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Inferno e paradiso

Inferno e paradiso
Di Tom [email protected]

La ragazza si chiamava Elena ed era uguale a tante altre ragazze che avevo conosciute prima di lei: bellissima, elegantissima e affascinante. Avevo vissuto quella scena migliaia di volte con fanciulle di ogni razza, estrazione sociale e credo religioso. Venivano tutte da me per una cosa sola: la raccomandazione. L’aiutino, come lo chiamavano loro. E io glielo concedevo volentieri, non mi costava nulla. In cambio, però, loro me lo prendevano in bocca. Il pisello, intendo. E magari, se quel giorno era in vena, anche la sborrazza. Gliela facevo inghiottire come fosse un aperitivo, e poi le inculavo, fottendole in tutti i loro buchi. Talvolta, se la cosa si protraeva a lungo e mi veniva lo stimolo, le irroravo di piscio, sia dentro che fuori. Erano le mie puttane-serbatoio. Così le chiamavo. Le riempivo con le sostanze delle quali mi svuotavo.
E loro poi andavano a fare le cantanti, le attricette, le stelline del gossip e altre attività dove le troiette prosperano in ridondanza.
Elena doveva essere una delle tante. Eccola lì, biondi capelli a caschetto, occhi blu cupo, pelle rosata con appena un accenno di abbronzatura…e quelle sopracciglia. Come mi piacciono le donne bionde con le sopracciglia scure! E’ come avere le qualità delle bionde e delle brune in un’unica persona. Me la sarei ingroppata proprio volentieri. Dopo una partita di golf con quel figlio di cane di un assessore ai beni culturali che sembrava non finire mai, una bella scopata era proprio quello che ci voleva. Almeno m’avrebbe rimesso in forma.
Invece, non appena le ho dato le spalle per togliermi la giacca e la cravatta, Elena ha estratto la rivoltella. Ha aspettato che le mostrassi le spalle, quella troia, per spararmi fra le vertebre. Sono stramazzato sul pavimento mentre il sangue mi incollava i vestiti sulla pelle. Una sensazione disgustosa. Lei mi si è avvicinata. Le ho viste le scarpe ed i tacchi doverosamente puliti sfregare accanto comodino. Si è accucciata, mi ha preso per i capelli e mi ha sollevato la testa.
Ormai, non so perché, non sentivo più alcun suono o dolore. La colonna vertebrale, forse. Nessuno sa quali danni possa arrecare una colonna vertebrale spezzata.
Paralisi. Morte istantanea. Amnesia. Persino demenza.
Prima di morire sono riuscito a leggerle le labbra.
“Per mia sorella, figlio di puttana!” gridava.
“Ma vai nel culo te…e la tu’ mamma rotta ‘n culo…” ho risposto.
Una vendetta. Che motivazione provinciale! Tipica di questa massa di borghesi volgarotti e filistei.
E oltretutto non è stata neppure una morte memorabile o troppo ben studiata. Una fine banale, oserei dire.
Ma mi contento. Morire è l’unica cosa banale che abbia mai fatto in tutta la mia vita.

Atto I: Inferno o Paradiso?
Mi si presenta un omone alto e ben vestito. Ha i capelli bianchi e lievemente mossi, la pelle bianchissima. La sua tunica azzurra sembra trasparente. Attraverso il suo corpo vedo le nuvolette sulle quali sto camminando.
Porta una spada al fianco e un libro sotto al braccio.
“Che si legge di bello?” domando. Come inizio di discussione è meglio di un ciao. Perlomeno non è banale.
Lui mi guarda e non favella.
“Sarà mica il mio ultimo successo letterario, vero? Come uccidere Bush e diventare presidente degli Stati Uniti d’America? No, eh? Infatti la copertina mi sembra diversa…”
“Non parlare” disse “Lui ti aspetta”
“Lui chi?”
“Lo vedrai”
Mi porta di fronte ad un trovo dorato con tanto di baldacchino alle spalle e guardie armate di spade fiammeggianti ai lati. L’uomo seduto sul seggiolone è un vecchio dal canuto crine. Anche lui indossa una tunica azzurra. In più questo ha pure una lunga barba bianca.
“Ben arrivato” mi accoglie il vecchio.
“’sera” rispondo.
“Adesso sarai giudicato per i crimini e per le buone azioni che hai compiuto in vita”
“Giudicato? Io? Amico, senza il mio avvocato io non apro neppure bocca. E poi che processo volete fare? Non m’è arrivato neppure l’avviso di garanzia!”
“Qui non avrai bisogno di avvocati” dice il vecchio.
“Vai, ho capito” rispondo “Quanto vuoi?”
“Prego?”
“Qual è la tua cifra! Dai, siamo uomini di mondo, io e te. Qualunque giudice ha un prezzo”
“Ehm…figliolo, dove credi di essere?”
“Boh?”
“Questo è il Paradiso” dice lui.
“Ah, e te chi sei?”
“Io sono San Pietro che giudicherà le tue azioni”
“E questo fesso alle mie spalle?”
“Lui è un cherubino”
“Sembra una guardia svizzera”
“E’ un angelo”
“Ah, si? Sa come me li immaginavo io, gli angeli? Tutte femmine. Delle gran topone con due tette così e un culo sodo da arrivarci a balzi. Come si dice dalle mie parti…culo alto, ci faccio un salto!”
“Humm…adesso è meglio dare inizio al processo”
“Bene, vorrei mi fosse concesso di fare una telefonata al mio avvocato Carlo Taormina”
“Assolutamente no”
“Come no? Conosco i miei diritti”
“Davvero?”
“Diamine! Io sono ricco. Ho tutti i diritti che voglio”
“Ma qui non siamo sulla terra. Non avrai nessun avvocato. La legge che ti giudicherà sarà quella del Cielo”
“Ah, pensavo quella del mare. Con le schifezze che ci abbiamo scaricato negli ultimi anni…specialmente in Adriatico…”
“La legge del Cielo sta per legge di Dio. Dio che vede tutto e tutto sa. Non hai bisogno di avvocato perché le tue azioni sono descritte qui, nel libro della tua vita”
“Ah, il libro della mia vita…Come spaccare la testa a Prodi e Berlusconi e diventare un presidente del consiglio che faccia meno schifo di loro? Sa che ha venduto più di due milioni di copie?”
“No” sbuffa San Pietro “Il libro della tua vita lo ha scritto il celeste osservatore che ti ha seguito fin dal giorno della tua nascita”
Guardone di merda.
Un sottile brivido strisciante inizia a correre lungo le mie vene.
“E tu, figliolo, che uomo sei stato, in vita? Vediamo nel grande Libro su cui tutto è riportato…hum…hummm…eh, sei stato un bel pezzetto di merda, a quanto vedo!”
“Dottore, moderi il linguaggio…” lo interrompo.
“Non sono dottore. Io parlo a nome di Colui che ha progettato il Creato”
Toh, nelle mani di un geometra, dovevo capitare! Io, che ho due lauree e tre Master! Un diplomato, mi doveva giudicare!
“Sicché la tua principale attività durante la vita terrena è stata quella di inculare le ragazzine. Illuderle e ricattarle” dice San Pietro.
“Beh, ora inculare mi sembra un termine un po’ inadeguato…diciamo che, date le cospicue dimensioni della mia stecca, più che altro le passavo allo spiedo”
San Pietro sgrana due occhi così.
“Ma te sei quello che a Sanremo ha detto che Madonna canta meglio della Madonna!”
“Non ti si può nascondere nulla, eh, vecchio marpione!? Comunque quell’edizione del Festival ha fatto schifo. Per forza…lo presentava la Ventura!”
“Hai finito di sparare battute del cazzo! Te lo do io, adesso, il rendiconto. Merdaccia sciolta!” dice il vecchio “Ora ti sbatto nell’inferno dei sodomiti e così vedi, chi si ritrova col culo spanato! Può darsi che imparerai un po’ di educazione e di rispetto!”
E’ troppo.
In un solo giorno ho dovuto sopportare l’onta di essere ucciso da una maialetta, di essere surclassato da uno scrittorucolo di nome Dio, e di essere giudicato da un misconosciuto geometra progettista dell’Universo. Ora dovrei anche farmi processare e condannare da un vecchio ultramillenario che ha raggiunto da tempo l’età della pensione. Poi per forza il mondo va male! Ai posti di comando c’è solo una massa di vecchi bavosi che non capiscono più un cazzo. E intanto i giovani devono arrovellarsi per trovare un lavoro!
Lo faccio presente al canuto giudice e lui mi dice “La tua punizione può essere eterna o solo provvisoria. Verrai inviato in un inferno adeguato al tuo carattere di merda e lì imparerai la sofferenza dello spirito e del corpo. Poi, se imparerai dai tuoi errori e dimostrerai di essere opportunamente cambiato, ti reinseriremo quale membro utile e produttivo della società”
“Sì, della società dei telefoni! Parli come un assistente sociale!” esclamo “Ma vaffanculo te e quella mignotta che mi ha freddato…siete tutti dei manfruiti!”
“Non tollero questi comportamenti!” grida San Pietro “Cherubino, lo sfollagente!”
L’angelo al mio fianco sguaina la spada fiammeggiante e mi si fa incontro.
“Oh, cazzo fai? Ha detto lo sfollagente, no il trinciatacchini! Bòno, mi fai male…”
La spada mi arriva in testa, sento un gran male e mi lacrimano gli occhi. Una mano mi prende per la cintola dei pantaloni e mi solleva si peso.
“Dove…? Siete tutti una massa di fascisti!” urla il mio disappunto “Ma un giorno mi vendicheròòòòò…”
“Cacalo giù lungo il tunnel, vai, cherubino…” disse San Pietro “Levamelo di culo!”
E per la seconda volta sentii la coscienza venir meno…

Atto II: L’inferno di Tom
L’Inferno non è così brutto come lo si dipinge, recita un vecchio adagio. O era il Diavolo? Boh, chi se lo ricorda? Comunque il mio Inferno non è affatto male. Sembra una tranquilla stradina di provincia americana. Villette a due piani ai lati di una strada ampia e ben asfaltata, giardini curati e cani che giocano senza scagazzare sul marciapiede, poche automobili ma di gran marca.
Decisamente un Inferno di lusso. Vuoi vedere che quel vecchio rincoglionito di San Pietro si è sbagliato m’ha mandato in Paradiso? Eh, la senilità! Cosa ti fa fare!
Qui, comunque, ci posso schiacciare anche l’eternità. Se mi danno un computer con Word e una stampante posso continuare a scrivere i miei romanzi. E magari anche un’assistentina giovane e compiacente da far stare sotto al tavolo mentre creo i miei capolavori.
Me lo sento diventare già duro come il porfido. Improvvisamente una voce femminile, da dietro, dice “Ah, finalmente sei arrivato!”
Mi volto girando sui tacchi e la vedo. I miei primi pensieri, nell’ordine, sono
“Pezzo di topa che non finisce più….”
“Maialona col pedigree…”
“Ha un che di Jessica Alba, però migliorata…”
E tu dirai, tutto chiaro a parte un’osservazione. Chi diamine è Jessica Alba? Rispondo, è la donna invisibile dei Fantastici Quattro. Solo che questa non perde tempo a nascondersi, vai. Ha due tette che se ci schiaccio la faccia contro potrei soffocare.
“Buongiorno, miss” dico io, con quell’aria alla John Travolta rimasticato Gorge Clooney che mi fa tanto figo “Lei abita qui?”
“Sì, abito qui. In quella villetta laggiù”
“Io sono nuovo, sa? Non so ancora dove mi hanno messo, ma…non credo che risiederò lontano da lei. Una di queste sere potrebbe…”
Farmi un pompino. Leccarmi il cazzo. Prendermelo in bocca e nel culo. Farsi scopare come una vacca e guaire come una cagna in calore…
“…concedermi di invitarla a cena”
“Oh, ma anche stasera stessa, bello” risponde lei.
Nooooo, sono davvero in Paradiso!
“Io e te abitiamo assieme, lo sai?”
Paradiso. Paradiso. Paradiso
“Tu sei…come dire…sei stato affidato a me”
PARADISOOOOOO….sto venendo…no, cazzo, trattieniti…..
“Da questo momento sei il mio schiavo leccapiedi”
PARADI….sbigottimento!
“Cosa, scusa? Cosa sarei io? Lo schiavo?” chiedo “Ma guarda che ci deve essere un errore! Io mica obbedisco a nessuno, sai? Semmai il contrario. Io comando e le puttane obbediscono. Te, per esempio…Sì, sei bellina, ma non ti montare la testina, cara. Sei pur sempre solo una donna, e perciò un essere evolutivamente inferiore a noi uomini. E poi io sono anche uno scrittore di chiara fama e guadagno un ballino di…”
La sua mano è come l’ala di un falco. Mi artiglia alla nuca e mi sbatte sull’asfalto, a contemplare i suoi piedi e le sue scarpe. Indossa delle decolleté bianche col tacco altissimo.
“Leccami le scarpe, maiale” ordina la Dea.
Mi spingo fin dove mi concede l’elasticità del collo e le lecco la punta delle scarpe. La superficie delle calzature non è sporca ma un po’ di polvere c’è eccome. Mi fa schifo leccare. Tuttavia non posso che obbedire. La sua forza è strepitosa. Sembra una tigre. Forse non è una vera donna. Forse questo è davvero l’Inferno e lei è una diavolessa travestita da bella donna.
Oddio, a chi sto leccando i piedi? E se poi viene fuori che è un mostro dalle corna aguzze e le zampe di capra?
Intanto la mia lingua si dà da fare che è una meraviglia. Ero così bravo a fare il leccapiedi e neppure lo sapevo. Lecco tutta la tomaia e risalgo fino al bordo della scarpa. Lì la lucida vernice bianca cede il passo al delicato piedino. Quando sto per poggiarvi sopra la lingua Jessica Alba ritrae con un elegante movimento quell’autostrada di gamba che si ritrova.
“No, non mi toccare il piede” dice.
“No, mi perdoni, signorina” mugugno.
“Bravo. Vedi che ti sei abituato in fretta a darmi del lei? Ora impara pure questa. Voglio che mi chiami Padrona”
“Sì, Padrona Jessica”
“Perché Jessica?”
“No, è che lei mi ricorda tanto un’attrice”
“Taci, uomo di merda! Il mio nome è Germana”
Che nome del cazzo, penso.
“Eh, sì…come nome non è un gran che” replica lei.
Cazzo, ma che…mi ha letto nel pensiero?
“Ebbene sì, merdaccia umana. Io leggo nella tua mente. Ogni tuo pensiero malevolo rivolto alla mia persona sarà prontamente captato e redarguito”
Sono nella merda.
“Più di quanto puoi immaginare” disse lei “Ora, quindi leccami le suole delle scarpe”
“Le suole?”
“Sì, è per punizione”
“Ma non se ne parla. Io mi rifiuto. Ma lei lo sa che sotto le suole c’è il clostridium? Poi uno piglia le infezioni e sta male!”
“Schiavo, sei già morto e ti preoccupi delle infezioni? Sei in Paradiso, non te lo dimenticare”
“Lo credevo anch’io, di essere in Paradiso! Ma questo è più simile all’Inferno!”
“Beh, per te lo è certamente. Vedi, leccasuole di merda che non sei altro…” disse lei mentre costringeva me, piantandomi un tacco nella mano, ad eseguire il suo ordine “…io in vita ho aiutato gli altri con altruismo e per tutta riconoscenza mi sono beccata una brutta malattia e sono morta. Morta aiutando il prossimo”
Lecco la suola della prima scarpa. Mentre lo faccio la Padrona si siede su una panchina e solleva le gambe portandomi i piedi a livello del viso.
“Per questo motivo San Pietro è stato magnanimo, con me. Mi ha mandata qui, in Paradiso, perché godessi delle soddisfazioni che non ho potuto nutrire in vita”
La mia lingua scende al tacco. E’ un tacco lungo e affilato. Me lo infilo tutto in bocca e scendo e salgo come se facessi un pompino. L’ho visto fare talmente tante volte, sul prode samurai che stringo fra le cosce, che anche da un’altra angolazione so riconoscerne la perfetta esecuzione.
“Qui io sono la regina incontrastata della casa, come altre donne che conoscerai. Abitiamo tutte in questa via. Il nostro rapporto, schiavo, somiglierà a un normale contratto matrimoniale. L’unica differenza è che tu sarai lo sguattero, il leccapiedi, il cane, il cavallo, il leccaculo, il cesso ed altre simpatiche cosine che ti proporrò,anzi, ordinerò, di fare per me”
“Sì, Padrona” dissi, inghiottendo un grumo di schifosissimo fango misto a saliva.
“Bravo, ingoia tutto. Non lo sputare, che alla padrona non piace vedere lo sputazzo del leccapiedi”
“Sì, mia Dea”
“Ora andiamo a casa, leccasuole. Voglio farti conoscere una persona”
“Chi, mia Padrona?”
“Tua figlia, per così dire…”
“Figlia?”
Cazzo, devo aver messa incinta quella vacca che voleva fare la Velina, l’anno passato. Vuoi vedere che ho spinto troppo in fondo col cazzo…ma lei, d’altra parte, si lamentava come una cagna in calore…
Jessica Alba si gira verso di me e senza spiegazioni mi rifila un ceffone che quasi mi rimanda da San Pietro. Stramazzo sul marciapiede e lei mi infila un tacco nella guancia.
“Stronzo, niente pensieri sconci o ti spiaccico sotto i piedi come una gomma masticata!”
“No, la prego…”
“Ora seguimi. E fallo a quattro zampe, come i cani. Impara a comportarti come si deve. In mia presenza dovrai essere sempre umile e sottomesso, inchinato come un quadrupede e con la lingua sempre a disposizione delle mie scarpe”
“Sì, Padrona”
Oi oi…moglie che mena e figlia illegittima, penso. La vedo assai bruttina. O meglio, la vedo bruttina prima che Jessica Alba mi rifili un calcio in faccia da rigore ai Mondiali. Faccio una capriola in aria e casco sul marciapiede come un tappeto sbattuto.
E’ l’ultima immagine che ricordo. Poi, con la voce della Padrona che mi rimprovera nuovamente…
“Se insisti con questi modi tracotanti trascorrerai in questa via un bel po’ di tempo”
…la mia coscienza collassa e svanisce nel nulla.

Atto III: Adorata figlia mia! (ovvero: Ma quella vacca di tua madre non poteva abortire al terzo mese? No, eh?)
Mia figlia ha tredici anni e un seno già florido come quello di una vacchina televisiva. Dicesi vacchina televisiva una di quelle telemignotte audacemente vestite (o per meglio dire svestite…) che sculettano su tavoli, divani e sgabelli. La osserviamo da fuori, attraverso la finestra. Io e la Padrona.
“Ehm…mia Padrona, non è che voglia avanzare una critica, eh? Sia mai…però io non mi sono mai sposato e non ho mai prolificato….anche se non capisco come mai nessuna donna abbia mai voluto produrre prole usufruendo del mio uccello…”
La Padrona si gira e mi rifila uno scapaccione forte sulla gota.
“Stupido ignorante, ti ho già raccomandato di non pronunciare volgarità, in mia e altrui presenza”
“Mi scusi”
“Lei non era tua figlia nel mondo terreno”
“Infatti”
“Lo è da adesso”
“Ah”
“La dovrai accudire, proteggere e adorare come fai con me”
Quindi niente pompini, via. Peccato perché con quelle labbra languide…
Il tacco di Jessica Alba mi penetra nelle costole come un pugnale.
“Aaahh…”
“Mamma, è questo il nuovo papà?” chiede mia figlia acquisita, fuoriuscendo da casa con un sorriso sbarazzino.
E’ vestita leggera, pantaloncini di jeans corti che lasciano in bella mostra le gambe, una camicetta nera a mezze maniche e delle infradito rosa.
La Padrona mi toglie la scarpa dal fianco e risponde “Sì, Martina, cara. E’ il nuovo papà destinato a sgabello, leccapiedi, leccaculo, cavallo, cane, orinatoio, schiavo, sguattero, autista, portapacchi, facchino, zerbino, scendiletto ecc…ecc…”
Ecc…ecc…? Che altro dovrei fare?
“Lo posso usare subito?” chiede allegramente la ragazzina.
“Non vedo perché no” dice la Padrona. Mi rifila un calcio col tacco e ordina “Schiavo di merda, da questo momento obbedirai a Martina”
“Sì, Padrona”
“Leccale i piedi”
“Sì” Mi avvicino a quella ragazzina che ha meno della metà dei miei anni e appoggio le labbra sui suoi piedi. Lei, senza perdere assolutamente il sorriso, mi avvicina di più l’estremità alla bocca e solleva un poco la suola della ciabattina sinistra.
“Schiavo, lecca bene anche le infradito” dice.
“Sì, Martina…”
E come mi sarei dovuto aspettare….PAM! Un calcio in faccia dalla ragazzina e un pestone deciso da Jessica Alba.
“Martina?! Martina?! Come osi chiamarmi per nome, cane peccatore?” grida la mia nuova dominatrice “Io per te sono la Padrona”
“No, aspetta, sono io la Padrona” dice la più matura dominatrice che ho alle spalle “Qui si può ingenerare confusione terminologica”
Oh, alla fine l’hanno capito…
“Tu sta zitto, porco” ribadisce Jessica Alba, assestandomi un calcio nel fianco.
“Ecco, tu taci”
Anche Martina mi rifila un calcio in faccia.
“Ecco, allora…io sono la Padrona e tu sarai la Padroncina” dice la più grande.
“Humm…va bene, può andare” dice Martina.
E io che sarò, mi domando.
Le due si mettono a ridere sguaiatamente.
“Tu sarai lo schiavo leccapiedi, zerbino e tutta quella roba che ho detto prima. Non mi va di ripetere” dice la Padrona “Ora io vado a lavorare. Ci vediamo stasera. Nel frattempo occupati di lui, Martina”
La piccola mi fa un cenno con una mano.
“Seguimi in casa”
Obbedisco senza fiatare.
L’abitazione è carina. Molto. Sia di fuori che di dentro. Il salotto è luminoso e ben arredato. Uno stile elegante ma giovane.
Martina si siede sul comodo divano e mi indica il pavimento di fronte ai suoi piedi. Eseguo ancora una volta trattenendo rimostranze e pensieri sconci.
Riesco persino a non pensare…brutta cagnetta insolente, se fossi libero di fare quello che vorrei ti prenderei per il collo e giù ceffoni fino a incastrarti la testa fra le scapole…
Invece no, riesco a svuotare la mia brillante mente creando un muro impenetrabile.
“Leccami i piedi, cane”
Mi prostro di più fin quasi a raggiungere con la bocca la superficie del pavimento e inizio a leccare il dorso dei piedi di Martina. Lei nel frattempo si mette a ridere di me e di quello che sto facendo. Mi osserva dall’alto come se fossi un insetto.
“Lecca, lecca per bene, cane schifoso. A voi uomini piace dominare le donne, eh? Ai posti di comando ci andate voi e a noi toccano i posti da segretaria! E magari la segretaria deve anche andare a letto col capo, di quando in quando, sennò rischia il licenziamento…tu l’hai mai fatto?”
“No” rispondo.
Si, penso. E tante di quelle volte che tu non riusciresti neppure ad immaginare.
“Cane bastardo!” grida Martina, udendo il mio pensiero come una sirena all’altoparlante.
Mi schiaccia la testa sotto un piede e urla
“Fai schifo! Non ti reputi nemmeno degno di appartenere alla razza umana! Lurido, disgustoso maiale!”
“Sì, Padroncina” riesco a gemere, mentre continuo a leccare un piede della ragazzina e sopporto la pressione dell’altro sopra la testa.
Martina si allontana da me solo per prendere lo slancio con una gamba, dopodiché mi piazza una suola di infradito in piena faccia. Vedo tutte le stelle dello zodiaco, comprese Antares e Betelgeuse. Quaggiù in Paradiso le donne sono forzute come Xena, la principessa guerriera.
Ed il non sono certo Hercules. Ho allenato la mente, io, non i muscoli! Non sono mica Costantino Vitagliano, o un calciatore!
Perciò mi rialzo a fatica. Martina, nel frattempo, infierisce. Mi calpesta, mi saltella addosso come una furia e mi insulta chiamandomi porco, maiale, carogna e bastardo. Tutti appellativi che a dire la sincera verità mi fanno un cazzo, visto che in vita mi sono stati rivolti decine e decine di volte.
“Ora aprì la bocca, porco”
Martina mi sputa in gola una, due…dieci volte.
“Ecco, mi hai fatto seccare la gola, stronzo di un peccatore!” mi rimprovera “Ora vammi a prendere qualcosa da bere”
“Sì, Padroncina. Subito”
Mi dirigo in cucina a quattro zampe. Non so come mai ma la posizione delle stanze di questa villa mi è nota. Prendo una lattina di Paradise-Cola dal frigorifero e ritorno in salotto. Martina ha stese le gambe sul divano e si è tolte le ciabattine.
Non appena le porgo la lattina mi tira un calcio in faccia.
“Aprila, prima, stronzo”
“Sì, Padroncina”
Apro la linguetta della lattina e gliela rendo.
“Ah, bene. Ci voleva proprio”
Io, nel frattempo, mi rimetto a leccare i suoi piedi.
“Allora, porco maschilista, vedo che cominci a gradire i miei piedi”
Tento per l’ennesima volta di arginare i miei pensieri. Di focalizzare la mente su Sì, Padroncina e quelle cazzate lì. Resisto per un po’, ma alla fine l’istinto prevale. I pensieri escono tutti in un colpo solo come l’acqua dall’argine di un fiume.
Piccola arpia. Se ti mettessi in mano la fava, allora comincerei a gradire. Ce l’ho talmente grossa che ti slogo il polso. Poi te la sbatto in bocca fino alla radice e ti faccio uscire la cappella dalle orecchie, e intanto ti piscio nella scatola cranica e poi ti ci caco, anche…brutta sgualdrina piccola e stronza…
Martina si mette seduta sul divano, piega le ginocchia contro l’addome e le ristende di colpo, infilandomi quindici centimetri di piedi nella bocca dello stomaco. Mi piego in due come una sedia a sdraio e mi schianto contro il muro. Ha una forza titanica. Scende dal divano e mi viene incontro.
“Pezzettino di merda sciolta” dice “ora ho paura che tu ti sia proprio meritato una lezione. Lo sai che io sono un po’ cattivella?”
“Sì, Padroncina”
“Sei stato bravo a trattenere la tua squallida natura di uomo di merda tanto a lungo, ma ora ti sei rivelato per quello che sei veramente”
“Sì, Padroncina”
Cazzo…
“Ecco, metterò in conto anche questa volgare espressione”
“Sì, Padroncina”
La vedo brutta.
“Lo puoi dire forte, papà caro. Sai come mi piace punire gli schiavi disubbidienti?”
“No, Padroncina”
“Eh eh…lo vedrai presto. Sappi solo che siccome sei già morto, non posso ucciderti una seconda volta. Quindi posso divertirmi con te finché ne ho voglia…farti cose che sulla terra potrebbero risultare molto, molto pericolose in tutta tranquillità”
Ora sono nella merda.
“Nella merda? Che bell’idea! Bravo, papà. Cominceremo proprio dalla merda!”
Mi appose al collo un pesante collare di metallo e ad esso fissò un guinzaglio di brillantini.
“Vieni con me in giardino, pezzo di maiale. Da questo momento si gioca a modo mio”

Atto IV: Martina mi dà tante botte
“Ah ah…schiavo, intanto mettiti qui davanti a me e inizia a contare” dice la ragazzina, sedendosi comodamente sulla panchina in giardino.
Mi metto in ginocchio di fronte a lei, capo prostrato a terra, fronte a sfiorare l’erba. Ah, l’erba! L’erba…dolci, fumosi ricordi…
Quante battaglie vinte, io, te e la cartina dello spinello! Quanti ricordi! E ora sei solo un verde tappeto appena intinto di rugiada sul quale questa giovane megera mi schiaccerà a pedate!
“No, schiavo, solleva la faccia…schiena verticale, sennò ti viene la scoliosi”
“Sì, Padroncina”
“Pronto a contare?”
“Sì”
Il primo calcio mi arriva in piena faccia. Come i precedenti non lo vedo arrivare. Annaspo e rotolo sul prato.
“Ma dove vai? Ti ho detto di tenere il conto, non di saltare via!”
“Sì, Padroncina”
Oi oi, che male!
“Fa male, eh?”
“Sì, Padroncina”
“Bene. Bravo, trattieni i cattivi pensieri. In Paradiso, fra nobili entità angeliche e anime pie non è tollerata la volgarità. Hai inteso, merdaccia umana spalmata sotto una suola del cazzo? Brutto figlio di vacca cacato a furia da una topa pustolosa?”
“Sss…sì…credo di sì, Padroncina”
Non appena mi riavvicino, Martina mi rifila un secondo calcio in faccia.
“A quanto siamo?”
“Due”
“Ah”
Pam, altro calcio sul naso. Sento il setto nasale che si pianta fra le cavità oculari e il sangue che defluisce dal cervello.
“Conta”
“T…tre”
E SLAM! Questa volta di tallone.
“Quattro”
“SPONG! Di dorso, come battere un rigore.
“Cinque”
SBOT!! Uno forte, dato di taglio.
“Sei”
“Come va?” chiede la piccola Dea.
Non sono in condizioni di rispondere. Ho la mente annebbiata e gli occhi mi lacrimano copiosamente.
SPATUM!! Doppio calcio a piedi uniti
“Sette”
Come mai insisto a contare, mi chiedo. Non capisco più un cazzo e le labbra si muovono da sole.
STUNF!! Di punta, nella gola.
Il respiro mi viene a mancare.
“O…ooo…”
“Ma conta bene!” protesta la Padroncina “Non si capisce nulla”
“S..scusi, Padroncina”
Insomma non ve la faccio lunga dieci pagine sennò vi rompete i coglioni. Vi basti sapere che fra SPATUM!!, STUNF!!, SBOT, SPONG e altra roba di quel genere, la mia faccia sanguinava da ogni pertugio naturale più altri sei o sette che Martina aveva realizzato per l’occasione.
E quando vedo gli incisivi superiori cadere sul prato a seguito di una tallonata un po’ troppo forte (come le altre) in piena bocca, inizio a preoccuparmi seriamente.
Sto rischiando la vita per i capricci di Martina. Ma ciò che mi tiene incollato a quel giardino, in ginocchio, a ricevere il pestaggio, sono le risate della ragazzina. Si diverte, capite? Ride come una fanciulla a cui hanno appena regalato un cucciolo da amare.
E intanto io prendo i calci in faccia. La mia maglietta è coperta di schizzi di sangue e macchie di clorofilla.
Gli occhi non vedono più, coperti come sono di sangue e lacrime. Le labbra sono tanto gonfie da impedirmi di spiccicare parola. Non voglio pensare a quale colore abbia la mia faccia.
Viola, probabilmente. Oppure nera. Questo, ovviamente, togliendo il rosso e il verde da sopra. Il mio volto deve essere più una bandiera, che un viso umano. Una bandiera di quale paese? Non lo so. Quale bandiera è fatta di rosso, verde e viola?
Boh?
Non ha importanza. Martina ride e colpisce, le sue belle gambe affusolate e abbronzate sfrecciano nel vuoto sbattendomi come un tuorlo d’uovo nella cazzeruola. La mia testa è un’omelette. E cosa strana, lo noto fra una lacrima e un molare che parte chissà per dove, i piedi di Martina sono puliti e lindi come all’inizio della punizione. Non una macchia di sangue, non una goccia di sudore.
“Allora, schiavo?” dice la Padroncina “Hai tenuto il conto?”
Non ho la forza di replicare, neppure quella di aprire bocca. Non ho neppure la forza di pensare. A cosa dovrei pensare, dopotutto? A mandarla a fare in culo?
“Bene, sono stufa. Questo giochino mi ha annoiata” dice “Perché non inventiamo qualcosa di più originale?”
Originale? Ho un brutto presentimento.
“E fai bene ad averlo, caro sfruttatore di ragazze indifese. Su, vieni”
Mi fa strada verso il retro della villa.
Prima posso raccogliere i miei denti?
Martina si ferma, si rimette le infradito e con un preciso colpo del piede rifila un calcio ai miei molari, lanciandoli in orbita geostazionaria.
“Ecco fatto. Hai fatto bene a ricordarmi i tuoi denti. La mamma non vuole schifezze, in mezzo al prato”
Addio denti. Anche con loro, quanti bei ricordi! Quei morsi a tutta bocca che davo sul culo delle aspiranti veline, letterine e altre stupidine televisive. Aaahhh, che goduria! Quelle belle chiappotte sode, quelle cosce morbide, quelle tette saporite seppur rifatte con materiali sintetici…
E ora tutto questo finirà, sotto le suole delle infradito di una ragazzina che non ha mai letto capolavori della letteratura italiana del tipo Come salvare l’ecosistema mondiale senza megaconcerti del cazzo voluti da Al Gore, oppure Come mandare in pensione Maurizio Costanzo e migliorare un po’ la condizione televisiva italiana.
Nel frattempo Martina mi strattona col guinzaglio, costringendomi ad arrancare sul prato dietro di lei. Il movimento del suo sedere perfetto ha l’effetto di una calamita. Certo, da oggi non potrò più mordere alcun fondoschiena femminile.
“Eccoci arrivati a quello che presumibilmente è l’habitat naturale di un uomo di merda come te” dice allegramente la mia Padroncina.
Siamo davanti al pozzo nero. C’è un coperchio rettangolare di acciaio al carbonio come copertura. Martina lo solleva con irrisoria facilità adoperando un solo braccio. Nel pozzo vedo un lungo tunnel verticale colmo fin quasi alla sommità di un maleodorante liquame marron-nero. Ho le vertigini solo a starci accanto.
Martina mi fa avvicinare al pozzo e mi mette un piede sulla nuca.
“Assaggia” ordina.
“M….mmmhha…”
“Niente mugugni. Obbedisci”
Mi abbasso fino ad un palmo dalla superficie di quel mare di merda, ma più avanti proprio non ce la faccio.
Rischio di contrarre un’infezione, con tutte le ferite che ho in faccia.
“Ma ti preoccupi delle infezioni? Guarda che tu, caro ingannatore di ragazzine speranzose, sei già morto e sepolto. Il tuo vero corpo, in questo momento, è banchetto per i vermi”
Mi spinge ancora più in basso con il suo delicato, eppur fortissimo piedino.
“E poi tu sei un uomo di merda, dopotutto. E questa è merda. Siete fatti della solita sostanza”
Di colpo il suo piede mi spinge verso il pozzo e la luce viene sostituita da una densa oscurità che sa di bottino stagionato. Saranno anche anime pie, queste qui, ma la cacca la fanno come noi poveri diavoli! Che puzza! E che bei pezzettoni solidi, in mezzo a questo liquame sciolto!
“Vai sotto, schiavo! Vai sotto!” dice Martina spingendomi nella merda. Perdo l’equilibrio e il mio corpo si ritrova negli escrementi fino alla cintola. Come un provetto bagnino mi capovolgo nel bitume e inizio a dare bracciate per risalire in superficie. Ora solo la mia testa sporge dal catastrofico ammasso di escrezioni paradisiache.
La mia bocca devastata, in un ultimo, disperato tentativo, si prodiga in un “Aiutooooo!”
Martina, da fuori, mi guarda soddisfatta e mi pone un piedino sopra la testa.
Mi sento andare sempre più in basso. La merda delle mie padrone è come le sabbie mobili, a parte per il fatto che puzza come una discarica di stronzi.
“Sai cosa ho sempre desiderato, schiavo?” domanda Martina.
Sono troppo agitato per rispondere. Con le mani cerco di afferrare la gamba della Padroncina, ma quella si sottrae al mio abbraccio e torna a mettere il piede sopra la testa. Lo fa con indifferenza, come se per lei i miei movimenti avvenissero al rallentatore.
“Avrei sempre voluto uno schiavo sub. Sub nel senso di sommozzatore, eh? Non sub come sottomesso. Quello lo sono tutti gli schiavi, come te”
Mi spinge sotto e la merda mi arriva al collo.
Poi alla bocca. Un'altra spintina e sono agli occhi.
“Vediamo se con te riesco ad avere successo” dice la Padroncina “Su, vai sotto. Esplora la barriera merdolina…ah ah ah!”
Le mie mani affondano. La mia testa viene totalmente sommersa dalla merda e il respiro viene a mancare.
Neppure la soddisfazione di sapere che Martina si sarà sporcata la suola delle infradito con il liquame, naturalmente.
In questo Paradiso le leggi fisiche sono maledettamente di parte, come gli arbitri durante le partite della Juventus.
E con questa fanno due, è il mio ultimo pensiero. Le morti, intendo. La prima è stata una revolverata nella schiena. Pensai che fosse una fine banale. Beh, a questo giro mi sono proprio rifatto.
Con gli interessi.

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