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BDSM Bondage Heavy Sex

La giusta punizione

Purtroppo anche una moglie fedele come me può cadere in tentazione e cedere alle lusinghe di un uomo giovane e attraente. Ero andata in un negozio di calzature del centro città per acquistare un nuovo paio di decolletè nere con tacco 12. Entrai nel negozio e poco dopo si avvicinò un giovane commesso, che mi chiese in che cosa poteva essermi utile. Lì per lì volevo rispondere che poteva essermi molto utile a letto, ma mi comportai da brava quarantenne e chiesi di provare qualche paio di scarpe. Al terzo paio trovai le scarpe che cercavo, ma non nel colore che volevo. "Non si preoccupi, signora. Tra qualche giorno mi arrivano e se mi lascia il suo indirizzo glele faccio recapitare direttamente a casa", mi disse il titolare del negozio. Pagai, lasciai l'indirizzo e il numero di telefono. Puntualmente qualche giorno dopo squillò il telefono e il titolare del negozio di calzature mi comunicò che le scarpe che avevo scelto erano arrivate. Me le avrebbe portate a casa il commesso... e io inizia a fantasticare! Il giorno pattuito per la consegna cercai di rendermi attraente con calze nere autoreggenti, biancheria intima nera e un vestitino attillato che metteva in mostra le mie forme. Ciabattine dal tacco alto completavano il mio abbigliamento. Quando il campanello suonò, avevo il cuore in gola. Avevo una voglia pazza di stuzzicare quel giovane commesso. Lui mi disse che era meglio provare quelle scarpe e io mi sedetti sul divano. Quel giovane bello e aitante mi infilò le decolletè, che mi stavano alla perfezione. Mentre lui mi infilava le scarpe, io cercai di aprire le gambe per cercare di interessarlo. Il commesso iniziò ad accarezzarmi le gambe, salendo con le mani fino alle mie mutandine: poi la sua mano finì nei miei slip e lui si accorse del mio stato di eccitamento. Ci spogliammo a vicenda e in pochi minuti finimmo a letto. Lui era veramente uno stallone, mi faceva impazzire di piacere, un piacere che io non avevo mai provato nei rapporti monotoni e usuali che avevo con mio marito. Lui era sopra di me, mi teneva le gambe sollevate ed allargate e mi dava con il suo uccello colpi decisi nella figa. Io gemevo, mi agitavo e godevo come una pazza. La sfortuna volle che in quel momento la serratura della porta d'entrata si mise... in movimento! Era ritornato improvvisamente Mario, mio marito, colpito da un tremendo mal di testa. Attirato dai miei gemiti si precipitò in camera da letto e potè "gustarsi" quello che per lui non doveva essere un grande spettacolo. Sua moglie a letto con uno sconosciuto! Uscì precipitosamente e non ritornò più fino alle cinque del pomeriggio. Il giovane commesso, spaventato ed atterrito, uscì dall'appartamento altrettanto di fretta, lasciandomi con un orgasmo a metà. Quando mio marito ritornò non proferì molte parola, se non una lapidaria frase: "Se vuoi essere perdonata, devi essere punita e purificata". Aprrezzai la rima, ma fui sconvolta da quelle parole. Risposi di sì, che avrei fatto tutto quello che c'era da fare per essere perdonata. Lui prese un collare da cane con guinzaglio da una borsa di plastica e mi disse: "Spogliati troia, spogliati completamente che ora ti perdonerò". Io mi tolsi tutti gli indumenti, rimanendo con le sole ciabatte. Lui mi fece togliere anche quelle e io rimasi completamente nuda di fronte a quello che io avevo da sempre considerato l'unico mio grande amore. Sì, l'unico uomo della mia vita, prima di quel maledetto pomeriggio in cui avevo provato nuove ed intense emozioni. Mi mise il collare, mi infilò le scarpe appena acquistate e mi disse di mettermi quel cappotto lungo nero che avevo nell'armadio. "Ma sono nuda, devo vestirmi... e poi a che cosa serve questo collare?", dissi a mio marito che mi fissava con uno sguardo pieno d'odio. "Sei solo una misera puttana e se vuoi il mio perdono... mettiti il cappotto, senza fare tante domande", replicò mio marito. Io infilai il cappotto, che abbottonai con meticolosità. Con il cappotto chiuso e le scarpe non ero poi così sconvolgente. L'unica cosa che stonava era la mancanza delle calze nella stagione fredda. Salimmo in auto e lui iniziò a guidare, dirigendosi verso un luogo a me sconosciuto. Dopo mezz'ora circa arrivammo ad un grosso cancello di ferro chiuso, sul quale era affisso un cartello. Dietro quel cancello si celava un demolitore di autovetture. Alla vista dell'auto di mio marito, il cancello si spalancò, segno evidente che in quel luogo era conosciuto. Mi fece scendere dall'auto e io cominciavo ad agitarmi, perchè presumevo che la cosa stava prendendo un cattivo verso per me; lui mi lasciò ferma in un angolo e parlò con quello che doveva essere il proprietario della demolizione. Tornò verso di me e mi disse con voce austera: "Togliti il cappotto, inizia il tuo percorso di purificazione". "Mario, ma sotto sono completamente nuda, non posso...", balbettai io. "Davanti a quel figlio di puttana non avevi tanti problemi... eri nuda e in più ti scopava alla grande. E allora, che cosa aspetti? Fai quello che ti dico", disse mio marito. Mi tolsi il cappotto e lui afferrò il guinzaglio che avevo al collo. Mi tirò per un bel pezzo di viale, ai cui lati c'erano centinaia di auto in demolizione. Da diversi punti uscivano operai che assistevano increduli al passaggio di quellla donna nuda ed indifesa. Mio marito invitava tutti quelli che vedeva a seguirci, in quanto tutti avrebbero potuto assistere allo spettacolo che stavo per dare senza pudore. Ad un certo punto mi fece levare le scarpe e mi fece proseguire a piedi nudi. Lì il terreno era particolarmente insidioso, perchè era dove le vetture venivano schiacciate dal "ragno", prima di essere inviate alla pressa. Il terreno era cosparso da tracce di benzina ed olio e da piccoli frammenti di vetro, che si appiccicavano alle mie piante. "Fermati Mario, mi fanno male i piedi. Ahi, fammi togliere le schegge di vetro dai miei piedi, ti supplico", dissi a mio marito. Ma lui imperterrito mi tirava con il guinzaglio, non interessandosi minimamente ai miei problemi. Finalmente, con i piedi doloranti e tremante per il freddo, arrivammo davanti ad una struttura tubolare di ferro. Era una specie di croce: mi fece allargare le braccia e me le legò alla struttura metallica. Mi legò ai polsi e subito sotto le ascelle e poi legò anche i miei piedi a quella croce improvvisata. Intanto davanti a noi si era formata una piccola schiera dii operai incuriositi da quella donna nuda con guinzaglio. Mio marito afferrò una mia tetta, la strinse e mi mise una fascetta di plastica a strappo alla base della tetta. Strinse la fascetta, facendomi "esplodere" la mammella verso l'esterno. Anche l'altro seno subì lo stesso trattamento. Schiaffeggiò le mie tette, che in pochissimo tempo diventarono rosse per il freddo, gli schiaffi e la legatura che non permetteva una circolazione del sangue adeguata. Prese un cannello con una fiamma e scaldò la punta di un coltellino: quando la punta fu ben calda si avvicinò alle mie tette, bruciando la mia tenera pelle. Scaldava e incideva le mie tette, che in poco tempo furono completamente martoriate e piene di taglietti dolorosissimi. Poi prese la canna dell'acqua e mi lavò con il getto a pressione, da capo a piedi, insistendo sulla mia figa. "No Mario, ti prego, smettila... non resisto... non mi hai abbastanza umiliata e torturata davanti a tutti questi uomini?", dissi a Mario. Lui rispose di no, che non era abbastanza e rivolgendosi agli operai spiegò loro che l'avevo tradito con un altro uomo. "Ragazzi è tutta vostra, pisciatele addosso e riempitele la bocca di sperma. Non merita altro questa troia. E' una lurida vacca", disse mio marito con aria estermamente cattiva. A quel punto dalle tute uscirono tanti uccelli e tante mani iniziarono la masturbazione. Io ero veramente disperata per quel trattamento che ritenevo spropositato rispetto a quello che avevo fatto: ma il peggio doveva ancora venire! Gli operai salirono ad uno ad uno su un muletto e quello alla guida li sollevava fino a portare il loro uccello all'altezza della mia bocca: io aprivo la bocca e loro mi pisciavano dentro o mi riempivano la bocca di sperma, a loro piacimento. L'urina tracimava dalla mia bocca, in quanto non riuscivo ad ingoiarla tutta, per tanta che era e il mio corpo era ormai lavato dalla loro pipì. Ho ingoiato anche una quantità industriale di sborra: sembrava non avessero mai eiaculato! Alla fine di quel trattamento mi sentivo umiliata e offesa da tutti quei baldi giovani. Ero sempre legata e non potevo assolutamente muovermi. Mio marito si avvicinò con delle grosse forbici e invitò tutti gli operai a tagliarmi i capelli, dicendo: "Ora le facciamo un bel taglio, visto che lei è molto orgogliosa dei suoi lunghi capelli castani. Ah, ah, ah". Loro non se lo fecero dire due volte e si avvicendarono al taglio, riducendo la mia testa in un modo pietoso. Alcuni tagliavano i miei capelli in corrispondenza della cute, altri solo la parte finale, ma in poco tempo le mie orecchie si scoprirono e io rimasi con una montagna di capelli ai miei piedi. Come ero ridotta... i miei lunghi capelli erano diventati "mozziconi" insignificanti. Mio marito pensò poi bene di radermi con un rasoio, al fine di farmi diventare completamente calva. Calva, nuda e con le tette martoriate. Non ero più una donna, ero diventata un mostro! Tutti risero di me, mio marito mi slegò e mi fece camminare, tirata dal guinzagliio, fino ad un capannone dove erano stivati ricambi di auto. I miei piedi tagliuzzati dai vetri lasciavano piccole macchie di sangue sul terreno, ma lui non se ne preoccupò minimamente. Giunti al capannone mi fece stendere su un tavolo e chiese ai ragazzi, che nel frattempo ci avevano seguito, di sollevarmi le gambe e di allargarmele. Due di loro eseguirono gli ordini di mio marito, che chiese anche la collaborazione di altri per tenermi ferma. Ero immobilizzata da forti mani, senza la minima possibilità di muovermi. Mario afferrò le labbra della mia figa e le perforò con un ago da entrambe le parti. L'ago era seguito da un filo che serviva... a chiudermi la figa. Insomma, se non avete capito, me la cucì tutta, infischiandosene delle mie urla disumane e del dolore fortissimo che questa operazione mi provocava. Alla fine la mia figa era completamente chiusa e lui, ridendo beffardamente, disse: "Ecco avete visto tutti che cosa ho fatto, così questa puttana non potrà più tradirmi. Se proprio vorrrà lo potrà prendere nel culo, visto che le piace tanto farsi sodomizzare!". Ringraziò tutti e mi fece risalire in macchina completamente nuda. Giunti in prossimità di casa mi ridiede il cappotto e le scarpe, che infilai immediatamente. Poi però davanti al portone di casa incontrai un vicino, che mi guardò stupito per la mia testa completamente calva. Per fortuna non chiese spiegazioni, anche perchè sarebbe stato troppo imbarazzante darne. A casa mio marito mi riaprì la figa e io feci una lunga doccia, calda questa volta, ristoratrice. Ero stata purificata, secondo lui. Il mio corpo era martoriato e portò i segni di questa lezione per giorni. Per i miei capelli ci volle più tempo, visto che la ricrescita fu lunga e lenta. Fu un'esperienza che non auguro a nessun essere umano.

 

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