{"linkButtonClass":"stories-filter__top-new-button button button_default","href":"\/aggiungi-racconti","title":"Aggiungi racconto","displayFirstSpan":true,"firstSpanClass":"stories__top-new-button-icon","firstSpanContent":"\n<svg class=\"svg-icon icon-add-button-icon\">\n <use xlink:href=\"\/build\/sprite-f82ca2441ba0cfd38a128106476ef9d6.svg#add-button-icon\"><\/use>\n<\/svg>","displaySecondSpan":true,"secondSpanClass":"stories__top-new-button-text","secondSpanContent":"Aggiungi racconto","checkDeactivatedProfile":true}
- 10 anni fa La peggiore punizione Sono una schiava da molto tempo, ma certe punizioni mi atterriscono ancora, a tal punto che dopo la terza volta ho deciso di non sottopormi più a questa tortura. E' una tortura che interessa varie parti del corpo della poveretta che la subisce: gola, tette, figa e piedi. L'ultima volta che ho subito questa atroce punizione è stata quindici giorni fa, esattamente il ventotto gennaio. Sono arrivata da uno dei miei tre Padroni attuali e ho trovato quattro uomini, oltre lui, ad attendere di assistere alla mia punizione. Sono stata subita spogliata dal Master e poi fatta "sfilare" nuda davanti ai quattro ospiti. Dopo che tutti i presenti hanno dato il loro consenso, è iniziata la preparazione della schiava e degli oggetti utili al compimento della punizione. Il Master mi ha raccolto i capelli sulla nuca, perchè il mio collo doveva essere libero, per intervenire in caso di emergenza nel più breve tempo possibile; mi ha fatto poi divaricare le gambe ed appoggiare i piedi su due pile di libri. A quel punto è stato posizionato lo strumento di tortura, appositamente attrezzato per il blocco del bacino e delle caviglie della slave. Cercherò di spiegarvi questo strumento, con la massima chiarezza possibile: è costituito da un palo di ferro, alla cui sommità c'è un fallo, anch'esso di ferro, regolabile in altezza. Questo palo ha una robusta base di cemento, simile a quella degli ombrelloni da spiaggia; nella parte inferiore del palo sono fissati due bracci, anch'essi regolabili, alla cui sommità ci sono cinghie in cuoio adatte al bloccaggio delle caviglie della schiava. Sempre all'altezza dei bracci, c'è un altro tubo in ferro che si sviluppa verso l'alto, terminando con un cerchio chiudibile, che va a bloccare il bacino, o meglio i fianchi, della torturata (lasciando però la possibilità al corpo di scendere verso il basso). Il Master ha posizionato lo strumento sotto alla mie gambe e ha sollevato il fallo in ferro fino a portarlo all'imboccatura della mia figa. Io non ero ancora bagnata a sufficienza e le labbra della mia figa facevano fatica ad allargarsi. Feci una smorfia di dolore sentendo la punta del fallo appoggiarsi alla mia figa, ma al Padrone questo non importa... anzi più dolore prova la slave e più felice è lui! Poi ha chiuso il cerchio di ferro ai miei fianchi, in modo che non potessi spostarmi dalla posizione iniziale e ha bloccato con le cinghie le mie caviglie ai bracci inferiori. Mi ha messo due forti clips sui capezzoli, tirando i mei seni verso l'alto e lasciandoli in tensione. Sono stata bendata e mi è stato messo un cappio la collo. Il Master voleva impedirmi di vedere quello che sarebbe successo dopo, ma io avevo già provato questa tortura presso altri Padroni e già immaginavo quello che sarebbe successo. A uno a uno, piede per piede, mi sono stati tolti i libri di appoggio e il Padrone mi ha invitato a rimanere sulle punte dei piedi, per sopperire all'appoggio. Cosa succede poi? Al posto dei libri vengono cosparsi sul pavimento, sotto le piante dei piedi della slave e a discrezione del Padrone, materiali diversi che possono essere puntine da disegno, piccoli cocci di vetro o sassini appuntiti. Io non sapevo che cosa avesse scelto per me il Padrone, ma speravo tanto che il materiale scelto fosse la piccola ghiaia, che è la meno invasiva per la povera schiava. E invece... Io mi reggevo sulle punte dei piedi, pur sapendo che dopo un certo punto, non si riesce più a rimanere in questa posizione scomoda e infelice. E si cede di schianto! Ad un certo momento, come previsto, cedetti di schianto: il mio corpo scese verso il basso e nelle piante dei miei piedi si conficcarono... tante, ma tante puntine da disegno, provocandomi diverse ferite con conseguente uscita di sangue. In questi casi non è nemmeno possibile alleggerire la pressione di un piede, perchè si finisce per caricare ulteriormente l'altro. Gridai per il dolore ai piedi, ma il mio urlo venne soffocato dal cappio che avevo intorno alla gola, che inesorabilmente si strinse, facendomi diventare difficoltosa la respirazione. Ai miei occhi affiorarono le lacrime, mentre mi venne una forte tosse, dovuta al senso di strangolamento e dalla mia bocca iniziarono ad uscire fiumi di saliva. Ma il dolore non finiva qui: le mie tette ricevettero un colpo terribile e i miei capezzoli si allungarono, provocandomi un enorme dolore. In questa punizione anche la figa deve sopportare un certo dolore, in quanto il fallo in ferro penetra nel buco della schiava, o se volete il corpo della schiava "scivola" sul cazzo, dilatandolo in modo impressionante. Il fallo è molto grosso e per quanto una sia dotata... si ha sempre la sensazione di avere la figa "spaccata!". Non esiste un tempo di sopportazione uguale per tutte le schiave, dipende dall'abitudine a soffrire e dalla capacità di resistenza al soffocamento. E' chiaro che in queste situazioni, sta al Padrone avere la sensibilità di liberare il collo della schiava, prima che sorgano problemi irreversibili. Mi liberarono il collo e poi, dopo avermi liberato da tutte le costrizioni, venni sollevata dal cazzo di ferro da due uomini. I miei piedi vennero ripuliti dalle puntine e le mie piante vennero disinfettate adeguatamente. Poi venni portata sul grande letto per essere sodomizzata a piacere dei presenti. Mi sono ripromessa che questa è l'ultima volta che mi presto per questa tortura. Spero di resistere alla tentazione! 72842 2 12 anni fa
- 10 anni fa Sui carboni ardenti Mio marito mi comunicò che saremmo andati nuovamente a Villa Ubbidienza, per proseguire nel mio corso di sottomissione. Aveva già preso accordi con Master Vito, per una lezione alquanto impegnativa. Come sempre lasciammo l'auto fuori dal cancello, suonammo al campanello... e come sempre ci vennero ad aprire Frank e George. Ma non tutto iniziò come sempre! Solitamente i due mi facevano spogliare e mi facevano percorrere il viale, che conduce alla villa, nuda o seminuda. Questa volta non mi chiesero di spogliarmi ed entrammo pacificamente tutti e quattro, raggiungendo poco dopo la villa. Lì ci attendeva Master Vito, che sembrava "diverso" dal solito. Quell'inizio diverso dal solito mi preoccupava non poco... non capivo a che cosa andavo incontro, perchè tutto era avvolto da un impalpabile mistero. Mi portarono davanti ad una specie di trono in ferro e Master Vito disse a Frank e George: "Fatela sedere e legatela saldamente alla sedia". Frank mi sbottonò la camicetta, ma Master Vito lo invitò a desistere, dicendo: "No, non denudarla. Questa volta rimarrà vestita. Toglile solo gli stivali e le calze: questa volta la voglio vestita". Frank abbassò la zip di uno stivale, mentre George si dedicò all'altro. Mi levarono gli stivali e poi mi sfilarono il collant. Mi fecero sedere sul trono, che era abbastanza alto, e mi legarono saldamente le mani e i piedi, che mi fissarono a circa trenta centimetri dal pavimento. Mi legarono anche il busto, facendo passare una corda sopra e sotto il seno; il mio corpo era stato così immobilizzato e potevo a malapena muovere leggermente le mani e i piedi Poi, su istruzioni del Padrone, George mi cosparse olio con un pennello sui piedi, sopra e sotto. Master Vito si avvicinò e mi baciò appassionatamente, ma conoscendolo ormai bene capii subito che il suo gesto aveva il sapore della sfida, per dimostrare che io ero in suo possesso. Mio marito era uscito dalla stanza e io lo cercavo invano con lo sguardo. "Ora, cara puttana, ti faremo i piedini arrosto con due belle padelle di carboni ardenti. I tuoi dolci piedini sono già conditi e il calore li cuocerà in maniera perfetta; dovrai però stare attenta a non muoverli molto, perchè gli "arrostini" potrebbe carbonizzarsi! Ah, ah, ah...", disse il Padrone con un riso beffardo e indisponente. Frank e George arrivarono con due bacinelle piene di carboni ardenti e fumanti, che sistemarono sotto i miei piedi. Le mie piante erano davvero vicine ai carboni ardenti, che sprigionavano un caldo tremendo. L'olio cosparso in precedenza sembrava friggere, creandomi una situazione dolorosa ai piedi. In più dovevo stare attenta a non muoverli, perchè il pericolo di ustione era davvero reale: sarebbe bastato muovere un po' le dita e il contatto sarebbe stato inevitabile, con conseguenze deleterie per i miei piedi. Ma l'atmosfera era quasi irreale: io ero vestita, contrariamente alle altre volte, quando venivo puntualmente denudata e privata degli abiti. Ad un certo punto la porta si spalancò ed entrò una donna bellissima dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri come il mare di Sardegna. Dopo il primo momento di sbigottimento iniziale, mi resi conto che quella donna era una mia vecchia conoscenza: era Annalisa, una delle mie migliori amiche. "Annalisa, ma cosa ci fai qui", dissi io con aria attonita. "Ciao Sonia, mi dispiace essere qui... tu sei una delle mie migliori amiche... non so come dirtelo... ma vedrai tu stessa tra poco!", disse Annalisa con aria imbarazzata. A quel punto arrivò Mario, mio marito, e salutò Annalisa in modo molto caloroso... con un bacio in bocca! Annalisa non sembrava stupita della cosa e iniziò a slinguacciare mio marito, davanti ai miei occhi increduli. "No, non potete farmi questo", gridai io con tutta la voce che avevo in gola. "Mi dispiace dirtelo, cara troia, ma quello che hai visto finora non è proprio nulla. Vedrai di cosa sono capace, io! Tu solitamente ti fai sbattere da tutti, senza ritegno e pudore... questa volta la storia si ritorce contro di te... tu farai la spettatrice e non l'attrice... credi forse che un uomo come me sia contento di vedere la propria moglie fottuta da tutti gli stalloni della Lombardia?", mi disse Mario. Annalisa si avvicinò nuovamente a Mario e i due si avvinghiarono in una stretta morbosa e piena di sensualità. Le loro mani si intrecciavano: Mario scendeva con la mano fino al culetto sodo e rotondo di Annalisa, mentre lei lo accarezzava nella zona del pene. Poi Annalisa abbassò la cerniera dei pantaloni di Mario e tirò fuori il suo uccello, grosso e durissimo; poco dopo se lo mise in bocca ed iniziò a spompinarlo con una grande dolcezza e sensualità, creando in me un senso di impotenza e acuendo la mia voglia di sesso, che mai subisce momenti di arresto. I due si scambiavano tenere parole, mentre io soffrivo per il dolore ai piedi provocato dai carboni ardenti. A poco a poco, indumento dopo indumento, Annalisa venne spogliata da Mario e rimase completamente nuda, esibendo un corpo da favola. Mario si spogliò in un battibaleno e inizio ad accarezzare la pelle morbida e liscia di Annalisa. Poi Mario sussurrò qualcosa all'orecchio di Annalisa e lei si posizionò sopra lui... o per meglio dire sopra l'uccellone di Mario! Se lo fece infilare tutto, gemendo e muovendo sinuosamente il suo meraviglioso corpo. Io mi ero eccitata, ma nessuno dei presenti si curava di me, mentre i due porci scopavano ora con grande foga. Annalisa disse con sarcasmo: "Mario sei fantastico, scopi divinamente... è fortunata Sonia ad averti... oggi è fortunata a vederti esibire con me! Cambiamo posizione, dai. Mettimelo nel culo, voglio essere sfondata anche lì". Mario e Annalisa continuarono a fare l'amore, pardon a scopare come animali imbizzarriti, per molto tempo, mentre io ormai visibilmente eccitata, avevo bagnato il trono su cui ero seduta. Master Vito volle umiliarmi, come solo lui sa fare e mi bisbigliò all'orecchio: "Ti piace vedere tuo marito mentre si scopa quella grande figa? E' davvero bravo, un vero porco... lascialo dire a me, che di porci me ne intendo!". Io ero umliata, mortificata e costretta a subire passivamente la tortura dei carboni e quella scena per me insopportabile. Mario venne nel culetto di Annalisa e Master Vito ordinò a Frank di raccogliere lo sperma che colava dall'ano di Annalisa. Frank mise un recipiente sotto al buchetto di Annalisa e raccolse tutta la sborra che le colava fuori. Poi Master Vito chiese di poter scopare Annalisa e iniziò a stantuffarla con molta foga. La porca sembrava gradire molto di essere scopata anche dal Padrone, che alla fine venne nella sua figa. Anche in questo caso Frank raccolse lo sperma di Master Vito nello stesso recipiente dove aveva raccolto lo sperma di mio marito. Master Vito ordinò a George che quello sperma mi fosse versato in bocca, ma io mi rifiutai di berlo, dicendo: "Non berrò mai la vostra sborra uscita dal culo e dalla figa di quella troia, mi fate schifo tutti e due... E poi tu, Mario, che hai scopato quella sgualdrina di Annalisa... Vergognati, schifoso!". Master Vito si alterò, sentendo le mie parole, e mi disse con voce perentoria: "Lurida vacca, ora berrai anche la nostra urina". Mario, Vito e Annalisa scaricarono la loro piscia nel recipiente dove era "custodito" il prezioso sperma dei due uomini. Frank mi aprì la bocca con le mani, mentre George mi mise un apparecchio di ferro che mi impediva di chiuderla e poi mi versarono pazientemente in gola tutto il contenuto del recipiente. L'urina era calda e schifosamente puzzolente e finì nella mia gola, insieme allo sperma colato fuori dai buchi di Annalisa. Dovetti bere tutto, fino all'ultima goccia, tra le risate dei presenti. "Vedi sei una discarica umana, povera schiava. Pensavi di contare qualcosa e invece sei un "nulla"... il tuo parere non conta niente e tu devi fare quello che voglio io. Oggi hai visto anche tuo marito scopare con un'altra. Che cosa vuoi di più?", disse Master Vito. Poi tutti e tre mi sputarono in viso, ridendo di me in modo poco elegante. Mario e Annalisa completamente nudi, mano nella mano, uscirono dalla stanza. Io volevo essere slegata, ma Master Vito mi disse che non poteva farlo, perchè sicuramente una volta libera sarei andata a disturbare i due porci, che stavano ancora scopando nella stanza attigua. I miei piedi ormai friggevano ed erano rossi per il calore, ma il mio dolore non era tanto fisico, quanto cerebrale: non sopportavo l'idea che mio marito si fosse scopato una mia amica. Anch'io vengo "usata" da tanti uomini, ma quando questo succede, accade solo con il suo permesso. Quando si dice pan per focaccia... 8198 2 12 anni fa
- 10 anni fa In metropolitana Un paio di mesi fa io e Nicola, un mio amico, abbiamo voluto simulare a bordo di un convoglio della metropolitana una situazione di pericolo per una donna, per vedere la reazione della gente presente. Abbiamo scelto di creare una situazione morbosa e di pericolo sull'ultima carrozza dell'ultimo treno della notte. Abbiamo chiesto aiuto a due amici, che sarebbero intervenuti, creando un po' di casino, se qualche passeggero avesse cercato di avvisare le Forze dell'Ordine. Ma il tutto si è "consumato" tra la curiosità e l'indifferrenza dei presenti, in tutto nove persone (sette uomini e due donne). I nostri amici salgono due fermate prima, io e Nicola due fermate dopo. Io ero molto truccata e avevo arricciato i capelli per non passare inosservata. Indossavo un leggero cappotto bianco, un completo nero, calze velate chiare e scarpe a stiletto dal tacco vertiginoso. Come già in precedenza deciso, non indossavo il reggiseno e le mutandine e alcuni bottoni della camicetta erano rigorosamente slacciati, per far intravvedere il seno. Appena saliti, Nicola si rivolge a me, quasi urlando: "Puttana, togliti il cappotto. Ora ti sistemo io... ti avevo detto di non metterti le scarpe alte! Sai che non sopporto di essere più basso di una donna. Dai, esegui...". In effetti Nicola non è molto alto e se io indosso scarpe alte, pur non essendo una "stangona", riesco a superarlo in altezza. I passeggeri ci guardano con aria allibita e io replico con aria sottomessa: "Zitto, tutti ci guardano. Non fare scenate, ti prego. Dopo farò tutto quello che vuoi... ma ora... nooo!". Lui ribatte, con voce baldanzosa: "Zoccola, fai quello che ti ho detto e butta il cappotto su quei sedili, Non farmi incazzare. Sai che poi divento violento!". Io mi tolgo il cappotto e lo butto sui su una fila di sedili vuoti. La gente mi guarda e il mio seno, seppur piccolo, spunta dalla camicetta aperta: sicuramente tutti hanno pensato che fossi una prostituta con il mio protettore! Nicola mi fa appoggiare ad un palo di sostegno, che si trova in centro della carrozza, e poi da dietro mi "cintura" con un braccio all'altezza del seno, dalla sinistra alla destra, comprimendomi le tette. "Puttana, sei troppo alta, levati subito le scarpe. Scendi da quei trampoli da bagascia. E' un ordine, esegui senza fare opposizione, troia". Io mi slaccio i cinturini, mi tolgo le scarpe e le lascio appoggiate al pavimento. "Dammele subito", prosegue Nicola, indicando le mie scarpe. Io le raccolgo e gliele metto in mano. Tutti i passeggeri ci guardano con aria basita. "E ora le calze", incalza Nicola con tono imperioso. "No, quelle non posso toglierle. Sai che sono senza mutandine!", rispondo io a voce alta. A quelle parole tre degli uomini presenti si fanno ancora più attenti alla situazione che si sta creando. "Qualcuno mi aiuti", imploro io con voce tremante, rivolgendomi ai passeggeri. In effetti quella frase faceva solo parte della scena, perchè in cuor nostro speravamo che nessuno prendesse il telefonino per dare l'allarme. E così è stato. "Fatevi i cazzi vostri e non vi succederà niente", disse Nicola ai passeggeri con aria alquanto minacciosa. "Sollevati la gonna e togli subito le calze", incalzò Nicola. "Non posso ti ripeto, non ho le mutandine", ribattei io. E lui: "Spero che una porca come te non avrà vergogna a fare vedere la figa. Dai, non farmi spazientire o qui finisce male". Io mi sollevai la gonna, sicura che anche con le calze si sarebbe vista la mia figa. Nicola mi aiutò, tenendomi la gonna sollevata, mentre io mi toglievo il collant e i presenti si godettero la scena. Sicuramente qualcuno di loro si era anche eccitato... lo si vedeva dai loro pantaloni! "Guardate questa puttana come è bagnata. Mettiti un dito nella figa, troia". Io mi infilai un dito nella patatina, che era ormai "allagata", e lo tirai fuori completamente bagnato, facendolo vedere ai presenti. Il convoglio si era fermato e, approfittando delle porte aperte, Nicola gettò fuori le mie scarpe e le mie calze. "Signori, questa è mia moglie. Cosa fareste voi ad una maiala così, per punirla?". Nessuno rispose, mi abbassai la gonna e rimisi il cappotto, e alla fermata successiva tutti e quattro scendemmo dal treno e ci avviammo verso l'uscita, come se nulla fosse accaduto. Fu una scena molto gustosa, che si potè realizzare grazie alla sfrontatezza della scrivente e all'autorevolezza dell'amico Nicola. 9068 0 12 anni fa
- 10 anni fa L'ispezione della schiava Quando ci si presenta ad un nuovo Padrone bisogna necessariamente sottoporsi ad un'accurata ispezione, che, solo se superata a pieni voti, potrà dare il via al percorso vero e proprio di sottomissione della schiava. L'ispezione della schiava serve al Padrone per vedere se la "merce" è di suo gradimento e se la schiava è pulita, cosa importantissima in un rapporto di sottomissione. Prima di fissare il primo appuntamento ci fu un serrato scambio di mail e telefonate con il Padrone, che mi aveva chiesto, tra l'altro, quanto fossi alta. Io risposi che sono alta un metro e sessantasette centimetri e lui mi disse che dovevo mettere scarpe basse, perchè lui non tollerava donne più alte di lui. Mi diede anche indicazioni circa il modo di vestire: camicetta abbottonata davanti, ampia gonna al ginocchio anch'essa abbottonata davanti, scarpe basse, calze autoreggenti di color neutro, reggiseno e mutandine. Il Master puntualizzò che dovevo essere depilata intimamente e io mi recai in un centro specializzato per una totale e corretta depilazione delle parti intime. Mi diede appuntamento a casa sua e io arrivai puntuale all'orario stabilito. Nicola, il mio nuovo Padrone, mi venne ad aprire e mi condusse in una stanza, dove trovai con mio grande stupore quattro uominii seduti su sedie in fila, come ad uno spettacolo. Chiesi a Nicola come mai quegli uomini fossero lì, visto che gli accordi prevedevano solo la sua presenza. Lui mi rispose: "Sono quattro miei amici, che presenzieranno alla tua ispezione. Non potranno prendere alcuna decisione nei tuoi confronti, ma potranno esprimere il desiderio di partecipare ai giochi a cui ti sottoporrò e, se lo vorranno, potranno abusare di te sessualmente, senza alcun limite". Per prima cosa dovetti consegnare al Padrone gli orecchini, gli anelli e l'orologio. Poi Nicola mi fece alzare le braccia e divaricare leggermente le gambe. "Dovrai stare immobile durante tutta l'ispezione e non dovrai mostrare segni di debolezza: quindi niente smorfie di dolore o gemiti di piacere", mi disse il Master. Iniziò a passarmi le mani tra i capelli, spostandoli ora a destra, ora a sinistra; poi mi spostò i capelli dall'orecchio destro e con una pila illuminò la cavità auricolare, controllando la pulizia del mio orecchio; fece così anche con l'orecchio sinistro e poi mi allargò le narici, tirandole verso l'alto, e con la pila illuminò l'interno del mio naso. "Ora apri la bocca e tira fuori la lingua", mi disse Nicola con voce ferma. Io eseguii l'ordine e lui esplorò, aiutato dalla luce della pila, tutta la mia bocca. Per fortuna ho una dentatura perfetta e i miei denti non hanno tracce di tartaro; mi fece poi alzare la lungua e continuò l'esplorazione della mia bocca, dicendo: "Bene puttana, hai una bella bocca e potrai ingoiare facilmente i nostri cazzi. Te li ficcheremo in bocca e te li infileremo fino in gola, togliendoti il respiro". Poi mi sbottonò la camicetta e mi fece uscire i seni sollevandomi il reggiseno, senza però togliermelo. I miei capezzoli divennero subito duri e il Master me li afferrò, avvitandoli su sé stessi. Mi fece molto male, ma io sapevo che non potevo esternare alcun segno di dolore e soffrii in silenzio, mordendomi le labbra per il dolore. Le sue mani palpavano le mie tette in un modo veramente fantastico: me le accarezzava, me le comprimeva e me le schiacciava, provocandomi un grande piacere, aumentato dal fatto che i quattro amici assistevano alla scena, visibilmente eccitati. A questo punto il Padrone mi sbottonò la gonna e infilò la sua mano nelle mie mutandine: iniziò accarezzandomi la figa, poi mi infilò un dito dentro e, sentendo la mia figa completamente bagnata, disse: "Brutta troia, sei già bagnata. Sei una lurida cagna, assetata di sesso e la cosa non mi sta affatto bene. Non sei venuta per divertirti e godere di quello che ti faccio. Devi solamente, e ribadisco solamente, soffrire!". Tirò fuori il dito dalla figa e me lo fece leccare, dicendomi che così avrei assaporato l'umore della mia figa. Io leccai il suo dito con dovizia e lui fu soddisfatto dal mio lavoro. Mi girò e mi sbattè contro il muro, poi mi sollevò la gonna dietro e infilò la sua mano nelle mutandine. Mi palpò il culetto e alla fine sentii un suo dito che premeva sul mio buchino: io non ero dilatata analmente, ma lui mi infilò dentro il dito con grande violenza. Mi fece male, ma io non lo feci vedere e smorzai il mio urlo in gola. Poi il Master mi fece sollevare un piede, mi sfilò la scarpa, la lanciò un metro più in là con disprezzo e analizzò con cura la mia pianta. Mi levò la calza e, tenendo in mano il mio piede, sentenziò: "Hai sulla pianta un po' di pelle ispessita, ma con una buona sigaretta... riusciremo ad eliminarla. Vedrai come sarà tenera la nuova pelle che ricrescerà!". Capii che cosa voleva dire: mi avrebbe bruciato le piante dei piedi con la sigaretta, una pratica che "produce" un dolore atroce alla schiava, che poi fatica anche a camminare e ad appoggiare il piede a terra. Mi fece alzare l'altro piede e mi tolse l'altra scarpa, sfilandomi successivamente la calza. Ora ero scalza ed ero leggermente più bassa di Nicola. Proprio quello che voleva il Master, che non sopporta le donne più alte di lui. Prima, quando ero calzata, pur con un tacco bassissimo, lo sovrastavo di qualche centimetro! "Girati, togliti la gonna e abbassa le mutandine, puttana", mi apostrofò Nicola. Io eseguii il suo ordine e rimasi con la parte inferiore del corpo completamente nuda. Lui riprese ad accarezzarmi la figa e il culo e io non potei fare a meno di emettere alcuni gemiti di piacere. Sentivo addosso gli sguardi dei quattro amici del Master, che scrutavano il mio corpo con aria indagatrice. Mi sentivo un giocattolo in mano ai miei cinque aguzzini. Nicola mi levò la camicetta e il reggiseno e io rimasi completamente nuda. Scrutando il mio seno, Nicola disse: "Hai le tette un po' sgonfie... una buona dose di frustate sul seno potrebbe farti molto bene e fartele gonfiare... dal dolore!". Uno degli "amici seduti in prima fila" fece osservare al Master che mi ero leggermente truccata gli occhi e convinse Nicola, che una buona e docile schiava... non deve essere minimamente truccata! "Hai proprio ragione - disse Nicola - laveremo la faccia a questa impunita. Portatela in bagno, che provvediamo alla pulizia del viso della troia". Due amici si alzarono e mi afferrarono per le braccia, trascinandomi in bagno. Io pensavo che il viso si lavasse solo ed esclusivamente nel lavandino e invece... mi portarono davanti al water. "Che cosa volete farmi?", balbettai io con voce tremula. "Ora lo vedrai, lurida cagna", replicò Nicola. E dicendolo indicò agli amici di ficcarmi la testa nel water. Io mi divincolai con tutta la forza che avevo in corpo, ma loro mi fecero mettere a quattro zampe e mi infilarono a forza la testa nel water, appoggiandomi una mano sulla nuca e tenendomi la testa ben dentro alla tazza. Un altro mi mise un piede "armato" di grosso scarpone sulla schiena e io ero a quel punto completamente immobilizzata e inerme. Il Master contò fino a cinque e azionò lo sciacquone. L'acqua investì la mia faccia e i miei capelli vennero sommersi dall'ondata di acqua. Provai uno schifo, che mai avevo provato prima in vita mia. Quando mi tirarono fuori la testa, mi diedero uno specchio per farmi vedere come ero ridotta: il mio trucco era colato e io ero ridotta ad un mostro con macchie di colore. Nicola, ridendo in modo beffardo, disse: "Sei una merda e ti meriti solo questo. Pensavi di fare la figa davanti a noi e di farci sbavare. E invece sei una povera stronza, un piccolo essere schifoso e privo di significato, che deve subire tutte le nostre angherie. E pensa che questo è solo l'inizio del tuo percorso di sottomissione". Io gli risposi che non sarei più andata da lui, che non sopportavo certe cose e certi trattamenti così umilianti e lui, per tutta risposta, mi fece ripetere il lavaggio, provvedendo però prima da infilarmi uno sturalavandini nel culo. Il manico di legno mi allargò il buco in maniera dolorosa e alla fine tutto il manico scomparve nel mio ano. Quando tirai fuori la testa, non potei fare a meno di vomitare e Nicola mi obbligò a leccare tutto quello che avevo espulso. "Sei una povera sgualdrina piena di merda, meriti di essere ben ripulita con un bel clistere. Di quelli maxi, però!", disse Nicola. Mi fece portare su un letto e i due energumeni mi allargarono le gambe, tirandomele indietro sopra i seni. Un terzo arrivò con un clistere di grandi dimensioni e, dopo avermi estratto dal culo lo sturalavandini, mi infilò nel buco dell'ano la peretta di gomma. Io avvertii una gran quantità di liquido che entrava nel mio sfintere e dopo poco dovetti correre in bagno "per esibirmi" davanti ai cinque uomini. Non esiste privacy per una povera schiava, neanche in certi momenti! Nicola mi prese in braccio e mi portò in una camera dove c'era una gogna di legno: la mia testa, le mani e i piedi vennero bloccati nella gogna, mentre il mio bacino venne ancorato alla struttura con una robusta corda. Avevo già capito che cosa mi aspettava: la tortura delle sigarette, una delle peggiori per una slave. Solitamente viene fatta sui seni o sulle piante dei piedi ed è dolorosissima; la pelle brucia e il dolore è davvero lancinante. Nicola si rivolse a me con tono di scherno: "Visto che risparmi i soldi per la pedicure... i tuoi piedi li curiamo noi... a nostro modo! Vedrai che belle piante ti verranno dopo questo grazioso trattamento". Accese una sigaretta, fece alcuni tiri e poi la diresse sulla pianta del mio piede, nella zona sotto alle dita. "Nooo... vi prego, farò tutto quello che vorrete, ma questo no!", urlai con quanto fiato avevo in gola. Non feci in tempo a finire la frase, che Nicola aveva già appoggiato la sigaretta al mio piede, procurandomi una vistosa bruciatura. Urlai per il dolore, ma come risposta ricevetti un paio di sonori schiaffoni in viso. "Me la pagherete, bastardi", dissi, con le lacrime agli occhi. Nicola era soddisfatto della mia reazione, a tal punto che disse: "Sei una vacca, una lurida vacca, e deve soffrire. Devi purificarti attraverso il dolore. Tu hai sempre scopato chi volevi, senza farti scrupoli delle loro situazioni familiari, cornificando mogli e fidanzate. Praticamente sei una puttana, che non prende soldi, ma che distrugge la vita degli altri, solo perchè vuoi avere rapporti con gli uomini che ti piacciono. Ora è arrivata la resa dei conti. Tutto il male che hai fatto agli altri, si ritorcerà contro di te. E intanto soffrirai con noi le pene dell'inferno, perchè i nostri incontri non terminano qui. Il tuo corpo deve pagare il piacere che ha sempre avuto: le torture e le umiliazioni a cui verrai sottoposta, ti faranno pentire di essere nata, cagna schifosa". E con queste parole arrivò la seconda bruciatura. Mi bruciarono in varie parti del piede, anche sui talloni, dove per fortuna il dolore è leggermente minore. Poi Nicola passò a martoriarmi l'altro piede, che se la cavò leggermente meglio del primo. Ma per me il supplizio non era ancora finito. Venni appesa a testa in giù e sollevata per i piedi. La mia testa sfiorava il pavimento, ma il mio corpo era libero di dondolare e allora uno degli amici, per impedire movimenti al mio corpo, mise un suo piede sui miei capelli, che toccavano il pavimento, bloccandomi così la testa. Ricevetti quaranta frustate sulla schiena e sul lato B, che dovetti "godere" tutte, senza poter attenuare il loro effetto devastante, in quanto il mio corpo non poteva dondolare liberamente. Avevo il viso con il trucco colato, i piedi martoriati, la schiena e il culo doloranti e l'animo devastato. Mi sentivo completamente annullata. Mi riportarono in bagno, mi misero nella vasca e mi fecero aprire la bocca, che venne bloccata con un aggeggio che mi impediva di chiuderla. Poi i cinque amici tirarono fuori i loro uccelli, con i quali mi "innaffiarono" di urina. Qualcuno diresse il suo getto direttamente nella mia bocca, altri preferirono colpire il mio corpo, che venne completamente lavato dalla loro calda urina. Mi tirarono fuori dalla vasca e mi portarono su un tavolo, ma ormai il mio "presunto" fascino era totalmente sparito. Il Master disse ai quattro amici: "Ecco, ora è tutta per voi, fatele quello che volete. E' ormai una donna distrutta nel corpo e nella mente, ma se non vi fa schifo, potete pure scoparvela". Cominciai a sentire che tutto il mio corpo era nelle loro mani: le mie tette vennero palpate, il mio culo venne aperto e ricevetti alcuni sputi nel buco, altri sputi raggiunsero la mia gola, la mia figa venne spalancata e mi venne infilato un vibratore. Poi, dopo dieci minuti di queste angherie, uno di loro decise di scoparmi e senza tanti preamboli estrasse il vibratore dalla mia figa e mi infilò il suo uccello. Iniziò a pomparmi con grande forza, a tal punto che pensavo volesse sfondarmi la figa. Gli altri amici si misero in fila indiana, con gli uccelli ben duri in mano. Capii subito che volevano anche loro scoparmi. E così fu: per quasi un'ora rimasi in loro balia, ricevendo colpi sempre più forti e devastanti. Per fortuna nessuno volle avere rapporti anali, ma vi assicuro che anche quella fu un'esperienza traumatica. Alla fine faticavo a rimanere in piedi e non riuscivo a rimettere le scarpe, fui accompagnata a casa scalza in auto, ma non ci crederete... ero anche felice! In effetti anche quel giorno avevo avuto la mia buona dose di dolore, ma in fondo questo è quello che piace ad una slave come me. 49300 2 12 anni fa
- 10 anni fa La prima vera lezione di Jessica Questa volta venni convocata a Villa Ubbidienza da Master Vito, perchè dovevo impartire a Jessica, aspirante slave, una lezione di sottomissione. Anche se potrebbe non sembrare, io sono piuttosto timida e non mi piace imporre la mia volontà sugli altri. Ma sono però pur sempre una schiava e una schiava deve solo e sempre ubbidire. E così, dopo averne parlato con me, Mario richiamò il Padrone di Villa Ubbidienza fissando l'incontro. Appena varcato il cancello di Villa Ubbidienza, i soliti due loschi figuri ci vengono incontro e ci danno il benvenuto. Lì incontriamo anche Jessica e il suo fidanzato. Subito George mi impone di spogliarmi e io lo faccio senza replicare: consegno a George tutto quello che indosso, scarpe comprese. Poi mi tolgo i gioielli e li consegno a Frank. Ora sono completamente nuda e tutti e sei ci avviamo alla villa. Entriamo nella villa e veniamo condotti da Master Vito, che è seduto su una specie di trono. Dopo i primi convenevoli Master Vito si rivolge a me con tono deciso: "Sonia tu oggi sarai l'insegnante di Jessica e le farai apprendere le prime teorie della sottomissione completa. Jessica sarà la tua schiava, ma tu dovrai prima dimostare a lei come si affrontano certe prove di coraggio e sofferenza. Jessica soffrirà molto, ma verrà plasmata alla nuova vita da slave". Poi si rivolse a Jessica e le fece alcune domande: "Jessica sei sicura di voler diventare una vera schiava, pronta a soddisfare tutti i voleri del Padrone e dei suoi amici? Jessica sei vergine? Hai già avuto rapporti anali? Sei conscia del fatto che il tuo corpo potrebbe rovinarsi e subire torture e angherie di ogni tipo? Che cosa hai provato quando ti abbiamo marchiato i piedi?". Jessica rispose che era pronta a tutto, che la sua volontà di diventare una schiava per amore del suo fidanzato non era cambiata e che era pronta ad affrontare qualsiasi prova. Aggiunse che aveva già avuto rapporti sessuali e che non era più vergine, ma che non aveva mai avuto introduzioni anali. Per quanto riguarda i piedi, Jessica era molto rammaricata di avere sui talloni quelle due piccole lettere che stavano a significare la sua appartenza di schiava a Villa Ubbidienza. Jessica si vergognava di avere quei piedi rovinati, a tal punto che disse che non sarebbe più andata in spiaggia per tutta la vita! Solitamente un'apprendista slave viene sottoposta a torture e sofferenze seguendo lo schema SVA, ma per Jessica Master Vito disse che voleva rivoluzionare il tradizionale "modo di studio". La sigla SVA sta a significare Seno, Vagina e Ano, ossia le parti del corpo della schiava che vengono prima interessate dalle lezioni del Master. Infatti un'apprendista schiava normalmente subisce torture prima al seno, poi alla vagina ed infine all'ano. Ma come già detto, Master Vito aveva previsto un diverso percorso di studio per Jessica. Master Vito mi chiese di spogliare Jessica, aggiungendo che il primo ostacolo per una slave è quello di superare la vergogna di mostrarsi nuda agli altri. Io dissi alla giovane ragazza: "Posso spogliarti, sei d'accordo?". Master Vito mi guardò in modo feroce e mi disse: "Troia, sei ormai una veterana di Villa Ubbidienza e ancora chiedi alla schiava se puoi spogliarla? Non hai capito niente del sadomaso...". Jessica rispose che era pronta e intanto nella sala si erano radunati una dozzina di uomini, ansiosi di vedere la nuova venuta. "Jessica, dammi le scarpe", dissi io. Lei sfilò le scarpe e me le diede. "Ora ti toglierò la giacca e la gonna", dissi io a Jessica. Lei annuì con il capo e io le levai la giacca e poi le sfilai la gonna. Ora Jessica era rimasta con la camicetta e le calze, ma già i suoi capezzoli erano turgidi e facevano capolino dalla camicetta. Le levai la camicetta e poi le calze e Jessica rimase con la biancheria intima, mostrando un corpo invidiabile. I lunghi capelli biondi le incorniciavano il bel visino da giovane ragazza pulita. A quel punto Master Vito intervenne in modo perentorio: "Sonia togli il reggiseno a questa giovane fanciulla, così tutti noi potremo apprezzare il suo giovane seno". Io eseguii l'ordine e Jessica rimase con le sole mutandine. La sua pelle era candida e il suo corpo era ben modellato. "Ora togli a questa puttana anche le mutandine, la voglio nuda! Sbrigati", mi apostrofò Master Vito. Io sfilai le mutandine a Jessica e la sua figa ben depilata apparve in tutta la sua freschezza: lei tentò di coprirsi il seno e la figa con le mani, ma io glielo impedii, perchè se le avessi concesso di coprirsi, sarei stata certamente punita dal Padrone. Master Vito mi fece stendere su un tavolo di marmo per dimostrare l'utilizzo del gancio anale. Io mi distesi supina, in attesa di quella tortura dolorosa. Il gancio anale è un gancio in acciaio lucido, di buona sezione, che assomiglia tanto al manico di un ombrello e al quale è fissata una corda abbastanza corta. Il gancio viene infilato nel culo della "condannata", poi la testa della schiava viene sollevata e portata il più possibile all'indietro, verso la schiena; a questo punto la corda viene tesa e legata ai capelli della slave. Quando si è sdraiati su un duro tavolo con la testa reclinata all'indietro, si è portati con il passare del tempo ad abbassare il capo e, a quel punto, il gancio "tira" e preme sul buco del culo della schiava, provocando un immane dolore. Il buco viene slabbrato e si deve avere la forza di non chinare la testa, se non si vuole sentire il proprio buco dilatato oltre misura. Un uomo di Master Vito prese il gancio anale, mentre un altro mi divaricò le chiappe, mettendo in luce il mio orifizio. Io ero molto tesa per il compito ingrato di insegnante che mi era stato assegnato e non riuscivo a rilassarmi, ragion per cui il mio buco era molto stretto e assolutamente inviolabile. Master Vito si accorse di questo e disse al suo "operaio": "Spingi con forza il gancio nel culo di questa puttana, sfondaglielo senza alcuna pietà. Non avere paura di farle male. Non merita alcun riguardo. Spaccale il culo!". Lui non si fece scrupoli e dopo aver "puntato" il mio buco, premette con violenza il gancio nel mio orifizio. Mi squarciò il buco, provocandomi un grande dolore, che venne sottolineato da un mio urlo. Jessica, nel vedere la scena, si mise a piangere e a nulla servì il fidanzato, che la consolò dolcemente. Mi legarono i capelli alla corda collegata al gancio, mi lasciarono in quella posizione scomoda e affaticante per parecchio tempo e io fui costretta ad abbassare la testa: fu a quel punto che il gancio lacerò ancor più il mio buco, provocandomi altro dolore, unito ad un bruciore indescrivibile. Jessica piangeva, gli altri uomini chiacchieravano allegramente e io soffrivo le pene dell'inferno. E quel porco di mio marito? Mio marito godeva nel vedere la propria moglie/schiava soffrire in quel modo. Dopo tre quarti d'ora mi levarono il gancio dal buco del culo, che era completamente rosso e distrutto. Mi alzai dal tavolo e venni costretta a stare in ginocchio, in attesa della punizione di Jessica. Jessica venne messa al mio posto, anche lei supina, e Master Vito iniziò a palparle il culo. Poi le aprì le natiche e a tutti apparve il buchino vergine del culetto di Jessica. "Ma come è stretto... ah, ah ah. Ora ci pensiamo noi a sverginarti il culo, troietta da strapazzo!", disse il Padrone. Un uomo le tenne le chiappette allargate e Master Vito appoggiò il gancio al buchetto di Jessica. Era un confronto improponibile... ma non per la perfidia di Master Vito! Jessica pregò il Padrone di luibrificarle almeno il buco, ma lui rispose negativamente e incomincìò a spingere il gancio dentro il povero culo di Jessica. Spinse tanto forte che non ci volle molto a sfondare il buchetto vergine di Jessica, che lanciò un urlo lancinante. Poi Master Vito, incurante degli occhi ancora lucidi di Jessica, le disse: "Hai visto cagna che il tuo culo non è inviolabile? Guarda come ti abbiamo aperta... come si apre un'albicocca!". Anche a Jessica venne riservato il mio stesso trattamento: testa all'indietro, capelli legati alla corda collegata al gancio e... un bel riposino! Alla fine Jessica, stremata, dovette abbassare il capo e il gancio fece strage del suo povero buco del culo, che si dilatò enormemente con grande dolore. Era la sua prima volta e il dolore fu veramente grande. Master Vito è un uomo cattivo, ma anche intelligente, e capì che la povera Jessica aveva subito troppo per quel giorno. Io dovevo fare l'insegnante, ma la seduta fu conclusa anticipatamente per... il culo spaccato di Jessica! Master Vito mi disse: "Oggi abbiamo lavorato molto meno di quello che avevo previsto, ma non mi aspettavo una schiava dal culo vergine. Comunque tu rimani arruolata come maestra di sottomissione per la prossima volta. Non ti dimenticare!". Uscimmo dalla villa e questa volta io e Jessica raggiungemmo il cancello "vestite" allo stesso modo: nude, completamente nude, come mamma ci ha fatto! 37017 2 12 anni fa
- 10 anni fa Prova di disubbidienza a Villa Ubbidienza Villa Ubbidienza è il luogo ideale per una schiava che deve avere un'adeguata formazione: dispone di molta attrezzatura e di persone valide, che hanno lunga esperienza nel campo del sadomaso. Master Vito è un uomo severo, ma giusto, che sa calibrare con precisione le punizioni da infliggere alle schiave. Anche alle schiave ribelli come me. Io e Mario decidemmo di ritornare per la terza volta a Villa Ubbidienza, per un'altra lezione di sottomissione. Io ero stata marchiata sotto i piedi e ormai non sarei stata più accettata da altre case di rieducazione, visto che quelle due lettere marchiate a fuoco stavano a "rivendicare" la mia appartenenza a Villa Ubbidienza. Arrivammo alla villa al mattino presto, come ci era stato consigliato da Master Vito. Come sempre mio marito parcheggiò l'auto fuori dal cancello della villa e mi invitò a spogliarmi, dicendo: "Sonia spogliati, che metto i tuoi vestiti al sicuro nel bagagliaio". Quella mattina l'aria era frizzante e a me non andava di percorrere nuda il lungo viale alberato che conduce alla villa. Risposi perciò a Mario: "No, non mi spoglio. Ho freddo, mi spoglierò all'interno della casa, dove la mia nudità è essenziale. Suonammo il campanello e poco dopo, come sempre, apparvero George e Frank. Vedendomi ancora vestita, Frank si sentì autorizzato ad apostrofarmi così: "Signora, perchè lei è ancora vestita? Ormai conosce le regole e sa che una buona schiava non può percorrere il viale con gli abiti addosso. Si spogli, si spogli subito!". L'aria fresca del mattino e il modo in cui Frank mi aveva parlato mi indussero a non spogliarmi e a rispondere a tono a quel tipo strafottente: "Caro Frank, oggi non mi spoglio proprio all'esterno e lei non mi deve dare ordini. Io gli ordini li ricevo solo da Master Vito. Andiamo, non ho tempo da perdere!". George e Frank si guardarono con aria attonita e George mi disse che quella mia strafottenza mi sarebbe costata cara. "Prego, signora, le faccio strada", mi disse Frank con aria sorniona. Sapeva benissimo che la strada per la villa non aveva più segreti per me. Giunti alla villa, entrammo nel solito salone, dove ci aspettava Master Vito, che vedendomi ancora vestita ebbe un sussulto di sorpresa. George, impaziente di farmela pagare, si rivolse a Master Vito, dicendo: "Signore, questa insolente non ha voluto spogliarsi. Ha detto che faceva troppo freddo e ha aggiunto che lei non prende ordini da nessuno. Se posso esprimere umilmente la mia opinione... la punirei in modo esemplare per la sua baldanza!". Master Vito ringraziò il fido George. Poi si rivolse a me con tono imperioso: "Schifosa puttana, quindi ti sei ribellata agli ordini di George e Frank. Tu sei una lurida schiava e devi ubbidire a tutti gli ordini che ti vengono impartiti. Se ti hanno chiesto di spogliarti, ti assicuro che lo hanno fatto per il tuo bene... Ma tu ti credi potente... tu credi di poter fare il bello e il cattivo tempo, solo perchè hai due schifose tette, una sfrontata figa e un culo da sfondare. Ora ti pentirai amaramente di quello che hai fatto, perchè ti sottoporrò ad un'umiliazione forte... molto forte... anzi fortissima! Ah, ah, ah". Chiamò due degli uomini che stavano alle sue spalle e diede loro un ordine perentorio, avvicinando una mano al mio viso: "Questo bel fiore va coltivato. E come tutti i fiori ha bisogno della terra per crescere ed aumentare il suo splendore. E noi la piantiamo: nuda o vestita. Questo è il dilemma. Ma visto che non si vuole spogliare... Portatela fuori nel campo! Non la voglio più vedere qui dentro al caldo...". "Non capisco", balbettai io. I due uomini mi presero per le braccia, mi sollevarono e mi portarono fuori dalla villa, seguiti da Master Vito, da mio marito e da altri uomini. Solo George e Frank non ci seguirono. Mi portarono fuori dalla villa e raggiungemmo un campo alle spalle del fabbricato. Lì c'erano due buche, dalle differenti dimensioni e forma. Mi trascinarono fino alla buca più piccola, a sviluppo verticale: era poco profonda e poco larga. Master Vito disse ai due uomini: "Legate le braccia alla schiava all'altezza dei fianchi, perpendicolari al suo corpo.". Loro mi legarono le braccia e Master Vito continuò: "E ora calatela nella buca, ai vermi piace la terra e Sonia è proprio una bella vermetta! E mi raccomando, non svestitela, ha molto freddo questa troia". "No, non potete, che cosa volete farmi... voi siete completamente pazzi!. Noooo!", urlai con quanto fiato avevo in gola. Ma non feci in tempo a finire la frase, che i due aguzzini mi calarono nella buca. Per fortuna era meno profonda di quello che mi sembrava e le mie scarpe toccarono presto il fondo; ero infilata nella buca fino all'ombelico, che rimaneva però sotto al livello del terreno. Poi i due uomini si armarono di badili e iniziarono a buttare terra nella buca, attorno al mio corpo. Era la terra che era stata ammucchiata lì vicino e che proveniva dallo scavo della buca. Presto la buca si riempì di terra, che venne compattata intorno al mio corpo con badilate decise: ora ero immobilizzata. Solo la mia testa e parte del busto uscivano dal terreno. Master Vito girava intorno a me, disegnando dei cerchi perfetti. Mi guardava dall'alto in basso, con aria di compatimento. Poi mi disse in tono di sfida: "Avevi freddo questa mattina, vero schiavetta? Ma come sei bella oggi con questo maglione color giallo; peccato per i tuoi pantaloni gialli e le tue scarpe anch'esse gialle... chissà come saranno sporchi di terra, ora. E peccato per questo maglione... era davvero bello... E' un vero peccato tagliarlo, ma non ho scelta". Chiamò uno dei suoi collaboratori e ordinò: "Tagliale una manica del maglione. Sì all'altezza della spalla". E quell'uomo tagliò la mia manica all'altezza della spalla e poi all'altezza del terreno, nel punto dove il mio braccio spariva nel terreno. Poi passò all'altro braccio e fece la stessa cosa. Anche il "resto" del maglione venne fatto a pezzi e poi la camicetta subì la stessa infausta sorte. Ero rimasta con il reggiseno e il busto scoperto. Solo la parte del mio corpo, infilata nella terra, rimase coperta dai vestiti. Tagliarono le spalline del mio reggiseno e me lo levarono, lasciandomi con le tette all'aria. Il freddo fece subito "rizzare" i mie capezzoli, che vennero "amorevolmente" strizzati da più uomini. "Hai fatto colazione, piccola puttanella?", mi disse Master Vito, con ghigno beffardo. "Ora ti daremo noi da mangiare. Apri la bocca", poi invitò tutti gli uomini presenti a "devolvere" una piccola quantità di sperma alla povera affamata. Ad uno ad uno si misero in ginocchio davanti a me e si masturbarono. In poco tempo la mia faccia era coperta di sperma, i miei capelli anche e la mia gola era invasa da quel prezioso liquido caldo. Poi Master Vito venne raggiunto da Frank, che disse: "Povera Sonia, come sei ridotta. Perchè non la lavate un po'? La piscia dell'uomo farebbe al caso di questa poveretta...". Master Vito annuì e io mi ritrovai sulla testa gli uccelli di cinque uomini, che all'unisono iniziarono a lavarmi con la loro pioggia dorata. Altri si avvicinarono a me e io in un battibaleno fui lavata dalla loro puzzolente urina. Poi Master Vito ordinò di tirarmi fuori dalla buca, ma potei assaporare la "libertà" per pochissimi minuti. Mi venne ordinato di togliere gli indumenti che mi rimanevano e di rimanere completamente nuda. Frank ritirò i resti della camicetta, del maglione, i miei pantaloni e le mie scarpe ed infine le mie mutandine. Tutto era sporco di terra e anch'io mi sentivo schifosamente "sporca". Nuda e sporca, come un verme appena uscito dal terreno! Mi presero con la forza e mi depositarono nella altra buca, facendomi mettere alla "pecorina", con il culo in alto e ben sollevato. Nella buca era no fissati quattro paletti, a cui furono legati le mie mani e i miei piedi. Poi mi misero in testa un sacco di cellophane trasparente e fecero un buco in corrispondenza della mia bocca. Mi infilarono in bocca un lungo tubo di gomma, che poi capii serviva ad assicurare la mia respirazione. La buca venne riempita di terra, che attorniava completamente la mia testa e il mio corpo, dandomi un tremendo senso di soffocamento. Comunque la mia respirazione era salvaguardata dal tubo di plastica infilatomi in bocca, che sporgeva dal terreno e mi assicurava la giusta quantità d'aria. Alla fine solo il mio culo sporgeva dalla terra, ma il mio supplizio non era ancora terminato: improvvisamente sentii qualcosa che premeva sul buco del mio culo... e poco dopo sentii al suo interno un ortaggio lungo e duro. Era una zucchina lunga e leggermente nodosa, che mi dava una sensazione strana e particolare. Anche questa volta il mio culo era stata devastato! Quando mi tirarono fuori da quella scomoda buca, la mia pelle era sporca e il nio viso era visibilmente sudato. Mi portarono davanti ad un lavandino al quale era collegata una lunga canna e li mi fecero una bella doccia... gelata. "Ora puttana sei pulita, puoi tornare alla tua confortevole casina, con quel porco di tuo marito che si è masturbato davanti a tutti, mentre tu eri "sepolta"!", disse Master Vito. Prima di lasciarmi andare Master Vito controllò che la marchiatura a fuoco fattami la volta precedente sulle piante dei piedi fosse ben evidente, in quanto non voleva che una schiava docile e ubbidiente come me cambiasse la "scuola di rieducazione". Questa volta però non mi ero eccitata tanto, avevo solo subito umiliazioni e costrizioni, forse dovute allla mia tracotanza iniziale. Credo che la prossima volta, se ci sarà una prossima volta, mi spoglierò subito, preferendo il freddo ai patimenti che avevo dovuto subire. 13700 5 12 anni fa
- 10 anni fa Villa Ubbidienza: per me è una casa! Mio marito è rimasto molto soddisfatto dalla prima nostra visita a Villa Ubbidienza, a tal punto che ha telefonato a Master Vito e ha richiesto un nuovo appuntamento per darmi una nuova lezione di sottomissione. Al giorno previsto arriviamo puntuali a Villa Ubbidienza. Mio marito parcheggia la macchina fuori dal cancello e poi mi dice con tono perentorio: “Spogliati completamente, tanto sai che a Villa Ubbidienza non puoi entrare vestita. Togliti anche i gioielli, devi essere completamente nuda”. Io ubbidisco, ricordando la passata esperienza nella quale ho raggiunto la villa completamente nuda. Mi tolgo la camicetta, le scarpe, la gonna, le calze, il reggiseno e le mutandine. Poi mi levo anche l’orologio, la collana e due anelli. Consegno tutto a mio marito che ripone la mia roba nel bagagliaio della vettura. Suoniamo il campanello e poco dopo arrivano ad aprire due nostre vecchie conoscenze: George e Frank, vestiti in modo elegante e con un’aria alquanto tenebrosa. George ci saluta e poi si rivolge a me, dicendo: “Complimenti signora, vedo che la lezione dell’altra volta è stata utile. Ha capito che le schiave non possono entrare vestite a Villa Ubbidienza”. Frank mi sposta i capelli da un lato e George mi mette un collare al collo con un lungo guinzaglio: mi fanno mettere a “quattro zampe” e mi tirano lungo il viale che conduce alla villa. Dopo un tratto di strada, supplico George di farmi alzare, perché le mie ginocchia sono molto provate. Lui accetta e mi permette di proseguire la strada in piedi. Quando arriviamo alla villa, Master Vito ci accoglie con grandi feste. A vederlo così non sembra neanche perfido, ma il suo incarico è quello di sottomettere le schiave, usando maniere violente. Master Vito mi fa alzare le braccia e si accorge che ho dei peli sotto le ascelle. Inoltre nota che anche la mia figa è pelosa e mi dice che una schiava deve essere completamente priva di peli. Chiama un suo collaboratore che deve curare la mia depilazione e quest’ultimo mi cosparge le parti pelose di crema depilatoria: poco dopo i miei peli cadono e basta una “passatina” di rasoio per rendermi liscia e vellutata. Anche il buco dell’ano viene depilato e rimane liscio e pulito, pronto per eventuali esercizi anali. Mi conducono in una stanza dove c’è uno strano attrezzo, costituito da due pali metallici affiancati orizzontalmente e da una struttura, anch’essa metallica, che li sostiene. E’ una specie di letto di tortura sul quale viene fatta stendere la schiava. I due pali molto ravvicinati non consentono di stendersi confortevolmente e se una rimane sdraiata per un po’ di tempo finiscono inesorabilmente per segnare la schiena della poveretta. Mi fecero stendere a pancia in su, mi fecero alzare e allargare le braccia e poi mi divaricarono le gambe che vennero alzate e fissate a ganci che pendevano dal soffitto. Mi legarono le mani con robuste corde. Per la testa non esisteva un supporto e dovetti necessariamente reclinarla all’indietro. Poi mi aprirono le grandi labbra della figa e mi misero due mollette a clip (una per ogni parte) che avevano dei lacci che mi girarono intorno alle gambe. La figa era così costretta a rimanere aperta e in bella vista. Poi mi misero altre due mollette a clip sempre sulle grandi labbra della figa e le collegarono, tramite una cordicella, agli alluci dei miei piedi. Così se avessi mosso le dita dei piedi, automaticamente le grandi labbra della mia figa sarebbero andate in tensione, provocandomi dolore. A questo punto venne verso di me Master Vito con in mano una candela, che accese con un accendino. Me la infilò nella figa e poi tutti se ne andarono, spegnendo la luce. Io rimasi sola con la sola luce della candela. All’inizio la cera che si scioglieva finiva sul pavimento, ma consumandosi la cera calda sgocciolava lungo lo stelo della candela e finiva nella mia figa spalancata. Provai un grande dolore e in più ero terrorizzata dal fatto che la fiamma si avvicinava sempre più alla mia figa. Iniziai ad urlare e riuscii a richiamare l’attenzione di Master Vito e dei suoi uomini appena in tempo. Pochi secondi ancora e la fiamma avrebbe lambito la mia pelle, con conseguenze che non voglio immaginare. Mi slegarono e mi fecero mettere sull’attrezzo a pancia in giù, legandomi mani e piedi alla struttura metallica. La testa era senza appoggio e dovetti reclinarla in avanti. Master Vito disse ad un suo uomo: “Vieni qui e allarga il culo a questa puttanella. Allargale il buco più che puoi, senza pietà. Dobbiamo infilarle lo speculum”. Il collaboratore di Master Vito eseguì l’ordine e mi aprì il buco con forza, dilatandomelo a dismisura. Io gridai per il dolore e lo supplicai di smettere, ma lui sembrava non sentire le mie suppliche. Master Vito prese lo speculum da un mobile e lo infilò nel mio buco senza trovare alcun impedimento e poi iniziò a girare la vite per allargare lo strumento. “Mi fate male, mi state spaccando il culo, basta… vi prego. Non resisto, mi sento il culo sfondato”, dissi io con un filo di voce. Ma quell’uomo continuava imperterrito a girare la vite e lo speculum si allargava inesorabilmente, fino a quando il mio buco non si dilatò più. Era comunque diventato una voragine e all’interno dello speculum venne infilata una candela, che “ballava”, tanto largo era diventato il mio buco dell’ano. Accesero la candela, che era posizionata più verticalmente rispetto all’altra che mi era stata infilata prima nella figa. La cera si scioglieva e colava lungo lo stelo della candela, finendo direttamente dentro il mio orifizio. Ciò mi causava molto dolore, ma se mi lamentavo ricevevo puntualmente un sonoro schiaffo sul viso. La candela si consumò e la sua fiamma arrivò a lambire la pelle del mio culetto. Solo allora venne spenta, con mio grande sollievo. Poi entrò nella stanza, accompagnata da due uomini e seguita dal fidanzato, una ragazza molto giovane ed attraente: aveva lunghi capelli biondi e occhi azzurri. Master Vito me la presentò: “Sonia ti presento Jessica. Lei è un’aspirante schiava ed assisterà alle torture a cui ti sottoporremo. Tu dovrai farle capire che una schiava si realizza quando viene sottomessa in modo deciso e anche violento. Dovrai trasmetterle un messaggio importante: solo il dolore fisico può dare soddisfazione ad una vera slave. Tu Sonia hai dato grande dimostrazione di saper subire qualsiasi umiliazione e di saper accettare il dolore con rassegnazione. E oggi dovrai superare te stessa… non immagini nemmeno che cosa ti aspetta!”. Alzai la testa e salutai Jessica, porgendole il mio benvenuto. Però il fatto di essere torturata ed umiliata davanti ad una ragazza mi poneva un po’ a disagio, forse perché ero abituata a soffrire solo davanti ad uomini, anche giovani, ma pur sempre di sesso maschile. Mi stupii nel veder che Jessica era completamente vestita: camicetta rossa, pantaloni neri e scarpe nere. Ero infatti convinta che le schiave dovessero entrare nude a Villa Ubbidienza, ma a quanto pare questa regola non doveva essere rispettata dalle aspiranti schiave. Mi liberarono dalle corde e mi fecero stendere sul pavimento, legandomi le braccia lungo il corpo. Poi mi misero delle cavigliere in pelle con una corta catenella ed abbassarono un gancio dal soffitto: collegarono la catenella al gancio e mi tirarono su per i piedi. Il mio corpo penzolava, la mia testa era a ottanta centimetri dal pavimento e le mie tette penzolavano anch’esse, in una posizione del tutto innaturale. Mi applicarono ai capezzoli clips con catenelle alle quali erano collegati alcuni pesi. A quel punto le mie tette venivano tirate verso il basso: furono poi attaccati alle catenelle altri pesi che peggiorarono la situazione. Ora le tette mi facevano male e tentai di ribellarmi, dicendo: “Toglietemi i pesi dal seno, mi state facendo male, le mie tette sono tirate allo spasimo!”. A queste parole Master Vito reagì in malo modo e diede ordine a Jessica di frustarmi in tutte le parti del corpo. Consegnò una frusta a Jessica, che iniziò a frustarmi senza convinzione. Jessica non mi frustava in modo deciso e per convincerla a “fare sul serio” ricevette a sua volta alcune frustate. Ma c’era una piccola differenza tra noi: lei era vestita, mentre io ero nuda! Jessica urlò per il dolore… non era ancora abituata a soffrire! Le frustate che ricevette la convinsero a frustarmi con violenza ed ora ero io a gridare per il dolore. La mia schiena si riempì dei segni delle frustate, mentre ad ogni frustata il mio corpo dondolava e le mie tette mi ricordavano, con dolore, della loro esistenza. Poi Jessica, su suggerimento di Master Vito, passò a frustarmi la pancia e anche quella parte del mio corpo venne messa a dura prova. Dopo un buon quarto d’ora di sane frustate, venni liberata da quella incomoda posizione. “Ora Sonia inginocchiati davanti al letto e appoggia la parte superiore del tuo corpo sul letto. Ti sculacceremo, come una troia come te merita”, disse George. Io eseguii l’ordine e George iniziò a sculacciarmi. Non riuscivo a rimanere ferma e oltre ad urlare, agitavo insistentemente il mio corpo. George si rivolse allora a Jessica: “Sali sulla schiena di Sonia e siediti sopra di lei. Bloccale le braccia con le tue mani. Non deve muoversi questa puttana”. Jessica si sedette sopra la mia schiena, impedendomi così di agitarmi. Venni sculacciata da George e da Frank, fino a quando il mio sedere divenne totalmente rosso. Ero imbarazzata, perché mai ero stata alla mercè di una ragazza, che poteva farmi soffrire malgrado la sua tenera età. Poi Master Vito mi ordinò di baciare Jessica, ma lei si ritraeva perché forse non aveva mai baciato una donna. Io afferrai la sua testa e la costrinsi a baciarmi con passione. Ora le nostre lingue giocavano insieme, procurando piacere sia a me che a lei. Frank ci ridicolizzò, dicendo: “Guarda le due lesbiche come sono innamorate! Fate schifo, siete due baldracche… vi pentirete amaramente del vostro comportamento. Ora siete entrambe di nostra proprietà… Proprietà Villa Ubbidienza”. Io al momento non capii… ma purtroppo la spiegazione di quelle parole non tardò a venire! Mi presero in braccio e mi portarono su un grezzo tavolo di legno, dove mi misero supina. Master Vito ordinò a Jessica, consegnandole uno straccio e una bottiglietta di plastica contenente del liquido, di pulirmi le piante dei piedi, che erano molto sporche. Avevo raggiunto la villa a piedi nudi e le mie piante erano veramente nere. Jessica mi pulì le piante in modo perfetto, passando lo straccio anche tra le mie dita. Mi presero nuovamente in braccio e mi portarono su una struttura metallica, in posizione “a quattro zampe”, dove venni legata saldamente tramite cinghie già predisposte. Mi aprirono la bocca e mi infilarono dentro una specie di "pallina" collegata ad un laccio, che mi venne bloccato dietro alla testa. Chiaramente quella "pallina" serviva a non farmi urlare. Anche la mia testa venne bloccata da un apposita struttura, ma potevo però girarla a destra e a sinistra. Master Vito mi disse in modo deciso: “Sonia, tu sei alla tua seconda lezione e ormai appartieni a Villa Ubbidienza. Non potrai frequentare altre scuole rieducatrici, all’infuori di Villa Ubbidienza. So che quello che ti sto per dire ti traumatizzerà, ma le regole sono regole e noi non possiamo aggirarle… Verrai marchiata a fuoco con le lettere V.U., che sono le iniziali di Villa Ubbidienza. Una volta che sarai marchiata, per tutta la vita dovrai tenere questo marchio, che sarà indelebile sulla tua pelle. Soffrirai tantissimo quando il timbro rovente “colpirà” la tua tenera pelle. Abbiamo deciso di marchiarti sotto i piedi”. Frank e George vennero incaricati di bloccarmi i piedi, tenendomi per le dita e per il calcagno. Jessica chiese di uscire, ma non le fu consentito. “Dovrai guardare mentre questa povera disgraziata soffrirà le pene dell’inferno, ma pensa che in fondo è solo una lurida schiava che non merita il minimo rispetto. La sua carne brucerà al contatto con il ferro rovente e speriamo che questa lurida cagna non svenga per il dolore”. Un uomo dal ghigno beffardo arrivò con in mano un lungo tubo in ferro con manico di legno, che mise sulla fiamma del camino. Alla base del tubo c’era un piccolo timbro con riprodotte due piccole lettere intercalate da punti: V.U. Poco dopo la parte finale del tubo divenne rossa e rovente. Io iniziai ad urlare a squarciagola, ma la mie urla veniva soffocate dalla "pallina" che avevo in bocca. Cercavo di agitarmi, di muovere i piedi per evitare quell’oggetto diabolico, ma le cinghie e le mani dei due uomini bloccavano ogni parte del mio corpo. “Verrai marchiata sulle piante dei piedi, nella zona sotto le dita, dove la pelle è leggermente più spessa, così proverai meno dolore, lurida cagna”, disse beffardamente Master Vito. Quando il “primo timbro” si avvicinò alla pianta del mio piede destro, avvertii un grande calore e poco dopo un dolore lancinante: la mia carne era stata incisa dal timbro e la mia pelle stava “bruciando” sotto la pressione di quel tubo maledetto. Jessica venne costretta a guardare, in quanto un uomo le teneva la testa in modo che non potesse evitare quella visione tremenda. Tentò di chiudere gli occhi, ma l’uomo gli strizzò un capezzolo per farla desistere dal chiudere gli occhi. L’uomo con il tubo in mano si assicurò che il “timbro” avesse deturpato il mio povero piede e una leggera fumata lo rassicurò. La mia pelle era ormai irrimediabilmente incisa. Rimise l’attrezzo sul camino e poco dopo ripetè l’operazione sul mio piede sinistro. Io ero completamente sudata e la mia bocca non aveva più saliva; l’uomo penso bene di togliermi la "pallina" dalla bocca e, dopo aver estratto il suo uccello dai pantaloni, mi pisciò direttamente in gola. Jessica chiese pietà per me: “Ma che cosa le fai! Non è un cesso la sua bocca, smettila ti prego”. Venne derisa e io venni liberata dalle cinghie. Non riuscivo però a rimanere in piedi per il dolore che avevo sotto i piedi: mi permisero perciò di rimanere in ginocchio. Poi presero Jessica e la misero sull’attrezzo che avevo lasciato libero io; lei cercò di divincolarsi, ma loro erano in tre e nettamente più forti di lei e la legarono completamente vestita con le cinghie. Le venne messa in bocca la “pallina” e poi Master Vito mi disse: “Vacca, togli le scarpe a Jessica… ora le faremo il lavoro che abbiamo fatto a te”. A quelle parole Jessica scoppiò in pianto, ma io non potevo fare nulla per lei. Con una stretta alla gola e camminando in ginocchio, mi posizionai dietro i piedi di Jessica. Le levai le scarpe e mi apparvero due piedini perfetti e curati, con dita affusolate e unghie laccate di rosso. Le sue piante erano lisce e vellutate, i suoi piedi non avevano tracce di calli e duroni. D’altra parte una ragazza così giovane non poteva che avere piedi belli e perfetti. Era un vero peccato rovinare piedi così belli. Cercai di prendere un po’ di tempo rimanendo dietro i piedi di Jessica in contemplazione, ma George mi buttò a terra, facendomi spostare con un calcio nella pancia. L’uomo del “timbro” mise l’attrezzo nel camino e poco dopo marchiò a fuoco il tallone di Jessica. Una piccola fumata, avvertì l’uomo che la pelle era incisa. Poi anche l’altro piede subì la stessa sorte. Ora tutte e due avevamo il marchio di Villa Ubbidienza: entrambe sulle piante dei piedi, una sotto le dita, l’altra sui talloni. Jessica venne slegata, ma quando cercò di mettersi in piedi svenne per il dolore. Poco dopo rinvenne e Master Vito ci disse che per quel giorno la nostra educazione era finita. Non riuscivamo a camminare e allora due uomini ci caricarono sulle loro spalle, come dei sacchi di patate. Io ero nuda, mentre a lei mancavano solo le scarpe. I nostri visi erano a contatto con i culi di quei due uomini, che percorsero velocemente il viale che conduceva all’uscita della villa. Eravamo seguite da mio marito e dal fidanzato di Jessica, che aveva voluto iniziare la sua donna ad un percorso di sottomissione, dal quale, una volta entrati, non ci si può più sottrarre. L’uomo che mi aveva trasportato chiese a mio marito di aprire il bagagliaio dell’auto e mi scaraventò dentro, come fossi un oggetto, e poi abbassò il cofano, chiudendolo. Non vidi più Jessica e non so dove lei fu “depositata”, ma sicuramente potè tornare a casa viva con il suo ragazzo. Dopo qualche centinaio di metri mio marito arrestò la macchina e mi tirò fuori dal bagagliaio. Mi rivestii e insieme tornammo a casa. Notai sul suo viso una certa soddisfazione per la lezione che mi era stata impartita. A lui non interessava molto del dolore che io provavo: a lui interessava solo avere al fianco una schiava docile e sottomessa come me! 20103 0 12 anni fa
- 10 anni fa Tempi di scuola Questa volta vi racconto un episodio che mi capitò quando frequentavo la quarta classe all'Istituto Tecnico Commerciale Gino Zappa di Milano. All'epoca ero ritenuta un'alunna modello, fra le più brave della classe e alcune compagne mi guardavano con una punta d'invidia. All'interno della classe, come sempre succede, si formano inevitabilmente i gruppi di amicizia o di studio e anch'io finii in questo disgraziato "meccanismo". Un giorno però Beatrice mi chiamò in disparte e mi invitò nella casa di campagna dei suoi genitori, situata nella provincia di Varese. La cosa mi risultò un po' strana, però l'idea di poter allargare la mia sfera di amicizie all'interno di una classe abbastanza divisa mi allettava non poco. Accettai e Beatrice mi disse che sarebbero venute con noi anche Anna, Simona e Giulia. L'appuntamento venne fissato per il sabato successivo e Beatrice, ripetente e più grande di noi, ci avrebbe portato alla mèta in auto. Tutte noi "invidiavamo" Beatrice che già poteva guidare e in più possedeva anche un'auto tutta sua. Al sabato alle tredici e trenta la campanella suonò e tutte e cinque ci precipitammo verso l'utilitaria di Beatrice, alla volta della casa di campagna. Lì saremmo restate fino alla domenica sera, per trascorrere un tranquillo week-end... di paura! Dopo circa un'ora e mezza o poco più arrivammo, dopo aver percorso una strada sterrata abbastanza lunga, alla casa di campagna situata in mezzo ad un bosco. Ero molto euforica, in quanto i miei genitori mi avevano accordato il permesso di rimanere fuori casa per ben due giorni. Entrammo nella casa che era "povera", ma molto ben tenuta. Ci sedemmo al tavolo e Beatrice ci offrì delle bibite a temperatura ambiente, ma comunque gradevoli. Ero tranquillamente seduta al tavolo quando vidi davanti a me una corda che si stringeva inesorabilmente verso di me: era tenuta in mano da Giulia e Anna, che mi legarono alla sedia, bloccandomi prima le braccia e poi le gambe alla sedia. Io mi misi ad urlare, chiedendo che cosa mi stessero facendo. Beatrice si alzò dalla sedia e venne verso di me, dicendo: "Bellissima Sonia, ti piace tanto fregare i ragazzi alle altre? Attenta, perchè non si può sempre farla franca... Perchè ti sei fatta Maurizio, quando sapevi benissimo che Maurizio è fidanzato con Anna? E perchè hai voluto essere scopata dal bel Paolo, quando sapevi che lui era mio?". Io in effetti non avevo mai avuto rapporti con Maurizio e con Paolo e cercai di spiegarlo a Beatrice: "Non sono mai andata a letto con Maurizio e non sono mai andata a letto con Paolo. Sia ben chiaro per tutte voi. Caso mai è stato Maurizio che mi ha corteggiato... ma non ha avuto alcun riscontro da parte mia. Per quanto riguarda Paolo... non c'è mai stato nulla tra noi", dissi io, visibilmente scocciata. "Non ti crediamo, baldracca da quattro soldi", sentenziò Beatrice. Si avvicinò ancor più a me e, toccandomi i capelli, disse: "Sonia, ma che bei capelli hai! Lunghi, mossi e lucenti... sappiamo che tu tieni moltissimo ai tuoi capelli... Ora ti facciamo una nuova acconciatura, sperando che sia di gradimento al "tuo" Maurizio". Giulia disse: "Propongo di tagliarle la frangetta e i capelli alle spalle, un bel caschetto non dovrebbe stare male a Sonia!". Le altre annuirono con il capo e Giulia diede la prima sforbiciata ai miei capelli. La frangia venne tagliata alla base della cute, poi mi tagliò una lunga ciocca che mi venne mostrata e poi fatta cadere sul pavimento. Giulia passò le forbici ad Anna e anche lei mi tagliò una ciocca di capelli. Si passavano le forbici l'una con l'altra e ognuna di loro dava un'accorciatina ai miei capelli. Io non potevo muovermi e le corde erano veramente strette. In poco tempo il caschetto era finito. Beatrice disse con voce decisa: "Propongo qualche altro centimetro, lasciamole coperte le orecchie, ma tagliamole i capelli all'altezza dei lobi". E via con le forbici. I miei capelli erano sempre più corti e Anna disse, con tono beffardo: "Ora sì che è una gran figa... piacerà senz'altro ai maschi!". Io avevo gli occhi pieni di lacrime, ma non volevo far vedere che stavo piangendo. "E queste sopracciglia... come le stanno male... sarebbe meglio non le avesse!", sentenziò Giulia. Beatrice venne verso di me con un rasoio e cominciò a rasarmi le sopracciglia. Poco dopo ero completamente liscia e loro mi diedero uno specchio per ammirare il loro lavoro. Ero diventata un mostro, con i capelli corti e "smozzicati" e senza sopracciglia. Beatrice disse allora che saremmo andati a fare una bella passeggiata tra i boschi. "Spogliati baldracca", mi disse Beatrice, facendomi vedere la punta di un affilato coltellino. Io mi rifiutai e lei incalzò: "Spogliati, tu nel bosco ci vieni, ma ci vieni nuda e a piedi... noi quattro ci andremo in macchina... con il caldo che fa!". Il coltellino in mano alla ragazza era ormai evidente ed era puntato al mio fianco. Non avevo scelta e iniziai a slacciarmi i cinturini delle scarpe per toglierle. "No, quelle no, le puoi tenere. Ti serviranno per camminare nel bosco. Togli la gonna e la maglietta. Dai, fai presto". Io mi levai la gonna e la maglietta, ma Beatrice non era ancora contenta: "Ora anche il reggiseno, così vediamo perchè Maurizio impazzisce per il tuo seno. Poi ti togli anche le mutandine, così vediamo perchè piace la tua figa a Paolo...". Io mi levai il reggiseno e le mutandine. Ero completamente nuda, ad eccezione delle scarpe che mi sarebbero servite per la “passeggiata” nel bosco. Mi legarono le mani, una accanto all’altra, con una corda e mi portarono fuori, posizionandomi dietro la vettura di Beatrice. Poi l’altro capo della corda venne legato al paraurti della macchina, che doveva “trainarmi”. Le quattro assatanate salirono sulla vettura, una Volkswagen Polo, e si misero in movimento a passo d’uomo. Io fui obbligata a seguire la vettura, che percorse un lungo pezzo di strada sterrata. Dovevo guardare bene il fondo della strada, disseminato di buche, pietrisco e rametti d’albero. La vettura procedeva molto piano e io riuscivo a stare al passo della macchina. Il problema era costituito dalle mie scarpe con il tacco, che anche se non avevano un tacco da dodici, mi facevano prendere storte in gran quantità. Pensai di togliermele, ma poi mi venne in mente che avevano i cinturini e senza slacciarli non sarebbe stato possibile levarle. Alla fine risultarono distrutte, dagli sfregamenti e dai “patimenti” che la lucida pelle aveva subito. Io sudavo sotto il caldo sole, mentre le quattro facevano commenti offensivi nei miei confronti, ridicolizzandomi. Io le sentivo, perché dai finestrini aperti mi pervenivano le loro voci e le loro sghignazzate. Durante il percorso incontrammo due cacciatori, che si voltarono verso di me, commentando ad alta voce quel particolare “rimorchio”: “Non c’è più religione, ma guarda sta’ esibizionista, che si fa trascinare nuda per dare nell’occhio. Sta’ puttana! Se ti fermi, me la dai? Sei una gran vacca… e sei pure bona. Una volta le ragazzine erano pudiche, oggi sono solo delle puttane…”. Ritornammo alla casa e venni slegata dal paraurti. Mi slegarono le mani e mi fecero stendere sul letto matrimoniale dei genitori di Beatrice. Una volta distesa, Beatrice, che doveva essere la capa e l’artefice di tutto, mi ordinò di alzare le braccia e di allargarle e di divaricare le gambe. Io feci quello che mi venne detto e le quattro amiche provvedettero a legarmi al letto: le braccia all’altezza delle mani e dei gomiti, le gambe all’altezza dei piedi e delle ginocchia. Ero completamente immobilizzata e riuscivo solo parzialmente a muovere il bacino. Giulia chiese a Beatrice: “Posso toglierle le scarpe?”. Beatrice rispose affermativamente, dicendo: “Ormai abbiamo visto tutto di lei, abbiamo capito che ha delle tette sode e ben formate, un culetto interessante e una grande figa accogliente, che può piacere ai nostri amici maschi. L’unica parte del corpo di Sonia che non abbiamo ancora visto sono i suoi piedi. Abbiamo anche capito che è una persona senza alcun ritegno, che si presta ad essere “usata” in tutti i modi. Una brava ragazza, di buona famiglia come lei, non si sarebbe mai spogliata per seguire una macchina in un bosco…”. Io replicai che non mi ero spogliata spontaneamente, ma che ero stata costretta da un coltellino nel fianco! Mi levarono le scarpe ed iniziarono a farmi il solletico sotto i piedi. Io sopporto tante cose, ma il solletico sotto i piedi mi manda in crisi. Io le supplicavo di smettere, ma più le supplicavo e più loro continuavano a farmelo; capirono che la zona sotto le dita era la più sensibile e continuarono a solleticarmi quella parte del piede. Io mi agitavo, ma le corde facevano il loro lavoro in modo egregio e il mio corpo aveva poche possibilità di movimento. Poi tutte e quattro sparirono e ritornarono poco dopo con una grossa zucchina tra le mani. Simona, che fino a quel punto non aveva preso grandi iniziative, mi disse: “Ora, cara troietta da strapazzo, ci fai vedere come prendi i cazzi di Maurizio e Paolo. Ecco, questa zucchina è la copia perfetta dei loro uccelli!”. “Voi siete pazze, non potete deflorarmi con quella zucchina. E’ semplicemente gigantesca”, dissi io. “Ah, ah, tu vorresti forse farci credere di essere vergine? Una come te avrà iniziato a farsi scopare a dodici anni…”, replicò Giulia. La parola “deflorarmi”, forse usata da me in modo errato, aveva fatto credere loro che io fossi vergine. Chiaramente vergine non ero, ma stretta di figa sì! Senza tanto indugiare saltarono tutte quattro sul letto e iniziarono a spingere la zucchina nella mia figa. All’inizio riuscii ad opporre resistenza, ma alla fine la mia bernarda si dilatò, lasciandosi perforare dalla grossa zucchina. “Io l’ho sempre detto… Sonia è una gran porca… guarda come ti sei fatta penetrare dalla zucchina… hai una figa da primato!”, disse beffardamente Beatrice. Mi slegarono e mi fecero mettere a pecorina per un’ulteriore prova “vegetale”: dovevano infilarmi una carota nel culo. Nell’assumere la nuova posizione, la zucchina scivolò per un pezzo fuori dalla mia figa e le loro mani prontamente la infilarono di nuovo. Poi iniziarono a premere sul mio buco dell’ano con la carota. Provavo dolore e il buco sembrava non volersi aprire. Ma le quattro forsennate premevano con grande forza e il mio buco alla fine cedette con mio grande dolore. “Ora ti facciamo delle foto, che poi daremo a Maurizio e Paolo. La loro cocca sfondata davanti e dietro! Hai la figa sfondata dalla zucchina e il culo spaccato da una carota. Mi fai schifo… sei solo una poveretta… ecco come finiscono le bellocce come te! E poi hai quei capelli tagliati alla “cazzo”! Ma ti mancano anche le sopracciglia… Mi fai pena, povera troia!”, disse farneticando la forte Beatrice. E sì, perché lei doveva sentirsi molto forte dopo questa bravata. Mi aveva umiliato e conciata come non mai nella mia vita. Simona doveva essere lesbica e lo capii dal bacio che mi dette con la lingua: mi accarezzò dolcemente i seni e me li leccò con grande meticolosità. Poi passò a leccarmi la figa e io sussultai dal piacere; me l’aprì con la lingua, “divaricandomi” le labbra e poi leccando all’interno del mio buco. Infilò la lingua dentro la mia figa e la roteò in un modo meraviglioso, donandomi sensazioni estreme di piacere. Una cosa simile poteva venire solo da una lesbica, abituata a fare quei giochi di lingua. Beatrice poi andò al telefono fisso (in quei tempi i cellulari non esistevano) e chiamò qualcuno, di cui non compresi il nome. Poco dopo entrò nella stanza un ragazzo dall’aria alquanto imbranata e dalla sguardo un po’ “ritardato”. Quando mi vide completamente nuda sul letto, fece un salto che non capii se era di gioia o di paura. “Giuseppe tu non hai mai visto una donna nuda. Lei si chiama Sonia ed è venuta apposta per te, Vuole fare “all’amore” con te”, disse Simona. Lui era veramente brutto, tarchiato e aveva un’aria davvero poco rassicurante. Le quattro “amiche” lo invitarono a spogliarsi e lui lo fece senza tanti preamboli. Era completamente peloso, davanti e dietro… un vero orso! Aveva un grosso uccello, ruvido e pieno di vene. Io notai che il suo uccello non ci mise molto ad irrigidirsi, specialmente quando Giuseppe fu invitato ad accarezzarmi. “Lasciami orso”, gridai. Ma lui non capì o fece finta di non capire. “Ma che cosa devo fare?”, disse Giuseppe, con voce roca. “Devi salire sul letto ed appoggiare il tuo pisello qui, sulla fighetta di Sonia”, disse Beatrice. Lui lo fece e appoggiò il suo schifoso pene sulla mia figa. Provai uno schifo indescrivibile. Giuseppe era veramente orrendo. “Ora spingilo dentro a quel buco da troia. Dai spingi forte”, disse Giulia. Lui spinse forte, mentre io cercavo inutilmente e in tutti i modi di divincolarmi dalla stretta morsa delle quattro assatanate. Giuseppe riuscì a penetrarmi e poi riuscì anche a capire quale era il movimento che doveva fare. Mi scopò in poche parole, mi scopò per un buon quarto d’ora. Io lo pregai di non venirmi dentro, ma lui fece tutto il contrario. Sentii il suo sperma irrorare la mia figa. Ora temevo anche di essere rimasta incinta. Che bambino sarebbe nato da quel mostro? Per fortuna non accadde nulla. Poi mi fecero girare a pecorina e Giulia disse a Giuseppe: “Ora devi incularla. Appoggia il tuo uccello al buco del culo di questa giovane ragazza e spingi come più puoi”. Lui eseguì l’ordine e spinse, ma evidentemente non mirava bene il buco dell’ano, perché il suo uccello finì nuovamente nella mia figa. “No, non lì. Glielo devi mettere nel culo. Hai capito?”, disse Anna. Aiutarono Giuseppe a posizionare l’uccelllo e lo invitarono a spingere forte. Lui spinse forte ed entrò con un sol colpo nel mio culo. “Bravo Giuseppe, continua così. Ora esci e rientra di colpo. Bravo… spingi… spingi!”, lo esortò Simona. “Smettila, mi stai rompendo il culo. Smettila, per pietà!”, dissi io, ma lui continuava ad incularmi. Mi fece veramente male e venne nuovamente e copiosamente anche nel mio culo. Probabilmente Giuseppe non era mai venuto dentro una ragazza e la cosa lo eccitò molto. Mentre il suo sperma colava fuori dal mio buco dell’ano, Beatrice fece due o tre fotografie. Le fotografie poi girarono per tutta la classe, sputtanandomi agli occhi di tutti i miei compagni, che mi videro nuda e con due ortaggi infilati nei buchi. Poi tutte le ragazze e Giuseppe si sedettero sul divano, in fila e mi fecero leccare le loro scarpe, in segno di sottomissione. Per fortuna solo sopra, ma la mia lingua non fu affatto contenta di quella situazione. Poi tutte le ragazze si tolsero le scarpe e io dovetti leccare i loro piedi con grande meticolosità. Si fecero leccare tra le dita, sul collo del piede e sulla pianta. I loro piedi non erano dei più freschi, data la temperatura esterna. Ma lo schifo che provai nel leccare i piedi a Giuseppe, non lo potrò scordare mai. Sì, anche i suoi piedi erano orrendi (come tutto il resto del corpo!), callosi e odorosi. Ma io ero la loro serva e una serva non può mai dire di no. Io ero stata punita da quelle quattro cretine (per non dire altro) per cose che non avevo commesso. La settimana successiva a quel sabato rimasi a casa “ammalata”, sperando che almeno le sopracciglia crescessero. Mi feci aggiustare i capelli e dovetti adottare un taglio molto corto, visto che i miei capelli erano stati ormai rovinati dai tagli furibondi delle quattro compagne di classe. L’anno dopo chiesi di essere spostata di corso e passai dalla A alla C. Che esperienza delirante! 26703 0 12 anni fa
- 10 anni fa Villa Ubbidienza Villa Ubbidienza è un luogo particolare, situato nella campagna cremonese, dove le apprendiste schiave vengono educate al loro ruolo con grande competenza. Mio marito decise che la mia formazione di schiava non era completa e chiese a Master Vito, il proprietario della villa, di potermi "iscrivere" ad un corso giornaliero. Master Vito garantì a Mario, mio marito, che alla sera io non sarei stata più la stessa donna e che sicuramente mi sarei assoggettata a tutti i suoi voleri, in modo incondizionato. La villa non è segnalata, ma con un buon navigatore e qualche punto di riferimento vicino, la raggiungemmo in una giornata piovosa di fine aprile. Suonammo il citofono e una voce dall'accento straniero ci rispose di lasciare la vettura fuori dal cancello. Qualcuno sarebbe venuto a prenderci. La villa era poco visibile dal cancello, ma si intuiva che doveva essere in fondo ad un lungo viale alberato. Dopo pochi minuti vennero ad aprirci due uomini muniti di due grandi ombrelli. Erano entrambi molto eleganti e vestiti completamente di nero: avevano quasi l'aria di due becchini! "Buongiorno signori, potete dirmi i vostri nomi? Io sono George e lui Frank e abbiamo il compito di condurvi da Master Vito. Signora, mi dia il suo ombrello per favore", disse quello che rispondeva al nome di George. Io e mio marito ci presentammo e George mi invitò nuovamente a dargli l'ombrello. "Ma piove troppo, non posso andare senza ombrello. Mi bagnerò tutta!", ribattei io. "E allora, qual è il problema, una schiava non è una principessa!", disse Frank. La sua voce era sinistramente convincente e io gli diedi l'ombrello. George mi prese per il braccio, restando però coperto dall'ombrello. Io sentivo l'acqua scendere copiosamente dai miei capeiili. Fatti pochi passi George si fermò, mi guardo i piedi e disse: "Sonia, si tolga le scarpe. I suoi tacchetti stanno rovinando il prezioso asfalto di Villa Ubbidienza. Su presto, ubbidisca!". Ero piuttosto seccata da questo esordio non proprio felice. I tre uomini si riparavano sotto grandi ombrelli, io mi stavo bagnando come un pulcino e mi veniva anche chiesto di togliermi le scarpe. Inaudito... "Lei Sonia è molto insolente e supponente... se ne pentirà! Le ripeto: via le scarpe. Frank togli le scarpe alla signora. Quando riferirò a Master Vito che questa apprendista non rispetta le regole... saprà lui come piegarla! In definitiva lei Sonia è solo una puttanella baldanzosa", disse George. Frank si chinò davanti a me, mi sollevò un piede e mi sfilò la scarpa. "Ehi, bastardo, non ti permettere...", dissi io, ma nel frattempo Frank mi aveva forzatamente sollevato l'altro piede e mi aveva sfilato anche l'altra scarpa. Prese entrambe le scarpe e le gettò nel prato che affiancava il viale. I miei piedi ora appoggiavano sull'asfalto (prezioso!?) di Villa Ubbidienza. George non era però soddisfatto dei suoi gesti tracotanti e ordinò a Frank di strapparmi le calze. Lui lo fece subito con le mani e poi, aiutato da un coltellino, le recise sotto al ginocchio. Le calze tagliate rimasero sull'asfalto e noi proseguimmo, sempre sotto la pioggia che intanto era diventata molto fitta. Ormai ero completamente bagnata, sorretta per il braccio dal "buon" George. Davanti ad una gigantesca pozzanghera, io deviai per evitarla, ma George mi fece retrocedere e superare la pozzanghera immergendo i miei piedi. L'acqua era davvero fredda e la cosa non fu affatto piacevole. In più la mia camicetta bianca era completamente bagnata e si intravvedeva il mio reggiseno azzurro. Percorremmo ancora qualche centinaia di metri e George si arrestò ancora. Che vuole ancora questo, pensai. Immediatamente la mia curiosità venne soddisfatta: "Sonia, ora deve togliersi la camicetta, la gonna e quello che rimane delle sue calze. Presto, la mia pazienza sta per finire! Se non lo fa subito, se ne pentirà amaramente". Non avevo scelta, ero annichilita e in più ero conscia che quella giornata doveva servire per la mia "educazione". Mi levai la camicetta, la gonna e subito dopo quello che rimaneva delle mie calze (praticamente la parte superiore, fino al ginocchio). George non era ancora soddisfatto del mio stato e disse: "Ora si tolga il reggiseno e le mutandine". "Eh no, queste proprio no!" , risposi io seccata. Lui non disse nulla e mi ammanettò. Ancora qualche minuto di strada e arrivammo alla scalinata della villa. I due nostri accompagnatori fecero entrare me e Mario in una grande stanza affrescata con grandi e comodi divani di pelle bianca. George, implacabile come era stato fino a quel momento, disse: Lei, Mario può accomodarsi sul divano, questa lurida schiavetta bagnata e con i piedi sudici deve rimanere in piedi. Così sgocciola come un'oliva appena tolta dal vasetto!". Grande figlio di puttana... mi aveva umiliato abbastanza! Poco dopo si aprì una porta (nel salone le porte erano diverse) e apparve quello che si presentò come Master Vito. Master Vito era un uomo robusto, anche simpatico se vogliamo, ma soprattutto deciso e spavaldo. Master Vito mi tolse le manette, mi fece girare su me stessa diverse volte e poi commentò: "Ottima scelta, signor Mario, è una bella schiavetta. E' forse sua moglie? In questo caso lei potrà assistere alla lezione che stiamo per impartire a questa lurida schiava, che a quanto detto dal mio collaboratore George... (pausa di silenzio).... è una stronza. Ora le insegno io l'educazione e la sottomissione". Poi, rivolgendosi a me, mi apostrofò in modo scortese: "Puttana, denudati!. E fai presto! Per ogni secondo che perdi... tre frustate su quella lurida schiena". Io mi tolsi il reggiseno e poi subito le mutandine. Arrivarono altri tre uomini, che mi presero e mi portarono in un'altra stanza, seguiti dal Master, da mio marito e dai due "gentili maggiordomi". In quella stanza, disadorna e dall'aspetto terrorizzaznte, c'era un tavolo (o presunto tale) di legno alla cui estermità era situata una gogna e dall'altra parte un argano con una corda. In mezzo c'era un supporto di legno, quasi uno sgabello fatto a forma di cassa. Mi stesero sul tavolo, appoggiandomi il sedere al supporto. Il mio corpo era leggermente arcuato verso l'alto, perchè il supporto mi alzava la zona del sedere. La gogna venne aperta: aveva tre buchi, dove vennero posizionati la mia testa e i mie polsi. Venne subito richiusa e bloccata con due lucchetti: così chiusa la mia testa e le mie mani non potevano più muoversi. Poi i miei piedi vennero avvicinati e le mie caviglie vennero legate insieme, con la corda collegata all'argano. "Bene, ora daremo una bella "tirata" alla slave. E' troppo piccola di statura... ah, ah, ah", disse sogghignando Master Vito. Ero nuda davanti a sette uomini, in una posizione decisamente scomoda e imbarazzante, con la figa in evidenza proiettata verso l'alto. Ai due capi del tavolo si posero due dei tre uomini che mi avevano portato lì: praticamente erano gli operai di Master Vito! "Vai con la corda", disse Master Vito e l'uomo addetto all'argano cominciò a girare una grande ruota collegata al rullo dove era posizionata la corda. Più girava quella ruota, più la corda si riavvolgeva e più i miei piedi venivano tirati verso l'argano. "Ahi, mi fate male", dissi io con voce decisa. La corda tirava i miei piedi verso l'argano, ma la mia testa e i miei posli erano bloccati dalla giogna. L'uomo dell'argano girava lentamente la ruota e il mio corpo si allungava... le mie mani e la mia testa erano ormai al limite della gogna e le mie gambe venivano allungate in una posizione molto dolorosa. Il mio corpo era arcuato e teso al tempo stesso come una corda di violino. Il dolore era fortissimo e io supplicai, questa volta con voce tremula, Master Vito: "Non ce la faccio più, mi fa malissimo questa corda. Sto provando un dolore tremendo". Poi mi misi a piangere. Master Vito, che probabilmente era anche un uomo buono, disse al suo operaio di smettere di riavvolgere la corda... anzi di svolgerla un po' per permettermi una posizione più comoda... Poi però, pensando forse di essere stato troppo magnanimo, invitò l'uomo dell'argano a ricominciare a riavvolgere la corda con colpi decisi, che si ripercuotevano sul mio povero corpo provato e dolorante. Era la tipica punizione che si usava durante l'Inquisizione. Riaprirono la gogna e liberarorono la mia testa e le mie mani e i miei piedi furono slegati. Mi misero in piedi, ma facevo fatica a restarci. Quasi svenivo per il dolore che avevo provato. Mi condussero poi sotto ad una corda con gancio fissata ad un verricello attaccato al soffitto. Mi alzarono le braccia, le legarono al gancio e iniizarono a sollevarmi. Il mio corpo "pendeva" dall'alto, ma, fino a quando i miei piedi poterono toccare il pavimento, il dolore non era tanto. Quando però i miei piedi persero il contatto con il pavimento, tutto il peso del corpo si riversò sulle mie braccia. Tutti gli uomini presenti (tranne mio marito) si divertivano a farmi penzolare e si "palleggiavano" il mio corpo, facendomi dondolare in tutti i modi. Poi iniziarono a frustarmi, davanti sul seno, sulla pancia e sulla figa e dietro sulla schiena e sul culo. In poco tempo diventai rossa per le frustate ricevute e in qualche caso affiorò dalla pelle lesa anche il sangue. Il dolore era veramente tanto. L'unica cosa che mi era permessa era... piangere. E il mio pianto e la mia disperazione erano gioia per quegli uomini senza cuore. Mi riportarono a terra, mi slegarono e poco dopo mi venne chiesto di fare pipì in un grosso recipiente metallico: io provai ad accovacciarmi sopra al recipiente, ma riuscii a fare solo qualche goccia di pipì. “Non ti preoccupare se non riesci a pisciare. la tua sete sarà soddisfatta dai miei amici. Loro pisceranno per te e tu potrai bere la loro calda urina”, disse Master Vito. A queste parole i tre amici tirarono fuori i loro uccelli e si avvicendarono davanti al recipiente, colmandolo fino all’orlo di urina calda e schifosa. “Ora Sonia inginocchiati davanti a me e ringrazia per il trattamento particolare che ti abbiamo riservato. Non capita tutti i giorni ad una donna il privilegio di bere piscia appena fatta! Quando avrai finito la tua bevuta, dovrai dire – grazie Padrone, mi sono dissetata –“. Mi misi in ginocchio e portai il recipiente alle labbra. L’urina aveva un odore schifoso e poi era veramente calda! Visto che non mi accingevo a berla, due uomini mi aiutarono nella cosa, schiaffeggiandomi il viso a turno. Bevvi tutto e mi venne un senso di vomito. Poi dissi: “Grazie Padrone, mi sono dissetata”. A quel punto mi sollevarono e mi misero su un altro tavolo di legno grezzo, che aveva anch’esso una gogna ad una estremità. La mia testa e i miei polsi vennero bloccati dalla gogna, mentre le mie gambe vennero divaricate e alzate in modo innaturale. Mi allargarono tanto le gambe, che avevo la sensazione che volessero spaccarmele. La mia figa non potè altro che mostrarsi in tutta la sua nudità. Mi legarono le gambe in alto, a ganci che pendevano dal soffitto. Mi bendarono per non farmi vedere a quale sofferenza sarei stata sottoposta. Poco dopo sentii un grosso oggetto (un bastone, credo) che entrava nella mia figa, dilatandola a dismisura. Mi fece molto male e gridai il mio dolore, ma nessuno venne in mio aiuto. Capii poi dal rumore che il bastone era collegato ad una macchina che ritmicamente lo faceva penetrare ed uscire dalla mia figa. Era giusta la profondità dell’innesto, ma i problemi derivavano dalla sezione smisurata del bastone, smisurata anche per una come me che non ha la figa stretta. Quando smisero con quell’attrezzo, il mio corpo, arrossato e anche sanguinante per le frustate ricevute prima, venne coperto dalla cera calda. La cera mi ricoprì le tette, la pancia e la figa, penetrando anche nel buco semiaperto. Non potevo però chiudere le gambe e dovetti subire anche quell’ennesima tortura. Mi sbendarono e io vidi che nella stanza erano entrati altri quattro uomini: davanti a me c’erano Master Vito, George, Frank, mio marito e altri sette “operai”. Ben undici uomini per una donna sola! Mi slegarono le gambe e io potei rilassarmi, riportandole in una posizione naturale. George, osservando le piante sporche dei miei piedi, disse rivolto al Master: “Signore, mi permetta di farle osservare che questa lurida cagna ha i piedi sporchi al suo cospetto. E’ inaudito… è una grave mancanza di rispetto verso di lei”. E come potevo avere i piedi puliti, dopo che avevo dovuto camminare scalza lungo tutto il viale che conduceva alla villa? “Hai ragione, George. Giusta osservazione. Ora tutti voi sputerete sulle piante di questa schifosa schiava e il marito le pulirà con la lingua”, disse ridendo Master Vito. A quelle parole mio marito inorridì e si rifiutò di fare quello che gli era stato richiesto: a lui piaceva molto leccare i miei piedi, ma sono quando erano puliti! Mario fu preso a forza, spogliato di tutti gli indumenti e gli venne messo un collare al collo con relativo guinzaglio. “Ma non potete fare questo”, urlava il poveretto, ma gli uomini che gli stavano sopra non gli dettero scampo e lui fu denudato in poco tempo. Fu poi tirato con il collare davanti ai miei piedi e lì dovette ripulirmeli con la lingua. Ogni tanto si ritraeva, ma mani ferme di quei nerboruti uomini lo convincevano a riprendere il lavoro. Alla fine le mie piante tornarono quasi pulite e mio marito venne costretto a stare a quattro zampe in un angolo. Io venni pervasa da un senso di rivincita nei suoi confronti, visto che tutto quello che pativo lo dovevo alla sua mente malata che vedeva in me solo una slave e non una moglie da accarezzare e difendere. Io venni ripulita senza tanti complimenti dalla cera e mi fu messo un collare con guinzaglio. Mi fecero mettere a quattro zampe e mi tirarono a "spasso" per tutta la stanza, facendomi fare ripetuti giri. Mi facevano male le ginocchia, ma se mi lamentavo ricevevo bacchettate sulla schiena e sull culo. Mi fecero mangiare da una ciotola una specie di budino, mentre i presenti si divertivano a vedere che un essere umano veniva trattato in quel modo. Poi Master Vito disse: "Carissimi, è inutiile nascondere che Sonia è una gran vacca, un essere spregevole che merita solo punizioni corporali... Ma anche una lurida cagna merita qualche momento di svago ed è per questo che vi voglio invitare a scoparla. Potete scoparla nella figa, ma se vorrete Sonia è anche disposta a darvi il culo. Vi farà tutti i pompini che vorrete, ma in cambio dovrete pur darle qualcosa... Le darete la vostra sborra sul viso e in bocca, così potrà assaporarla". Mi misero un attrezzo metallico in bocca, che mi impediva di chiuderla. Poi iniziò la danza del sesso e la mia figa venne sfondata in mille modi. Dolore e goia, nello stesso tempo, mi pervasero il corpo martoriato dalle precedenti umiliazioni subite. Mi misero alla pecorina e mi sfondarono l'ano, dilantandomi il buco. Ma non erano solo cazzi... anche qualche mano e relativo braccio vennero infilati nel mio culo. Mi aprirono come non mai, senza ritegno e senza pudore. Provai un grande dolore, nell'essere aperta come un frutto maturo. Qualcuno infilò la sua mano anche nella mia povera e slabbrata figa, che, pur bagnatissima ed eccitata, non ne poteva proprio più! Quando il porco di turno aveva finito di scoparmi davanti e dietro, mi metteva in bocca l'uccello, facendomi "assaporare" il gusto della mia figa e del mio culo. Qualcuno mi venne in bocca e io ingoiai il suo caldo sperma. qualcuno mi venne in viso e sui capelli, riducendomi ad una maschera di sborra. Vi confesso che la sborra che ricevetti in viso era tanta, da impedirmi di aprire gli occhi! Non potevo pulirmi, perchè durante le operazioni sopra descritte ero sempre bloccata e trattenuta per le gambe o le braccia da qualche gentile amico. Ricevetti anche qualche sputo in viso e in bocca, ma ormai non facevo più caso a niente. Quando tutto fu finito, Master Vito mi pose gentilmente sul pavimento... mi afferrò per i capelli e usò il mio viso e i mie capelli come straccio per il pavimento. Certo qualche goccia di sborra era caduta sul prezioso pavimento di Villa Ubbidienza e io dovevo pur pulirla. "Abbiamo finito, troia. Sei stata abbastanza brava, hai sopportato bene tutto quello che ti abbiamo fatto, ma pensa che conosciamo altre mille tecniche di sottomissione e tu potresti essere la prescelta in futuro. Ah, ah, ah", disse Master Vito. Ero stesa a terra e per salutarmi i dieci amici mi diedero calci nella pancia e nei fianchi. Qualcuno si tolse le scarpe e le calze e mi obbligò a leccargli i piedi puzzolenti e sudati. Io lo feci senza fiatare... dopo tutto quello che avevo subito non era certo la cosa più sconvolgente del mondo! Master Vito mi infilò nella figa e nel culo un grosso plug a "due posti", affinché i mie buchi rimanessero aperti e in tensione; lo legò con appositi laccetti ai miei fianchi perchè non cadesse durante il tragitto verso casa e mi diede un bacio con la lingua. Mio marito assistette senza parlare alle mie effusioni con Master Vito, del quale forse mi sono innamorata. Mario si rivestì a sua volta. Non mi venne restituita la biancheria intima, mentre mi rimisi la camicetta e la gonna. Non avevo più le calze che erano state distrutte alcune ore prima e dovetti ritornare scalza fino al cancello d'entrata. La pioggia non smetteva di cadere, ma ora avevo l'ombrello per ripararmi. Le mie scarpe erano state buttate nel prato che costeggiava il viale d'ingresso alla villa e io e Mario le ricercammo nel buio più fitto, ma non le trovammo. Ritornai a piedi nudi a casa, ma non me ne importò niente. Ritornare a casa dopo quell'inferno era per me una grande cosa. Una volta entrata in casa, chiesi a Mario: "Quando mi riporti a Villa Ubbidienza?". Lui rimase basito da quella mia domanda... non aveva capito che tutto sommato avevo goduto come una porca! 14844 1 12 anni fa
- 3 giorni fa LE MANI LE MANI Ciao sono Michelle, Premessa: Nei miei rapporti mi piace essere guidata e solo raramente conduco io il gioco; mi piace anche essere frustata in modo soft o legata. Sapendo questo mio marito ha organizzato una serata “un po’ particolare” per dare una scossa al menage e farmi sentire un po’ slave. Una sera a letto,mentre facevamo l’amore,mio marito mi ha chiesto se ero disposta a fare “ qualche gioco fuori dalle righe”, ho chiesto che cosa intendeva e mi ha risposto: “una situazione slave”. Al momento ho tentennato a dare la risposta, anche se dentro di me ero per il si, ho risposto che non sapevo se ne ero capace… Lui ha lasciato cadere il discorso. Passano un paio di settimane e io non mi ricordavo piu’ della cosa, quando una sera che eravamo a casa da soli, senza figli, mi ha detto che avrebbe preparato lui una cena elegante. In cambio io avrei dovuto indossare un completino intimo provocante: reggiseno con seni esposti, perizoma minimo, calze con reggicalze, sopra a tutto questo: una camicetta e una gonna sopra il ginocchio, un giro di perle al collo e un trucco leggero. Naturalmente mentre mi preparo sento una strana eccitazione dentro che si accentua mentre mi guardo allo specchio nel vedermi cosi in intimo.. mi sento un po’ porcellina. Finito di vestirmi scendo in sala da pranzo e lui mi fa trovare: lume di candela, tavola finemente imbandita, un profumino che sale dalla cucina… Ceniamo. Ottima cena, accompagnata da un buon vino … Mentre ceniamo ci scambiamo delle occhiate particolari.. lui mi voleva ..e anch’io avevo voglia… Finita la cena mi disse che dopo ci sarebbe stata una sorpresa, pero’ io avrei dovuto ubbidire senza discutere e che se lo avessi fatto mi sarei divertita…. Accondiscendo, lui mi guarda maliziosamente e dentro me il fuoco comincia a divampare.. Mi prende per mano e usciamo di casa, saliamo in auto, gli chiedo dove andiamo, lui non risponde ma mi passa una benda e mi dice di indossarla. Eseguo l’ordine. Bendata ed eccitata cerco di capire dove stiamo andando. Dopo pochi minuti sento che l’auto percorre una strada di ghiaia, si ferma, mio marito scende, sento la mia portiera che si apre, mi aiuta a scendere. Mi prende sottobraccio per non farmi cadere, mi aiuta a salire una breve scalinata e mi fa entrare in quella che percepisco come una stanza molto grande, ho un po’ di paura e mi agito…Lui si avvicina e mi sussurra all’orecchio di rilassarmi; il suono della sua voce ottiene l’effetto voluto. Lui chiude il portone e il rumore che sento conferma che l’intuizione della dimensione della stanza era giusta. Mi prende per mano e mi conduce in un’altra stanza. Avverto che la temperatura qui e’ piu’ alta, poi capiro’ il perché. Lui mi dice di togliermi la camicetta…eseguo… “ togliti la gonna”….. eseguo diligentemente, poi lui mi dice di aspettare li e di non muovermi e sento che esce dalla stanza…. Rimango sola e bendata… sono spinta dalla curiosita’ di togliermi la benda per capire dove sono, ma non lo faccio.. rimango immobile ed eccitata.. ho un po’ di paura… Pur non sentendo nessun rumore ho la sensazione che ci sia qualcuno in quella stanza, un brivido mi assale… chiamo mio marito:” dove sei?”.. nessuna risposta.. “ ho paura”.. ma non risponde..lo richiamo piu’ forte.. a quel punto sento una porta che si apre e la sua voce che dice di stare tranquilla che non mi succedera’ nulla, mi tranquillizzo…la sua voce ha il potere di calmarmi. Sono sempre in piedi in mezzo alla stanza bendata. Sento dei passi..” e’ lui che si avvicina”, penso… Due mani mi sfiorano i seni esposti, tremo, poi si sposta dietro di me e mi accarezza le spalle e il collo.. piego la testa istintivamente all’indietro dove penso che sia per baciarlo ma lui si ritrae.. Due mani mi accarezzano i piedi e le gambe.. pero’ non mi sembrano le sue .. o sbaglio?. Non faccio in tempo a rispondermi che ogni dubbio viene chiarito nel momento in cui sento sul mio corpo 4 mani!! “chi e’?” dico ad alta voce mentre mi sposto su un lato, cosi facendo vado a sbattere contro una persona! Ora le mani sono 6, 8… Sento la voce di mio marito che mi dice che lui e’ li e di rilassarmi, riconosco le sue mani sul mio corpo, mi rassicurano… Tutte le mani cominciano ad accarezzarmi in modo piu’ insistentemente. Alcune mi tolgono il reggiseno, altre mi tolgono il perizoma.. Sono nuda e bagnata. Ponendo attenzione sento che alcune mani sono piu’ delicate: Oddio! Delle donne mi stanno accarezzando nell’intimita’!! Le mani, non so quante, mi accarezzano: alcune mi frugano nel sesso, altre indugiano sul mio volto, poi un dito si infila nella mia bocca, io lo succhio avidamente come se fosse un pene, altre dita si infilano nel mio ano e iniziano a muoversi lentamente. Io ansimo e mi contorco alla ricerca del godimento, del tutto dimentica delle paure che avevo pochi minuti prima. Mentre mi toccano sento dei rumori, come dei pezzi di legno che vengono mossi, non faccio in tempo a realizzare cosa posso essere che delle mani mi prendono e mi posizionano le mani e il collo in appositi alloggiamenti, un pezzo di legno scende sul mio collo e sui miei polsi… mi hanno messo alla gogna!!. Due mani mi fanno allargare le gambe e i piedi vengono incatenati a terra.. sono cosi: alla gogna , con le gambe aperte incatenate… mi sento oscenamente esposta.. un oggetto alla loro mercè… il mio sesso gronda !…. I tempi che prima erano dilatati adesso si fanno piu’ frenetici: deduco che intorno a me ci siano almeno 4 uomini e altrettante donne.. e tutti mi toccano, frugano.. masturbano..!! Alcuni mi scopano davanti e dietro, altri mi possiedono in bocca, le donne succhiano i miei seni prosperosi oppure leccano il mio sesso pieno di sperma! Mi incitano a darmi da fare … io eseguo come posso.. Mentre uno sta prendendomi in bocca ad un tratto sento un sibilo e subito dopo un bruciore sul sedere: mi stanno frustando! A questo punto comincio ad urlare e a godere intensamente, orgasmi violenti mi assalgono e le gambe sono scosse da tremiti intensi di piacere! Quel porco di mio marito sa che non resisto a questo trattamento e che impazzisco nel sentirmi frustata mentre succhio un sesso maschile!! Piano piano sia gli uomini che le donne si allontanano.. evidentemente deduco che li ho soddisfatti! Dopo un poco tutto torna a tacere , rimango alla gogna in silenzio, sento solo il mio respiro ansimante e le pulsazioni del mio sesso e le gambe che mi tremano… Dopo qualche minuto dei passi si avvicinano; le gambe vengono slegate, la gogna si apre, mi raddrizzo, faccio per togliermi la benda ma una mano mi blocca. Rimango in piedi ferma.. altre mani mi rivestono: reggiseno, perizoma, camicetta, gonna. Una voce dice di non muovermi.. ubbidisco. Sento degli altri passi… una mano prende la mia, riconosco quella di mio marito, lo seguo dolcemente, usciamo dalla stanza, attraversiamo l’altra, apre il portone, scendiamo i gradini, siamo fuori!! Lui apre la portiera, mi aiuta a salire e richiude. Sale anche lui e dopo pochi minuti di percorso mi dice di togliermi la benda. Mi guardo in giro, siamo sotto casa, lo guardo e lui:”Ti e’ piaciuta la sorpresa?” Sono li, li x arrabbiarmi e fargli una scenata ma lui mi bacia e io gli confido che mi sono divertita moltissimo e che mi sono sentita una vera slave! Ancora adesso a distanza di tempo ricordo con eccitazione tutto di quella serata.. specialmente tutte quelle mani sul mio corpo! E devo ammettere che a volte chiedo a mio marito di possedermi bendata e legata e di frustarmi mentre eseguo a lui un rapporto orale! Sono diventata una slave! Michelle 7172 0 12 anni fa
- 10 anni fa Il fotografo Mi piace tantissimo essere fotografata, ma avevo voglia di foto artistiche e non usuali come quelle che fa sempre mio marito. E' per questo che mi sono recata in uno studio fortografico specializzato in foto artistiche; quando arrivo suono il campanello e viene ad aprirmi un distinto signore di mezza età. Mi chiede che tipo di foto voglio e io preciso subito che desidero foto vestita, seminuda e anche completamente nuda, per dar modo all'obiettivo della macchina fotografica di immortalare ogni parte del mio corpo. L'appuntamento viene fissato per il martedì seguente alle ore sedici. Alla mattina del giorno stabiliito mi reco dalla parrucchiera per dare un'aggiustatina ai capelli e poi passo in un centro estetico per depilarmi le ascelle e la zona del pube: questa volta i peli devono essere tassativamente banditi dalle foto e il mio corpo deve risultare liscio e vellutato! Al pomeriggio, puntuale come un orologio svizzero, con un meraviglioso abito lungo, scarpe adeguate e biancheria di pizzo raggiungo lo studio fotografico. Dopo i prini convenevoli, vengo fatta accomodare in una stanza dove al centro troneggia un grande letto, fianchegggiato da vari specchi e poltrone in stile. Ci sono anche diverse lampade, che poi verranno accese all'occorrenza. Iniziamo con foto soft, per poi passare a quelle un po' più impegnative. "Scopra la spalla, tiri leggermente fuori la gamba, slacci il cinturino delle scarpe, abbassi le mutandine senza mostrare nulla", sono alcune delle frasi pronunciate dal valente fotografo. Le pose sono molto belle e io già pregusto il risultato finale del servizio. Quelle di nudo invece sono più "volgari", ma mi mettono in corpo una grande eccitazione, specialmente quando l'obiettivo ispeziona le mie parti intime. Dopo più di tre ore di lavoro, il servizio è finito e io chiedo quanto devo pagare. "Sono seicentomila lire, signora", mi dice affabilmente il fotografo. "Seicentomila lire?", replicò io. Faccio notare che io ho solo duecentomila lire e in più faccio osservare che quella cifra è impensabile per una casalinga come me, che per di più ha fatto tutto di nascosto dal marito, perchè assalita da una gran voglia di ben figurare. "Signora, non sono affari miei... io sono un fotografo professionista affermato, ho lavorato per tre ore producendo centinaia di scatti... la cosa non mi interessa proprio. Lei mi deve dare seicentomila lire! Punto e basta", dice con tono secco e risoluto il fotografo. "Mi aiuti, la prego, troviamo una soluzione al problema", ribatto io. "E va bene, ora telefono al mio amico e sento se ha bisogno di una come lei", dice con voce più dolce il titolare dello studio. Poi telefona ad un certo Dario, spiegando la situazione: "La signora deve necessariamente procurarsi quattrocentomila lire! E' debitrice verso di me di questa cifra". Poco dopo chiude la telefonata e mi dice che sono molto fortunata, grazie al mio aspetto piacente e gradevole. "Gentile signora, lei andrà dal mio amico Dario, proprietario di un club privè a Milano, e si metterà a sua disposizione per una festa privata che si terrà sabato prossimo nel suo locale. Non potrà opporre resistenza alcuna e dovrà soddisfare i capricci dei suoi agiati clienti. Potranno anche chiederle prestazioni sessuali, alle quali lei non potrà assolutamente sottrarsi. E' contenta, signora, vede che abbiamo sistemato la cosa?", mi dice il fotografo, sogghignando. Io ho dovuto accettare, visto che non avevo altra soluzione per raccimolare i soldi mancanti. Al sabato invento una scusa a Mario, mio marito, dicendogli che dovevo accompagnare mia madre a teatro, ben sapendo che lui non sarebbe mai venuto, visti i rapporti tesi che intrattiene con sua suocera. "Ciao amore, tornerò un po' tardi, perchè dopo il teatro mia madre vuole incontrarsi con qualche sua amica", dico a mio marito mentre sto per uscire di casa. E invece mi dirigo, con grande ansia, al club privè. Appena suono, la porta si spalanca e Dario mi viene ad aprire, qualificandosi per il proprietario del locale. Mi fa molti complimenti, sia per la mia persona, che per il mio elegante abito e poi mi dice che dovrò essere bendata per non riconoscere in alcun modo i suoi clienti. Io accetto e vengo bendata. Così privata della vista, mi accompagnano due baldi giovani nella discesa di una scala. I miei "collaboratori" mi conducono a quello che poi si rivela un grande letto matrimoniale. Mi stendo sul letto e poi mi abbandonano lì da sola. Dopo qualche minuto si apre una porta e capisco che comincia ad entrare gente. Parecchia gente che poi si disporrà ai bordi del letto. Riconosco la voce di Dario che dice: Ecco signori e signore, Sonia ha voluto essere tra noi questa sera per farci divertire. Come vedete è una donna interessante e quel che più conta è una persona disposta a tutto. Lei non lo fa per soldi (Pinocchio, quel Dario), ma solo per piacere. E' tutta vostra, si dia il via ai giochi!". Io tremo al pensiero di quello che succederà, ma non ho neanche il tempo di pensare che una mano, molto gentile, entra nel mio vestito, dirigendosi sul mio seno. Dapprima mi accarezza la tetta sul reggiseno e poi entra e mi afferra il capezzolo. Non lo stringe però tanto e io emetto solo un sussulto; successivamente la stessa mano mi alza la gonna e raggiunge le mie mutandine, accarezzandole dall'esterno. E' una mano piccola e delicata e io capisco che si tratta della mano di una donna: sono allibita perchè pensavo che i privè fossero luoghi dedicati ai soli maschi. Poi una mano sicuramente maschile mi slaccia il cinturino di una scarpa e me la toglie; sento che il mio piede viene portato alla bocca dello sconosciuto che lo bacia avidamente. Poi mi strappa la calza in corrispondenza del piede e mi lecca minuziosamente tutto il piede ormai nudo. Ora sul mio corpo ci sono tante mani, maschili e femminili, che mi toccano tutto dal seno alla figa, ma il vestito mi fa ancora da corazza. Vengo girata a pancia in giù e una mano si avventa sulla zip del vestito, abbassandola totalmente; il vestito mi viene sfilato e ora io mostro la mia biancheria intima e le mie autoreggenti. Un'altra mano mi toglie la scarpa rimasta e mi sfila delicatamente la calza, mentre una mano secca e rozza mi sfila l'altra calza strappata. Vengo girata a pancia in su e mi viene totlto il reggiseno. Una bocca si avvicina al mio seno e comincia a leccarmelo: è una bocca femminile, che ben presto si "trasferirà" sulla mie labbra. Sento la lingua della donna che vuole entrare nella mia bocca e io la spalanco per un bacio appassionato; non ho mai avuto rapporti lesbici, ma la cosa non è affatto sgradevole. Qualcuno mi toglie le mutandine, qualcun altro mi accarezza il pube liscio e vellutato e qualcun altro ancora fa commenti del tipo: "Ha proprio una bella figa... aspetta solo il nostro cazzo!". Mi viene infilato nella figa un grosso cazzo di plastica che poi capisco avere un "gemello" dall'altra estremità: era praticamente un fallo doppio che viene gestito da due donne contemporaneamente. Io non vedo la donna che sta dall'altra parte, ma sento distintamente i colpi quando lei spinge con la sua figa il fallo che ha dentro. Vengo così scopata da una sconosciuta. Poi qualcuno mi apre le dita dei piedi e mi lecca i piedi con grande slancio. A me piace molto farmi leccare i piedi e la cosa mi fa enorme piacere; poi però le dita dei miei piedi vengono portate indietro, come per stringerle in una morsa e i mie calcagni vengono bloccati da altre mani. Che cosa mi succederà? Poco dopo sento un bruciore sulla pianta di un piede... emetto delle urla... sì, mi stanno bruciando la pianta con una sigaretta accesa. Ridono, i porci, ridono e mi sbeffeggiano con frasi poco carine: "Cagna, non ti lamentare... sei tutta nostra questa sera... devi solo subire... subire e stare zitta... zitta, puttana". Poi ricevo bruciature anche sull'altro piede e il dolore si fa sentire. Nessuna parte delle piante dei piedi viene risparmiata: sotto le dita, sull'arco plantare e sul tallone la sigaretta accesa produce i suoi effetti deleteri. Intanto qualcuno mi strizza i capezzoli con un arnese metallico, che credo fosse una tenaglia. Altro dolore, ma non è tutto, perchè nell'arco della serata dovrò ancora soffrire molto. Ad un certo punto un grosso cazzo mi penetra nella figa, squassandomela, e contemporaneamente sento delle belle tette a contatto con le mie: probabilmente si trattava di un trans, ma la verità non la saprò mai. Comunque quella persona sapeva il fatto suo e mi ha fatto godere non poco con colpi di cazzo decisi e ben assestati. Io in quel momento godevo come una cagna in calore! Poi una raffica di uccelli mi pompano nella figa, mentre altri preferiscono il mio culo. Un uccello dopo l'altro davanti e poi ad un certo punto anche dietro: una doppia penetrazione, che continua per diverso tempo. Quando esce un uccello dalla figa, lo stesso viene subito rimpiazzato e così anche per il mio lato B. Insomma molte, molte doppie penetrazioni che non mi danno tregua. Poi è la volta della mia bocca, che mi viene spalancata e diventa una sorte di discarica di sborra: dieci o forse venti uomini hanno scaricato nella mia bocca il loro caldo tributo, che io ho ingoiato senza alcuna opposizione. Mi sentivo umiliata e offesa, stavo per essere trattata come uno straccio da latrina, senza alcun rispetto per la mia persona. Ero totalmente sottomessa ai loro voleri. Ad un certo punto tutti hanno smesso, come per incanto, di "occuparsi" di me. Niente mani, niente sfondamenti, niente versamenti di sperma, niente di niente! Io ero stesa sul letto, nuda e sentivo tante persone che bisbigliavano ai lati del letto. Ruppe il silenzio una voce dallo spiccato accento francese: "Tu sei il nostro giocattolo e noi abbiamo diritto di divertirci con te! Tu sei la nostra bambola e alle bambole a volte si vuole bene, a volte no". Ancora qualche minuto di silenzio, un tempo che mi raggelò. Non sapevo che cosa stava per accadere. Improvvisamente sentii un ago penetrare nel mio capezzolo. La sua punta premeva sul mio tenero capezzolo, che si spostava per rifiutare a quel corpo estraneo di penetrarlo... ma non più di tanto, perchè alla fine dovette cedere e fu trafitto da parte a parte. Urlai per il dolore. Sentii una voce che diceva: "E uno!". E contarono fino a dodici. Subito mi venne alla mente quel gioco che facevo con mio marito, che mi infilava ben sei aghi nel capezzolo, quattro a formare intorno un quadrato e due direttamente dentro il bottoncino. Il primo ago è doloroso, ma più ne vengono infilati e più il dolore aumenta, perchè come dicevo il capezzolo si sposta leggermente durante l'infilamento dell'ago e gli aghi già infilati lo seguono nel suo piccolo spostamento. Mio marito usa aghi dalla punta di plastica, lunghi qualche centimetro e questi mi sembravano proprio dello stesso tipo! Mah! Provai un dolore atroce quando i sei aghi furono infilati tutti nel capezzolo e poi qualcuno pensò bene di riservare lo stesso trattamento all capezzolo dell'altro seno. Per fortuna qualcuno penso anche a me, leccandomi la figa fuori e dentro e facendomi raggiungere l'ennesimo orgasmo. Mi agitavo come una biscia, perchè provo un intenso piacere a farmi leccare le labbra e l'interno della fighetta. Mi leccarono per bene anche tutto il buco dell'ano e mi introdussero diverse dita al suo interno. Piacere e dolore si fondevano insieme, in un'orgia dai contorni non più delimitati. Ma dopo il piacere, torna il dolore, questa volta sotto forma di bruciature di sigaretta sul seno, che rimase deturpato per alcuni giorni. Una sofferenza tremenda provai quella sera, perchè anche se la sigaretta viene appena appoggiata, la tenera pelle del seno si segna subito. A quel punto mi fecero scendere dal letto e dovetti fare un pompino a diversi uomini. Mentre spompinavo, c'era sempre qualcuno che mi premeva contro l'uccello di turno, facendomi sentire quasi soffocata da quelli più grossi e lunghi. E lì di grossi ce ne erano davvero tanti. Erano passate le ore, tra godimento e dolore, e sentii la voce del proprietario: "Signori, vi siete divertiti? Sonia è proprio una lurida e schifosa schiava, si concede a tutti e vi concede tutto. Guardate come l'avete ridotta! Una lavatina se la merita? Chi deve fare pipì, la può fare su Sonia! Così va a casa pulita e lavata per bene...". Un'altra umiliazione mi attendeva. Qualcuno mi fece la pipì addosso, lavandomi tutto il corpo, ma qualcuno pretese che io ingoiassi quella pioggia dorata. E io lo feci. Ero stata sottomessa, umiliata, sfondata davanti e dietro, avevo i piedi e i seni bruciacchiati e i capezzoli trafitti, avevo subito tante angherie di tutti i tipi... ero divenuta una donna oggetto. Telefonai ad un'amica, malgrado fosse notte fonda, e le chiesi di fare una doccia a casa sua prima di tornare da mio marito, almeno per salvare le apparenze. Ero stremata, ma avevo pagato il mio debito di vanità. Non feci l'amore con Mario per alcuni giorni, al fine di far guarire completamente i seni. Trovai però un biglietto da visita di quel club privè nella tasca interna della giacca di mio marito e mi venne un atroce dubbio: e se quella sera ci fosse stato anche lui a quella festa? 10690 1 12 anni fa
- 10 anni fa La giusta punizione Purtroppo anche una moglie fedele come me può cadere in tentazione e cedere alle lusinghe di un uomo giovane e attraente. Ero andata in un negozio di calzature del centro città per acquistare un nuovo paio di decolletè nere con tacco 12. Entrai nel negozio e poco dopo si avvicinò un giovane commesso, che mi chiese in che cosa poteva essermi utile. Lì per lì volevo rispondere che poteva essermi molto utile a letto, ma mi comportai da brava quarantenne e chiesi di provare qualche paio di scarpe. Al terzo paio trovai le scarpe che cercavo, ma non nel colore che volevo. "Non si preoccupi, signora. Tra qualche giorno mi arrivano e se mi lascia il suo indirizzo glele faccio recapitare direttamente a casa", mi disse il titolare del negozio. Pagai, lasciai l'indirizzo e il numero di telefono. Puntualmente qualche giorno dopo squillò il telefono e il titolare del negozio di calzature mi comunicò che le scarpe che avevo scelto erano arrivate. Me le avrebbe portate a casa il commesso... e io inizia a fantasticare! Il giorno pattuito per la consegna cercai di rendermi attraente con calze nere autoreggenti, biancheria intima nera e un vestitino attillato che metteva in mostra le mie forme. Ciabattine dal tacco alto completavano il mio abbigliamento. Quando il campanello suonò, avevo il cuore in gola. Avevo una voglia pazza di stuzzicare quel giovane commesso. Lui mi disse che era meglio provare quelle scarpe e io mi sedetti sul divano. Quel giovane bello e aitante mi infilò le decolletè, che mi stavano alla perfezione. Mentre lui mi infilava le scarpe, io cercai di aprire le gambe per cercare di interessarlo. Il commesso iniziò ad accarezzarmi le gambe, salendo con le mani fino alle mie mutandine: poi la sua mano finì nei miei slip e lui si accorse del mio stato di eccitamento. Ci spogliammo a vicenda e in pochi minuti finimmo a letto. Lui era veramente uno stallone, mi faceva impazzire di piacere, un piacere che io non avevo mai provato nei rapporti monotoni e usuali che avevo con mio marito. Lui era sopra di me, mi teneva le gambe sollevate ed allargate e mi dava con il suo uccello colpi decisi nella figa. Io gemevo, mi agitavo e godevo come una pazza. La sfortuna volle che in quel momento la serratura della porta d'entrata si mise... in movimento! Era ritornato improvvisamente Mario, mio marito, colpito da un tremendo mal di testa. Attirato dai miei gemiti si precipitò in camera da letto e potè "gustarsi" quello che per lui non doveva essere un grande spettacolo. Sua moglie a letto con uno sconosciuto! Uscì precipitosamente e non ritornò più fino alle cinque del pomeriggio. Il giovane commesso, spaventato ed atterrito, uscì dall'appartamento altrettanto di fretta, lasciandomi con un orgasmo a metà. Quando mio marito ritornò non proferì molte parola, se non una lapidaria frase: "Se vuoi essere perdonata, devi essere punita e purificata". Aprrezzai la rima, ma fui sconvolta da quelle parole. Risposi di sì, che avrei fatto tutto quello che c'era da fare per essere perdonata. Lui prese un collare da cane con guinzaglio da una borsa di plastica e mi disse: "Spogliati troia, spogliati completamente che ora ti perdonerò". Io mi tolsi tutti gli indumenti, rimanendo con le sole ciabatte. Lui mi fece togliere anche quelle e io rimasi completamente nuda di fronte a quello che io avevo da sempre considerato l'unico mio grande amore. Sì, l'unico uomo della mia vita, prima di quel maledetto pomeriggio in cui avevo provato nuove ed intense emozioni. Mi mise il collare, mi infilò le scarpe appena acquistate e mi disse di mettermi quel cappotto lungo nero che avevo nell'armadio. "Ma sono nuda, devo vestirmi... e poi a che cosa serve questo collare?", dissi a mio marito che mi fissava con uno sguardo pieno d'odio. "Sei solo una misera puttana e se vuoi il mio perdono... mettiti il cappotto, senza fare tante domande", replicò mio marito. Io infilai il cappotto, che abbottonai con meticolosità. Con il cappotto chiuso e le scarpe non ero poi così sconvolgente. L'unica cosa che stonava era la mancanza delle calze nella stagione fredda. Salimmo in auto e lui iniziò a guidare, dirigendosi verso un luogo a me sconosciuto. Dopo mezz'ora circa arrivammo ad un grosso cancello di ferro chiuso, sul quale era affisso un cartello. Dietro quel cancello si celava un demolitore di autovetture. Alla vista dell'auto di mio marito, il cancello si spalancò, segno evidente che in quel luogo era conosciuto. Mi fece scendere dall'auto e io cominciavo ad agitarmi, perchè presumevo che la cosa stava prendendo un cattivo verso per me; lui mi lasciò ferma in un angolo e parlò con quello che doveva essere il proprietario della demolizione. Tornò verso di me e mi disse con voce austera: "Togliti il cappotto, inizia il tuo percorso di purificazione". "Mario, ma sotto sono completamente nuda, non posso...", balbettai io. "Davanti a quel figlio di puttana non avevi tanti problemi... eri nuda e in più ti scopava alla grande. E allora, che cosa aspetti? Fai quello che ti dico", disse mio marito. Mi tolsi il cappotto e lui afferrò il guinzaglio che avevo al collo. Mi tirò per un bel pezzo di viale, ai cui lati c'erano centinaia di auto in demolizione. Da diversi punti uscivano operai che assistevano increduli al passaggio di quellla donna nuda ed indifesa. Mio marito invitava tutti quelli che vedeva a seguirci, in quanto tutti avrebbero potuto assistere allo spettacolo che stavo per dare senza pudore. Ad un certo punto mi fece levare le scarpe e mi fece proseguire a piedi nudi. Lì il terreno era particolarmente insidioso, perchè era dove le vetture venivano schiacciate dal "ragno", prima di essere inviate alla pressa. Il terreno era cosparso da tracce di benzina ed olio e da piccoli frammenti di vetro, che si appiccicavano alle mie piante. "Fermati Mario, mi fanno male i piedi. Ahi, fammi togliere le schegge di vetro dai miei piedi, ti supplico", dissi a mio marito. Ma lui imperterrito mi tirava con il guinzaglio, non interessandosi minimamente ai miei problemi. Finalmente, con i piedi doloranti e tremante per il freddo, arrivammo davanti ad una struttura tubolare di ferro. Era una specie di croce: mi fece allargare le braccia e me le legò alla struttura metallica. Mi legò ai polsi e subito sotto le ascelle e poi legò anche i miei piedi a quella croce improvvisata. Intanto davanti a noi si era formata una piccola schiera dii operai incuriositi da quella donna nuda con guinzaglio. Mio marito afferrò una mia tetta, la strinse e mi mise una fascetta di plastica a strappo alla base della tetta. Strinse la fascetta, facendomi "esplodere" la mammella verso l'esterno. Anche l'altro seno subì lo stesso trattamento. Schiaffeggiò le mie tette, che in pochissimo tempo diventarono rosse per il freddo, gli schiaffi e la legatura che non permetteva una circolazione del sangue adeguata. Prese un cannello con una fiamma e scaldò la punta di un coltellino: quando la punta fu ben calda si avvicinò alle mie tette, bruciando la mia tenera pelle. Scaldava e incideva le mie tette, che in poco tempo furono completamente martoriate e piene di taglietti dolorosissimi. Poi prese la canna dell'acqua e mi lavò con il getto a pressione, da capo a piedi, insistendo sulla mia figa. "No Mario, ti prego, smettila... non resisto... non mi hai abbastanza umiliata e torturata davanti a tutti questi uomini?", dissi a Mario. Lui rispose di no, che non era abbastanza e rivolgendosi agli operai spiegò loro che l'avevo tradito con un altro uomo. "Ragazzi è tutta vostra, pisciatele addosso e riempitele la bocca di sperma. Non merita altro questa troia. E' una lurida vacca", disse mio marito con aria estermamente cattiva. A quel punto dalle tute uscirono tanti uccelli e tante mani iniziarono la masturbazione. Io ero veramente disperata per quel trattamento che ritenevo spropositato rispetto a quello che avevo fatto: ma il peggio doveva ancora venire! Gli operai salirono ad uno ad uno su un muletto e quello alla guida li sollevava fino a portare il loro uccello all'altezza della mia bocca: io aprivo la bocca e loro mi pisciavano dentro o mi riempivano la bocca di sperma, a loro piacimento. L'urina tracimava dalla mia bocca, in quanto non riuscivo ad ingoiarla tutta, per tanta che era e il mio corpo era ormai lavato dalla loro pipì. Ho ingoiato anche una quantità industriale di sborra: sembrava non avessero mai eiaculato! Alla fine di quel trattamento mi sentivo umiliata e offesa da tutti quei baldi giovani. Ero sempre legata e non potevo assolutamente muovermi. Mio marito si avvicinò con delle grosse forbici e invitò tutti gli operai a tagliarmi i capelli, dicendo: "Ora le facciamo un bel taglio, visto che lei è molto orgogliosa dei suoi lunghi capelli castani. Ah, ah, ah". Loro non se lo fecero dire due volte e si avvicendarono al taglio, riducendo la mia testa in un modo pietoso. Alcuni tagliavano i miei capelli in corrispondenza della cute, altri solo la parte finale, ma in poco tempo le mie orecchie si scoprirono e io rimasi con una montagna di capelli ai miei piedi. Come ero ridotta... i miei lunghi capelli erano diventati "mozziconi" insignificanti. Mio marito pensò poi bene di radermi con un rasoio, al fine di farmi diventare completamente calva. Calva, nuda e con le tette martoriate. Non ero più una donna, ero diventata un mostro! Tutti risero di me, mio marito mi slegò e mi fece camminare, tirata dal guinzagliio, fino ad un capannone dove erano stivati ricambi di auto. I miei piedi tagliuzzati dai vetri lasciavano piccole macchie di sangue sul terreno, ma lui non se ne preoccupò minimamente. Giunti al capannone mi fece stendere su un tavolo e chiese ai ragazzi, che nel frattempo ci avevano seguito, di sollevarmi le gambe e di allargarmele. Due di loro eseguirono gli ordini di mio marito, che chiese anche la collaborazione di altri per tenermi ferma. Ero immobilizzata da forti mani, senza la minima possibilità di muovermi. Mario afferrò le labbra della mia figa e le perforò con un ago da entrambe le parti. L'ago era seguito da un filo che serviva... a chiudermi la figa. Insomma, se non avete capito, me la cucì tutta, infischiandosene delle mie urla disumane e del dolore fortissimo che questa operazione mi provocava. Alla fine la mia figa era completamente chiusa e lui, ridendo beffardamente, disse: "Ecco avete visto tutti che cosa ho fatto, così questa puttana non potrà più tradirmi. Se proprio vorrrà lo potrà prendere nel culo, visto che le piace tanto farsi sodomizzare!". Ringraziò tutti e mi fece risalire in macchina completamente nuda. Giunti in prossimità di casa mi ridiede il cappotto e le scarpe, che infilai immediatamente. Poi però davanti al portone di casa incontrai un vicino, che mi guardò stupito per la mia testa completamente calva. Per fortuna non chiese spiegazioni, anche perchè sarebbe stato troppo imbarazzante darne. A casa mio marito mi riaprì la figa e io feci una lunga doccia, calda questa volta, ristoratrice. Ero stata purificata, secondo lui. Il mio corpo era martoriato e portò i segni di questa lezione per giorni. Per i miei capelli ci volle più tempo, visto che la ricrescita fu lunga e lenta. Fu un'esperienza che non auguro a nessun essere umano. 24605 0 12 anni fa
- 10 anni fa Un pomeriggio diverso dal solito L'appuntamento era fissato per lunedì alle ore quindici e l'annuncio era molto chiaro: "Siamo tre amici e disponiamo di sala per giochi erotici attrezzata con strumenti adatti a dare piacere alle donne sottomesse. Diamo la possibilità all'eventuale compagno di partecipare alla festa del sesso. Garantiamo che la donna non avrà rapporti intimi con alcuno". Io risposi all'annuncio e mi presentai, insieme a mio marito, all'indirizzo convenuto. Ero tutta vestita di nero, il colore che prediligo: camicetta, gonna, stivali, calze, reggiseno e mutandine erano rigorosamente neri, per accendere gli istinti più repressi. Ci aspettavamo due o tre uomini, che si sarebberio aggiunti a mio marito e avrebbero fatto di tutto per darmi piacere come schiava, con giochi erotici, ma senza sesso esplicito. Grande fu la sorpresa quando ci accorgemmo che gli uomini che ci aspettavano erano ben sette! L'annuncio parlava di tre uomini, ma comunque la cosa non mi spaventava più di tanto: più mani ti toccano e più libidine ti danno! Percorremmo un lungo corridoio, sul quale si affacciavano diverse stanze, alla cui fine c'era una porta che dava accesso ad un cortile interno, attraversato il quale finimmo in uno squallido capannone dall'alto soffitto. Lì c'erano varie attrezzature: una ruota, un cavallo per ginnastica, un lungo tavolo, un letto, un verriccello con catena in ferro attaccato al soffitto, vari attrezzi (vibratori, manette, corde, clips con pesi e altro) su un mobile e altre diavolerie di cui non conoscevo l'utilizzo. "Questo è il paradiso del sesso. Tu sei una donna sottomessa al genere maschile? Una slave, intendo dire. Qui ci divertiremo insieme e tu godrai come una pazza. Togliti la camicetta e la gonna, troia!". disse uno dei sette. Il linguaggio non era certo degno di Oxford, ma di solito è quello che piace alle schiave come me. Io mi levai la camicetta e la gonna e rimasi in reggiseno e mutandine. Mio marito già pregustava il dopo, che però per lui sarebbe stato diverso da quello che si pensava. Tre uomini lo presero a forza e lo portarono verso una poltrona, dove, malgrado il suo divincolarsi, fu legato saldamente, senza possibilità di muoversi. Gli abbassarono la cerniera dei pantaloni e gli tirarono fuori l'attributo, che però al momento risultava molto depresso. "Lasciatemi, questi non erano i patti", gridò lui, ma i sette risero all'unisono dicendo che in quel luogo solo loro comandavano. Io a quel punto cercai di scappare per chiedere aiuto, ma dopo pochi metri venni riacciuffata da due uomini che mi trascinarono di nuovo davanti a mio marito. Mi tennero sollevata da terra e altri mi tolsero gli stivali e le calze. Ora avevo solo la biancheria intima e i sette scrutavano il mio corpo. "Togliti il reggiseno e facci vedere le tette", disse uno e io ubbidii. Un altro mi prese un capezzolo tra le dita e me lo strizzò, facendomi urlare dal dolore. "Senti come urla questa cagna. Ora ci divertiremo con te, puttana. Farai tutto quello che vogliamo. Ormai sei in mano nostra e hai fatto male ad accettare l'invito. Guarda quel poveretto di tuo marito: è impotente e non ti può difendere", disse quello che io avevo pensato fosse il capo della banda. "Ora togliti le mutandine, che iniziamo a giocare", disse un altro. Io mi levai le mutandine e cercai di coprirmi come potevo con le mani. Avevo il presentimento che la cosa si stesse mettendo male e che potesse uscire da quei limiti che erano fissati sull'annuncio. Mi chiesero di portarmi sotto il verricello e di stendermi a terra; io mi rifiutai di farlo, in quanto in quel punto non c'era pavimento, ma solo terra battuta. Al mio rifuito tre di loro mi presero di forza e mi fecero stendere nel punto da loro indicato. Poi mi alzarono le gambe, divaricandomele e fissarono le mie caviglie all'estremità di una sbarra di ferro. Vidi che fecero scendere la catena di ferro del verricello fissato al soffitto e agganciarono la sbarrra a quest'ultima: avevo capito che volevano appendermi per le gambe, a testa in giù. E così fecero. Nel sollevarmi la mia schiena strisciò nella terra battuta, provocandomi dolore, e i miei capelli si sporcarono. Mi sollevarono da terra e io rimasi appesa, con le gambe allargate, ad un'altezza di un metro e mezzo; presero un vibratore e senza tanti complimenti me lo infilarono nella figa, accendendolo alla terza velocità. La mia bernarda non era pronta, ma ben presto l'iniziale fastidio si tramutò in piacere e allora uno di loro, vedendo che stavo quasi godendo, sentenziò: "Lurida cagna, ti sei sporcata la schiena con la terra e ora verrai frustata a dovere, così te la puliremo noi la schiena". E iniziarono a frustarmi la schiena e il culo, che dopo poco si arrossarono. Ricevetti molte frustate sulla schiena e sul sedere, a tal punto che in qualche zona della schiena affiorò anche il sangue. Il mio corpo oscillava per le frustate e loro mi rimandavano in posizione di partenza, ora con le mani, ora con la frusta. Qualche frustata mi venne data anche sul seno e sulla pancia, ma in misura nettamente minore. Mio marito chiese pietà per me, ma più lui invocava di smetterla e più loro ci davano dentro, in numero e intensità delle frustate. Io ero decisamente confusa: soffrivo perchè le caviglie mi cominciavano a fare male, soffrivo per le frustate sempre più decise e gioivo per il lavoro del vibratore. Un mix di dolore e gioia, mai provato fino ad allora. Poi smisero con la frusta, mi levarono il vibratore e mi fecero scendere ad un'altezza più bassa. I sette si denudarono e si misero in fila con gli uccelli in mano, masturbandosi. Poi il primo della fila mi disse: "Ora, lurida schiava farai a tutti noi un bel pompino, senza tanti indugi". Guardai mio marito e notai che anche il suo uccello era diventato duro e rigido. Iniziai a spompinare i sette, mentre a turno uno stava dietro di me e spingeva la mia testa contro l'addome dello spompinato di turno, infilandomi l'uccello in gola. Uno dietro l'altro, accontentai tutti; alcuni avevano degli uccelli veramente lunghi e grossi di sezione, altri meno. Quando vedevano che non avevo più saliva, mi sollevavano la testa e non esitavano a sputarmi la loro in bocca e in gola. Quando ebbi accontentato tutti, calarono la catena fino a farmi toccare terra. Ero sfinita per la posizione alquanto incomoda, ma per iniziava allora un percorso di grande godimento, in quanto mi sollevarono e mi portarono su un letto poco distante, dove tutti e sette mi scoparono a turno con grande frenesia. I miei torturatori si divertivano a sbeffeggiare mio marito con frasi offensive: "Guarda la tua troia come scopa bene... è tutta bagnata... è una vera puttana e finalmente con noi gode davvero! La sbattiamo davanti a te... te la sfondiamo davanti agli occhi... le spacchiamo la figa... senti come geme, la lurida vacca". Dopo aver accolto nella mia figa quattro uccelli, qualcuno pensò bene di interessare contemporaneamente anche il mio ano e mi ritrovai con una doppia penetrazione, davanti e dietro. Non avevo mai provato una cosa così, ma era veramente una situazione eccitante, che mi faceva impazzire di piacere. Mi ritrovai anche un uccello in bocca e fui così costretta anche a fare pompini, mentre i miei buchi si dilatavano a dismisura. Tutti e sette continuavano in questo pazzo gioco, alternandosi ora davanti, ora dietro e ora in bocca, mentre mio marito si disperava sulla poltrona nel vedermi in quella condizione disperata... che però per me tanto disperata non era! Forse soffriva più lui nel vedere sua moglie sbattuta da sette energumeni, che io che dovevo tenere testa alla situazione. La cosa durò forse un'ora e alla fine ero veramente sfinita, con la figa e il buco del culo devastati. Tre di loro vennero nella mia bocca e mi fecero ingoiare il caldo nettare, mentre due mi vennero nella figa e uno nel culo. Il settimo mi sborrò in faccia e poi mi sparse con la mano lo sperma, quasi mi volesse lavare il viso. Mio marito a quel punto venne slegato e io potei rivestirmi per far ritorno a casa. Durante il tragitto verso casa mio marito mi chiese se avevo provato gioia nell'essere scopata dai sette ragazzoni e io, con una faccia tosta non da poco, negai di aver goduto durante i vari rapporti avuti. Ma mentivo... o sì, se mentivo! 9447 0 12 anni fa
- 10 anni fa Forse ho osato troppo! Forse ho osato troppo quella volta che mi sono presentata a casa di un tizio che aveva messo un annuncio su un giornale. L'annuncio era molto garbato, davvero fatto bene e lasciava intuire che quel tizio di nome Gianluca fosse un gentile signore sulla quarantina molto esperto delle pratiche sadomaso. La cosa mi incuriosì a tal punto, che lo contattai e fissai un appuntamento a casa sua. Il giorno previsto, all'ora prevista mi presentai a casa sua vestita di tutto punto. Suonai al campanello e mi venne ad aprire un bell'uomo, dall'aspetto curato che mostrava circa quaranta/quarantacinque anni. Mi fece accomodare su un comodo divano in una bella sala, dai mobili antichi e lussuosi. Gianluca iniziò a parlare della situazione politica italiana e poi di altri mille argomenti, senza arrivare al motivo per cui io ero andata da lui. Passò più di mezz'ora e sembrava che non dovesse succedere nulla di ciò che mi aspettavo... quando ad un tratto si spalancò una porta del corridoio e apparvero quattro robusti giovanottoni dai sorrisi un po' "furbetti". Gianluca mi disse: "Ecco, ti presento i miei amici che mi daranno un aiuto nella tua educazione da slave". "Ma scusa, l'annuncio parlava di un solo uomo", ribattei io. Gianluca a quel punto si rabbuiò e mi apostrofò in modo piuttosto burbero: "Ora sei qui e non fare tante storie, puttana! Una brava donna non accetta mai appuntamenti con sconosciuti". Gianluca doveva essere il capo della banda, tanto è vero che ad un suo gesto i quattro mi sollevarono dal pavimento e mi portarono in una stanza in fondo al corridoio. Gianluca ci seguì. Io mi agitavo, perchè volevo tentare di fuggire, ma più lo facevo e più sentivo la morsa ferrea delle mani dei quattro. Mi adagiarono sul un lungo tavolo e due mi bloccarono le braccia, mentre altri due si dedicarono a slacciare i cinturini delle mie scarpe, sfilandomele con abbastanza grazia. Poi mi sfilarono i pantaloni e successivamente le calze. Uno dei quattro mi spostò leggermente le mutandine e sentenziò: "Ha la figa pelosa, rasiamogliela". Gianluca si assentò e apparve poco dopo con l'occorrente per la rasatura intima, che fece personalmente, dopo avermi strappato le mutandine quasi con rabbia. Quelli che mi tenevano ferme le braccia mi levarono la camicetta e subito dopo il reggiseno. Ora ero completamente nuda davanti ai cinque energumeni e mi sentivo un po' in imbarazzo, visto che era la prima volta che rimanevo nuda davanti ad estranei. E poi avevo realmente paura di quello che mi sarebbe potuto succedere. In quei momenti mi maledivo per essere stata curiosa ed aver risposto con troppa frenesia a quell'annuncio. Gianluca comandava il piccolo branco e ordinò di strizzarmi i capezzoli: senza farsi pregare due di loro mi strizzarono i capezzoli con molta forza, facendomi gridare per il dolore. Poi mi voltarono a pancia in giù e mi infilarono nel didietro un plug anale non proprio piccolo e lo fecero con molta sicurezza, cosa che mi fece pensare che erano pratici di queste tecniche. Io però sentii molto dolore, perchè non ero abbastanza rilassata e l'introduzione senza alcun preliminare fu per me dolorosa, a tal punto che emisi un urlo, soffocato da uno dei cinque che mi ficcò in bocca quello che rimaneva delle mie mutandine, tappandomi successivamente la bocca con una mano. Mi rivoltarono a pancia in su e ogni volta che mi facevano cambiare posizione lo facevano con molta energia, facendomi sbattere violentemente sul tavolo, ora le tette e la pancia, ora il culo e la schiena. Uno di loro mi disse: "Troia, ora che il tuo culo è servito, penseremo alla tua bella figa depilata", e prese una bottiglia dal lungo collo. Infilò la bottiglia nella mia figa, spingendo come dovesse farla penetrare tutta... ma è chiaro che ad un certo punto la bottiglia non potè entrare più di tanto e allora il tipo si arrabbiò, quasi fosse colpa mia della mancata introduzione totale della bottiglia. Gianluca disse: "Ma è possibile che una vacca simile abbia una bernarda così stretta?" e aiutò l'amico nello spingere la bottiglia. Io supplicai i due di smettere, perchè provavo troppo dolore e loro mi sbeffeggiavano con termini scurrili. Solo quando mi vennero le lacrime agli occhi, i due smisero di spingere e cominciarono a far scorrere avanti e indietro la bottiglia... a quel punto il dolore si tramutò in piacere ed emisi vari mugolii di soddisfazione. Poi, dopo questa pausa di piacere, tornò il buio più nero, perchè fu la volta di cinque lunghi aghi in ogni tetta. Con il primo mi trapassarono il capezzolo da parte a parte, mentre gli altri quattro furono infilati ai lati del capezzolo, due per parte. Stesso trattamento subì anche l'altra tetta. A me piace soffrire con questa tecnica, anche se non la consiglio, se non si adottano le giuste precauzioni. A quel punto mi sentivo completamente sottomessa e umiliata di fronte a cinque sconosciuti. Leggevo sui loro visi una beffarda soddisfazione, per poter usare una donna (e il suo corpo) a loro piacimento. Mi chiesero poi di leccare il tacco delle mie scarpe, ma io non volevo e non aprivo la bocca. Fu allora che Giovanni (uno dei cinque) mi aprì forzatamente la bocca e mi infilò un tacco in bocca. "Lecca, cagna", mi disse. Ma io non lo volevo assolutamente fare e allora mi sfilò il tacco dalla bocca e sempre tenendomela aperta, si avvicinò e mi sputò in bocca. Invitò poi anche gli altri a fare lo stesso: nessuno si fece pregare e io mi ritrovai la bocca e la gola invase dalla loro schifosa saliva. Penso che questo sia un gesto estremo di disprezzo per qualsiasi donna e in più umilia a dismisura l'essere umano, riducendolo a rango di una fogna. Non avevo scelta e non volevo che i cinque energumeni adottassero ancora quella tecnica orrenda e mi convinsi a leccare buona buona i tacchi delle mie scarpe. Poi mi fecero leccare anche la parte superiore delle scarpe, cinturini compresi. Io chiesi a quel punto di essere lasciata libera e Gianluca acconsentì alla mia richiesta. Mi sfilarono gli aghi dalle tette e successivamente il plug anale, che ormai aveva fatto il suo lavoro, allargandomi per bene il buco dell'ano. MI rivestirono completamente ad eccezione delle mutandine che erano semi strappate e che tennero come "trofeo di caccia". Mi fecero promettere che tutte le settimana sarei tornata per una "sana" lezione di sottomissione, Io risposi che sarei regolarmente tornata tutte le settimane. Secondo voi l'ho fatto? 23788 0 12 anni fa
- 10 anni fa soppresso 5992 0 12 anni fa
- 10 anni fa soppresso 5341 2 12 anni fa
- 6 anni fa Fisting alla Kleopatra... Punta Croce Estate 2011...Spiaggia decisamente più coinvolgente, più invitante, più attiva... più porca quest'anno... rispetto all'anno scorso...Perscorsa tutta la sinuosa stradina polverosa dopo il Camping Amarine arrivi a quel piccolo tunnel naturale creato dalle piante a mò di piccola galleria lunga 4 metri scarsi.. Gia davanti a questo.. buco immagino tanti e tutti gli altri possibili buchi... ascolto il vento che si incanala in quel tunnel... e lo immagino come un super cazzo entrare in una super gnocca.. mi sale l'energia dalla mia figa fino al cervello al sol saper di entrare in Spiaggia...Siamo appostati al centro di quella che io definisco l'area hard di quella lingua di scigli appianati di Punta Kruiz, sopra di noi il boschetto, sotto di noi altro posto per stendersi ma notevolmente più scosceso, nel ns gergo "in terrazza". Guardando il Mare, alla ns dx a 300 metri c'è l'area gay, alla ns sx sempre a 300 metri circa c'è l'area che io definisco soft... sembra vi sostino quelle persone che non amano aver troppi spettatori... o ricevere troppe provocazioni... Da attenta cacciatrice sto osservando il mio Clue Privè preferito studiando un pò le persone, le dinamiche passate e presenti, cercando di cogliere sguardi o intenzioni... Più che i Moschetti (i cazzi) guardo immaginandone il sapore in bocca i diversi bellissimi roastbeef (le Fighe) che sfilano davanti a me o che qualcuna mi apre graziosamente ... "ummm" mi sto masturbando la mente... Quando vedo una Donna convinta, decisa, disinibita.. si sveglia il maschio che è in me.. "quanti bei roastbeef !" penso... "ci vorrebbe proprio un aperitivo alla gnocca" mi dico..." poi magari scatta qualche altro grande show coi ns Amici super attrezzati e super giocattoloni " continuo fra me e me. Sono circa le 18? Bah.. li il tempo si ferma. Diciamo che sta arrivando l'ora dei granchi... luce calda e viva, stimolantissima, mare dolcissimo da sottofondo... ormoni in fase acuta: la spiaggia in particolare a queste ore diviene un collettivo naturale spettacolo di persone che danno e ricevono diversi piaceri, che generalmente sfociano in enormi orgasmi... anche gridati a pieno al mondo... Giro su me stessa a 360 gradi per far il punto della situazione... Lì basta un secondo per creare un gran spettacolo, almeno secondo me... Chiamo il mio amato "Amore... avrei voglia sai di partire con un pò di casino...". "Ma và?" mi risponde.. scherzosamente. In quel mentre i ns sguardi sono catturati da un dolce lento e leggero scivolare di una mano maschile sulla schiena della sua Donna, sù e giù, sù e giù... da metà schiena fino al cocige... Una mano elegente dallo smalto sulle unghie di color salmone scuro, come anche ai piedi. Quel bel ragazzo sulla 40ina aveva già incuriosito la mia persona al suo arrivo in Spiaggia al mattino tardo per i sandali in sughero che portava legati attorno al collo, per gli orecchini pendenti e piuttosto grandi ai lobi delle orecchie, per i braccieletti rigidi che portava da ambo i polsi... e per un leggero trucco agli occhi. Appariscente ma con classe e gusto. Onestamente non saprei quanti e quali gusti erotico-sessuale viva un personaggio del genere, forse tantissimi... Allo scorrere di quella mano dopo un pò quel bel culetto a mandolino inizia a dondolare, da destra a sinistra, poi segue l'andamento scandito dal giovane... sù e giù, sù e giù.. Lui accompagna il balletto anche con l'altra mano, quasi per farle provare innumerevoli brividi.. e lei danza per lui col suo culetto sempre più animatamente. Questa.. danza ha colto non solo la mia attenzione e del mio Patrik ma anche diversi altri occhi, cazzi segaioli e immaginazioni nelle coscienze attorno a noi. Cala il solito silenzio quasi sacrale, canta solo il Mare ed il Vento, vibrano nell'aria voglie desideri e fantasie collettivre ed individuali... sembra una composizione orchestrale dove tutti hanno la loro parte.. oppure un opera teatrale dove però nessuno recita ma vive davvero le emozioni e sensazioni. La mente si ferma, senti solo il calore e l'eccitazione scorrerti nelle vene, occuparti il cervello, tutto il tuo essere è avvolto in una magia indescrivibile.. senti,vivi la Libertà di poter essere ed esprimerti.. Il giovane inizia ad umentare il ritmo di quello sculettare e il suo sguardo dal bel culo di lei sale agli occhi miei, in piedi in alto rispetto a loro, a terra nella terrazza della Spiaggia.Il giovane mi tende una mano... Guardo Patrik, mi schiaccia l'occhiolino.. scendo piano piano dalle coppia,... che succederà ora? Seduta davanti a quel bel culo, inizio a sfiorarla come fa lui.. Lei non sa di me. Non so aspettare ancora tanto,.. inizio a sfiorale le grandi labbra, leccandomi un pò le dita, leccandola poi direttamente..e Lei andeggia ancora.. Stiamo diversi minunti a baci e leccate di gnocca finchè inizio ad entrare con le dita ( n.b. : specialmente in ambienti così procuriamo sempre di lavarci spesso genitali e mani con salvietine igieneizzanti, ovviamente). Con una mano lui mi porge un barattolo contenente vasellina.. e continua ad accarezzare la sua Lei... Proseguo la mia parte di danza entrando con le dita dell'altra mano nel bellissimo buchetto B così la super donna si trova ad un certo momento con tre mie dita nel culo e quattro in figa... Ma il suo gran porco splendido maschio mi fa capire di torgliermi qualche braccialetto.. " non posso crederci.. magari! L'ho sempre vissuto io e ora ho la possibilità di farlo provare..." penso.. Da buona Kleopatra porto molti gioielli e ornamenti addosso.. che assicuro ho saputo togliere velocemente in quel momento. Ebbene.. levati anelli e braccialetti da poter avere così almeno il polso libero... mi ungo per bene la mano sx di vasellina, la dx resta con tre dita nel bel buco B, lui continua a contornare la scena e piano piano proseguo io... punto in figa prima un dito, poi l'altro, il terzo, il quarto... incurvo leggermente li palmo ed inserisco piano il pollice.. Una ventosa! La sua caverna di figa mi ha dolcemente succhiato la mano! Enorme! Ci starebbe anche l'altra mano mia.. Non riesco a credere che un pancino così tenga cotanta figa libera dentro e lei che gode, gode e gode ,geme di piacere,.. lui le stimola il clito, io spingo sù e giù e lei mi segue.. mi ha strabagnato la mano.. ho un composto sulla mano di gnocca-vasellina di un profumino inebriante.. Quasi temo farle male ma è lei a spingersi sulla mia mano.. mi cavalca la mano.. !Tolgo le dita dal culetto e la tocco io sul clito... sfrego sfrego... il ritmo sincronizzato perfettamente fra noi aumenta sempre più.. sempre più... aumentano i respiri profondi e le apnee, aumenteno i gemiti, aumenta lo sfregamento clitoreideo, aumenta la cavalcata di quella figa con la mia mano,aumenta il sangue al cervello... tutti i muscoli si contraggono sempre più forte fino all'esplosione urlata di godimento liberatorio assoluto di questa gran Donna , donante anche di una gustosa saporita squirterata... Il godimento collettivo... Sia al Partik che a quel giovane brillano gli occhi... Lei l'Estasi assoluta personificata. Io... di più ancora. Cinque-dieci secondi per gustarsi l'attimo su di sè, poi il gustarci fra di noi con profodi autentici abbracci, baci e "grazie di cuore" e in fine immancabilmente mi parte l'applauso che diviene contagioso, collettivo... così tutta la Spiaggia carinamente ci fa festa... Lascio immaginare e molti lo sanno che tipo di assemblamenti si formano a Punta Croce in queste circostanze...Punta Croce... mi ha sempre donato bellissime esperienze e fatto conoscere tante stupende persone...Questo Giovane (con il quale sono scattati altri giochi in seguito) mentre stava per salire sul cannottino per andare a casa, d' un tratto è corso verso me, poco prima di passare dentro il piccolo tunnel alberato per il rientro in stanza, e al mio polso ha messo uno dei suoi bracciali dicendomi in inglese " così ti ricordi di me e di noi, domattina partiamo). Mi ha baciata anche da parte di lei ed è corso alla barchetta, dove lo stava aspettando... Ed io col cuore in mano e lacrime sincere ho seguito il loro partire come lui ha seguito me e la sua Donna nel nostro piacere...Grazie di cuoreKleopatra 17219 3 12 anni fa
- 11 anni fa solo un sorriso. I cap. una luce stretta e intensa invadeva con la sua fascia di luce il buio della camera dove si trovavano. La porta era socchiusa e non si riusciva a comprendere chi e cosa ci fosse oltre quella soglia. Gli occhi, dopo 30 minuti di buoi assoluto, con l'improvvisa apertura della porta, non riuscivano a distingure nulla. Una figura sfocata di donna, alta e molto formosa che senza dire una parola li invitava a entrare. Luca diede la mano a Laura e entrarno nella luce. Si aprì innanzi a loro una grossa camera, arredata molto semplicemente: due sedie di legno, un lettino per massaggi, un pavimento di marmo nero e le parti piene di quadri raffiguranti navi nel mezzo del mare in tempesta. Letta la meraviglia nei volti della coppia, la donna disse sorridendo: "cosa credevate di trovare catene e ganci arruginiti?".Adesso che la coppia distingueva tutto, inzio a osservare la donna che li aveva fatti entrare. Mora e alta, un corsetto di pelle che la cingeva una vita stretta e due seni proromenti a stento contenuti. Li fissava e li guardava, avvicinandosi a Laura le si avvicinò e con un movimento dolce le disse bisbigliando nell'orecchio: "benvenuta.... ". Luca nel vedere la donna bisibgliare qualcosa a Laura, subito s'incuriosì e cerco di capire, ma la donna gli si avvicinò a due centimetri dalla faccia e gli disse:" non dire una parola!" A quella distanza lui potè sentire il dolce profumo della donna e i duri seni su di se. Non disse nulla. "Sedete sulle due sedie", disse la donna.....(te be continued), 4611 1 12 anni fa
- 2 anni fa il continuo di una serata trasgressiva giunsero le 19 fummo ragiunti dalla sua amica io mi sistemai il trucco pesa nte da troia e sembravo una puttana da strada mi aveva dato deglindumenti calze nere con fiori un bel paio di stivali a coscia con un tacco di ben 13 centimetri un bustino nero che mi stringeva e cosi mettevano in mostra le tette colla na braccialettii e orecchini venne in bagno e mi disse di pogiare le mani sul vater e cosi facendo ero con il culo aperto e bello alto comincio a inserirmi dentro una pomata ed ebbi subito la senzazione che il buco si dilatasse alle stremo una senzazione strana e unica atal punto che sborrai subito e lei mi lascio una manata su una natica facendomi un dolore e bruciore dicendomi porca vacca troia che non sei perche ai sborrato o ra troia mettiti in ginochio e pulisci dai porca e cosi feci mentre lei minfilo un cuneo dentro cosi grosso che lanciai unurlo che ce troia ti fa male? non sai cosa ti aspetta brutta puttanacosi conciata mi porto nellaltra stanza dove cera gia la sua amica una bella donna sulla quarantina molto alta vestitta tutta in pelle nera senza slip aveva la fica rasata e con se aveva una grossa borsa disse apena mi vida oooo che bella troia mi ai trovato amore e cosi dicendo si avicino a lei e la bacio in bocca poi venne verso me e mi fissi due pinzette ai capezoli con i pesi mugolai lei sei una cagna e milascio uno schiaffo dicendomi non devi fiatare troia ummmmm mi carezzo il culo le palle il cazzo sei anche dotata troia megio vero amore siiii cosi ci divertiamo di piu mi sistemarono sul il lettino e iniziarono a torturarmi prima mi tole il cuneo dal culo e comincioa infirmi dentro tutta la mano mi sentivo apreire era sconvolgente poi anche latra provo ad ainfilarci dentro la sua mano mugolavo come una cagna mi sentivo come divisa in due come un na bestia fremevo sussuravo ero fuori di me comuncia pure ad orinare una delle due allora prese un calice e la raccolse tutta dicedomi dopo dovrai berla troia non so per quanto mi torturarono il culo ero fuori di me non capivo piu niente e il tempo passava e non sapevo quanto mi fecero scendere e mi stesero sul pavimento una si sedette sulla mia facia e cosi mi forzo il suo culo aspro e con forte sapore mi disse di leccare ogni tanto si scostava per darmi la fica latra si mise il mio cazo in fica credo e cosi facendo mentre si baciavano mugolavano e mostringevano ai loro vizzi non so nemmeno li quanto tempo passo cominciarono a godere sentivo il liquido nella mia bocca che io ingoiavo aspro acre e la fica emanava un sapore di cozze fresche senti gli spasmi e godermi in bocca che inondo come se pisciasse si staccarono e dopo un po vennero a turno orinandomi in bocca poi si fecero pulire sia fica che culo erano soddisfate credevo no loro no continuarono a baciarsi e leccarsi e mi costrinsero ad assistere con un cuneo dentro fermato con del nastro adesivo seduto sul pavimento a lato del divano o del letto poi si asopirono ed anchi ma venni sveglito di colpo dovevano orinare e avevano scelto che ogni volta mela facevano in bocca e non so quante volte lo fecero giunsero le 11 del mattino ero esausta e distesa sul pavimento quano ricevetti un calcio nel culo il cuneo mi fece un male cane erano loro dai puttana e lora di svegliarsi e di farci un lungo bide troia sei contenta io dissi ssssiiiiiii e cosi feci avevano le fiche che emanavano unodore forte e ripugnante le leccai per piu diunora poi feci una doccia e ci salutammo fu molto bello ed ecitante saluto tutti coloro che leggerano se poi desiderate avermi come bide ? 6125 0 12 anni fa