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BDSM Bondage Heavy Sex

L'ispezione della schiava

Quando ci si presenta ad un nuovo Padrone bisogna necessariamente sottoporsi ad un'accurata ispezione, che, solo se superata a pieni voti, potrà dare il via al percorso vero e proprio di sottomissione della schiava. L'ispezione della schiava serve al Padrone per vedere se la "merce" è di suo gradimento e se la schiava è pulita, cosa importantissima in un rapporto di sottomissione. Prima di fissare il primo appuntamento ci fu un serrato scambio di mail e telefonate con il Padrone, che mi aveva chiesto, tra l'altro, quanto fossi alta. Io risposi che sono alta un metro e sessantasette centimetri e lui mi disse che dovevo mettere scarpe basse, perchè lui non tollerava donne più alte di lui. Mi diede anche indicazioni circa il modo di vestire: camicetta abbottonata davanti, ampia gonna al ginocchio anch'essa abbottonata davanti, scarpe basse, calze autoreggenti di color neutro, reggiseno e mutandine. Il Master puntualizzò che dovevo essere depilata intimamente e io mi recai in un centro specializzato per una totale e corretta depilazione delle parti intime. Mi diede appuntamento a casa sua e io arrivai puntuale all'orario stabilito. Nicola, il mio nuovo Padrone, mi venne ad aprire e mi condusse in una stanza, dove trovai con mio grande stupore quattro uominii seduti su sedie in fila, come ad uno spettacolo. Chiesi a Nicola come mai quegli uomini fossero lì, visto che gli accordi prevedevano solo la sua presenza. Lui mi rispose: "Sono quattro miei amici, che presenzieranno alla tua ispezione. Non potranno prendere alcuna decisione nei tuoi confronti, ma potranno esprimere il desiderio di partecipare ai giochi a cui ti sottoporrò e, se lo vorranno, potranno abusare di te sessualmente, senza alcun limite". Per prima cosa dovetti consegnare al Padrone gli orecchini, gli anelli e l'orologio. Poi Nicola mi fece alzare le braccia e divaricare leggermente le gambe. "Dovrai stare immobile durante tutta l'ispezione e non dovrai mostrare segni di debolezza: quindi niente smorfie di dolore o gemiti di piacere", mi disse il Master. Iniziò a passarmi le mani tra i capelli, spostandoli ora a destra, ora a sinistra; poi mi spostò i capelli dall'orecchio destro e con una pila illuminò la cavità auricolare, controllando la pulizia del mio orecchio; fece così anche con l'orecchio sinistro e poi mi allargò le narici, tirandole verso l'alto, e con la pila illuminò l'interno del mio naso. "Ora apri la bocca e tira fuori la lingua", mi disse Nicola con voce ferma. Io eseguii l'ordine e lui esplorò, aiutato dalla luce della pila, tutta la mia bocca. Per fortuna ho una dentatura perfetta e i miei denti non hanno tracce di tartaro; mi fece poi alzare la lungua e continuò l'esplorazione della mia bocca, dicendo: "Bene puttana, hai una bella bocca e potrai ingoiare facilmente i nostri cazzi. Te li ficcheremo in bocca e te li infileremo fino in gola, togliendoti il respiro". Poi mi sbottonò la camicetta e mi fece uscire i seni sollevandomi il reggiseno, senza però togliermelo. I miei capezzoli divennero subito duri e il Master me li afferrò, avvitandoli su sé stessi. Mi fece molto male, ma io sapevo che non potevo esternare alcun segno di dolore e soffrii in silenzio, mordendomi le labbra per il dolore. Le sue mani palpavano le mie tette in un modo veramente fantastico: me le accarezzava, me le comprimeva e me le schiacciava, provocandomi un grande piacere, aumentato dal fatto che i quattro amici assistevano alla scena, visibilmente eccitati. A questo punto il Padrone mi sbottonò la gonna e infilò la sua mano nelle mie mutandine: iniziò accarezzandomi la figa, poi mi infilò un dito dentro e, sentendo la mia figa completamente bagnata, disse: "Brutta troia, sei già bagnata. Sei una lurida cagna, assetata di sesso e la cosa non mi sta affatto bene. Non sei venuta per divertirti e godere di quello che ti faccio. Devi solamente, e ribadisco solamente, soffrire!". Tirò fuori il dito dalla figa e me lo fece leccare, dicendomi che così avrei assaporato l'umore della mia figa. Io leccai il suo dito con dovizia e lui fu soddisfatto dal mio lavoro. Mi girò e mi sbattè contro il muro, poi mi sollevò la gonna dietro e infilò la sua mano nelle mutandine. Mi palpò il culetto e alla fine sentii un suo dito che premeva sul mio buchino: io non ero dilatata analmente, ma lui mi infilò dentro il dito con grande violenza. Mi fece male, ma io non lo feci vedere e smorzai il mio urlo in gola. Poi il Master mi fece sollevare un piede, mi sfilò la scarpa, la lanciò un metro più in là con disprezzo e analizzò con cura la mia pianta. Mi levò la calza e, tenendo in mano il mio piede, sentenziò: "Hai sulla pianta un po' di pelle ispessita, ma con una buona sigaretta... riusciremo ad eliminarla. Vedrai come sarà tenera la nuova pelle che ricrescerà!". Capii che cosa voleva dire: mi avrebbe bruciato le piante dei piedi con la sigaretta, una pratica che "produce" un dolore atroce alla schiava, che poi fatica anche a camminare e ad appoggiare il piede a terra. Mi fece alzare l'altro piede e mi tolse l'altra scarpa, sfilandomi successivamente la calza. Ora ero scalza ed ero leggermente più bassa di Nicola. Proprio quello che voleva il Master, che non sopporta le donne più alte di lui. Prima, quando ero calzata, pur con un tacco bassissimo, lo sovrastavo di qualche centimetro! "Girati, togliti la gonna e abbassa le mutandine, puttana", mi apostrofò Nicola. Io eseguii il suo ordine e rimasi con la parte inferiore del corpo completamente nuda. Lui riprese ad accarezzarmi la figa e il culo e io non potei fare a meno di emettere alcuni gemiti di piacere. Sentivo addosso gli sguardi dei quattro amici del Master, che scrutavano il mio corpo con aria indagatrice. Mi sentivo un giocattolo in mano ai miei cinque aguzzini. Nicola mi levò la camicetta e il reggiseno e io rimasi completamente nuda. Scrutando il mio seno, Nicola disse: "Hai le tette un po' sgonfie... una buona dose di frustate sul seno potrebbe farti molto bene e fartele gonfiare... dal dolore!". Uno degli "amici seduti in prima fila" fece osservare al Master che mi ero leggermente truccata gli occhi e convinse Nicola, che una buona e docile schiava... non deve essere minimamente truccata! "Hai proprio ragione - disse Nicola - laveremo la faccia a questa impunita. Portatela in bagno, che provvediamo alla pulizia del viso della troia". Due amici si alzarono e mi afferrarono per le braccia, trascinandomi in bagno. Io pensavo che il viso si lavasse solo ed esclusivamente nel lavandino e invece... mi portarono davanti al water. "Che cosa volete farmi?", balbettai io con voce tremula. "Ora lo vedrai, lurida cagna", replicò Nicola. E dicendolo indicò agli amici di ficcarmi la testa nel water. Io mi divincolai con tutta la forza che avevo in corpo, ma loro mi fecero mettere a quattro zampe e mi infilarono a forza la testa nel water, appoggiandomi una mano sulla nuca e tenendomi la testa ben dentro alla tazza. Un altro mi mise un piede "armato" di grosso scarpone sulla schiena e io ero a quel punto completamente immobilizzata e inerme. Il Master contò fino a cinque e azionò lo sciacquone. L'acqua investì la mia faccia e i miei capelli vennero sommersi dall'ondata di acqua. Provai uno schifo, che mai avevo provato prima in vita mia. Quando mi tirarono fuori la testa, mi diedero uno specchio per farmi vedere come ero ridotta: il mio trucco era colato e io ero ridotta ad un mostro con macchie di colore. Nicola, ridendo in modo beffardo, disse: "Sei una merda e ti meriti solo questo. Pensavi di fare la figa davanti a noi e di farci sbavare. E invece sei una povera stronza, un piccolo essere schifoso e privo di significato, che deve subire tutte le nostre angherie. E pensa che questo è solo l'inizio del tuo percorso di sottomissione". Io gli risposi che non sarei più andata da lui, che non sopportavo certe cose e certi trattamenti così umilianti e lui, per tutta risposta, mi fece ripetere il lavaggio, provvedendo però prima da infilarmi uno sturalavandini nel culo. Il manico di legno mi allargò il buco in maniera dolorosa e alla fine tutto il manico scomparve nel mio ano. Quando tirai fuori la testa, non potei fare a meno di vomitare e Nicola mi obbligò a leccare tutto quello che avevo espulso. "Sei una povera sgualdrina piena di merda, meriti di essere ben ripulita con un bel clistere. Di quelli maxi, però!", disse Nicola. Mi fece portare su un letto e i due energumeni mi allargarono le gambe, tirandomele indietro sopra i seni. Un terzo arrivò con un clistere di grandi dimensioni e, dopo avermi estratto dal culo lo sturalavandini, mi infilò nel buco dell'ano la peretta di gomma. Io avvertii una gran quantità di liquido che entrava nel mio sfintere e dopo poco dovetti correre in bagno "per esibirmi" davanti ai cinque uomini. Non esiste privacy per una povera schiava, neanche in certi momenti! Nicola mi prese in braccio e mi portò in una camera dove c'era una gogna di legno: la mia testa, le mani e i piedi vennero bloccati nella gogna, mentre il mio bacino venne ancorato alla struttura con una robusta corda. Avevo già capito che cosa mi aspettava: la tortura delle sigarette, una delle peggiori per una slave. Solitamente viene fatta sui seni o sulle piante dei piedi ed è dolorosissima; la pelle brucia e il dolore è davvero lancinante. Nicola si rivolse a me con tono di scherno: "Visto che risparmi i soldi per la pedicure... i tuoi piedi li curiamo noi... a nostro modo! Vedrai che belle piante ti verranno dopo questo grazioso trattamento". Accese una sigaretta, fece alcuni tiri e poi la diresse sulla pianta del mio piede, nella zona sotto alle dita. "Nooo... vi prego, farò tutto quello che vorrete, ma questo no!", urlai con quanto fiato avevo in gola. Non feci in tempo a finire la frase, che Nicola aveva già appoggiato la sigaretta al mio piede, procurandomi una vistosa bruciatura. Urlai per il dolore, ma come risposta ricevetti un paio di sonori schiaffoni in viso. "Me la pagherete, bastardi", dissi, con le lacrime agli occhi. Nicola era soddisfatto della mia reazione, a tal punto che disse: "Sei una vacca, una lurida vacca, e deve soffrire. Devi purificarti attraverso il dolore. Tu hai sempre scopato chi volevi, senza farti scrupoli delle loro situazioni familiari, cornificando mogli e fidanzate. Praticamente sei una puttana, che non prende soldi, ma che distrugge la vita degli altri, solo perchè vuoi avere rapporti con gli uomini che ti piacciono. Ora è arrivata la resa dei conti. Tutto il male che hai fatto agli altri, si ritorcerà contro di te. E intanto soffrirai con noi le pene dell'inferno, perchè i nostri incontri non terminano qui. Il tuo corpo deve pagare il piacere che ha sempre avuto: le torture e le umiliazioni a cui verrai sottoposta, ti faranno pentire di essere nata, cagna schifosa". E con queste parole arrivò la seconda bruciatura. Mi bruciarono in varie parti del piede, anche sui talloni, dove per fortuna il dolore è leggermente minore. Poi Nicola passò a martoriarmi l'altro piede, che se la cavò leggermente meglio del primo. Ma per me il supplizio non era ancora finito. Venni appesa a testa in giù e sollevata per i piedi. La mia testa sfiorava il pavimento, ma il mio corpo era libero di dondolare e allora uno degli amici, per impedire movimenti al mio corpo, mise un suo piede sui miei capelli, che toccavano il pavimento, bloccandomi così la testa. Ricevetti quaranta frustate sulla schiena e sul lato B, che dovetti "godere" tutte, senza poter attenuare il loro effetto devastante, in quanto il mio corpo non poteva dondolare liberamente. Avevo il viso con il trucco colato, i piedi martoriati, la schiena e il culo doloranti e l'animo devastato. Mi sentivo completamente annullata. Mi riportarono in bagno, mi misero nella vasca e mi fecero aprire la bocca, che venne bloccata con un aggeggio che mi impediva di chiuderla. Poi i cinque amici tirarono fuori i loro uccelli, con i quali mi "innaffiarono" di urina. Qualcuno diresse il suo getto direttamente nella mia bocca, altri preferirono colpire il mio corpo, che venne completamente lavato dalla loro calda urina. Mi tirarono fuori dalla vasca e mi portarono su un tavolo, ma ormai il mio "presunto" fascino era totalmente sparito. Il Master disse ai quattro amici: "Ecco, ora è tutta per voi, fatele quello che volete. E' ormai una donna distrutta nel corpo e nella mente, ma se non vi fa schifo, potete pure scoparvela". Cominciai a sentire che tutto il mio corpo era nelle loro mani: le mie tette vennero palpate, il mio culo venne aperto e ricevetti alcuni sputi nel buco, altri sputi raggiunsero la mia gola, la mia figa venne spalancata e mi venne infilato un vibratore. Poi, dopo dieci minuti di queste angherie, uno di loro decise di scoparmi e senza tanti preamboli estrasse il vibratore dalla mia figa e mi infilò il suo uccello. Iniziò a pomparmi con grande forza, a tal punto che pensavo volesse sfondarmi la figa. Gli altri amici si misero in fila indiana, con gli uccelli ben duri in mano. Capii subito che volevano anche loro scoparmi. E così fu: per quasi un'ora rimasi in loro balia, ricevendo colpi sempre più forti e devastanti. Per fortuna nessuno volle avere rapporti anali, ma vi assicuro che anche quella fu un'esperienza traumatica. Alla fine faticavo a rimanere in piedi e non riuscivo a rimettere le scarpe, fui accompagnata a casa scalza in auto, ma non ci crederete... ero anche felice! In effetti anche quel giorno avevo avuto la mia buona dose di dolore, ma in fondo questo è quello che piace ad una slave come me.   

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