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Omosessualità

Omosessualità







La parola omosessualità definisce l'attrazione sessuale e/o affettiva di alcuni individui verso altri del loro stesso sesso; si differenzia dalla eterosessualità, che vede l'attrazione verso persone dell'altro sesso, e dalla bisessualità, che indica l'attrazione per individui di ambedue i sessi. Tali definizioni riguardano la sfera dell'orientamento sessuale umano, distinto dall'identità di genere fra le cui manifestazioni è compresa la transessualità.




Etimologia 


Il termine omosessualità è la traduzione italiana della parola tedesca Homosexualität (creata fondendo il termine greco "omoios", che vuol dire "simile", e il termine latino "sexus", che vuol dire "sesso"), dalla quale poi sono derivate le traduzioni in tutte le altre lingue. Fu coniato nel 1869 dal letterato ungherese di lingua tedesca Károly Mária Kertbeny (1824-1882) (nato Karl-Maria Benkert) che lo usò in un pamphlet
anonimo contro l'introduzione da parte del Ministero della Giustizia
prussiano di una legge per la punizione di atti sessuali fra due
persone di sesso maschile. Sempre Benkert coniò i termini di
"Normalsexualität" (normosessualità) e "Doppelsexualität"
(bisessualità). Solo negli Anni '20 si farà strada il termine di "eterosessuale".










Benkert non era un medico né uno scienziato, bensì un letterato e
soprattutto quel che oggi definiremmo un "militante" omosessuale. La
sua creazione di questo termine fu dunque non un tentativo di
medicalizzare il comportamento omosessuale (come spesso, e a torto, si
legge), ma più semplicemente il tentativo di creare un termine
moralmente neutro che sostituisse quelli in uso all'epoca, soprattutto "pederastia", "sodomia", "omogenia" ed "androtropia". Del resto, negli stessi anni anche Karl Heinrich Ulrichs (1825-1895), un altro militante, aveva coniato allo stesso scopo il termine uranismo, che inizialmente ebbe maggior successo. Nel 1880 il termine "omosessualità" fu ripreso in un'opera scientifica di Gustav Jäger, Die Entdeckung der Seele, dal quale penetrò nella letteratura scientifica, che lo impose al grande pubblico, soprattutto attraverso la celeberrima Psychopathia sexualis di Richard von Krafft-Ebing, nella quale apparve a partire dall'edizione del 1887.

In Italia il termine apparve a stampa nel 1894; mentre l'aggettivo omosessuale era già apparso due anni prima, pur se destinato ad entrare nell'accezione comune solo a partire dagli Anni '30.


Nel corso degli anni il termine "omosessualità" ha assunto connotati
sempre più neutri, anche se il concetto in sé continua ad essere
considerato un tabù nella maggioranza delle culture. Negli anni Cinquanta e Sessanta una parte del movimento di liberazione omosessuale ha cercato di allontanare l'attenzione dal concetto di "sessualità", contenuto in questa parola, sostituendola con omofilia (dal greco omoios e filìa "affetto fraterno"). "Omofilìa" è però caduto in disuso, ed è oggi usato solo all'interno della comunità omosessuale, o da persone anziane, o per riferirsi specificamente a quel periodo storico ("il movimento omofilo
degli anni Cinquanta"). Con lo stesso intento di ricondurre
l'attenzione all'ambito dei sentimenti più che a quello della
sessualità negli ultimi anni è stato introdotta anche l'espressione
"omoaffettività".


In particolare la parola omosessualità ha sostituito, secondo le
intenzioni del suo creatore, termini usati nel passato come l'antico "sodomia", il cinquecentesco "vitio nefando", "inversione sessuale" (coniato nel 1870 da Arrigo Tamassìa)
e altri che avevano connotazioni moralmente negative o indicavano
deviazioni patologiche della sfera sessuale. Ha inoltre dato al
linguaggio corrente un'alternativa ai termini dialettali, che hanno
sempre in sé un significato denigratorio o spregiativo.


Nel caso di omosessualità fra donne, si parla di lesbismo (il termine deriva dall'isola di Lesbo, che fu patria della poetessa Saffo), termine preferito dal movimento lesbico-femminista; totalmente in disuso ed anzi offensivo il termine antico tribadismo (dal greco "tribàzo", "mi sfrego").



La nascita del movimento di liberazione omosessuale ha imposto in tutto il mondo il termine nato dal gergo omosessuale statunitense gay,
inizialmente usato soprattutto per gli uomini omosessuali, ma da
qualche anno usato frequentemente anche per parlare di donne lesbiche.


Un'ala del movimento di liberazione omosessuale (o "movimento LGBT") si autodefinisce inoltre provocatoriamente queer.




Definizione dell'omosessualità 


Definire chi sia la persona omosessuale non è cosa agevole. L'omofobia,
del resto, contribuisce a generare talvolta e in alcune culture una
situazione sociale pesante in cui le stesse persone omosessuali
rifiutano per prime, almeno in pubblico, la definizione di
"omosessuale".


Oltre a ciò, il confine fra eterosessualità
ed omosessualità non è affatto netto: vaste aree del comportamento
umano sfuggono a una definizione netta, ad esempio nel caso delle
persone bisessuali.


Oltre che da parte di persone che provano attrazione sessuale e/o
sentimentale sia per persone dell'altro che del proprio sesso (bisessualità in senso stretto), si possono verificare comportamenti omo- o bisessuali in molti altri casi, tra i quali:


  • comportamenti omosessuali indotti dall'assenza di altre possibilità di sfogo sessuale ("omosessualità situazionale",
    per esempio quella che si verifica nelle comunità di persone di un solo
    sesso, come le carceri, le caserme o i seminari. Essa è detta anche
    "omosessualità di compensazione" o, nei testi più antichi,
    pseudo-omosessualità, questa ultima definizione è ormai in disuso);
  • comportamenti omosessuali infantili e adolescenziali (o "giochi"
    sessuali), presenti soprattutto nelle società in cui i rapporti
    sessuali con persone del sesso opposto sono strettamente riservati agli
    adulti, tramite matrimonio o ricorso alla prostituzione ("omosessualità adolescenziale" o "transitoria");
  • comportamenti (anche) omosessuali da parte di persone affette da
    alcune patologie mentali, tali da rendere indifferenziato l'oggetto
    delle loro pulsioni erotiche;
  • comportamenti omosessuali motivati da ragioni estranee alla tendenza sessuale personale, come per esempio nel caso della prostituzione maschile,
    nella quale il bisogno economico può indurre a rapporti sessuali con
    persone del proprio sesso anche persone che non sono omosessuali esse
    stesse.

Normalmente, quando si parla di "omosessuali", non si
intendono le persone coinvolte nelle situazioni sopra elencate, bensì
le persone che provano attrazione in modo preponderante o esclusivo per
persone del loro sesso anche quando siano al di fuori da tali
situazioni. Tali persone ricercano rapporti affettivi e sessuali con
persone del loro sesso in base a una pulsione interna personale, e non
in base a una scelta indotta dall'ambiente o dalle circostanze.




Quante sono le persone omosessuali? 


Le valutazioni sulla consistenza numerica delle persone
prevalentemente o esclusivamente omosessuali sono, fra tutte quelle
legate all'omosessualità, le più soggette a contestazioni e polemiche,
poiché di forte impatto socio-politico.

La statistica è difficile perché la condizione omosessuale è vissuta
prevalentemente nella clandestinità, al punto che vi sono persone che,
pur avendo esclusivamente rapporti omosessuali, rifiutano egualmente di
considerarsi tali, per un fenomeno di dissonanza cognitiva.


Ne consegue che due ricerche, condotte sullo stesso campione,
otterranno cifre molto diverse a seconda del fatto di aver contato le
persone che si comportano da omosessuali oppure le persone che si definiscono
tali. Nel secondo caso le cifre possono essere molto più basse che nel
primo, e possono addirittura corrispondere allo zero, per esempio
interrogando popolazioni fra le quali il comportamento omosessuale sia
considerato gravemente infamante, o sia addirittura punito per legge.


In genere, le stime dei gruppi ostili al movimento gay tendono a
minimizzare la consistenza della minoranza omosessuale, e tendono
quindi a contare solo le persone che si definiscono espressamente tali.
In questo modo si può arrivare a stime anche inferiori all'1%.
Viceversa, le stime di persone legate al mondo omosessuale possono
ampliare la consistenza numerica della realtà omosessuale
comprendendovi per così dire "d'ufficio" anche le persone bisessuali
il cui comportamento sia prevalentemente omosessuale. In questo modo si
può arrivare anche a stime vicine al 10%. È opinione di molti che sia
corretto slegarsi da considerazioni morali socio-politiche, per
addivenire a qualsivoglia conclusione oggettiva su qualunque fenomeno
connesso con le scienze umane e sociali.




Le prime stime (sec. XIX) 


Le prime stime, opera di militanti omosessuali come Karl Heinrich Ulrichs, nel XIX secolo, valutavano la consistenza degli "uranisti" nell'ordine di una persona ogni diecimila, cifra che fu allora giudicata esagerata.


All'inizio del secolo XX il sessuologo e militante omosessuale Magnus Hirschfeld
scoprì, in un questionario fatto circolare fra studenti di sesso
maschile, una percentuale di omosessuali di circa una persona ogni
cento. Anche questo dato fu considerato eccessivo ed Hirschfeld fu
accusato dai suoi avversari di manipolazione deliberata dei dati per
"gonfiarli".




Il "Rapporto Kinsey" e la stima del 5% 


Quella di Hirschfeld rimase comunque l'unica stima scientifica disponibile fino al 1947, quando uscì il primo dei due volumi del celebre Rapporto Kinsey, dedicato al comportamento sessuale maschile.


Le statistiche fornite da questo Rapporto ebbero un effetto dirompente, suscitando un'infinità di polemiche. Alfred Kinsey
era un biologo e non uno psichiatra, ed ebbe l'idea di applicare anche
alla specie umana il metodo usato nelle ricerche scientifiche,
catalogando i soggetti in base non a ciò che dichiaravano di essere, ma
in base a quello che dichiaravano di avere fatto. Grazie a tale studio
scoprì che la maggior parte dei soggetti studiati aveva avuto
contatti sessuali protratti fino all'orgasmo con una persona dello
stesso sesso almeno una volta nella vita.


Inoltre, il 5% (una su venti) fra le persone studiate aveva avuto esclusivamente
rapporti omosessuali nel corso della sua vita dopo l'adolescenza, e un
ulteriore 5%, pur avendo avuto rapporti con entrambi i sessi, ne aveva
avuti in prevalenza col proprio sesso.


I dati relativi alle donne, editi nel secondo volume, nel 1953,
fornivano percentuali inferiori, ma confermavano che gli atti sessuali
fra donne erano enormemente più comuni di quanto si fosse ritenuto fin
lì.


Questi dati furono contestati con estrema violenza soprattutto da
coloro che, giudicando l'omosessualità un comportamento estraneo alla
natura umana, ritenevano poco credibile che la maggior parte degli
esseri umani l'avesse sperimentata almeno una volta nella vita. Per
screditare l'attendibilità dei suoi studi, Kinsey fu attaccato a
livello personale come pornografo, omosessuale e pedofilo.


Kinsey cercò di ribattere alle critiche con un ulteriore volume
della sua ricerca, che avrebbe dovuto essere il terzo, dedicato
esclusivamente al comportamento omosessuale, ma la Fondazione Rockefeller,
che lo aveva sin lì finanziato, poco soddisfatta delle polemiche
innescate dalla ricerca e soggetta a forti pressioni da più parti, gli
negò ulteriori fondi. La ricerca di Kinsey subì pertanto un drastico
ridimensionamento e da allora le ricerche sulla percentuale di
omosessuali sono compiute con estrema cautela, su campioni limitati,
spesso traendo conclusioni in base al modo in cui gli intervistati si
definiscono anziché in base al loro comportamento effettivo.


Per questo motivo la stima dell"'uno su venti" (cioè del 5%)
continua ad essere considerata come la più attendibile da un punto di
vista scientifico, al punto da essere adottata ufficialmente dall'OMS per valutare l'incidenza dell'omosessualità esclusiva all'interno della popolazione umana.




Bibliografia 


  • Cesar Tripp, La questione omosessuale, Rizzoli, Milano 1977.
    (Tripp, già collaboratore di Kinsey, racconta in dettaglio le reazioni
    causate dalla scoperta di una consistenza "eccessiva" di persone
    omosessuali, fino al taglio dei fondi).



Cause dell'omosessualità 


La domanda sulla causa dell'omosessualità ha suscitato, e non solo in tempi recenti, innumerevoli ipotesi e spiegazioni.

Le ipotesi proposte si dividono grosso modo in tre categorie:


  • Spiegazione innatistica ("omosessuali si nasce"). L'omosessualità è in qualche modo innata:

  1. vuoi per ragioni naturali, simili a quelle che portano naturalmente
    una certa percentuale della specie umana ad essere mancina anziché
    destrimane (cause cromosomiche; conformazione particolare del sistema
    nervoso o di una parte del cervello, specie l'ipotalamo). L'OMS definisce l'omosessualità "una variante naturale del comportamento umano", ma non ha preso posizione rispetto alla possibile causa di tale variabilità;
  2. vuoi per conseguenza di un vero e proprio difetto fisico (squilibri ormonali - anche durante la gravidanza),
  3. vuoi per altri motivi ancora (ad esempio alcuni autori greci parlano dell'influsso astrologico
    quale causa della determinazione della preferenza per le persone dello
    stesso sesso, ma questa chiaramente non è una spiegazione scientifica).

  • Spiegazione psicologica ("omosessuali si diventa").
    L'omosessualità è l'effetto di un differente sviluppo della psiche, in
    genere maturato da bambini o da adolescenti (così la pensavano in
    passato molte - se non la maggior parte - delle branche della
    psicoanalisi, della psichiatria e della psicologia). Oggi questa
    spiegazione ha perso consensi rispetto al passato, specie rispetto al
    secondo dopoguerra, quando era quella prevalente nel mondo scientifico.
  • Spiegazione volontaristica ("non esistono persone omosessuali, ma solo atti omosessuali'").
    L'omosessualità non ha "cause". Si tratta di un comportamento appreso
    ed acquisito, frutto della volontà del singolo individuo. Va da sé che
    questa teoria non spiega alcunché, anche perché ci sono persone che
    sono omosessuali fin dalla più tenera età (naturalmente non si tratta
    di persone che manifestano un'anomala e precoce sessualità omodiretta,
    ma persone che manifestano fin dai primi anni di vita un'affettività
    omodiretta). Del resto l'omosessualità si manifesta chiaramente anche
    in altre specie animali, a volte in forme anche piuttosto vistose. Fra
    coloro che sostengono la tesi volontaristica, le valutazioni divergono
    ulteriormente:

  1. per una parte dei sostenitori di questa spiegazione, quello
    omosessuale è un comportamento moralmente deviato, causato
    sostanzialmente dal vizio
  2. per un'altra parte, invece (il pensiero postmoderno e la teoria queer)
    è l'effetto della "educastrazione", che ha indotto dall'esterno le
    persone a rinunciare, in un senso o nell'altro, alla naturale bisessualità che caratterizzerebbe per natura l'essere umano.

È importante notare che nessuna delle teorie eziologiche
(cioè, relative alle cause) sopra elencate è fino ad oggi riuscita a
raggiungere un grado di affidabilità scientifica tale da potere
escludere tutte le altre, e quindi tale da potere mettere d'accordo
almeno la maggior parte degli studiosi, anche se la teoria innatista
sta guadagnando sempre più ampi consensi, anche in rapporto
all'osservazione dell'omosessualità animale.


Per questo motivo, da un punto di vista scientifico la questione
delle cause dell'omosessualità è da considerare ancora una questione
aperta, sulla quale nessuna risposta può per ora pretendere di essere
definitiva. Si tenga infine presente che, essendo stata l'omosessualità
cancellata dall'elenco delle malattie dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità),
non ha nemmeno senso approfondire ricerche in tal senso, se non per
pura curiosità speculativa. Si ritiene, in generale, che una
qualsivoglia ricerca meriti approfondimenti e/o supporto dell'ente
pubblico quando finalizzata a scopi meritevoli di tutela, quali la cura
di malattie o situazioni psicologiche ego-distoniche. Quantunque, una
tale ingenua affermazione possa lasciar interdetti molti scienziati e
far credere a chi non è addetto ai lavori che le ricerche portate
avanti dalle varie scienze, naturali e non, che non abbiano uno scopo
terapeutico non abbiano senso e valore, bisogna ricordare che la
maggior parte delle scienze hanno uno status epistemologico a carattere
gnoseologico e fra queste anche ed in particolare la psicologia, la
psicologia sociale e la sociologia. Pertanto, il senso a continuare
queste ricerche non soltanto esiste, ma è ben vivo ed evidente.





Omosessualità nella storia







Stato legale dell'omosessualità nel mondo.




Nella storia umana, l'omosessualità ha ricevuto valutazioni molto
diverse, che vanno da una totale accettazione e integrazione fra i
comportamenti socialmente accettati o addirittura alla loro esaltazione
(nelle culture dalla Polinesia), fino alla condanna a morte.

La storia dell'omosessualità è quindi anche una storia degli
atteggiamenti sociali possibili verso un comportamento percepito come
"deviante", ed ha interesse anche da un punto di vista sociologico,
antropologico, politico e in qualche misura filosofico. Per questo
motivo esiste una branca della storiografia che si occupa espressamente
di storia LGBT.


L'atteggiamento sociale verso i comportamenti omosessuali ha
conosciuto momenti di relativa tolleranza, durante i quali la società
ammetteva un certo grado di discussione ed esibizione pubblica del
tema, anche attraverso l'arte e le produzioni culturali (come è
avvenuto per esempio nell'Atene classica, nella Toscana del Rinascimento, o a Berlino e a Parigi nell'anteguerra) alternandoli però a momenti di repressione durissima, come nell'Italia del 


Dalla seconda guerra mondiale in poi l'atteggiamento sociale nei
confronti delle persone omosessuali è andato migliorando, anche a
seguito delle battaglie condotte a questo scopo dal movimento di liberazione omosessuale.



Omofobia 



Il termine omofobia
indicare la scarsa tolleranza e la repulsione nei confronti delle
persone omosessuali, o le azioni che da esso derivino o che ad esso
siano riconducibili. L'omofobia può arrivare alla violenza fisica e
all'omicidio, motivati dalla pura e semplice omosessualità della
vittima. Da un punto di vista etimologico apparirebbe piu corretto
sostituire il termine con "omosessuofobia" o anche "omoerotofobia.




Omosessualità e religioni 


Il tema dell'omosessualità sollecita da millenni l'interesse delle religioni.


La posizione tradizionale di buona parte delle religioni abramitiche (ebraismo, cristianesimo, islamismo) è in generale di ferma condanna degli atti omosessuali, ritenuti contrari al disegno divino e/o alla moralità.




Tuttavia, il dibattito in corso su questo tema ha prodotto e sta
producendo posizioni maggiormente sfumate, sia pure sempre nel quadro
della condanna tradizionale.

Cristianesimo 



La Chiesa cattolica
è contraria ai rapporti omosessuali, non alle persone in quanto tali
sebbene molti esponenti cattolici sostengano che l'omosessualità sia un
comportamento volontario e quindi controllabile (o curabile). Pretende
la castità.



La Chiesa ortodossa è contraria ai rapporti omosessuali, non alle persone in quanto tali. Da questi, pretende la castità.



Le Chiese Protestanti mostrano diversi atteggiamenti: alcune mostrano maggiore tolleranza, ammettono il matrimonio omosessuale e l'ordinazione di omosessuali nel clero senza l'obbligo di celibato, altre, invece, sono contrarie a qualunque tipo di relazione omosessuale.



I Testimoni di Geova sono contrari ai rapporti omosessuali.





Islamismo 


Per lungo tempo è stata punita con la pena di morte. Oggi rimane comunque condannata.





Ebraismo 


L'ebraismo ortopratico, o "ortodosso", maggioritario in Israele, condanna l'omosessualità.


Tuttavia negli Usa, dove risiede la maggiore comunità ebraica della Diaspora, la corrente maggioritaria dell'ebraismo, quella riformata, ammette unioni gay e ordina rabbini omosessuali; al suo interno vi sono anche alcune sinagoghe gay.





Buddhismo 


Il precetto buddhista circa la sessualità recita "Astenersi da una
cattiva condotta sessuale". Nelle diverse società ed epoche questo
precetto è stato variamente interpretato, ma ha sempre mantenuto il
significato di "non usare il sesso per nuocere agli altri". Questo
esclude alcuni comportamenti violenti (stupro) o che non rispettano i
sentimenti e la dignità propria e altrui (adulterio).


Per un monaco, questo significa semplicemente non avere rapporti sessuali con nessuno: uomini, donne o animali.


Nei paesi in cui si è diffuso il Buddhismo (Sud Est Asiatico, Cina, Corea, Giappone)
non risultano leggi e condanne legali per le pratiche omosessuali,
finché queste non furono introdotte dagli occidentali (in special modo
inglesi).


C'è da registrare che i punti di vista sull'omosessualità sono
diversi e differenziati e vanno da una esplicita condanna (non senza
fraintendimenti sui significati delle parole, come l'episodio relativo
alla condanna dell'omosessualità da parte del Dalai Lama) e la piena
accettazione.


L'attuale Dalai Lama Tenzin Gyatso, leader del buddhismo tibetano, ha condannato gli atti omosessuali con un «No assoluto. Senza sfumature» .


L'orientamento predominante è però quella di una serena accettazione. Per approfondire in inglese , e in lingua italiana 



Induismo 



Non ci sono condanne esplicite, tuttavia è socialmente vista come negativa. Il fenomeno dei castrati, gli hijra, un tempo diffuso, è oggi più raro

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