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La cura

Angelica scese dall'auto, fasciata nel suo tailleur, i capelli rossi tirati in una autoritaria coda alta; le era stata chiesta appositamente tale acconciatura dal responsabile commerciale della Brogna S.rl., azienda in cui era stata assunta da poco. Era un'azienda dedita alla soddisfazione della propria clientela. Lo aveva capito subito, fin dall'annuncio trovato in rete. Il colloquio con amministratore delegato, responsabile commerciale, responsabile vendite e capo area era stato...soddisfacente: lei era una donna attraente, colta e disinibita, in grado di non deludere le alte aspettative aziendali. E la conoscenza approfondita e reciproca dei vertici aziendali le aveva permesso di accedere fin da subito ad un ruolo di elevata responsabilità, motivo per cui si trovava con il capo area e il responsabile vendite sul luogo dell'appuntamento.
In realtà non sapeva quali richieste avrebbe dovuto soddisfare, ma la cosa non la preoccupava, anzi, avvertiva già un diffuso senso di eccitazione che le accendeva gli occhi e illuminava il viso di un sorriso smagliante.
I due uomini, come angeli custodi vestiti in eleganti abiti, la scortarono su per gli scalini della palazzina di fine ottocento; la servitù li accolse con inchini, conducendoli in un'anticamera al fondo di un lungo corridoio. Si fermarono davanti ad una porta; nessuno dei tre sembrava teso, e da una piacevole e frivola conversazione passarono al briefing dell'incarico
"Tutto bene, Angelica?"
"Certo!"
Le dispiaceva solo che il cliente non fosse uno dei due accompagnatori, e sorrise ricordando i momenti salienti della propria assunzione.
"Allora ci siamo. Il nostro cliente, di cui non ti interessa conoscere le generalità, ha espresso una richiesta...particolare. Soffre di una rara forma di impotenza. A nulla sono valse costose medicine e visite dai più illustri luminari e specialisti. Noi siamo convinti di poter risolvere il problema, dato che sembra trattarsi più di un blocco psicologico, che di natura fisiologica."
"E ovviamnete sarei io la medicina."
"Si...direi la cura...in toto."
Chiusero la porta che dava sul corridoio, e mentre il capo area sbirciava nella stanza adiacente, il capo vendite continuò "Angelica, puoi spogliarti. E' un peccato che il cliente non voglia godersi questo spettacolo, ma preferisce così; tieni su solo autoreggenti, guepierre e scarpe. Dentro ci saranno alcuni collaboratori che ti esplicheranno il da farsi. Siamo convinti che tu sia la persona giusta, e che capirai come doverti comportare. Il nostro committente ha voluto che tu rimanessi all'oscuro di quello che ti aspetta. Si attende che tu sappia improvvisare e adattarti alla situazione. Ma non ti preoccupare, non sarà complicato e le persone che incontrerai ti condurranno e ti aiuteranno nel gioco. Sono stati selezionate e addestrate per il compito." Sorrise, dandole un senso di sicurezza.
Senza alcuna esitazione Angelica si spogliò, apprezzando i sorrisi sfrontati, ma sinceri dei due. Non portava gioielli, eccezion fatta per gli orecchini pendenti. Il capo area delicatamente le fece scivolare il seno fuori dalle coppe del bustino e sospirò: in tacchi a spillo e autoreggenti adornate da nastri annodati in fiocchi era squisita. Angelica fece un respiro ed entrarono.
La stanza era rettangolare, le pareti completamente spoglie e scure, come il pavimento. Al centro si trovavava una sorta di pedana, un parallelepipedo di vetro poggiato a terra, alto circa una sessantina di centimetri, con tre scalini all'inizio, quasi fosse una sorta di passerella, larga un metro circa. Su uno spigolo era segnata la lunghezza, di 5 metri in tutto. Attorno alla passerella aspettavano una ventina circa di uomini e ragazzi, tutti di bell'aspetto, tutti nudi. All'altro capo del vetro lo schienale di una poltrona di pelle nera nascondeva il suo occupante, e sulla parete in fondo troneggiava un enorme schermo al plasma.
Gli uomini rimasero composti al loro ingresso. Erano probabilmente professionisti o comunque ben educati, perchè oltre a sguardi di ammirazione non ci furono commenti o ammiccamenti volgari. La stanza era piena di telecamere, sulle pareti, sul soffitto, dentro la struttura in vetro, rivolte verso l'alto: occhi elettronici che avrebbero spiato ogni attimo, da qualunque angolazione, di quello che sarebbe successo. Angelica pensò che se non ci fossero stati tutti quei maschi, il giochino eccitante sarebbe stato spiarla con le telecamere mentre sfilava, inquadrandola anche da sotto, mentre camminava sensualmente, mostrando di sè un aspetto molto piacevole. Ma non poteva trattarsi solo di quello.
"Chi inizierà...?". Alla domanda del capo area un uomo sulla quarantina alzò una mano e si fece avanti. Si masturbava lentamente, con il membro già eretto e il glande lucido.
In quell'istante si accese lo schermo al plasma. Le inquadrature si susseguirono come impazzite fino a fermarsi su di lei, ritratta da dietro. I due accompagnatori le presero le mani, facendole il gesto di compiere un giro su sè stessa...voilà.
Chi si nascondeva su quella poltrona? E tutti quegli uomini? Cosa sarebbe successo su quella passerella? Angelica si sentiva accarezzare, spogliare dagli sguardi, anche se c'era più ben poco da immaginare.
"Signor X, siamo pronti!".
Non ci fu risposta. Valeva la regola del silenzio assenso.
Negli istanti prima che il delirio avesse inizio, Angelica ebbe il tempo di pensare, immaginare cosa potesse aspettarla. Un impotente timido che non aveva neanche il coraggio di guardarla mentre quindici...venti uomini avrebbero goduto di lei, osservando lo spettacolo dal video appeso al muro.
La accompagnarono verso gli scalini; tutti gli occhi erano puntati su di lei, tutti si masturbavano lentamente. Osservò quella selva di aste dure, quelle capelle che scomparivano ritmicamente nei pugni dai movimenti ritmici; respirava ormoni, testosterone, profumo di sesso...voglia di sesso. E incominciò a bagnarsi.
Salì i gradini, lentamente, mentre il gruppo si stringeva attorno alla pedana. Sembrava un battaglione di soldati del piacere, pronti a darlo, pronti a esigerlo. Respirava velocemente. La fecero inginocchiare, mentre l'uomo che aveva alzato la mano poco prima, salì sulla pedana, le si inginocchiò davanti, con il membro eretto, ad una ventina di centimetri dalle sue labbra. Mugolava, accellerando i movimenti del piacere, ormai prossimo a venire. Angelica era in ginocchio, la faccia schiacciata sul vetro e il fondoschiena ben alto; riuscì a sbirciare il video sulla parete, puntato sul suo culo, la farfallina già lucida; poi l'inquadratura venne impallata dalla schiena di un uomo, poi dalla testa. Poi fu una lingua a strapparle un sospiro di piacere, e mani gentili le sfiorarono le natiche, aprendo il suo fiore e consentendo al piacevole leccare di approfondirsi in lei; spinse il bacino contro quella lingua, si leccò le labbra, pronta a succhiare il primo membro. Ma l'uomo continuava ad avvicinarsi all'orgasmo da solo, e anche quelli che le stavano di fianco, in piedi, ai lati della pedana, si masturbavano tenendosi a distanza di sicurezza dalla sua bocca.
Angelica non capiva cosa volessero farle, in quale modo avrebbe dovuto rimediare all'impotenza del committente, se tutto quel ben di dio si negava ai piaceri della sua bocca. E trovava quel lungo tavolino di vetro scomodo per tutta la gente che avrebbe partecipato, che avrebbe farcito il suo piacere; di sicuro effetto scenico, ma scomodo. E in quella posizione, poi, non poteva godersi lo spettacolo come avrebbe voluto. Ma che diavolo stava succedendo?
Mani le accarezavano la schiena, le gambe, i polpacci, la farfallina. Una lingua segnò lentamente la circonferenza dell'ano, poi lo penetrò dolcemente una volta, poi ancora, e ancora. Poi lappò, succhiò. L'uomo davanti a lei poggiò il glande sul vetro e rilasciò il suo seme, arretrando, fra sbuffi e gemiti, sulle ginocchia, lontano da lei: lasciò una scia bianca lunga circa una ventina di centimetri, densa e compatta, una striscia di piacere liquida. Angelica sbirciò il video, colta da una intuizione: lo sperma era inquadrato da sotto e al margine dell'inquadratura scorse il suo viso, acceso dal piacere. L'impotente avrebbe osservato la sua lingua leccare quel piccolo fiume di piacere, sguazzarci dentro, raccoglierlo scrupolosamente; avrebbe goduto delle sue labbra che scivolavano sullo sperma, della sua bocca che avrebbe bevuto, pulito quel vetro, che avrebbe tracciato, ricalcato, segnato la strada verso la perversione di un uomo che mai avrebbe potuto elargire quel piacere ad una donna. E così fece, perchè godeva di lingue che la scavavano vogliose, fica e culo, di dita che si avvitavano dentro di lei, che la esploravano, la eccitavano oltre ogni limite, incitandola a dar vita alla scena tanto desiderata dal Signor X, seguendola mentre carponi si accingeva a lucidare quel sentiero del piacere.
Intinse la punta della lingua nel liquido bianco, mentre il suo clitoride si accendeva, stimolato dal titillare frenetico, e dita le stantuffavano in vagina, e una lingua particolarmente muscolosa le faceva desiderare come non mai i piaceri della sodomia. Inarcò la punta della lingua, raccogliendo un filo di sperma, si leccò le labbra, assaggiando quel sapore dolce e salato allo stesso tempo; dimenò i fianchi, godendo appieno delle attenzioni che le venivano date. Poi poggiò la lingua piatta sul vetro e avanzò di colpo, raccogliendo e inghiottendo quanto più sperma potè. Si strinse le tette, facendole scivolare su quello che aveva lasciato indietro, braccata, tormentata e spinta in avanti dal continuo piacere di instancabili lingue e dita esperte.
Gli uomini continuarono a riversare il loro piacere davanti al suo viso, man mano che lei percorreva centimetri imbiancati di gustoso peccato, avvicinandola sempre di più allo schienale, strappandole urla, tremiti, gemiti e sospiri, leccando come demoni.
Il video rimandava in onda la sua atavica sete e fame di sperma, alimentata dalla bocche ingorde. Circa a metà del cammino incominciò ad inveire, prima sottovoce, poi a voce alta, quando gli orgasmi multipli e ripetuti le lasciavano fiato abbastanza: "Scopatemi...vi prego, scopatemi...fatemeli sentire dentro! Siete impotenti anche voi, eh? Fatemeli succhiare, fatevi mungere...Diooooo...godoooo..."
Ma aveva capito che quel piacere non le sarebbe stato concesso, almeno fin quando non avesse percorso interamente il suo stravagante e condito calvario.
Avanzò, centimetro dopo centimetro, colata dopo colata, leccata dopo leccata...non contava più gli orgasmi, e non sapeva più cosa avrebbe dato per farsi penetrare, per farsi prendere e stantuffare con violenza nella vagina...anche nel culo...farsi riempire, interamente...sfondare...sfondare! E arrivò all'ultimo centimetro, con le labbra imbiancate, con l'odore di sperma nelle narici; e tutto quello che non aveva leccato lo aveva raccolto con le tette, strisciando per l'ultimo metro. Lo schienale si voltò e vide il famigerato maniaco impotente, il Signor X. Era un uomo sulla sessantina, di aspetto piacevole, con un po' di pancetta, non bello, non brutto. Lo guardò in faccia solo per qualche istante, trovandosi a tu per tu con il suo pene, duro, turgido, nodoso: le sembrò quasi una visione. La cura sembrava aver funzionato!
Brutto stronzo...gielo ingoiò, succhiando più forte che potè. E sorrise, soddisfatta dalla malcelata nota di dolore del suo mugolio. Si riempì la bocca, spingendoselo fino in gola. Si tirò su, e salì a cavalcioni sulla poltrona, finalmente impalandosi. Fu come essere squarciata, sentiva la sua farfallina avvolgere il pene, quasi volesse mangiarlo, masticarlo; gli si acquattò sopra, per avere la massima aderenza, spingendolo più su possibile; pensò quasi di riuscire a farselo uscire dalla gola, tanto voleva sentirselo dentro. E incominciò ad alzarsi e abbassarsi, freneticamente, in sincrono con le spinte vigorose dell'uomo, perdendo la ragione e il contatto con la realtà. Le mancava quasi il fiato, le mancava ancora qualcosa da succhiare, mentre il paradiso tanto atteso si avvicinava.
Spalancò la bocca, mulinando la lingua nell'aria, emettendo quasi un rantolo che la diceva lunga su quanta voglia avesse di essere zittita con vigore da qualcosa di grande, caldo, pulsante.
I suoi datori di lavoro le vennero prontamente in soccorso, pronti a dare in pasto alla sua esagerata voglia i loro membri, uno a destra e l'altro a sinistra, accompagnando gentilmente il suo gran succhiare con carezze sulla testa.
Angelica non riusciva più a dare una connotazione spazio temporale a quei momenti: godeva del membro dentro, che le portava via il respiro, godeva a destra, godeva a sinistra di cappelle lucide della propria saliva e dello sperma di una ventina di uomini che aveva leccato diligentemente. Si sentiva troia come non mai, si sentiva che avrebbe potuto scoparseli ancora tutti, e poi di nuovo ancora, sguazzando nel loro dolce piacere. Sentiva il bisogno di vedersi intorno tutte quelle cappelle, sentirle strusciare sul suo corpo, inondarla, ricoprirla di piacere. Avrebbe voluto avere cinque o sei fighe, cinque o sei bocche...cinque o sei ani e poterli soddisfare tutti insieme, desiderava che la riempissero tutti insieme, che le dessero il piacere che meritava, che le riconoscessero il merito di essere una gran troia.
Incrociò i cazzi dei due boss davanti alla bocca, masturbandoli e leccando le cappelle contemporaneamente, baciandole, ciucciandole, quasi mordendole, fin quando l'orgasmo non la fulminò...gli orgasmi, forse...molti, tutti insieme...uno dopo l'altro. Il cervello le esplose.Inarcò la schiena, reclinò il capo verso l'alto, con la bocca aperta, aggrappata ai due cazzi che sentiva vibrare fra le mani, riversando loro sopra un urlo silenzioso. Il vecchio ansimò, riempiendola di lunghe pulsazioni, accompagnate da schizzi caldi nel suo ventre...il cervello le si fece liquido, e urlò ancora, senza emettere suono. Il capo area liberò il membro dalla sua presa e le indirizzò lunghi filoni bianchi in bocca; Angelica si accasciò per un attimo, ingoiando la crema calda, lasciandola colare dalla bocca. A quella vista il vecchio venne di nuovo. Ancora pulsazioni nel ventre, ancora secchiate sulle pareti...e il colare caldo, denso...ma stavolta Angelica trovò il fiato per urlare, masturbando il capo vendite e mutando l'urlo in mugolio sull'asta del suo responsabile, fino a far risuonare lo scroto e i coglioni, tanto se lo spinse in fondo, fin quando non ebbe la bocca troppo piena per continuare, e dovette ingoiare tutto, continuando a mugolare di selvaggio piacere per il fuoco liquido che le bruciava direttamente in gola.
Si buttò all'indietro, facendo scivolare fuori il pene del guarito e soddisfatto cliente, appoggiandosi con la schiena sulla pedana; strizzò le generose tette di tutto lo sperma rimasto, e succhiandosi le dita implorò i partecipanti, che la guardavano estasiati e ancora vogliosi..."Ancora...dai...ancora..."
E li accarezzò, li massaggiò, li masturbò mentre veniva penetrata nuovamente, mentre le venivano montati a neve i capezzoli duri, il collo, l'incavo delle tette, le mani. E i soldatini vogliosi le battevano sulle labbra chiuse per ottenere il loro compenso, sulle guance impiastricciate, si sfregavano sulle cosce, le imbiancavano le calze, le scarpe, la viziavano di complimenti, la incitavano e godevano di lei, di quel suo magnifico corpo, di quella sua insaziabile voglia, e ancora, ancora, ancora...
Prima di abbandonarsi totalmente alla sua orgia, guardò per l'ultima volta lo schermo sul muro. Il Signor X, perverso regista, aveva scelto la telecamera posta perpendicolarmente sopra la scena. Era il suo corpo, bianco, lucido, profanato, sporcato, benedetto...Era la sua figura, confusa e distorta da lance di carne pulsanti, gocciolanti, portatrici di peccato, che si agitavano, spinte dall'irresistibile richiamo del penetrare, possedere, soddisfare, marchiare...Ed un pensiero le si accese dentro, concretizzando la sua insoddisfabile natura di donna: troia come te, nessuna mai!

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