterebbe tanto gradito, tanto eccitante e perverso. È la solitudine a logorarti. È l’abbandono a ferirti e finalmente la rabbia inizia ad addentrarsi nel tuo animo: Risate sguaiate sono la risposta che ottieni…assieme a due sberle secche sul volto. Ti liberano dalla catena e ti incitano a salire i gradini tirandoti per i capelli. Nella cappella le candele sono tutte accese e tra le due piccole file di banchi ecco una bara aperta. Ti spingono verso la bara facendoti cadere e con un gesto ti impongono di avvicinarti. Sai che devi obbedire, nonostante ora la paura si stia facendo strada nel tuo cuore. I tuoi piedi nudi poggiano sul gelido e livido marmo della cappella…un passo, due, tre…è un sospiro che ti muore dentro come una fitta nell’anima… improvvisamente il freddo intenso torna ad avvolgerti come l’abbraccio dell’Oscura Signora…tremi di brividi involontari…solo due calde scie di lacrime ti segnano il viso lungo le guance arrossate, il mento, il collo e giù fino al seno…non ti posso vedere ma so che sei bellissima…non ti vedo perché ci sono io nella bara…immobile e morto. Percepisco il calore delle tue mani sul volto, mi accarezzi le guance e le tue lacrime mi piovono addosso. Il tuo pianto si fa via via più disperato quando ti accorgi che il mio cuore non batte…sento il tuo sconforto angosciante, si posa su di me assieme alle tue labbra …entrambe fredde ora. La disperazione lascia presto il posto alla paura…se sono stati i 3 ignoti ad uccidermi di sicuro hanno programmato per te una fine simile, forse peggiore, ne sei certa. E nonostante i vestiti perennemente neri, i teschi e gli scheletri sulle magliette, la musica satanica nelle orecchie e i pomeriggi passati nei cimiteri a cercare le lapidi più belle per qualche foto ora la morte ti terrorizza come una bimba teme l’uomo nero…ma tu non sei una bimba, ne tanto meno una barbie idiota… Con la coda dell’occhio cerchi i tuoi, i nostri, aguzzini…sono ancora vicini dinnanzi alla porta d’uscita della cappella…sai che dovrai lottare per sopravvivere e ricacci la paura nel profondo dell’animo per lasciar posto alla vendetta. Così mi piaci! Restando china su di me infili la mano all’interno del mio chiodo, la fai scendere verso i miei pantaloni…ma che vuoi fare? Non mi sembra proprio il momento cazzo! E invece pensavo male…mi hai stupito…piacevolmente stupito! La tua mano entra nella mia tasca e ne riemerge stringendo il mio serramanico! Ti adoro!! Lasci che la lunga manica del mantello ti copra la mano armata e a testa bassa, lentamente ti avvicini alla porta d’uscita. Cammini verso il tuo destino con un’eleganza e una determinazione che non mi aspettavo…mi piaci! Lasci che il cappuccio del tuo mantello ti cali sul viso rigato di lacrime…sei tu ora ad assomigliare alla Morte! I 3 ignoti ti si parano davanti…sghignazzano e ridono del tuo dolore…si guardano tra loro…non immaginano le tue intenzioni…non capiscono di essere in lotta…si credono già vincitori. Il più alto dei 3 ti afferra una spalla trascinandoti a se…lo lasci fare.. aspetti la distanza necessaria al tuo braccio…ZOCK!! L’incappucciato si blocca col braccio a mezz’aria…i suoi occhi strabuzzano dalle orbite mentre l’espressione di stupore gli digrigna il volto….la lama del serramanico è completamente infilata tra le sue costole…gli ha bucato un polmone…nessuno scampo…cade a terra e rimane a rantolare … Sei stata grande! Il secondo incappucciato ti afferra il braccio armato…ti stringe il poso con tutta la sua forza, tanta da farti cadere il coltello…fai partire un calcio verso i suoi stinchi ma sei scalza, i tuoi anfibi non possono aiutarti ora e il calcio è debole…perdi l’equilibrio e finisci a terra di fianco alla tua vittima…il secondo incappucciato gridando furioso sta per colpirti con una spranga di ferro…vuole ucciderti, senza tanti preliminari ora…alzi le braccia in un ultimo tentativo di difesa ma sai che a poco servirà contro i tuoi aggressori…chiudi gli occhi aspettando il dolore… … e invece nulla accade…nessun dolore…nessun suono…riapri gli occhi e davanti a te solo il coltello a terra. Lo afferri e sei di nuovo in piedi pronta a combattere…così mi piaci! Poi li vedi…i due incappucciati sono legati per i piedi alle travi della cappella…sgrondano sangue formando una pozza nera a terra…sono senza tunica e cappuccio…hanno uno squarcio enorme sul petto e il volto coperto di sangue. Ancora stringendo il coltello continui a guardarti attorno in cerca dell’artefice del massacro, del tuo salvatore. Pochi passi a ritroso ti forniscono la migliore delle verità…la bara è vuota! Due mani gelide ti coprono gli occhi…sei paralizzata…senti le borchie e le fibbie del mio chiodo poggiare contro il tuo corpo…lasci cadere il serramanico e ti volti in lacrime…ti stringo baciandoti, lasciandomi scaldare dalle tue lacrime di gioia. Il tuo sguardo è un vortice di rabbia, felicità e mistero…ti sorrido appena mostrandoti i lunghi canini…poggi la testa sul mio petto ma neppure ora percepisci un battito…so esattamente cosa provi perché anch’io provai le stesse emozioni molto, molto tempo fa. Non rispondi, ti lasci guidare stancamente fuori dalla cappella, il tempo di gettare i 3 cadaveri in una fossa vuota coprendoli alla buona con terra e calce viva e stiamo già salendo le scale verso il salone. Attizzo il fuoco e preparo altri due calici di vino, ne hai bisogno. Sei accucciata sul divano con lo sguardo fisso tra le fiamme…le ginocchia al petto in cerca di conforto. Mi siedo al tuo fianco e ti accoccoli con la testa sulle mie gambe come una bambina spaventata. Le fiamme sembrano dare vita ai disegni sui muri…siamo le uniche figure immobili nel salone…demoni e spiriti danzano in circolo saltando dai muri al soffitto in un sabba medianico. Sempre distesa sul divano ti apri il mantello restando nuda. Così dicendo mi prendi la mano e scostando appena le cosce ti penetri con le mie dita… il corpo non mente, rivelatore delle verità più intime e recondite…sei un lago di umori deliziosi…so che non menti. Ti scosto da me poggiando le mani sul tuo culetto ancora bollente dalle sferzate subite. Scatto in piedi e riprendo il coltello…mi recido una vena dell’avambraccio lasciando che il mio sangue nero coli nel calice argentato…lo mescolo al vino rosso e te lo porgo…senza la minima esitazione lo afferri bevendolo come stessi bruciano dentro…lo finisci subito ma non ne sei sazia…cadi in ginocchio ai miei piedi, supplicante…so cosa vuoi…stringo il braccio lasciando colare il mio sangue verso di te che a bocca spalancata ne ingoi ogni singola goccia…i tuoi occhi fiammeggiano e, afferratomi il polso, ti avventi a succhiarmi con una foga animalesca…mi sento svenire mentre ti nutri di me…mentre diventi parte di me…non so come riesci ad aprirmi i pantaloni prendendolo in mano…è un attimo e mi ritrovo seduto con te sopra...sempre continuando a succhiarmi il sangue dall’avambraccio afferri il mio membro e ti penetri da sola scopandomi con una foga nuova…mi cavalchi indemoniata mentre sento le forze abbandonarmi…riesco a staccarti dal mio braccio lasciandoti la bocca rossa del mio sangue coi canini allungati e lucenti…continui a saltellare sopra di me fermandoti solo il tempo necessario a godere davanti o dietro…gli ansimi iniziali sono adesso delle urla…le tue unghie mi graffiano il collo…sono debole e finalmente ti sento venire…ebbra di piacere…ti afferro la testa e ti mordo il collo…sono io ora a nutrirmi di te…so di non dover eccedere ma mi avevi tolto le energie…ero come sul punto di collassare ma ora tutto passa…tu vivi in me ed io in te…prigionieri per sempre di un orgasmo senza fine. continua?

Commenti

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  • shasha, 41
    bel racconto, sì letto di lettura veloce ma poi riletto e piaciuto. grazie azzard o bela lugosi ?
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  • coppiacarinaBO, 29/26
    ahahahaha, una passeggera in moto con un mantello lungo sino alle caviglie... e facendo curve al limite e staccate... ahahahahaha, che idiozia... nemmeno col beneficio della "licenza letteraria" si può evitare di sghignazzare... ahahahahah
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  • Azzard, 23/28
    forse le "idiozie" le state scrivendo Voi, cara coppiacarinaBO, dato che, oltre a trattarsi di un racconto puramente fantastico, (i vampiri Vi sembrano più reali delle staccate e delle curve coi mantelli alle caviglie?? 8) ) i precedenti a livello letterario e cinematografico esistono eccome:
    http://www.youtube.com/watch?v=iy32tfmdEqw
    http://www.youtube.com/watch?v=3_84gKbeivA
    Se cercate un manuale sulla guida sportiva in moto forse state sbagliando sito :D
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