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Una schiava in campagna - prima parte

Era una calda domenica di luglio e il mio Padrone, Nicola, aveva deciso di portarmi in campagna nei pressi di Reggio Emilia. Lì c'erano ad attenderci diversi uomini, di età compresa tra i diciotto e i novantadue anni. Partenza da Milano alle sette e dopo poco più di due ore di viaggio in auto raggiungiamo la mèta: una sperduta casa di campagna con annessa stalla nella verde campagna emiliana. Io mi ero vestita in modo elegante, più adatto allo shopping in città, che ad una gita in campagna: camicetta bianca, gonna azzurra, scarpe nere con tacchi alti e raffinata biancheria intima di pizzo. Appena giungiamo alla casa colonica veniamo accolti calorosamente dai dieci amici che erano stati avvisati del nostro arrivo da Nicola. Inutile dirsi che al centro dell'attenzione c'ero io e di conseguenza quello che il mio Padrone mi avrebbe fatto fare. Ci sediamo sotto al portico e li rimaniamo seduti comodamente all'ombra fino a mezzogiorno. Allo scoccare delle dodici il padrone di casa ci fa entrare ed accomodare a tavola. Mangiamo e conversiamo allegramente, ma al dolce l'idillio si "rompe". Nicola interviene dicendo che io non avrei mangiato la squisita crostata di frutta e avrei preferito andare fuori. Mi prende per mano e mi fa uscire, mi conduce alla macchina e dopo aver aperto il bagagliaio estrae un collare e me lo mette al collo. Mi trascina fino ad una colonna e lì mi lega, dopodichè rientra in casa a mangiarsi il suo agognato dolce. Il caldo è insopportabile, ma per fortuna io sono all'ombra. Dopo quasi un'ora tutti gli amici escono dalla casa e si sistemano nuovamente sotto al portico. Uno di loro va a prendere il trattore e si posiziona davanti alla casa. Nicola mi presenta come una schiava, alla quale si può chiedere tutto o quasi... Poi con voce decisa sottolinea che ogni azione che mi faranno compiere, dovrà essere avallata dal suo benestare, in quanto "io sono sua"! Mi slega dalla colonna e mi fa togliere la camicetta. Poi mi spalma sul decollete e sulle spalle una specie di miele, mi fa aprire la bocca e tirare fuori la lingua, che mi blocca con un aggeggio che mi impedisce di ritirare la lingua e di chiudere la bocca. A quel punto mi ordina di alzare le braccia e mi lega i polsi con una corda, che assicura alla forca anteriore del trattore. Fa un cenno all'uomo che guida il trattore e la forca si alza... in pochi istanti il mio corpo penzola nel vuoto. Non capisco subito perchè mi ha bloccato la bocca in posizione aperta... L'uomo sul trattore ingrana la prima e mi porta fino nei pressi della stalla, dove "troneggiano" due bei mucchi di escrementi di cavallo. Lì le mosche la fanno da padrone e svolazzano allegramente sulle merde, incuranti del caldo soffocante. Poi qualcuna di loro si accorge della mia presenza e trova delizioso il miele che ho sulla parte superiore del corpo... e così le mosche trovano interessante fare la spola tra me, le mie spalle, la mia lingua e gli escrementi! Una situazione orribile, imbarazzante e molto, molto sgradevole. Sento le mosche sulla mia lingua e cerco di non pensare a dove avevano posato prima le loro preziose zampette. Poi Nicola afferra una frusta e mi dà qualche colpo ben assestato che fa oscillare nel vuoto il mio corpo, tra le risate e i commenti dei presenti divertiti. Il mio Padrone invita poi il ragazzo più giovane a prendere la frusta al posto suo e a frustarmi con decisione. Il giovane non se lo fa ripetere due volte e inizia a frustarmi violentemente.Io mi lamento, ma dalla mia bocca aperta escono suoni incomprensibili. Il ragazzo sfoga su di me una specie di "rabbia giovanile" e il mio corpo, seppure parzialmente coperto, comincia a mostrare i segni rossi lasciati dalla frusta. Il sudore cola dalla mia fronte e mi sento un giocattolo nelle mani di quel ragazzo, che poi decide di dare la caccia alle mie scarpe. Ora mi colpisce le gambe e le caviglie, nel tentativo di togliermi le scarpe a colpi di frusta. Dopo qualche colpo andato a vuoto, riesce a sfilarmi una scarpa, che ruzziola qualche metro più in là per la veemenza della frustata. "E ora toglile l'altra scarpa", lo incita uno dei più anziani. Il ragazzo si accanisce con le frustate, ma sembra aver perso la concentrazione e l'altra scarpa non se ne vuole andare dal mio piede. E intanto le mie gambe si ricoprono di segni rossi per le frustate. Dopo vari tentativi, la frusta colpisce il mio tacco e la scarpa si sfila dal mio piede. "Bravo, hai vinto il reggiseno", dice Nicola al ragazzo e fa cenno all'uomo del trattore di abbassare la forca. Io sono stremata dal caldo e dalle frustate, ma di parere diverso sembra il giovane, che mi si avvicina e appena metto piede a terra con un coltello mi taglia le spalline e la parte centrale del reggiseno. Ora i miei seni sono lì indifesi, davanti a ventidue occhi che mi fanno sentire una nullità.

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