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Miscellaneous

Caraibi 1


Breve riassunto del precedente racconto: Massaggio

Faccio subito la mia presentazione, mi chiamo Giulia, ho 32 anni, occhi chiari, capelli chiari, patatina chiara… con una peluria morbida morbida che non ha mai richiesto l’intervento di creme depilatorie o rasoi. Sono sposata , udite udite, da 15 anni, dopo una intensa storia d’amore con Paolo, mio marito, il primo uomo della mia vita, il primo bacio della mia vita, che ha la mia stessa età e che a 17 anni pensò bene di non uscire tempestivamente dal mio pancino, per cui dopo un paio di mesi mi ritrovai con un pancione.

Un giorno Paolo, che periodicamente è afflitto da forti mal di testa di origine cervicale e per i quali ha sempre tentato di tutto, mi dice:" sai sono stato da un massaggiatore/pranoterapista che lavora in quella Beauty Farm xxxxxx , costosissima e affermata, che si è detto disponibile a tentare di risolvere il mio problema con una nuova tecnica di massaggi… effettivamente ne ho tratto un certo giovamento"

Mio marito aveva quasi cambiato umore, sempre allegro, senza "mal di capa", si usciva e si faceva l’amore molto più spesso del solito, ero quasi giunta alla convinzione che Simone fosse dotato di qualità taumaturgiche, tanto che un giorno, mentre Paolo innalzava l’ennesimo peana al santone-massaggiatore pronunciai la mia condanna "Sarei curiosa di provare un massaggio, sai anche io, dopo 8 ore di lavoro e gli impegni di casa, a fine settimana non avrò mal di testa ma certo non sono al top" Squilli di trombe, fuochi artificiali, il pollo ovvero la pollastra era caduta nella trappola.

Ad un certo punto sobbalzai nel sentire il viso di Paolo che aveva avvicinato la bocca al mio orecchio e mi chiedeva come stavo, il "bene" che uscì dalle mie labbra somigliava più ad un rantolo, tanto che lo vidi sorridere e al tempo stesso scambiare un rapido sguardo che a me parve di intesa con Simone.

Simone era un professionista, abituato a "lavorarsi" almeno un paio di donne al giorno aveva una lingua prensile, esercitata, lunga e robusta. Affondava in mezzo alle piccole labbra con l’energia di un dito, entrava ed usciva dalla mia vulva, percorreva la circonferenza del mio clitoride incessantemente, lo mordicchiava leggermente con i denti, lo succhiava, lo aspirava e poi lo respingeva con la lingua.

Paolo mi sollevò dal lettino e mi stese amorevolmente sul letto di stuoie e si mise di fianco a me, mentre Simone si dispose dall’altra parte, da quella posizione diedi uno sguardo al soffitto che rifletteva la nostra immagine, pensai alla scena di Novecento di Bertolucci dove l’attrice protagonista sta tra i due suoi uomini. Paolo e Simone, entrambi nudi, stavano al mio fianco, mi sentivo al settimo cielo. Oramai l’imbarazzo per la situazione era del tutto svanito per lasciar spazio alla peccaminosità, anzi diciamo pure alla lussuria della situazione. Mentre i miei uomini indugiavano in lente carezze sul mio corpo, cercavo di riprendere il controllo per uscire da quello stato di giocattolo erotico in cui ero sprofondata, nel fare ciò notai che sia Paolo che Simone erano in piena erezione, con una certa soddisfazione e spirito di corpo notai che Paolo non sfigurava nel confronto con Simone e con fare malizioso guardandoli alternativamente negli occhi per vedere le loro reazioni afferrai i loro membri, anzi diciamo pure i loro cazzi, ritengo che fosse quello il termine esatto per la situazione. Nel fare ciò, sorridendo, dissi loro "qualcuno è rimasto a bocca asciutta o sbaglio" . Entrambi volsero lo sguardo nella direzione del mio e sorrisero insieme alla scena che lo specchio rifletteva.

Se volevano giocare sporco avevano trovato pane per i loro denti, passai il preservativo a Paolo e Simone si spostò dalla sua parte, e mentre Paolo tentava di mettere il cappuccetto al pene di Simone che io, con la mano, tenevo fermo di fronte a lui, presi in mano anche il membro di Paolo e cominciai a masturbarlo dolcemente facendogli perdere concentrazione tanto che dovette ripetere un paio di volte l’operazione prima di riuscire ad incappucciare Simone. Vi assicuro che idealmente il tabellone segnò dieci a zero per me. Volevo stravincere e avvicinai la bocca al sesso di Simone che stava a 30 centimetri dalla faccia di Paolo, anche se c’era di mezzo il profilattico era pur sempre il cazzo di un altro uomo che stavo succhiando ma non mi bastava per cui con estrema dolcezza misi la mano sulla nuca di Paolo e con lo sguardo fisso sui suoi occhi prima lo baciai e poi avvicinai la sua bocca al membro di Simone.

Nel suo lento incedere aveva incominciato a seguire il mio respiro, con la guancia mi stava chiudendo il naso costringendomi a respirare con la bocca, stavo respirando dalla sua bocca che teneva incollata alla mia, capii quello che stava facendo e lo assecondai anche quando sentivo che la testa si faceva leggera per il tasso di anidride carbonica che stava aumentando nel sangue, però le sensazioni si stavano acuendo, oramai mi stava scopando con tutto il corpo e il movimento dei sui fianchi aveva preso un ritmo più svelto, lo tenevo stretto a me con le braccia e con le gambe sollevate sino a cingergli i fianchi, il suo pene usciva sempre di più dalla mia vagina e affondava di colpo scuotendomi dalla testa ai piedi.


Caraibi 1

Simone, oramai era solo un dolce ricordo, partito per una serie di crociere nei Caraibi a bordo di una di quelle navi da crociera che sembrano grattacieli galleggianti.

Aveva ricevuto una di quelle offerte alle quali è difficile dire di no.

La sua compagnia era diventata una dolce abitudine nella quale sia io che Paolo indugiavamo un paio di volte al mese, più che un amante era diventato un complice, alla fine rifiutava anche il suo compenso di serio e qualificato professionista. I miei due amanti spesso gareggiavano nel procurarmi un piacere che poche donne sicuramente provano nella vita, e io cercavo di ricambiare la loro dedizione donandomi completamente senza remore né fisiche né mentali.

Il giorno in cui Simone ci svelò i suoi piani mi accorsi che stavo perdendo un compagno fidato e un amante eccezionale che ci aveva insegnato l’ arte di amare il corpo di una donna, che solo un professionista che ama il suo lavoro possiede.

Paolo capì il mio sentimento e cercò in mille modi di sopperire alla malinconia che alle volte provavo, soffriva in silenzio la sua inadeguatezza, di cui era consapevole, e si doleva per la mia tristezza, ma comprendeva che Simone era diventato molto importante per entrambi e ci mancava. Un paio di volte mi propose una nuova esperienza ma il problema era trovare un altro uomo che avesse le doti ed il carisma di Simone, che con la sua forza vitale ti travolgeva e ti precipitava in un turbine di emozioni.

Tuttavia il nostro legame era talmente saldo e la passione ancora viva che pian piano tornammo alla vita normale, le ferite si rimarginarono e Simone scomparve anche dai ricordi, anzi la mia mente stese un velo di oblio su quel periodo della mia vita, al punto che pensare ad un altro, che si insinuava tra me e Paolo mi infastidiva, esattamente come accadeva prima di conoscere Simone. Un giorno Paolo arrivò a casa con due biglietti aerei.

"Preparati" – mi disse – festeggeremo i dieci anni di matrimonio a Cuba, sarà come una seconda luna di miele, Micina, ho già parlato con i miei: ci terranno il bambino. Wow!!! Cuba era la meta preferita delle mie vacanze, finalmente avrei potuto visitare quei luoghi vagheggiati nei racconti di mio padre, che ci aveva vissuto un paio d’ anni prima di tornare in Italia e mettere su famiglia.

Ottenere tre settimane di vacanza in quel periodo dell’ anno non era facile in ditta ma, in virtù della considerazione che godevo presso il mio capo, alla fine la spuntai. Il giorno successivo lo passai a fare shopping, saccheggiai i negozi di costumi da bagno, copricostume, cappelli, parei e qualsiasi altro articolo o oggetto che avesse a che fare con il mare. Il sabato seguente eravamo a Malpensa e dopo un bel po’ di ore di volo atterrammo all’ aereoporto José Martì.

Incredibile la sensazione di umido che ci avvolse insieme ad un caldo a cui non eravamo di certo abituati. Ma finalmente eravamo a Cuba. All’ uscita trovammo una fila di taxi, salimmo in un’immensa Cadillac degli anni ’40, di colore bianco celeste che velocemente ci portò al Santa Isabella, un albergo a cinque stelle con 100 anni di storia, situato in Plaza de Armas, ad un paio di metri dalla piazza dove venne fondato il villaggio di San Cristobal, che poi divenne l’Avana che conosciamo. La sala che ci si presentò, una volta entrati nell’ albergo, era fantastica: specchi, lampadari, tavoli e sedie erano in quello stile che le tante pellicole di Hollywood ci hanno mostrato.

Il personale alla reception era di una gentilezza commovente, due boys in divisa presero in consegna i nostri bagagli e ci condussero in camera. Paolo aveva fatto le cose in grande stile, forte del cambio favorevole e del fatto che non eravamo in alta stagione aveva prenotato una suite.

Uno dei ragazzi, un bel ragazzo sui venti anni, con fare cortese aprì la porta finestra che dava sul patio della suite e la stanza fu illuminata dallo splendido sole dei, il patio dava su Plaza de Armas e in lontananza si vedeva il Malhcon, il famoso lungomare. Paolo mi raggiunse dopo aver dato l ‘immancabile mancia ai due ragazzi, e mi avvolse con le sue braccia da dietro.

"Sei felice? Ti piace?" Neanche persi tempo a rispondergli, lo baciai con tutta la passione e la riconoscenza di una compagna che si sente cullata dalle attenzioni del proprio partner. Sotto si sentivano le urla dei ragazzini che assillavano i turisti che lasciavano l’ albergo offrendosi come guide. Il patio era in stile coloniale, come pure il dondolo comodo e spazioso sul quale mi tuffai, Paolo mi raggiunse con una caraffa di succo d’ arancia, non attesi che versasse il succo nel bicchiere e quasi gliela strappai dalle mani tanta era la sete.

Avevo indosso ancora gli abiti del viaggio, inadeguati al clima di Cuba, per cui non ci pensai due volte e me ne sbarazzai restando con la sola biancheria intima. Notai lo sguardo di interesse negli occhi di Paolo, il reggiseno era di quelli push-up impreziosito dal pizzo che copriva la parte superiore del mio seno e gli slip giusto un triangolino davanti ed un sottile filo dietro che spariva tra le gambe.

Accovacciandomi vicino a lui ripresi a baciarlo appassionatamente, ma gentilmente mi respinse: "Cambiati, ti porto fuori, le sorprese non sono terminate ".

A malincuore ubbidii, il languore che provavo mi ricordava che non stavamo insieme da due settimane complice il ciclo e il solito inopportuno viaggio all’ estero di Paolo. Il bagno della suite era grande come la camera da letto, al centro una vasca a livello del pavimento, di lato una doccia che avrebbe potuto accogliere una dozzina di persone, i lavabi in marmo rosa e un divano senza spalliera simile ad un triclinio romano.

Mi sbarazzai dell’ intimo e mi tuffai nella vasca ricolma d’ acqua tiepida profumata, la vasca era talmente profonda e larga che si poteva accennare il movimento di una nuotata, su di un lato c’ era il supporto per due persone che permetteva di rilassarsi cullati dall’ acqua.

La voce di Paolo mi strappò da quel deliquio e uscita dall’ acqua mi avvolsi in un accappatoio di spugna morbidissima, dopo essermi asciugata lo lasciai sul pavimento e completamente nuda andai in camera per scegliere come mi sarei vestita per quel primo pomeriggio all’ Avana.

Non feci caso alle voci che sentivo, probabilmente Paolo aveva acceso la tv come fa sempre quando lo faccio aspettare, aprii la porta del bagno e rivolgendomi a lui dissi: " Paolo devi provare la vasca", ma non feci in tempo a finire la frase.

Mio marito ed il suo ospite si erano voltati verso di me sentendomi entrare. Paolo sorrideva per l’ imbarazzo della scena, il suo ospite era combattuto tra volgere lo sguardo altrove e la sorpresa di vedermi completamente nuda, con la bocca ancora aperta per non aver completato la frase. Imbambolata, non sapevo cosa fare, non avevo nulla a portata di mano per coprirmi, non volevo fare la figura della tipa che si copre pudicamente con le mani, per cui reggendo lo sguardo di Paolo e dell’ospite attraversai la camera da letto e mi recai nello spogliatoio dove c’erano le nostre valigie.

Quei cinque o sei metri avrei voluti farli di corsa pensando che dopo aver offerto al loro sguardo la parte anteriore del mio corpo avrei completato l’ opera mostrandogli le mie natiche in una passerella inaspettata. Con dignità aggiunsi: "Scusate, faccio in un attimo".

Quel figlio di buona donna di Paolo soggiunse: "Fa pure con comodo cara, stavo facendo la conoscenza con Manuel, la guida che l’ albergo ci ha trovato per la vacanza ".

Passandogli vicino dissi: "Potevi almeno avvertirmi che c’ erano ospiti". Sorridendo continuò: "Manuel parla perfettamente l’ italiano ha fatto due anni di liceo a Roma ". Avvampai e sparii alla loro vista.

La guida? Nessuno mi aveva parlato di una guida, pensai, cercando di ricompormi e alla ricerca di qualcosa da mettermi addosso.

Quando ebbi terminato, sentii chiudersi la porta e capii che il nostro ospite ci aveva lasciato, Paolo fece capolino dallo stipite della porta che dava nello spogliatoio e fu lesto a spostarsi quando vide arrivargli addosso la punta affilata di un tacco da 10 cm. delle mie scarpe, "tregua" gridò sorridendo da dietro la porta.

In ginocchio implorò il mio perdono: " Scusami l’ occasione era troppo ghiotta per lasciarmela sfuggire, dovevi vedere la tua espressione quando hai aperto la porta." Lo scaraventai sul pavimento e gli saltai addosso: Non mi sono mai vergognata in vita mia come oggi, mi pareva di essere la puledra che passa di fronte agli acquirenti di un mercato arabo".

Tornata seria gli domandai chi fosse Manuel e perché rovinare l’ occasione di fare una bellissima vacanza portandoci appresso un estraneo. Paolo mi spiegò che si era documentato sull’ ambiente che avremmo trovato a Cuba, sulla necessità di poter contare su una guida del posto per evitare gli assalti dei locali che si scatenano non appena vedono un turista isolato.

Aggiunse che Manuel era uno studente universitario al secondo anno di biologia, figlio di un pezzo grosso del ministero del commercio cubano ed aveva vissuto a Roma un paio d’ anni per cui conosceva perfettamente l’ isola e altrettanto bene la lingua italiana. Fui inflessibile, non me la sentivo di dividere la mia vacanza con altri al di fuori di Paolo, mi feci promettere che avremmo visitato l’isola da soli. Paolo, stranamente acconsentì senza discutere e rimirando e facendo commenti assai lusinghieri sul modo in cui mi ero vestita propose di visitare la città. Sulla porta dell’ albergo il portiere ci propose di farci guidare da una chica (una ragazza).

Noi cortesemente rifiutammo, affermando che sapevamo come cavarcela da soli, e notammo un sorrisetto di commiserazione da parte del portiere. Dopo due passi fu la volta di due ragazzi (Jineteros) che si offrirono di accompagnarci in giro per la città vecchia, affermando di essere delle guide autorizzate e mostrandoci dei tesserini che avrebbero potuto essere qualsiasi cosa, tanto velocemente li fecero sparire dopo averceli mostrati.

Ci portarono alla cattedrale e da qui sul Malhcon, ci fermammo alla Bodeguita del Medio, il locale reso leggendario da Hemingway, e qui pretesero che gli offrissimo un Mojihto, un mix di Rum scuro, soda, lime, zucchero di canna e menta fresca, che fatto come si deve è molto gradevole ma nella confezione da strada non lo è affatto Quando ci venne fame, ci portarono in una bancarella della vicina piazza dove acquistammo delle focacce, ovviamente anche i nostri squisiti accompagnatori pretesero di partecipare al banchetto.

Ad un certo punto non li ressi più e con la banale scusa di voler stare da sola con il mio uomo li liquidai, subito si affrettarono a chiederci 20 dollari per averci fatto da guida, supplicai Paolo di darglieli pur di toglierceli di torno. Fatti un centinaio di metri fummo abbordati da un ragazzo che si offriva per farci compagnia, io che non capivo la lingua del luogo chiesi a Paolo cosa volesse: "Ti sta chiedendo se vuoi la sua compagnia questa notte, afferma di essere superdotato e di saper leccare, immaginati cosa, per ore ed ore ".

Rimasi allibita: "Sta proponendo questa cosa a te? " "No per me dice di avere la sorellina di 14 anni vera esperta di un non meglio precisato succhia dito piede, e visto che siamo appena arrivati ci praticherà un grosso sconto sulle tariffe abituali" .

Nel tragitto di un paio di centinaia di metri ricevemmo profferte in spagnolo, inglese ed italiano che avrebbero fatto la felicità di sadici, masochisti e soprattutto pedofili. Ero nauseata e chiesi a Paolo di prendere un taxi per tornare in albergo.

Il tassista osservò che a Cuba i turisti non potevano pensare di camminare indisturbati senza far parte di una comitiva o essere accompagnati da una guida del posto. Arrivati in camera nostra chiesi a Paolo se pensava che quel Manuel potesse essere la soluzione ai nostri problemi.

Temevo che continuando di quel passo avremmo fatto delle vacanze terribili.

Paolo rifletté un attimo poi aggiunse: "L’albergo garantisce sulla sua correttezza e preparazione".

" Fai la cortesia, richiamalo ! – aggiunsi prima di sparire in bagno. Manuel ci raggiunse nella hall dell’ albergo alle sette di sera, era un bel ragazzo, come lo sono tanti alla sua età, ma i genitori, cubano il padre e una rossa irlandese, la madre, gli avevano conferito un patrimonio genetico invidiabile. La carnagione era chiara, piuttosto abbronzata, ma i tratti somatici erano quelli dei cubani, i capelli castani ramati e due occhi verde scuro brillantissimi.

Alto come Paolo circa un metro e novanta, aveva quella muscolatura consistente e guizzante classica di chi fa sport acquatici, giocava a pallanuoto da molti anni.

Che strano, forse l’ imbarazzo della situazione del giorno, aveva impedito che notassi tutte queste cose. Manuel era vestito secondo i dettami del luogo, maglietta e jeans, ma la loro fattura denotava una certa cura nel taglio e nei tessuti, i capelli erano lunghi e raccolti in un accurato chignon sulla nuca, al collo un ciondolo che pareva un sole Inca legato da un laccio di cuoio scuro e calzava delle espadrillas verde scuro.

Ma quello che mi colpì fu il suo sorriso quando si chinò leggermente a stringermi la mano, avete presente dei denti perfetti e bianchissimi e degli occhi profondi e leggermente orientaleggianti che ti scrutanovano l’ anima. Manuel era bello, indubbiamente bellissimo, peccato che fosse così tremendamente giovane, anche se pareva molto sicuro del suo fascino. In perfetto italiano ci salutò e subito ci presentò il programma che aveva preparato per noi. Era riuscito a procurarsi una Pontiac degli anni 60 convertibile in ottime condizioni, per visitare gran parte dell’ isola.

Quando uscimmo dall’ albergo capii subito che con la sua guida sarebbe stata un’ altra cosa. Era come un salvacondotto, nessuno dei tanti passanti osò importunarci con le loro proposte e apprezzai i suoi modi quando mi aprì lo sportello. La Pontiac scoperta era di un fantastico rosso fuoco, con gli interni di pelle rossa consunta dal tempo.

Presi posto al suo fianco e Paolo dietro di me, oramai si era all’ imbrunire e ci propose di andare a cena in un raffinato locale per turisti, io gli risposi che ero venuta a Cuba per conoscere la vera Cuba, così come tante volte me l’ aveva raccontata mio padre e poi mi interessava vedere la Havana Vieja (che nel 1982 l’Unesco aveva proclamato patrimonio dell’ Umanità`).

Manuel rispose: "Per me va bene, ma statemi vicino". Tra di me, sorridendo pensai: "E chi ti molla" . Andammo in un Paladar, un ristorante privato, di quelli da 10 dollari a persona, dove il padrone di casa ci offrì una cena a base di arrosto di maiale condito con una salsina piccante e una bottiglia di rum aromatizzato, che aveva un sapore aspro e piccante.

Dopo il Paladar chiesi a Manuel di portarci in qualche locale notturno dove si potesse ascoltare della musica cubana. Ci portò in un locale vicino alla Plaza della Revolucion, il Delirio Habanero dove si esibiva un gruppo musicale molto quotato tra gli intenditori e poi sul tardi si proseguiva con la discoteca ma sempre con ritmi latino americani.

Lungo il percorso, Manuel ci illustrava la storia dei luoghi che attraversavamo, ma io ero distratta, non stavo ad ascoltarlo attentamente come faceva Paolo, che spesso interrompeva Manuel per chiedergli dei dettagli. La mia attenzione era concentrata su un pensiero che si stava facendo strada: chi era Manuel?

Troppo perfetto per essere una casuale guida di un hotel, troppo perfetto per i miei gusti, o meglio aveva in sé molti di quegli elementi che amo in un uomo: era prestante fisicamente, aveva dei modi decisi ma gentili, si muoveva con l’ agilità di un grosso felino, aveva lo sguardo di chi intuisce perfettamente cosa nascondi dentro.

Mentre parlava, ogni tanto volgeva lo sguardo verso di me, pareva che mi stesse valutando. Un’ altra cosa che mi lasciava perplessa era il modo di rivolgersi a Paolo, diamine si conoscevano da un paio d’ ore e sembrava che si conoscessero da sempre.

Il caldo nonostante fosse già tardi ed il sole tramontato da un pezzo era sempre elevato. Sentivo l’ aria calda ed umida che mi imperlava la fronte, a stento mitigata dal flusso d’ aria che investiva l’ auto scoperta, sentivo l’ inguine e le cosce sudate, tanto che ad un certo punto nonostante la gonna molto corta sentii il bisogno di allargare le gambe, il movimento richiamò l’ attenzione di Manuel che per un attimo fissò le mie gambe, mentre sollevava lo sguardo incrociò il mio e mi sorrise con l’ aria innocente di un ragazzino colto sul fatto.

Istintivamente mi spostai sul sedile voltando le ginocchia dalla parte opposta a lui.

"Che sfrontato" pensai.

Arrivati al Delirio Habanero ci trovammo immersi in un’ atmosfera da film, molti turisti ai tavoli ascoltavano quella musica inconfondibilmente cubana, una cameriera ci accompagnò al nostro tavolo e Manuel ordinò da bere per tutti.

Questa volta il rum era mescolato ad un succo di frutta che ne addolciva l’ aroma, i cubetti di ghiaccio che galleggiavano nel bicchiere furono una benedizione per la sete ed il caldo sempre presente.

Manuel voltando lo sguardo nella sala salutava molte persone, soprattutto molte ragazze che facevano parte della borghesia cubana, poi incrociò lo sguardo con una ragazza di una comitiva di giovani poco distanti dal nostro tavolo.

Vedendo Manuel, la ragazza si alzò e gli venne incontro, era molto bella, la classica bella ragazza cubana dalla pelle ambrata.

Con un incedere molto sensuale si avvicinò a Manuel e prima che lui riuscisse ad alzarsi dalla sedia gli gettò le braccia al collo e gli diede un bacio sulle labbra, nel fare ciò potei vedere le sue gambe lunghe e slanciate e anche parte di un fantastico sedere a stento coperto dalla sua minigonna rossa.

Un tanga veramente ridotto (avete presente il filo interdentale?) lasciava generosamente scoperto il suo fondoschiena. La scena non passò inosservata, Paolo al mio fianco dovette sicuramente rammaricarsi di non avere la macchina fotografica a portata di mano! Si chiamava Teresa, e come scoprii in seguito aveva 17 anni, era compagna di liceo della sorellastra di Manuel.

Provai un senso di disagio nel vedere l’ intimità` che c’ era tra i due nonostante Manuel cercasse di dissimularla con un certo imbarazzo.

Manuel fece le presentazioni e quando fu la mia volta notai nello sguardo di Teresa una malcelata insofferenza, mi squadrò dalla testa ai piedi e si strinse ancora di più al ragazzo cingendogli i fianchi con un braccio, quasi a voler riaffermare un diritto di proprietà su di lui.

L’ imbarazzo svanì quando riuscì a trascinarlo nell’ angolo della sala dove alcune coppie stavano ballando. Indubbiamente era una bella ragazza e il modo in cui si stringevano ballando lasciava pochi dubbi sui rapporti che dovevano esserci tra loro.

La voce di Paolo mi colse alla sprovvista: "Speriamo di non aver perso la nostra guida ".

Infastidita da quel commento, non lo diedi a vedere perché, se da un lato il mio orgoglio di femmina aveva accusato il colpo, dall’ altro ero sollevata dai pensieri che mi avevano assalito in macchina.

Dopo dieci minuti, Teresa tornò dai suoi amici e Manuel venne al nostro tavolo, scusandosi per averci lasciato soli.

Ci raccontò che era una compagna di studi della sorella e che frequentava assiduamente la loro casa.

Paolo, sorridendo, commentò: " Ovviamente tu le darai una mano con i compiti ".

Manuel divertito e con una punta di imbarazzo rispose: Beh! Quando posso essere d’ aiuto non mi tiro indietro, sono molto affezionato alla mia sorellina "e alle amiche della sorellina mi pare di vedere" aggiunse in tono complice Paolo, strappando un sorriso a Manuel.

Ero veramente infastidita dal tono del discorso, mi sembrava di essere la vecchia zia che assiste alle conquiste del nipotino prodigio, così alzandomi chiesi a Paolo di farmi ballare.

" Scherzi?" – mi rispose – "Lo sai che a mala pena me la cavo con un lento, per questi balli sono negato".

Manuel si alzò immediatamente e prendendomi per mano mi portò al centro della pista dove oramai c’ erano tantissime coppie impegnate a ballare.

Manuel era un ballerino formidabile, nonostante il fisico prestante si muoveva con l’ agilità di un professionista, sentiva la musica dentro di sé e trasmetteva al partner una sensazione di energia e vitalità.

Io, da parte mia, appassionata di ballo, avevo frequentato da ragazza la scuola di un’ amica di mia madre per cui riuscivo a seguire Manuel anche se lui apportava continue varianti ai passi, tanto che un paio di volte mi ritrovai tra le sue braccia che mi facevano ruotare, mi attiravano a lui e respingevano.

Manuel era bello, aveva la fronte imperlata dal sudore, aveva sciolto i capelli che ora fluttuavano intorno al suo viso e sulle spalle conferendogli un aspetto selvaggio. La polo incollata al centro del torace e sotto i pettorali, per il sudore, delineava il suo corpo atletico come una seconda pelle, i jeans aderenti mettevano in risalto un sedere perfettamente modellato.

Cominciai a percepire l’ afrore del suo sudore quando con le braccia mi attirava, la pelle emanava un buon profumo di maschio, le sue mani abituate a carpire il pallone bagnato durante le partite di pallanuoto erano forti e agili, sentivo la loro forza quando mi facevano roteare imprimendo il movimento ai miei fianchi.

Poi la musica cambiò ritmo, la voce del cantante del complesso si modulò in un blues caldissimo e mi trovai serrata tra le braccia di Manuel con le sue mani che mi tenevano aderente al suo corpo, assecondando i movimenti dei suoi fianchi.

Lo guardavo dritto negli occhi, sentivo il suo respiro affannato dal ritmo del ballo precedente, sentivo il calore che emanava.

Per un attimo percepii un movimento tra me e lui all’ altezza dell’ inguine e istintivamente infilai ancora di più la mia coscia tra le sue forzando il passo di danza, lui si ritrasse e come il ritmo della danza si fece più veloce fece ruotare il mio corpo e mi ritrovai di spalle stretta a lui.

Ora decisamente lo sentivo, spostai il bacino al centro delle sue gambe e accentuai il movimento ondulatorio dei fianchi, improvvisamente fummo interrotti da un’ altra coppia che nell’ impeto del ballo ci urtò leggermente. Ci separammo.

Tornando al nostro tavolo trovai Paolo che conversava amabilmente con Teresa. Fui infastidita dalla scena e non feci nulla per nasconderlo. Lei prese Manuel per mano e lo trascinò nuovamente a ballare. Con un tono secco chiesi a Paolo se Teresa l’ avesse intrattenuto affabilmente.

"È veramente notevole quella ragazza, – mi rispose – dimostra molto più della sua età, non si è persa un dettaglio del vostro ballo, penso che Manuel dovrà darle qualche spiegazione ".

Arrossii violentemente: " Cosa vorresti dire?", aggiunsi un po imbarazzata.

Lui si affrettò a precisare che le cubane sono tra le donne più gelose della terra, e se vedono il loro uomo ballare con un’ altra sono capaci di piantargli un coltello nella schiena.

Per manifestare il mio disinteresse dissi: "Rientriamo in albergo sono stanca, lasciamo i ragazzi a divertirsi".

Anche Paolo si dichiarò stanco perché non aveva ancora assorbito la differenza di fuso orario, perciò dopo un breve conciliabolo con Manuel fece chiamare un taxi dal cameriere e tornammo in albergo.

Arrivati in albergo, il portiere consegnò a Paolo un biglietto, poi salimmo in camera. In ascensore gli chiesi cosa ci fosse scritto nel biglietto.

"Oh, nulla di importante – mi rispose – è solo la conferma della battuta di pesca di domani" "Battuta di pesca? – esclamai con voce alterata – Lo sai che odio andare a pesca".

Nessun problema, ho sentito Manuel e mi ha promesso che domani ti porterà all’oasi marina di Santa Caterina che volevi visitare" "Ma volevo stare insieme a te durante le vacanze" dissi con rammarico.

"Giulia, siamo appena arrivati, abbiamo 3 settimane per noi, sai quanto ci tenevo ad una battuta di pesca al marlin, se non ci vado domani non avrò più l’opportunità di farlo".

Se da una parte ero dispiaciuta, dall’altra visitare i dintorni di Guanabo, un paese situato nelle Playas del Este, le più famose spiagge dell’isola, mi avrebbe compensato del fatto di essere stata abbandonata dal maritino.

L’indomani fui svegliata alle sei del mattino dal trambusto che Paolo stava facendo per prepararsi alla battuta di pesca. Nel salutarmi mi disse che Manuel sarebbe passato a prendermi alle otto.

Mentre ancora stavo sognando fui svegliata da qualcuno che bussava alla porta, era la cameriera che portava la colazione che Paolo aveva ordinato per me.

Dissi di entrare che la porta era aperta e ancora con gli occhi chiusi, quando sentii la porta aprirsi, le dissi di poggiare sul letto il vassoio e di scostare le tende della porta finestra.

"La signora comanda qualcos’altro?" Questa domanda, in perfetto italiano e non nello spagnolo del personale di servizio, mi fece sobbalzare ancor più del tono maschile della voce.

Era stato Manuel a parlare, come per magia si era materializzato nella camera e come vide il mio sguardo stranito si affrettò a dire: "Ciao, Giulia, mi sono permesso di sostituire la cameriera, sono già le otto e se vogliamo andare al PARCO NATURAL DEL RINCON DE GUANABO dobbiamo affrettarci. Dista circa 25 chilometri da qui".

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