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Le Nuove virtù (parte 1)

Tante volte le situazioni più strane possono nascere in modo impensato, imprevisto e quantomeno immotivato.

Tutto prese forma da una due piccole tragedie.

Mi trovavo infatti all’età di quarant’anni con un figlio di diciasette di nome Herman. La madre, una tedesca di nome Ingrid, l’avevo conosciuta durante una breve vacanza, ed avevamo passato dei bei momenti insieme, favoriti anche dalla calda estate e da alcune sonore bevute, che si perdonano ai ragazzi giovani.

Quello che non ci era stato perdonato era il sesso alquanto sconsiderato che facevamo in quelle serate estive, dove più volte, preso dal corpo flessuoso di Ingrid, ed inebriato dall’odore speziato della sua figa, l’avevo copiosamente riempita del mio seme.

Io ed Ingrid ci salutammo alla fine di agosto e dopo tre mesi, ricevetti il suo messaggio dove mi comunicava la notizia.

La feci scendere in Italia pronto a fare il mio dovere di uomo, ma la cosa non funzionò e dopo sei mesi dal parto Ingrid se ne tornò in Germania lasciandomi il piccolo Herman.

Lo allevai aiutato da mia madre che, sebbene non fosse scevra dal riproverarmi continuamente, data la sua rigida educazione cattolica, provava anche una piccola felicità stringendo fra le braccia il nipote desiderato.

Semplicemente come se ne era andata Ingrid si ripresentò una decina di anni dopo, si era sposata con un medico tedesco ed aveva due figli. Pur volendo conoscere Herman non manifestò mai l’intenzione di portarlo con se in Germania e così, dopo quella visita inaspettata, la nostra vita riprese con il consueto tran tran, Herman studiando e frequentando la scuola, ed io lavorando nel mio studio legale cercando di sopperire all’assenza della madre con le mie attenzioni nei confronti di quel figlio che consideravo già colpito dalla vita.

Mi rendevo conto che lo stavo viziando, ma non riuscivo a farne a meno ed a perdonarmi per la situazione in cui lo avevo cresciuto e che anche a scuola lo aveva reso il bersaglio di scherzi e battutine.

Herman, come già detto, era arrivato all’età di diciasette anni e come previsto era diventato un perfetto stronzo.

Si era trasformato nel classico bulletto radunando i compagni di liceo più borderline e spadroneggiando nell’istituto, perché forse i tedeschi, anche se mezzi, lo hanno nell’indole.

Venivo coninuamente chiamato dal preside per i comportamenti maleducati di Herman, e più volte dovetti appellarmi alla difficile situazione nella quale era cresciuto per evitargli la sospensione.

Fu proprio in una di queste occasioni che comincia la nostra storia.

Ero stato nuovamente convocato dal preside del liceo perché Herman, coadiuvato dai suoi sgherri, aveva pesantmente insultato e bullizzato un suo compagno di classe di nome Filippo.

Mi ero ripromesso che quella sarebbe stata l’ultima volta e avrei preso provvedimenti seri, ma non potevo evitare di presentarmi a quella convocazione.

Entrai quindi nell’ufficio del Preside dove trovai Herman, Filippo e la madre di Filippo, di nome Enrica.

Herman si era distinto in una nuova bravata. Con la sua squadra di sgherri aveva pesantemente insultato Filippo sotto le docce dopo l’ora di educazione fisica, per il suo aspetto femminile e, per usare le parole del Preside “ per la sua scarsa mascolinità”. Tutto sarebbe caduto nel nulla ma proprio in quel momento il professore era entrato in spogliatoio ed aveva sentito tutto e segnalato la cosa in presidenza.

Pur profondendo le più ampie scuse ed appellandomi nuovamente all’infanzia difficile di Herman, che così difficile non era stat cresciuto fra le attenzioni mie e della nonna, il Preside non si era potuto astenere dal predentere segni significativi di scuse entro sette giorni altrimenti avrebbe inflitto a mio figlio una lunga sospensione.

Ci salutammo tutti ed andammo a casa. Feci la voce grossa con Herman e lo obbligai a scusarsi pubblicamente con Filippo e per sancire la nuova pace organizzai una cena fra me ed Herman e Filippo e la sua famiglia.

Sapevo ben poco della famiglia di Filippo ed anche alla madre Enrica avevo dato un’occhiata distratta tanto ero furibondo del nuovo guaio di Herman, ma mi sembrava una buona politica per evitare la sospensione a mio figlo.

Feci fare l’invito ad Herman e ricevetti la conferma direttamente da Enrica che mi disse che si sarebbero presentati in tre.

Organizzai per il martedì sera seguente presso un noto locale del centro di Brescia. Io ed Herman arrivammo per primi e ci sedemmo al nostro tavolo.

Poco dopo giunse anche Enrica accompagnata da Filippo e da una ragazza che era la copia di Filippo ma vestita con abiti femminili.

Devo dire che fui abbastanza sorpreso, quando Enrica mi aveva detto che si sarebbero presentati in tre pensavo alla classica famiglia padre, madre e figlio, ma come appresi di li a poco le cose erano molto diverse.

Enrica mi presentò la figlia Eleonora, gemella di Filippo e tutti si sedettero e cominciammo a mangiare e conversare.

Devo dire che Herman si comportò egregiamente risultando anche simpatico. Forse estrapolato dall’ambiente scuola, dove da bambino aveva dovuto subire maldicenze e scherzi ed ora doveva fare il duro, il suo carattere non era poi così male.

Devo dire che avevo notato come Herman guardasse con estremo piacere Eleonora, che non aveva mai incontrato prima in quanto frequentava un altro istituto.

Era la prima volta che lo vedevo interessato ad una ragazza e ne ero compiaciuto. Speravo trovasse un’anima con la quale condividere le sue frustrazioni nascoste e anche per fare quelle esperienze adolescenziali che sono d’obbligo nella vita.

In un serata conviviale, avevo anche io notato Enrica, e mi rammaricavo di non averlo già fatto durante la riunione in presidenza.

Era una bella donna, capelli lunghi e castani un petto florido, gambe lunghe che evidenziava ancora di più portando i tacchi alti ed un bel sedere chiuso nella gonna che le arrivava al ginocchio.

Il viso era di un candore quasi pallido, che però le faceva risaltare gli occhi di un blu profondissimo ed intenso, capaci di raggiungerti anche se eri immerso in un altro universo.

I figli gemelli avevano ereditato la sua bellezza ed i suoi colori. I fianchi stretti di entrambi e le labba rosse e tumide, il colore niveo della pelle e le gambe affusolate.

Si distinguevano solo per i capelli lunghi e per l’accenno di petto che, seppur ancora poco florido, caratterizzava Eleonora rispetto a Filippo.

Durante la cena uscì la loro storia triste.

Il marito di Enrica era morto in un incidente d’auto lasciandola sola con i gemelli di quattro anni.

Anche lei era stata aiutata dalla sua famiglia nell’allevarli ma differentemente da Herman che aveva reagito sviluppando un caratere ribelle, i suoi figli le si erano attaccati morbosamente soprattutto il maschio Filippo, fino ad assorbire ogni minuto della sua vita.

Si stabilì subito una grande empatia fra me ed Enrica, forse per la stessa vicenda d’abbandono, e, dato il buon esito della serata, e la scintilla scattata fra Eleonora ed Herman, ci ripromettemmo di rivederci nuovamente e ci scambiammo il numero di telefono.

Da quel momento le cose a scuola cambiarono Herman divenne il protettore di Filippo. Lo difendeva dagli scherzi e dalle ingiurie degli altri studenti e la vita scolastica per lui diventò più semplice.

Inutile dire che Herman ed Eleonora divennero inseparabili, mentre Filippo continuava ad essere morbosamente legato alla madre.

Io ed Enrica, invece, cominciammo a chattae, scherzando e ridendo e mi ritrovai sollevato come non mi sentivo da lungo tempo.

La invitai una sera a cena e dopo qualche bicchiere di vino feci scendere il discorso sul personale e sessuale in modo da riscaldare l’ambiente.

Enrica mi rivelò che dalla morte del marito aveva avuto pochissime esperienze e molto fugaci in modo da tenere all’oscuro i figli.

Era felice che Eleonora si fosse incollata ad Herman, ma Filippo le stava ancora addosso, ed anche per godersi quella serata si era dovuta inventare una scusa di lavoro.

Avevo deciso di rompere gi indugi e dopo cena la portai in un appartamento riservato che avevo affittato per incontrare le amiche lontano dagli occhi di Herman.

Lei fu felice di tale discrezione e già mentre salivamo le scale le nostre lingue si erano intrecciate e ci baciavamo avidamente.

Enrica era molto calda, non passò molto che le sue mani raggiunsero il mio cazzo duro e sodo e fu piacevolmente colpita dalle sue dimensioni.

Mi disse “scopami forte...ho avuto pochi amanti ed anche quelli te li raccomando...ora prendimi”.

None ravamo ancora sulla porta di casa che le mie mani stringevano i suoi capelli e la bocca abusava delle sue labbra.

Ho sempre prediletto il sesso duro ed Enrica desiderava essere scopata fortemente.

Il mio appartamento era l’unico del pianerottolo per cui non c’erano occhi indiscreti a spiarci.

La sbattei contro l porta e la girai baciandola sul collo.

Le alzai la gonna e mi abbassai verso il suo culo prominente culo iniziando a leccarlo ed affondando nel buco in profondità.  

Le sentivo lo sfintere cedere al mio slinguare..inumidirsi ed affondare nuovamente mentre con le anche Enrica si spingeva verso di me per sentire il mento contro le pareti della figa estremamente bagnata ed umida.

Le leccavo il culo mentre assaporavo anche i suoi umori che cospargevano il mio viso dell’acre secrezione femminile.

“Nel culo non lo ho mai fatto…” mi sussurrò Enrica tra un respiro ed un altro, pur non ponendo alcun veto a quel nuovo piacere.

Aprii la porta e la spinsi sul pavimento tenendo le natiche ben prone verso di me, ed in maniera animalesca le alzai la gonna e le spostai il perizoma che orami era unicamnete una pezza fradicia.

Sputai su quel culo sodo già colmo della mia saliva e mi slacciai i pantaloni facendo fuoriuscire il mio imperioso cazzo che turgido e venoso si ergeva prepotente della sua preda.

Enrica lo vide di sottecchi e strinse i pugni mentre con le dita le allargavo lo sfintere.

Iniziai inserendo la cappella nel suo culo dilatato e le dissi “ora soffia per abituarti e respira regolare”.

I primi affondi in quello stretto pertugio furono difficili ma con sapienza e sputando ogni volta che uscivo mi introdussi nel buco per tutta la lunghezza del mio cazzo.

Ai primi cenni di sofferenza seguirono i mugolii di Enrica e li capii che superato il colletto anale si stava abituando al piacere frammisto al dolore, e cominciai a spingere prima con delicatezza e poi con vigore.

Le spingevo il mio cazzo per tutta la lunghezza nel culo fuoriuscendo fino alla cappella per poi riaffondare con estrema forza e sentire il rumore dei coglioni che rimbalzavano sulle pareti dello sfintere.

La figa era oscenamente bagnata e già stava formando una piccola pozzanghera quando Enrica urlo il suo orgasmo librando suimultaneamente una pisciata ed annaffiando tutto il pavimento.

I brividi le percorrevano il corpo ed i vestiti erano zuppi di quel frammisto di secrezione, urina e sudore il cui odore mi mandava in estasi.

Mi tolsi dal suo culo e la feci riprendere baciandola avidamente ed aprendole la camicetta per succhiare i suoi seni che avevo trascurato nella smania del primo orgasmo anale di Enrica.

La presi e la portai sul tavolo della cucina e fatta stendere sulla schiena misi le sue gambe intorno al mio collo.

La gonna era orami all’altezza dell’ombelico e di fronte a me Enrica a gambe divaricate e con il seno che fuoriusciva era uno spettacolo che avrebbbe mandato in visibilio anche un santo.

Il mio cazzo era ancora duro e benchè la figa fosse fradicia mi chinai fra le cosce lappando come un cane dalla ciotola, il piacere dalla vulva.

Il sapore dell’urina si impadroni delle mie papille gustative ma non smisi di leccare avidamente salenndo anche a succhiare il poderoso clitoride che si ergeva ben esposto dalle grandi labbra.

Enrica continuava a mugolare e godere, e dalla sua bocca provenivano solo mezze frasi incomprensibili.

Mi rilzai e le misi il cazzo in figa.

Ovviamente non trovai le resistenze del buco del culo per cui affondai spietatamente son dal primo minuto.

Mi accorsi subito che Enrica gradiva i forti colpi del mio bacino e voleva essere sbattta e sfondata, senza molte delicatezze.

Io seguivo il suo desiderio prendendole le cosce e tenendola con le gambe ritte intorno al mio collo mentre la riempivo senza alcuna remora.

Scoprii che era multiorgasmica e perciò fu un continuo di venute anche bagnate che avevano ricreato anche in cucina la pozzanghera dell’ingrezzo.

Sentii montare anche il mio orgasmo, serrai le mani intorno ai suoi seni lasciando le cosce e con tre/quattro spinte ancor più vigorose la riempii copiosamente del mio sperma noncurante di averla impregnata.

Esaurito il seme levai il cazzo e lo portai alla sua bocca facendomi ben pulire la cappella.

Le concedetti un attimo per riprendersi ed Enrica vide di sfuggita l’orologio della cucina.

“Cavolo sono già le 11:30!! Filippo sarà in crisi devo andare velocemente!!”;

Le consigliai di almeno farsi una doccia che non poteva andare a casa in quelle condizioni.

Enrica convenne con me che era meglio darsi una riassestata, andò in bagno, fece na doccia e poi molto frettolosamente scendemmo entrambi dal mio appartamento clandestino per tornare a casa.

Il giorno dopo Enrica mi confidò di aver trovato Filippo molto agitato che la stava aspettando. Aveva dovuto rassicurarlo e calmarlo per più di un’ora quando, finalmente, aveva potuto coricarsi e riposare il buco del culo che quella sera aveva avuto la sua inaugurazione.

Da quel giono io ed Enrica diventammo quello che si suol definire una “coppia aperta clandestina”. La sua sessualità da tempo repressa era esplosa e ben presto iniziammo ad allargare la nostra frequentazione anche ad altre persone lanciandoci in giochì sia con coppie che con donne e uomini.

Enrica era molto appagata da tale situazione ma sapevamo entrambi che sarebbe stata una cosa passeggera.

I nostri giochi avvenivano la mattina quando i figli frequentavano la scuola e, dato che Herman dopo il fidanzamento non mi aveva più creato alcun problema, noi eravamo liberi di dare sfogo alle nostre più intense depravazioni.

Non intendevamo essere una coppia fissa perché la nostra gande intesa e fame sessuale none ra seguita dal sentimento che deve seguire una coppia ed anche in virtù del fatto che la relazione tra Herman ed Eleonora proseguiva a gonfie vele tanto che i due avevano deciso di trasferirsi a Parma ove avrebbero iniziato a  frequentare la stessa università.

Io ed Enrica, nonostante non approvassimo pienamente tale decisione, non avevamo potuto oppore nulla e così il settembre successivo Herman ed Eleonora si trasferirono nell’appartamento di Parma.

Filippo invece aveva deciso di rimanere a Brescia e frequentare giurispruidenza. Non riusciva a staccarsi dalla madre, ed Enrica mi aveva confidato che nutriva un profondo affetto per me e che aveva deciso di seguire quel corso per ripercorere le mie orme.

Fui lieto di quella decisione e, dato che Herman invece si era aveva preso una strada totalmente diversa, proposi a Filippo durante l’estate di venire nel mio studio ad iniziare a respirare un’po’ di aria legale.

Volevo anche dare una mano ad Enrica che con due figli all’università a volte faticava a far quadrare il bilancio per cui approfittavo di quella sorta di praticantato per dare una piccola paga a Filippo che ben presto si rivelò un aiuto prezioso.

Accadeva più volte che ci dovevamo trattenere fino a tardi presso lo studio per redigere atti o preparare processi e lui ottemperava ai suoi obblighi senza mai protestare o recriminare.

Alcune mattine, e questo a mia colpa, approfittavo di lui inviandolo in tribunale per varie commissioni in modo di poter organizzare con Enrica qualche gioco con coppie o  amici ed abbandonarci così alle nostre amate sconcerie.

Il creuccio che avevo era quello di non aver mai visto Filippo in compagnia di una coetanea. Aveva diverse amiche ma nessuna con cui aveva un atteggiamento affettuoso oppure per la quale mostrasse interesse.

Ricordavo bene che Herman, prima della fatidica cena lo aveva più volte additato come frocio e del fato che gli insulti sotto la doccia avevano ad oggetto la sua scarsissima virilità.

Le cose poi erano cambiate e quegli accenni erano finiti nel dimenticatoio.

Filippo d’altro canto era più bello come donna che come uomo.

Era uguale fisicamente a sua sorella ed anche il suo volto era molto femminile. A tutto ciò aggiungeva un atteggiamento ambiguo che lo rendeva quasi civettuolo.

Più di una volta, quando la stanchezza del lavoro si faceva sentire, lo avevo scambiato per sua sorella e lo avevo chiamato Eleonora, scusandomi poi sempre prontamente.

Aveva poi riversato su di me una parte dell’affetto che lo legava alla madre, dimostrandomi un attaccamento che a volte mi metteva a disagio.

Era una sera di lugio quando io e Filippo ci eravamo dovuti fermare a lungo per disctere su un processo.

Le sue indicazioni erano decisamente sensate ben più di quelle di un diciannovenne al primo anno e mi era di aiuto nel focalizzare i punti fondamentali della controversia.

Era una serata molto calda ed il condizionatore non mitigava l’afa.

Ad un tratto, per il calore e la stanchezza, mi assopii leggermente sulla mia comodissima poltrona di studio, quando nel dormiveglia mi sembrò di vedere Eleonora entrare dalla porta della stanza.

La mia illusione venne e toccandomi il petto con una mano posò le sue labbra sulle mie baciandomi con piacere ed avidità.

Mi ripresi un attimo e mi accorsi che non era Eleonora ma bensì Filippo che con  la lingua ricercava le mie labbra.

Feci per allontanarlo ma la lussuria prese il sopravvento e isposi a quel bacio delicato e femminile come se fosse stata la ragazza di mio figlio ad estirparmelo dalle labbra.

Le mani di Filippo scesero sul mio petto aprendomi la camicia e tastandomi il torace, mentre le labbra continuavano a baciarmi.

Quel caldo bacio misto al sogno mi eccitò completamente ed il cazzo divenne subito duro.

Le mani di Filippo scesero ancora fino ad aprire la mia patta e far uscire il pene durissimo.

Si staco dal mio viso e iniziò a pendermi il cazzo in bocca. In modo delicato succhiando la cappella e scendendo verso l’asta.

Con le mani mi tastava il torace e con l’altra i coglioni pentre la bocca succhiava il cazzo cercando di affondarvi in profondità.

Il risucchio dava i suoi effetti ed allora gli presi la testa con la mano e spinsi il cazzo completamente nella sua gola.

Dopo circa 10 minuti di profonde leccate gli sborrai in bocca.

Filippo deglutti senza problemi nutrendosi del mio sperma, mi guardò e fuggi via dall’ufficio.

Rimasi alquanto spiazzato e non dissi nulla chiaramente ad Enrica, e andai a casa riprommettendomi che nn sarebbe più successo nulla.

Per  un paio di setimane Filippo, con la scusa di dover preparaare un esame, quando prima aveva sempre studiato alla sua scrivania, non si presentò in uffico ed allora decisi di chiamarlo per chiarire quello che era successo.

Onde evitare occhi indiscreti gli dissi di raggiungermi all’appartamento dove incontravo sua madre, ed ero deciso a farlo tornare e invitandolo a dimenticare quello che era acccaduto.

Filippo arivò puntuale vestito in jeans e maglietta con uno zainetto.

Lo feci entrare e gli chiesi se voleva bere qualcosa. Mi disse di no e se poteva usare il bagno.

Mentre lo aspettavo ripercorsi tutto il discorso che volevo fare e mi sedetti sul divano.

Srntii la porta aprirsi ed usci Filippo.

Aveva rubato un completino intimo ad Eleonora e lo indossava come fosse lei.

Completamente glabro, e truccato quasi maniacalmente, aveva il perizoma nero della sorella che gli copriva il buchetto del culo ed il reggiseno.

Le labbra oscenamente rosse lo fcevano apparire come una consumata puttana mentre il pesante trucco agli occhi accentuava il blu pofondo del loro colore e li rendevano ancor più ammalianti.

Il cazzo era praticamente invisibile, Herman aveva ragione quando diceva che era poco dotato.

Era come aver di fronte Eleonora, sembrava lei e lo chiamai con quel nome.

“sono Filippo non Eleonora…ti piaccio?”

Venen verso di me e non potei opporre resistenza. Il piacere e la Lussuria si impossessarono di me ed iniziai a baciarlo furiosamente sporcandomi di quel rossetto da troia.

Come la madre anche Filippo voleva essere sbattuto per cui senza tante remore estrassi il cazzo già duro dai pantaloni e cominciai a darglielo fra le labbra. Lui succhiava e mugulava riempiendomi il pene di saliva e leccandolo fino alla base.

Il suo cazzettino sembrava un clitoride troppo cresiuto e si irrigidiva mente la gola si riempiva del mio cazzo poderoso e duro come non mai.

Spostai la sua boicca e mi abbassai i pantaloni lo presi per i capelli e mi feci leccare i coglioni ed il buco del culo. La sua lingua con un unico movimento passava dal culo ai coglioni lasciando l’impronta come una lumaca sul mio scroto.

Finito quel trattamento lo feci alzare spostai il perizoma e lo inculai senza ritegno.

Trovai il buco del culo molto elastico e gli dissi “troia chi ti ha sfondato il culo!”.

“Da solo con un vibratore in camera mia!!! Ma così è diverso!!”.

Spingevo senza ritegno aprendogli le natiche e sfondandolo con forza.

Dal suo cazzettino uscì un ivolo di sperma che bagnava il perizoma della sorella mentre il mia imperiale cazzo gli dilatava l’ano in modo disumano.

Lo avevo fatto sborrare ed allora anche io decisi di inondargli il cuco del culo.

Lo strindi per le spalle e lo sgìbattei con brutalità fino a quando dal mio cazzo uscirono cinque getti caldi che gli colmarono lo sfintere.

Lo feci scendere da me e rimase li esausto con il vbuco del culo colmo veso di me a godersi ancora i residui dell’orgasmo.

(FINE PRIMA PARTE)

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