Sguardi incontrollati, battiti esondanti, gocce di sudore e questo collo che continua a torcersi come governato da una fattura malefica, verso quelle lunghe gambe velate da collant fumo!
Scrocchia, sibila e stride il vecchio tram 15 solcando il pavè d’intorno la vetusta porta Ticinese, ed io, abbarbicato a quel passamano come un naufrago all’asse, sono dominato dalle cosce di quella sconosciuta.
Deliranti mocciosi salgono come cavallette dalle ansimanti porte spalmandosi proprio tra me e lei; dunque, simulando la ricerca di qualche approdo esterno, cambio posizione controllando goffamente che il canale visivo sia stato ripristinato.
Deglutisco mentre l’osservo celandomi dietro il braccio teso al corrimano; è bella, mediterranea, dalle labbra simili a lamponi e dai capelli neri corvini che cingono il volto tondo, carnoso, voluttuoso.
E il seno poi, magnificenza tonda, carnosa attrazione che lotta con quel cotone nero che tanto invidio. Quegli occhi neri come braci che osservano lo scorrere della città s’incrociano nell’attimo con i miei densi d’ardore; viro lesto lo sguardo trafitto da milioni di spilli, pulsando come una nova a qualche attimo dall’implosione. Maledico la mia pavidità, deglutisco e rivolgo lo sguardo ancora verso quel quadro manierista e strabuzzo le pupille:vi è una raggrinzita vecchia floscia sul sedile che poc’anzi ospitava Afrodite! Torco il collo in tutte le direzioni noncurante dell’espressione beota che attrae gli ilari commenti dai viaggiatori; non la trovo, straparlo, inveisco e mi muovo. Il tramvai arancio cigolando s’arresta al cospetto delle millenarie colonne corinzie di S.Lorenzo; sbuffano i pistoni aprendo le porte lignee; sparita nel nulla mi urla il mio cuore tamburellante come una nacchera ma ecco, laggiù, verso il portale di San Lorenzo, quelle gambe in movimento, sinuose come un cobra.
Mi scaravento verso l’uscita svellendo corpi che urlano improperi, ma invano, perché l’arcigno Mefisto ha già provveduto a lanciare quell’ammasso di ferro oltre il colonnato. Non demordo e conto i secondi, come un condannato, che mi separano dalla prossima fermata; spingo con le mie sinapsi il lento mezzo, prego e maledico quel tranviere troppo accorto a non travolgere mezzi e persone e laggiù intravedo, come un’oasi, il segnale della fermata. Balzo come un felino nella tumultuosa via Torino ed in breve sono lanciato come un ghepardo verso la gazzella velata; i polmoni provati da quasi cinque decenni di respiri, s’infiammano e faticano a servire l’ossigeno alle vorticose gambe. Giungo nell’ampio piazzale e m’abbranco ad una colonna, come un centurione ferito, sbuffando freneticamente; gli occhi ghermiscono figure avidamente ma senza diletto, e quando le sistole rallentano come le speranze, decido che una chiesa può essere una meta consolatoria.
Varco il portale e la penombra m’avvolge; intravedo l’aula circolare attraversata da fasci polverosi di luce e contemplo, spossato, i lenti movimenti dei credenti. Mi seggo ormai rapito da reminiscenze classiche immaginando la Milano paleocristiana. D’un tratto scorgo una sagoma che sfila proprio là di fianco alla teca di San Aquilino; è lei mi urlo balzando dal sedile come un batrace e a grandi passi la inseguo. Rimira i mosaici e s’attarda nelle fondamenta l’inconsapevole creatura spiata. Ritorna, poi, nell’abbagliante piazzale e lesta imbocca la vetrinata via Torino; la seguo accorto, vergognoso come un bimbo tronfio di marmellata, e non riesco a cogitare. Sono conscio che la perderò se non oserò ma potrebbe essere proprio l’osare a precludermela! Penso e ripenso rapito da quel corpo fasciato in un cappottino nero dal quale fuoriescono quelle meravigliose torri; si ferma davanti ad una vetrina e come impazzito mi fermo anche io, ma accanto a lei, a pochi centimetri. Fisso le modelle plastiche ornate di guepiere e trasparenze senza vederle; mi guarda distrattamente e riparte sbarazzina come una farfalla. Le sono pochi metri addietro per non perderla tra la folla vociante; attraversa la piazza del Duomo tra stormi di piccioni e si ferma al caffè Zucca sistemandosi ad un tavolino esterno ricoperto da una tovaglia albicocca. Mi celo tra riviste e giornali d’un chiosco e rivedo quelle gambe meravigliose, accavallate a mostrarmi vieppiù la via del sublime. La lunga curva della coscia, perfetta che scompare tra le pieghe del cachemire; quei piedini fasciati da scarpe di vernice con tacco da 7 cm. ,suppongo, che pazzie farei per suggere. Sono rapito, tra fiumane di persone, solo a guardare una donna.
Insomma mi scuoto: non sei brutto, con il congiuntivo non litighi e sei elegante; lei è sola, bellissima ed unica: cosa aspetti?
Come un guerriero spartano alle Termopili, respiro lungamente, stringo i pugni e parto!
Quei pochi passi percorsi come avessi alle caviglie piombi ed ancore mi stressano più d’una maratona, ma continuo stoico; sono ormai ad un metro dal tavolino ma lei non mi ha visto intenta ad un menù; ormai la tocco, ci sono! ma cedo imboccando il corridoio d’entrata del locale come fosse una resurrezione. Lo stato soave dura l’attimo d’un passo interrotto da un minuscolo gradino che strazia l’andatura del mio piede facendomi caracollare in avanti verso un cameriere che, incolpevole, travolgo tra stuzzichini e bicchieri infranti. Tutto il mondo mi guarda, fisso, immane; anche il caos della galleria si ferma per un istante; una speranza disperata mi suggerisce che lei, forse, in quell’attimo antecedente la tragedia, sia già sparita. Ma così non è!
Aiutato da benemeriti, inzuppato di liquidi vari, la vedo mentre si copre la bocca con la mano guantata ridendo e il mio viso pare una maschera tragica diretta da un corifeo. Cerco di recuperare l’aplomb come uno scalatore che precipita. Sono ormai battuto e mesto mi avvio alla toilette; mi commisero allo specchio strusciando la giacca di velluto beige chiazzata; mi rassetto quanto posso ed esco sfiorando con la porta lei: sì proprio lei!
A stento trattiene le risa e baciandomi delicatamente mi sussurra:
“Oh Caro, ti sei fatto male? Per oggi basta, sono già le 16 e dobbiamo passare a prendere Luca all’asilo!”
Sibilla&pegasus
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16 years ago
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Mia moglie confessa finalmente
Allora,non so da che parte cominciare, c'è tanta carne al fuoco.Siamo una coppia di 47 e 46 anni, insieme da sempre, sposati e con un figlio.Come succede a tutte le coppie prima o poi, anche noi dopo tanti anni abbiamo subito un calo di desiderio reciproco dovuto alla routine,alla monotonia e ai problemi quotidiani che ti assorbono tutte le energie.In questi ultimi anni per cercare di venirne fuori e ritrovare la nostra intesa ho cercato di capire quali erano le sue fantasie e cosa la faceva eccitare avvicinandomi anche alle tematiche cuckold per cercare di coinvolgerla.Naturalmente il pensare a lei mentre veniva presa da un'altro mi eccitava parecchio e anche lei mentre scopavamo e le raccontavo le mie fantasie godeva da matti.Purtroppo al di fuori dell'atto sessuale di questi discorsi si parlava poco e anche se poi sono riuscito a farle promettere che avremmo realizzato qualcuna di queste fantasie, in concreto successe ben poco.Sentivo che c'era qualcosa che la bloccava ma in cuor mio speravo si sbloccasse lavorondola ai fianchi con continui imput.Invece qualche giorno fà è successo quello che non mi aspettavo più anche se lo sapevo senza certezza.Partiamo dalla confessione, come spesso accade le stavo scrivendo qualche porcata su whatsapp, le solite cose, quanto sei porca, chissà se con un'altro cazzo lo saresti di piu ecc..Ad un certo punto il fulmine a ciel sereno, mi scrive: "comunque posso dirti che uno stretto lungo l'ho gia preso, scusami", potete immaginare come mi sono sentito, un conto è saperlo senza prove, un'altro è sentirselo confessare cosi candidamente.Stranamente non mi è montata la rabbia, anzi il mio cazzo si è svegliato in un attimo e lo ho risposto "cioè?".E lei: "in quel periodo ho scopato con uno, al motel,mi sono sempre sentita in colpa a tal punto che non sono piu riuscita".Io: "con chi, troia, lo sapevo, devi raccontarmi tutto".Lei: "questa sera ma giura che mi perdoni".io: "mi stai facendo eccitare come un porco e ti perdono solo se lo rifarai per me e con me".Lei:"si, forse ora si".Io:"non stò nella pelle, voglio sapere tutto, non vedo l'ora".Lei: "ok, scusami mi sento una merda perchè dovevo dirtelo prima, anche se sono certa che lo avevi già capito".Io:"lo avevo già capito ma non avevo la certezza, l'importante e che finalmente ti sei liberata da questo peso, ora cominciamo a vivere".Come potete immaginare aspettavo trepidante che tornasse dal lavoro, appena entrata mi abbraccia con le lacrime agli occhi chiedendomi scusa e sedendosi sul divano inizia a raccontarmi la storia.Ha conosciuto quest'uomo su una chat come semplice amicizia e parla oggi, parla domani, si sono scambiati il numero di cell. e sono entrati sempre più in confidenza sfogandosi a vicenda e raccontandosi ognuno le proprie storie e i propri problemi, lui separato con due figli e lei che in quel periodo non andava d'accordo con me.Questo rapporto mi ha detto che è durato 5 o 6 mesi finchè un giorno lui le disse che voleva incontrarla e lei accetto.Lui era di Torino e una sera si incontrarono, andarono a mangiare e parlarono molto, si creò una bella sintonia e decisero di rivedersi ancora.La seconda volta, vista la lontananza decise di prendere una camera in albergo per non dover fare la strada di ritorno la notte, lei si fermò in pezzeria, prese due pizze e mangiarono in camera sul letto.Dopo mangiato iniziarono a baciarsi e toccarsi, lui la leccò e la masturbò facendola godere molto e lei fece altrettanto, un bel pompino, aveva un cazzo stretto di diametro ma molto lungo e mi ha confessato che aveva un buon sapore e le è piaciuto molto.Arrivati al culmine dell'eccitazione lui le ha chiesto di poterla scopare, lei era bagnatissima e ne aveva una gran voglia ma non avevano i preservativi e non se l'è sentita(non prendeva la pillola).Allora giusto per farlo comunque godere si è dedicata al suo cazzo con la bocca facendolo impazzire fino a farlo godere, lui stava per veniree continuava dirglielo pensando di toglierlo dalla sua bocca ma lei non lo ascoltò e lo fece sborrare in bocca continuando a pomparlo finchè non uscì l'ultima goccia.Aveva la bocca piena di sborra di uno che non era suo marito ed era eccitata come la più grande delle troie, lui era in estasi e le disse che non aveva mai goduto in questo modo fantastico.Per quella sera finì così ma naturalmente non la storia.Si incontrarono ancora una volta, stessa procedura, cena e poi a letto, mi ha raccontato che era in accappatoio, lo aprì e lui era già eccitato, lei si tuffò sul cazzo e inizio a spompinarlo, lui la spogliò e la leccò per bene infilandole qualche dito nella figa fradicia.E fu così che arrivò il momento, mise il preservativo e la penetrò, mi ha detto che non capiva più nulla, era in estasi, quel cazzo sguazzava nei suoi umori, lo sentiva entrare e uscire in tutta la lunghezza e si sentiva troia ma libera, l'unico problema è che era troppo lungo e quando le sbatteva in fondo le faceva male.La prese in diverse posizioni e alla fine lei volle cavalcarlo, è la sua posizione preferita, ma mi ha detto che non riuscì a prenderlo tutto per via del dolore ma che ebbe un orgasmo da paura.Lo fecero per tre volte quella sera e godette come mai aveva goduto, purtroppo come spesso succede lui si innamorò e lei invece si riempì la testa di sensi di colpa e decise di interrompere la relazione.Questo è quanto, ora ditemi,cosa pensate ora della mia signora?Ora sembra più serena e anche se non ci siamo ancora arrivati la vedo molto decisa e più complice nel voler realizzare le mie fantasie, speriamo presto.
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11 years ago
pillinca,
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per le donne di sexylombardia
petali di rosa. Passa il vento e vi solleva o petali di rosa che a terra vi adagiate come ali di farfalle stanche mentre il giallo diseccato dei pistilli resta inerme a guardare le rosse bianche spoglie che in volo verso l'alto più non san tornare. Ma l'uccellino dalla nota lieve canta ed esulta sù quel caldo candido tappeto di petali di rosa. Eh! la vita eterno effluvio di gioia nella sua breve fragilità. un bacio a tutte Valerio1000
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17 years ago
valerio,
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Eccellente...