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BDSM Bondage Heavy Sex

Un pomeriggio diverso dal solito

L'appuntamento era fissato per lunedì alle ore quindici e l'annuncio era molto chiaro: "Siamo tre amici e disponiamo di sala per giochi erotici attrezzata con strumenti adatti a dare piacere alle donne sottomesse. Diamo la possibilità all'eventuale compagno di partecipare alla festa del sesso. Garantiamo che la donna non avrà rapporti intimi con alcuno". Io risposi all'annuncio e mi presentai, insieme a mio marito, all'indirizzo convenuto. Ero tutta vestita di nero, il colore che prediligo: camicetta, gonna, stivali, calze, reggiseno e mutandine erano rigorosamente neri, per accendere gli istinti più repressi. Ci aspettavamo due o tre uomini, che si sarebberio aggiunti a mio marito e avrebbero fatto di tutto per darmi piacere come schiava, con giochi erotici, ma senza sesso esplicito. Grande fu la sorpresa quando ci accorgemmo che gli uomini che ci aspettavano erano ben sette! L'annuncio parlava di tre uomini, ma comunque la cosa non mi spaventava più di tanto: più mani ti toccano e più libidine ti danno! Percorremmo un lungo corridoio, sul quale si affacciavano diverse stanze, alla cui fine c'era una porta che dava accesso ad un cortile interno, attraversato il quale finimmo in uno squallido capannone dall'alto soffitto. Lì c'erano varie attrezzature: una ruota, un cavallo per ginnastica, un lungo tavolo, un letto, un verriccello con catena in ferro attaccato al soffitto, vari attrezzi (vibratori, manette, corde, clips con pesi e altro) su un mobile e altre diavolerie di cui non conoscevo l'utilizzo. "Questo è il paradiso del sesso. Tu sei una donna sottomessa al genere maschile? Una slave, intendo dire. Qui ci divertiremo insieme e tu godrai come una pazza. Togliti la camicetta e la gonna, troia!". disse uno dei sette. Il linguaggio non era certo degno di Oxford, ma di solito è quello che piace alle schiave come me. Io mi levai la camicetta e la gonna e rimasi in reggiseno e mutandine. Mio marito già pregustava il dopo, che però per lui sarebbe stato diverso da quello che si pensava. Tre uomini lo presero a forza e lo portarono verso una poltrona, dove, malgrado il suo divincolarsi, fu legato saldamente, senza possibilità di muoversi. Gli abbassarono la cerniera dei pantaloni e gli tirarono fuori l'attributo, che però al momento risultava molto depresso. "Lasciatemi, questi non erano i patti", gridò lui, ma i sette risero all'unisono dicendo che in quel luogo solo loro comandavano. Io a quel punto cercai di scappare per chiedere aiuto, ma dopo pochi metri venni riacciuffata da due uomini che mi trascinarono di nuovo davanti a mio marito. Mi tennero sollevata da terra e altri mi tolsero gli stivali e le calze. Ora avevo solo la biancheria intima e i sette scrutavano il mio corpo. "Togliti il reggiseno e facci vedere le tette", disse uno e io ubbidii. Un altro mi prese un capezzolo tra le dita e me lo strizzò, facendomi urlare dal dolore. "Senti come urla questa cagna. Ora ci divertiremo con te, puttana. Farai tutto quello che vogliamo. Ormai sei in mano nostra e hai fatto male ad accettare l'invito. Guarda quel poveretto di tuo marito: è impotente e non ti può difendere", disse quello che io avevo pensato fosse il capo della banda. "Ora togliti le mutandine, che iniziamo a giocare", disse un altro. Io mi levai le mutandine e cercai di coprirmi come potevo con le mani. Avevo il presentimento che la cosa si stesse mettendo male e che potesse uscire da quei limiti che erano fissati sull'annuncio. Mi chiesero di portarmi sotto il verricello e di stendermi a terra; io mi rifiutai di farlo, in quanto in quel punto non c'era pavimento, ma solo terra battuta. Al mio rifuito tre di loro mi presero di forza e mi fecero stendere nel punto da loro indicato. Poi mi alzarono le gambe, divaricandomele e fissarono le mie caviglie all'estremità di una sbarra di ferro. Vidi che fecero scendere la catena di ferro del verricello fissato al soffitto e agganciarono la sbarrra a quest'ultima: avevo capito che volevano appendermi per le gambe, a testa in giù. E così fecero. Nel sollevarmi la mia schiena strisciò nella terra battuta, provocandomi dolore, e i miei capelli si sporcarono. Mi sollevarono da terra e io rimasi appesa, con le gambe allargate, ad un'altezza di un metro e mezzo; presero un vibratore e senza tanti complimenti me lo infilarono nella figa, accendendolo alla terza velocità. La mia bernarda non era pronta, ma ben presto l'iniziale fastidio si tramutò in piacere e allora uno di loro, vedendo che stavo quasi godendo, sentenziò: "Lurida cagna, ti sei sporcata la schiena con la terra e ora verrai frustata a dovere, così te la puliremo noi la schiena". E iniziarono a frustarmi la schiena e il culo, che dopo poco si arrossarono. Ricevetti molte frustate sulla schiena e sul sedere, a tal punto che in qualche zona della schiena affiorò anche il sangue. Il mio corpo oscillava per le frustate e loro mi rimandavano in posizione di partenza, ora con le mani, ora con la frusta. Qualche frustata mi venne data anche sul seno e sulla pancia, ma in misura nettamente minore. Mio marito chiese pietà per me, ma più lui invocava di smetterla e più loro ci davano dentro, in numero e intensità delle frustate. Io ero decisamente confusa: soffrivo perchè le caviglie mi cominciavano a fare male, soffrivo per le frustate sempre più decise e gioivo per il lavoro del vibratore. Un mix di dolore e gioia, mai provato fino ad allora. Poi smisero con la frusta, mi levarono il vibratore e mi fecero scendere ad un'altezza più bassa. I sette si denudarono e si misero in fila con gli uccelli in mano, masturbandosi. Poi il primo della fila mi disse: "Ora, lurida schiava farai a tutti noi un bel pompino, senza tanti indugi". Guardai mio marito e notai che anche il suo uccello era diventato duro e rigido. Iniziai a spompinare i sette, mentre a turno uno stava dietro di me e spingeva la mia testa contro l'addome dello spompinato di turno, infilandomi l'uccello in gola. Uno dietro l'altro, accontentai tutti; alcuni avevano degli uccelli veramente lunghi e grossi di sezione, altri meno. Quando vedevano che non avevo più saliva, mi sollevavano la testa e non esitavano a sputarmi la loro in bocca e in gola. Quando ebbi accontentato tutti, calarono la catena fino a farmi toccare terra. Ero sfinita per la posizione alquanto incomoda, ma per iniziava allora un percorso di grande godimento, in quanto mi sollevarono e mi portarono su un letto poco distante, dove tutti e sette mi scoparono a turno con grande frenesia. I miei torturatori si divertivano a sbeffeggiare mio marito con frasi offensive: "Guarda la tua troia come scopa bene... è tutta bagnata... è una vera puttana e finalmente con noi gode davvero! La sbattiamo davanti a te... te la sfondiamo davanti agli occhi... le spacchiamo la figa... senti come geme, la lurida vacca". Dopo aver accolto nella mia figa quattro uccelli, qualcuno pensò bene di interessare contemporaneamente anche il mio ano e mi ritrovai con una doppia penetrazione, davanti e dietro. Non avevo mai provato una cosa così, ma era veramente una situazione eccitante, che mi faceva impazzire di piacere. Mi ritrovai anche un uccello in bocca e fui così costretta anche a fare pompini, mentre i miei buchi si dilatavano a dismisura. Tutti e sette continuavano in questo pazzo gioco, alternandosi ora davanti, ora dietro e ora in bocca, mentre mio marito si disperava sulla poltrona nel vedermi in quella condizione disperata... che però per me tanto disperata non era! Forse soffriva più lui nel vedere sua moglie sbattuta da sette energumeni, che io che dovevo tenere testa alla situazione. La cosa durò forse un'ora e alla fine ero veramente sfinita, con la figa e il buco del culo devastati. Tre di loro vennero nella mia bocca e mi fecero ingoiare il caldo nettare, mentre due mi vennero nella figa e uno nel culo. Il settimo mi sborrò in faccia e poi mi sparse con la mano lo sperma, quasi mi volesse lavare il viso.  Mio marito a quel punto venne slegato e io potei rivestirmi per far ritorno a casa. Durante il tragitto verso casa mio marito mi chiese se avevo provato gioia nell'essere scopata dai sette ragazzoni e io, con una faccia tosta non da poco, negai di aver goduto durante i vari rapporti avuti. Ma mentivo... o sì, se mentivo!

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