{"linkButtonClass":"stories-filter__top-new-button button button_default","href":"\/aggiungi-racconti","title":"Aggiungi racconto","displayFirstSpan":true,"firstSpanClass":"stories__top-new-button-icon","firstSpanContent":"\n<svg class=\"svg-icon icon-add-button-icon\">\n <use xlink:href=\"\/build\/sprite-f82ca2441ba0cfd38a128106476ef9d6.svg#add-button-icon\"><\/use>\n<\/svg>","displaySecondSpan":true,"secondSpanClass":"stories__top-new-button-text","secondSpanContent":"Aggiungi racconto","checkDeactivatedProfile":true}
- 6 anni fa Il club L’ingresso delle vacche era previsto tra le 16.00 e le 16.20. Non volevo arrivare tardi e così decisi di prendere il treno che partiva un’ora prima. Già durante il viaggio non potevo fare a meno di pensare a cosa mi aspettava e cosa avrebbero fatto di me i tori, e così mi ritrovai a fantasticare senza vestiti nel bagno del treno, immaginando dei grossi cazzi che si facevano strada nel mio culo già largo oltre misura. Seduto al contrario sull’asse del water, mi dimenavo vicino al finestrino con tre dita dentro, incurante se nelle stazioni qualcuno potesse notare, attraverso il finestrino opaco, la mia sagoma nuda che si agitava. Arrivai puntuale a destinazione ma l’ansia e le voglie che avevo addosso mi indussero a camminare sempre più veloce, cosicché giunsi davanti alla porta del locale con quasi venti minuti di anticipo. Evitai però di sostare davanti alla porta e nonostante la pioggia ed il freddo, per quanto indossassi solo una tuta e le scarpe, mi sistemai sul lato opposto della strada, guardando le altre persone che poco alla volta facevano ingresso. Erano quasi le 16.10 e così presi coraggio e suonai il campanello. Mi venne ad aprire un ragazzo robusto con pochi capelli, vestito con pantaloni e maglia in latex neri, che mi prese per un braccio e mi tirò all’interno dicendo “IMMAGINO CHE TU SIA UNA VACCA?” Risposi di si a voce bassa e mi avvicinai al bancone per mostrargli la mia tessera del club. Dopo una breve attesa il ragazzo mi intimò di salire le scale e raggiungere i locali superiori dove avrei trovato altro personale. Mentre salivo, pur non vedendolo, mi sembrava di sentire il peso dei suoi occhi sul mio culo strizzato nei pantaloni aderenti della tuta. Pochi passi oltre il pianerottolo e mi ritrovai immerso nella quasi totale oscurità; qualcuno mi si avvicinò da dietro e sfiorandomi la schiena, mi disse con voce autoritaria di spogliarmi completamente ed attendere lì. Obbedì a quell’ordine in pochissimi istanti e mi posizionai vicino la porta che antecedeva un corridoio e dal quale udivo provenire gemiti inequivocabili, forse per l’audio di un film. Ero talmente assorto nei miei pensieri ed eccitato oltre modo per quella particolare situazione, che quasi mi spaventai quando due braccia mi presero con forza i polsi e mi trascinarono all’interno del corridoio. Poi venni bloccato in una zona ancora più buia e qui bendato con una fascia sugli occhi ed un cappuccio al di sopra di essa, ma con una sola apertura davanti alla bocca. Mi venne pertanto intimato di fare due giri su me stesso e quindi sentii le mani di prima guidarmi davanti ad un letto od un divano e spingermi in ginocchio verso terra, con la pancia appoggiata sul tessuto ed il culo verso l’alto. Non impiegai molto ad abituarmi al non poter vedere nulla ed anzi quella forzata cecità non fece altro che amplificare le mie capacità di percezione, tanto che mi sentivo ancor più eccitato di prima. I miei sensi si infiammarono oltre ogni limite quando cominciai a sentire le prime voci ed i commenti sul mio corpo, profferite da più persone che avevano fatto ingresso nel locale; quelle voci, sempre più vicine, si trasformarono ben presto in palpeggiamenti e schiaffi su ogni parte del corpo, ed in particolare sul culo, su cui cominciai a distinguere chiaramente la presenza di almeno sei mani. Le mie chiappe venivano massaggiate e schiaffeggiate e più dita si insinuavano nell’ano, allargandolo indecentemente, mentre altre mani ancora mi schiacciavano sulla schiena o mi stringevano la vita; accompagnate da frasi come “MA CHE BELLA TROIA!” “QUESTA LA INGROPPIAMO COME SI DEVE!” ROMPIAMOLE IL CULO COSI’ SE LO RICORDA!” Avevo già cominciato a godere oscenamente ma cominciai a perdere del tutto la ragione quando avvertii il primo cazzo davanti la bocca ed un secondo che mi premeva sul culo. Fui infilzato quasi contemporaneamente e cominciai ad adattarmi a quella posizione da vacca da monta, gustando quei cazzi in tutta la loro possanza. Chi mi inculava sembrava farlo quasi con rabbia, roteando il cazzo nel mio culo o alzandomi ed abbassandomi il bacino per allargarmi il più possibile. Per fare ciò mi serrava la vita con forza, quasi graffiandomi, a volte accompagnando i movimenti con pesanti schiaffi su culo, cosce e schiena. Incitato da entrambi i tori muovevo la testa avanti ed indietro fino a quando il cazzo che avevo in bocca fini per esplodere, inondandomi di sborra che in parte ingoiai e in parte usci dai bordi delle labbra raggiungendo collo e petto. Ero quasi senza respiro, soffocato da quel mare di sborra, ma l’altro toro continuava imperterrito a sfondarmi il culo, strizzandomi i capezzoli selvaggiamente. Lo sentii accanirsi ancor di più, con movimenti più veloci e colpi potenti e profondi, quasi che mi sembrava facesse entrare anche le palle, finché ad un tratti mi venne dentro rendendo il mio culo una caverna allagata di sborra. Mi stavo ancora gustando quel calore in bocca e nel culo che subito dopo i due tori si allontanarono da me lasciando il posto ad altri due che ricominciarono con lo stesso ritmo e trattamento ancor peggiore. Questi difatti iniziarono a schiaffeggiarmi in viso, sulle cosce e sul petto. Avvertii il toro che con il cazzo si faceva strada tra le mie labbra mentre con mani poderose mi allargava le chiappe quasi oltre la soglia del dolore, tirandomi verso di lui per farsi spompinare meglio. Non feci in tempo a godermi questa nuova posizione che subito un altro cazzo mi infilzò senza ritegno da dietro, così allargato com’ero. Ciò che mi stavano facendo aveva probabilmente attirato l’attenzione di altre persone che sentivo parlare a poca distanza da me e che commentavano il mio corpo ed il modo in cui venivo usato. Qualcuno mi prese le mani e me le porto su altri due cazzi a lato del mio viso, mentre sulla schiena continuavo a sentire schiaffi ed altre mani ancora che mi premevano e stringevano, altre che mi spalmavano la sborra che sentivo cadere dall’alto. In quel continuo andirivieni di cazzi in bocca e culo non mi trattenni dal gridare il piacere che provavo ad ogni colpo, ma subito dopo mi ritrovai varie dita in bocca, oltre al cazzo, e mani intorno al collo che mi fecero azzittire. Con poche pause tra un toro e l’altro ricevetti almeno undici cazzi in culo, tutti di notevoli dimensioni, ed altrettanti in bocca. Avevo il buco letteralmente in fiamme e dilatato più di ogni mia immaginazione, ma non riuscivo a smettere di godere e di desiderarne sempre di più, agitandomi forsennatamente avanti ed indietro, a destra ed a sinistra, per sentire il cazzo di turno in tutto la sua lunghezza e larghezza nel profondo del mio culo. Credo fosse passata circa un’ora e mezza dall’inizio quando il responsabile diede l’ordine di stop alle monte. Avvertii tutti quei tori avvicinarsi a me e cominciare a masturbarsi forsennatamente; chi prima chi dopo terminarono sborrandomi sulla schiena e sul solco del culo ormai dilatato a dismisura. Tutta la sborra caduta su di me mi ricopriva come un velo ed in parte la percepivo quasi come cera secca. Nello stato osceno in cui mi trovavo due braccia mi accompagnarono al mio armadietto e mi tolsero quindi la benda ed il cappuccio. Qui mi rivestii e potei lasciare il locale. Fuori pioveva fortissimo e faceva freddo ma non lo avvertivo; sarei potuto tranquillamente uscire nudo, e certo lo desideravo. Subito dopo cominciai a camminare in direzione della stazione dei treni, percependo ad ogni passo la sborra che mi usciva dal culo e scivolava sulle cosce. 6876 2 9 anni fa
- 6 anni fa Una notte al fiume Sono le 23.00 di una sera d’estate. Da circa un quarto d’ora sono davanti alla stazione di Piacenza ed aspetto di vedere l’auto del mio Padrone. Sono vestito, per così dire, come mi ha comandato Lui, con un pantaloncino ed una t-shirt neri, piuttosto aderenti, ed un paio di sandali. Non porto altro. Sotto la mia pelle è perfettamente depilata e liscia in ogni angolo del corpo, secondo gli ordini che ho ricevuto. Ad un tratto riconosco l’utilitaria del Padrone che si fa strada tra le altre e che si ferma poco distante da me. Con il capo basso mi avvicino alla portiera e chiedo con un cenno degli occhi il permesso di salire. Il Padrone mi fa un segno affermativo ma, non appena salito, mi ordina di togliere subito i sandali e rimanere a piedi nudi. Obbedisco immediatamente e li ripongo sul tappettino posteriore dell’auto. Dopo aver percorso qualche chilometro il Padrone mi avvisa che quella sera dovrò dimostrare di aver appreso i suoi insegnamenti, soddisfacendo ad ogni sua richiesta ed a quelle che vorranno avanzare i suoi amici. Annuisco con il capo aggiungendo con un filo di voce che lo farò. Lui riprende ancora aggiungendo che spera che non lo deluda e che non gli faccia fare brutte figure e, dicendo ciò, mi colpisce violentemente con un ceffone sulla coscia sinistra facendo immediatamente arrossare la pelle. Mi ritraggo leggermente dalla mia posizione ed ora il Padrone mi colpisce nuovamente, questa volta l’altra coscia. Dopo circa una ventina di minuti di auto attraverso una strada scarsamente illuminata, giungiamo nel totale silenzio nei pressi di un paesino limitrofo a Piacenza. Terminate le abitazioni l’auto del Padrone imbocca una stradina non asfaltata che si inoltra in un bosco, in direzione del fiume. Subito dopo la svolta il Padrone mi ordina di togliere pantaloncini e maglietta e di riporli in terra. Dopo aver percorso ancora circa due chilometri di strada il Padrone ferma l’auto nei pressi di un viottolo che si inoltra nel bosco e mi ordina di scendere e cominciare a camminare verso il fiume. Completamente nudo scendo dall’auto e comincio ad inoltrarmi verso il bosco. Sento il rumore dell’auto del mio Padrone che si allontana, fino a non sentirla più. Mentre cammino percorso da brividi di freddo ed eccitazione, comincio ad intravedere una sagoma umana che, al mio passaggio, esce dall’oscurità della vegetazione avanzando sul sentiero verso di me; comincia quindi con tono irriverente a fare pesanti commenti su di me, dicendo “GUARDA CHE BELLA TROIETTA, TUTTA SOLA PER IL BOSCO!”. La figura, che adesso riesco meglio a distinguere, è quella di un uomo sui sessantanni che mi tira in malo modo per un braccio costringendomi a voltargli le spalle. Con l’altra mano comincia e palparmi in ogni parte, alternando pesanti massaggi sul mio culo e sulle tette a sonore sculacciate che mi fanno ansimare sempre più forte. Dal buio della vegetazione noto avvicinarsi una folla di altri uomini, ne riesco a contare almeno una ventina, che sembravano essere tutti in attesa di un qualche cenno dal primo uomo, e che si avvicinano rapidamente a me. Il primo uomo riprende quindi a parlare rivolto ai nuovi arrivati dicendo “GUARDATE UN PO’ CHI HO TROVATO NEL BOSCO? ADESSO GLI FACCIAMO RICORDARE LA SERATA A QUESTA CAGNA!”. Le loro numerose mani, come tentacoli, si avventano quindi sul mio corpo, perlustrandomi ovunque in maniera sempre più oscena, qualcuno infilandomi prime due poi tre e quattro dita nel culo, qualcuno facendo lo stesso nella mia bocca, altre mani mi strizzano i capezzoli, altre mi schiaffeggiano la pancia e le cosce, altre mi stringono la vita e mi accarezzano la schiena. In quella situazione di totale sottomissione e stordimento non mi rendo neppure conto che è arrivato il mio Padrone che, facendosi spazio tra quella vera e propria folla di uomini, mi prende per il collo e mi fa inginocchiare davanti a tutti gli altri. Dopo avermi colpito con cinque poderose sberle sul culo mi ricorda quanto già dettomi in auto circa l’importanza di obbedire ad ogni suo volere ed a quello degli altri Padroni; di non provare inoltre a disubbidire altrimenti sarei stato pesantemente punito. Faccio di si con il capo ed aggiungo che obbedirò, ma non faccio in tempo a terminare la frase che una scarica di sberle e ceffoni si abbatte su ogni parte del mio corpo. Sento le dita di più mani che cominciano ad insinuarsi nel mio culo, facendosi largo selvaggiamente. Ne sento almeno cinque che si alternano di continuo e mi obbligano a mettermi carponi sull’erba, mentre altre mani pesanti mi premono sulla schiena. Sono tramortito da tutti quegli schiaffi quando tra tutti gli uomini si fa largo nuovamente il mio Padrone che, dopo avermi schiacciato la faccia in terra con la scarpa, estrae il suo cazzo e comincia a pisciarmi sulla schiena e sul culo. Subito dopo agita con le scarpe la sabbia presente in terra che va ad inzozzarmi dove ero bagnato. Subito dopo anche gli altri uomini, quasi a comando, cominciano a pisciarmi addosso ed a me non sembra vero di poter ricevere tutta quella pioggia dorata. Sono litri di piscio che mi colpiscono da ogni parte, sui capelli, la bocca, le orecchie, le tette, la schiena, il solco del culo, le cosce, e mi ritrovo fradicio e maleodorante come appena uscito da un bagno in una fogna. A quel punto sento la voce del mio Padrone che incita gli altri ad usarmi nel peggiore dei modi, avvisandoli che sono solo una troia e che essere maltrattata in quel modo è il mio più grande desiderio. La folla di uomini comincia quindi a spogliarsi e ad avvicinarsi a me. Mentre mi trovo ancora in terra carponi, con le ginocchia immerse nel fango creato dal piscio, un uomo con un cazzo possente di almeno venticinque cm, si avvicina veloce al mio culo e cerca di farsi largo. Il mio sfintere, già dilatato da tutte quelle dita, non esita ad accoglierlo e lui comincia freneticamente a pompare, spingendomelo dentro per tutta la lunghezza. Accompagna le spinte con schiaffoni sulle chiappe che diventano ben presto violacee. Un altro uomo si posiziona davanti al mio viso e mi spinge la sua cappella in bocca, tenendomi per la testa ed il collo. Mentre i due mi sfondano culo e gola continuo a sentire i commenti di tutti gli altri uomini, che sembrano quasi litigare su chi sarà il prossimo a scoparmi. Mi sento ancora bagnare schiena e culo, poiché altri uomini continuano a pisciarmi addosso. L’uomo che mi incula comincia a fremere sempre di più e, dopo vari movimenti rotatori che mi sembrano allargare a dismisura il culo, emette un grido e mi sborra copiosamente dentro. Forse incitato da quella visione anche l’altro uomo viene e mi inonda la gola della sua crema. A quel punto mi sento già una troia oltre ogni limite di immaginazione, riempito in quella maniera senza alcuna decenza, ma mentre i due uomini si allontanano esausti da me, già altri due prendono il loro posto, incuranti che culo e bocca sono già pieni di sborra. Ricominciano quindi a scoparmi mentre gli altri intorno continuano a schiaffeggiarmi e maltrattarmi in ogni modo. Uno in particolare si posiziona a terra al mio fianco e mi strizza i capezzoli sempre più forte. Un altro invece affianca l’uomo che mi incula ed, oltre a sculacciarmi le chiappe, me le allarga a dismisura per farmi sfondare meglio. Io non capisco più nulla e mentre cerco di mantenere il conto dei cazzi che sto prendendo, perdo completamente il senso dell’orientamento e della ragione, continuamente affogato da sborra nel culo ed in bocca. Quando mi incula il sesto cazzo ho ricevuto tanta di quella sborra che la sento colare copiosa dal culo ed appiccicarsi sulle cosce. Dalla bocca invece escono rivoli che mi insozzano il collo e le tette e presto riesco a malapena a respirare. Gli uomini si susseguono imperterriti uno dietro l’altro, incitati dal mio Padrone, che non manca di esaltare le mie qualità di troia e succhiatore di cazzi. Quando ormai ho il culo in fiamme in realtà non sono neanche a metà dell’opera; ci sono infatti ancora tanti cazzi da far sborrare e che reclamano il mio culo e la mia bocca. A quel punto il Padrone invita alcuni uomini a sdraiarsi in terra supini e mi ordina di salire alternativamente sul loro cazzo e farli godere. Cosparso di piscio e fango e pieno oltre modo di sborra vado ad impalarmi sui loro cazzi dritti e li cavalco a ritmo alternato voltando la schiena al loro viso. Loro da dietro si godono il mio culo sfondato e mi schiaffeggiano e mi allargano ulteriormente le chiappe, mentre i loro cazzi entrano agevolmente nel mio culo pieno di sborra. Nel frattempo altri due cazzi si accostano alla mia bocca e comincio a succhiarli dapprima a turno, poi insieme tenendoli accostati, fino a farli sborrare tra le labbra e le tette. Ormai ho ingoiato tanta di quella sborra che la sento muoversi nello stomaco come una gelatina ma ne voglio comunque bere ancora. Mi piace il gusto diverso di ciascuno di quei cazzi, da quello più dolce a quello più amarognolo a quello dal sapore selvaggio. Tutto ciò mi fa sentire, se possibile, ancora più troia e schiavo di quello che sono. Di questa mia sfacciata porcaggine se ne accorge anche il mio Padrone che mi colpisce con forti schiaffi sulla cosce e culo, e mi ingiuria dicendo: “TI PIACE VERO TROIA? - TI PIACE FARTI SCOPARE SELVAGGIAMENTE DA TUTTI QUESTI CAZZI?” A sentire quelle parole annuisco con il capo e vado ancor più fuori di me dall’eccitazione; infatti una folla di cazzi si avvicenda senza sosta nel mio culo e nella mia bocca ed io sento di essere davvero una gran puttana, buona per far sborrare cazzi ed esaudire le perversioni del Padrone. Quel poco di cognizione del tempo che mi resta mi fa pensare di aver preso cazzi per oltre un’ora, tanto che ho il culo e la bocca davvero indolenzite. Uno degli uomini poi si è particolarmente accanito nel mio culo, agitando il suo grosso cazzo con moto circolare ed allargandomi in maniera notevole, mentre con le mani mi tirava violentemente per i fianchi. Tra ulteriori schiaffi, insulti e derisioni di tutti i presenti mi si avvicina il Padrone che mi lega una corda al collo e mi trascina a carponi lontano dalla folla, in direzione del fiume. Poco prima della riva mi indica una fossa tutta piena di fango e melma e mi ordina di entrarvi immediatamente. Già oltremodo insudiciato da tutta quella sborra e dal piscio non esito ad obbedire ed entro, sempre carponi, in quella parte di terreno dove comincio letteralmente a sprofondare. Quando sono ormai con il fango oltre l’ombelico il mio Padrone, tenendomi con la corda al collo, mi schiaccia la faccia con la sua scarpa obbligando ad immergermi completamente nella melma. Riemergo dopo qualche istante per respirare e noto gli uomini messi a cerchio ed intenti a ridere di me; qualcuno approfitta per pisciarmi ancora addosso mentre altri si complimentano con il mio Padrone per come ha saputo educare il proprio schiavo. Si rivestono e quindi si allontanano dalla parte opposta. Senza poche difficolta riemergo da quell’enorme pozzanghera e subito il Padrone mi dice urlando “BRUTTA TROIA NON VORRAI MICA SALIRE SULLA MIA MACCHINA COSI’ CONCIATO?” Rispondo di no con il capo e, nonostante buio e freddo, mi immergo nelle acque del fiume e mi lavo diligentemente in ogni parte del corpo. Solo dopo, quando ancora tremo come una foglia, mi indirizzo con il Padrone verso il parcheggio dell’auto. 7746 0 10 anni fa
- 3 anni fa VAMPIRE HOTEL VAMPIRE HOTEL 200 Esci di casa poco prima del tramonto quando la luce ha un colore incerto, bloccata a mezza strada tra giallo e rosso…ti aspetto lungo il viale, al solito posto. Scorgo subito la tua sagoma in fondo alla via, camini lentamente calpestando con gli anfibi le foglie secche sul marciapiede, foglie che con la loro morte non andranno ad arricchire nessun terreno, foglie morte senza scopo. Sei completamente avvolta in un mantello nero lungo fino alle caviglie, ti copre le mani e il cappuccio calato sul viso è una maschera per nasconderti dal resto del mondo…da tutti tranne che da me. Accendo la moto e rombando mi avvicino facendoti cenno di salire…mi cingi la vita con forza, sai che la partenza sarà brusca così come ogni curva sarà al limite, ogni frenata una staccata…ormai inizia a piacerti e poi oggi è finalmente il “gran giorno”. Le affollate e putride zone metropolitane lasciano presto il posto ai piccoli paesi urbani apatici nella loro solitudine che finalmente spariscono nel sottobosco. La strada serpeggia il fianco del monte, l’asfalto grigio è percorso da rivoli scuri di pioggia…è come guidare sul dorso di un immobile serpente adagiato a spirale tra questi rilievi sanguinanti di rosso autunnale…è quasi buio qui, l’aria è fredda e i rami degli alberi somigliano troppo a scheletriche braccia maydeniane…si, siamo sulla retta via. È appena scomparso l’ultimo spicchio di sole quando arriviamo alla vecchia villa. Nascondo la moto dietro la siepe degenere che divora l’intera cancellata da chissà quanti secoli. La Villa ci guarda da sopra il terrapieno come un fantasma cieco con le sue finestre sprangate e il tetto sconnesso…rapidi troviamo la sbarra cedevole nella recinzione e guadagniamo veloci il cortile tra l’erba alta. La Villa sembra diventare sempre più alta e incombente mano a mano che ci avviciniamo…mi segui in silenzio mettendo i piedi esattamente dove li metto io…come ti ho ordinato. La paura e l’emozione ti pervadono facendoti saturare le vene di adrenalina…solo la fiducia che riponi in me ti permette di non scappare via correndo. Il porticato resta in piedi per qualche strano gioco di baricentri e sopra il grande portone semi divelto troneggia una scritta a bomboletta rossa: “VAMPIRE HOTEL” All’interno il buio è maggiore e i tuoi occhi chiedono un time-out di qualche minuto…rimuovo il perno che tiene fissato il massiccio portone ai cardini rendendolo quanto mai instabile…sembra solido solo in apparenza e chiunque, entrando, lo farebbe involontariamente cadere…ottimo avvisatore acustico per presenze sgradite dato che tutti gli Altri sono a conoscenza di questo piccolo stratagemma. Dove poggia il portone ci sono spranghe di ferro per ogni evenienza, ne prendo un paio e ti guido lungo le scale scricchiolanti fino al primo piano. Il salone è molto grande con un enorme caminetto sul lato est. Mi muovo alla cieca accendendo lumi funebri un po’ ovunque che trasformano le pareti scrostate in rosse opere d’arte: graffiti di ogni epoca testimoniano il passaggio delle decine di Ospiti dell’Hotel. Ci sono disegni macabri un po’ ovunque compreso il soffitto… i più recenti fatti dagli spray, con nero carbone i più antichi. A lato del camino una catasta di legna è protetta da un telone scuro…accendo il fuoco che rende più vivido il bagliore nel salone scaldandone l’aria. A semicerchio davanti al caminetto un grande divano e due poltrone con a lato un tavolo e alcune sedie. Seduta sul divano ti accendi una sigaretta e non smetti di guardarti attorno cercando di decifrare le vecchie scritte sui muri…hai ancora addosso il mantello ma senza il cappuccio sul volto, gli anfibi bagnati nell’erba della collina luccicano davanti al fuoco. Le finestre sono sprangate e coperte da pesanti tappeti a mo di tende per evitare che durante il giorno la luce del sole possa in ogni modo filtrare all’interno del salone disturbando il riposo degli Ospiti dell’Hotel. Mi avvicino a te da dietro e senza che tu te ne accorga ti afferro le spalle facendoti sobbalzare…lascio scivolare le mie mani lungo il tuo mantello fino a slacciarlo sfilandotelo di dosso: rimani splendidamente vestita di nero… raso, velluto, velo e pelle fasciano il tuo corpo tremante…i capelli neri scendono sulle spalle enfatizzando il tuo collo flessuoso. La tua pelle rimane bianchissima nonostante il riverbero del fuoco e la luce rossa delle candele da cimitero…continui a tremare…attizzo il fuoco e mi avvio verso una vecchia credenza. Torno da te con una bottiglia di vino completamente avvolta dalle ragnatele e dalla mia sacca compaiono due calici in argento portati apposta per l’occasione. Il tuo sguardo continua ad essere pieno di fiducia ma agitato dal luogo sinistro in cui ci troviamo. Stappata la bottiglia ne riempio un bicchiere ciascuno, ti spingo vicino al fuoco per non farti sentire il freddo e alzo il calice per un brindisi: Brindiamo e beviamo un rosso d’annata…ti faccio cenno di finirlo tutto d’un fiato, senza staccare le labbra dal calice d’argento e tu obbedisci al mio volere lasciandoti sfuggire due rivoli rossi lungo il mento e il collo che ti segnano il seno procace. Sei stupenda! La vicinanza del fuoco e l’alcol del vino riescono a scaldarti ravvivandoti lo sguardo di nuova energia ma ciò nonostante ti avvolgi nel mio abbraccio dicendo di aver freddo…mentendo. Ti stringo baciandoti il collo e le orecchie…ti sussurro appena che questa sarà la tua notte più lunga e lascio che le mie mani scorrazzino liberamente sulle curve del tuo corpo, passando dal velluto al pizzo…dal velo alla nuda pelle mentre, ormai bollente, non riesci più a trattenere gli ansimi di desiderio carnale. Anche la tua mano ora vaga su di me…tra le fredde borchie e le fibbie del chiodo ancora gelate nonostante la vicinanza del fuoco…risali la coscia poggiandomi decisa la mano in corrispondenza del mio sesso, istintivamente ti giri verso di me lasciandoti umilmente cadere in ginocchio smaniosa di poter fondere il sapore del vino col mio…ma questa non è una serata qualunque, il posto non ha niente a che vedere con la banalità, qui i gesti devono assumere dei significati e i piaceri vanno vissuti solo a tempo debito. Lasciandoti in ginocchio ti blocco le mani che già mi frugavano nei pantaloni e ti porgo il calice argentato ricolmo di vino invitandoti a berlo d’un fiato. Bevi avidamente tenendo il calice con due mani, stavolta senza perderne nemmeno una goccia. Ti invito a rialzarti e porgendoti il mantello ti ordino di spogliarti lentamente. Obbedisci sfoderando un bellissimo sorriso compiacente e assisto alla caduta dei tuoi abiti tanto succinti quanto complessi…leggeri strati di velo nero, velluto, raso…i tuoi occhi mi attanagliano senza sosta, languidi alla ricerca delle mie emozioni. Ora ti sono alle spalle, ti bendo facendoti sprofondare nelle tenebre più nere agitate dai rossi lampi delle figure tetre ed angoscianti viste poco prima sui muri del salone. La tua pelle e tutto il tuo corpo bruciano mentre ti guido scendendo le scale completamente nuda sotto il mantello. Pochi passi e siamo già fuori, la luna è alta nel cielo coprendo i contorni del paesaggio di una patina argentea…l’umidità fa brillare i fili d’erba alta mentre ci immergiamo in essa verso il lato nord del cortile, oltre la discesa del terrapieno. Ecco stagliarsi a malapena oltre il prato incolto un perimetro lucente di ghiaia bianca delimitato da una sorta di recinzione di rovi neri acuminati … un cancello di ruggine ci indica il passaggio ed entriamo nel piccolo cimitero di famiglia adorno di vecchie lapidi grigie corrose dal tempo. Lascio che la benda ti scivoli via dando ai tuoi occhi la visione del luogo…le tue gambe si bloccano e ti volti subito a guardarmi. Riecco lo sguardo sperduto ma fiducioso che si perde nel mio…ti abbraccio e poggio le mie labbra gelide sulle tue, infuocate nonostante la temperatura esterna…il vino sta mantenendo l’effetto. questo ti basta…riprendi il cammino…sugli scalini della piccola cappella dei lumi tremolano già accesi e 3 figure incappucciate ci attendono. Sono completamente vestiti di una tunica nera con cappuccio e restano immobili fino al nostro arrivo. Questo è il momento più difficile…lo so…ora vedrò a quanto arriva la tua devozione, la tua fiducia in me. tendo il braccio nella direzione degli incappucciati per esortarti ad andare. Tu mi guardi allibita…mi supplichi con lo sguardo di non abbandonarti, sei pronta a tutto lo so ma in mia presenza….questa divisione non era contemplata nei tuoi pensieri…ora devi scegliere. Resti immobile solo qualche secondo, mi basta uno sguardo torvo per farti abbassare la testa in segno di sottomissione ed ecco che lentamente ti allontani verso l’ignoto, verso i 3 Oscuri. Mi dileguo in un lampo tra le lapidi del camposanto, così veloce che già al tuo voltarti non scorgi che il buio della notte. Era quello che volevo, devi provare la sensazione dell’abbandono per liberarti del tutto dei legami terreni…stanotte ti aspetta qualcosa di arcano. I 3 ignoti ti afferrano per le braccia e senza troppi convenevoli, ti trascinano all’interno della cappella e giù nella piccola cripta sotto l’altare…gli scalini sono resi scivolosi dalla muffa e il fetore di chiuso è fortissimo…una sola candela illumina l’attimo … dal muro di pietra penzola una catena con cavigliera, chiudi gli occhi e tremi all’idea di restare chiusa in quel luogo angusto…ma a nulla servono le tue suppliche, i 3 ignoti hanno già assicurato la catena alla tua caviglia lasciandoti a terra, da sola. Stranamente, nonostante la temperatura sia bassa, non senti freddo… altri pensieri popolano la tua mente…ti sfugge il motivo del mio sparire…il perché ti abbia lasciata a degli estranei ma in te alberga ancora la certezza del mio ritorno. Rumori di passi sulle scale, eccoli che ritornano. Spalancano la spessa porta di legno, ti afferrano in malo modo e ti impongono un inchino forzato: uno dei tre carcerieri tiene in mano un frustino lungo e rigido…un altro ti afferra le braccia mentre il terzo ti solleva il mantello scoprendoti il culetto nudo. Il frustino ti colpisce con forza, ripetutamente a brevi intervalli di tre lasciando autografi rossi sulla tua pelle bianchissima. Nonostante la tua resistenza al dolore brevi gridolini ti escono di bocca a denti stretti. Il terzo incappucciato ti allarga le cosce così da offrire il tuo sesso rosa e liscio allo spietato frustino…non puoi trattenere le urla adesso che risuonano nella profondità sorda della cripta fino a perdersi negli echi della cappella. Le gambe iniziano a vacillare e cadi in ginocchio sulla fredda pietra levigata. Esausta ti lasci andare allo sconforto per essere stata abbandonata a quel destino che non riesci a comprendere. Non è certo il frustino a spaventarti bensì la mia assenza…se fossi io a infliggerti una simile punizione o se almeno fossi presente in quel momento nulla ti risulterebbe tanto gradito, tanto eccitante e perverso. È la solitudine a logorarti. È l’abbandono a ferirti e finalmente la rabbia inizia ad addentrarsi nel tuo animo: Risate sguaiate sono la risposta che ottieni…assieme a due sberle secche sul volto. Ti liberano dalla catena e ti incitano a salire i gradini tirandoti per i capelli. Nella cappella le candele sono tutte accese e tra le due piccole file di banchi ecco una bara aperta. Ti spingono verso la bara facendoti cadere e con un gesto ti impongono di avvicinarti. Sai che devi obbedire, nonostante ora la paura si stia facendo strada nel tuo cuore. I tuoi piedi nudi poggiano sul gelido e livido marmo della cappella…un passo, due, tre…è un sospiro che ti muore dentro come una fitta nell’anima… improvvisamente il freddo intenso torna ad avvolgerti come l’abbraccio dell’Oscura Signora…tremi di brividi involontari…solo due calde scie di lacrime ti segnano il viso lungo le guance arrossate, il mento, il collo e giù fino al seno…non ti posso vedere ma so che sei bellissima…non ti vedo perché ci sono io nella bara…immobile e morto. Percepisco il calore delle tue mani sul volto, mi accarezzi le guance e le tue lacrime mi piovono addosso. Il tuo pianto si fa via via più disperato quando ti accorgi che il mio cuore non batte…sento il tuo sconforto angosciante, si posa su di me assieme alle tue labbra …entrambe fredde ora. La disperazione lascia presto il posto alla paura…se sono stati i 3 ignoti ad uccidermi di sicuro hanno programmato per te una fine simile, forse peggiore, ne sei certa. E nonostante i vestiti perennemente neri, i teschi e gli scheletri sulle magliette, la musica satanica nelle orecchie e i pomeriggi passati nei cimiteri a cercare le lapidi più belle per qualche foto ora la morte ti terrorizza come una bimba teme l’uomo nero…ma tu non sei una bimba, ne tanto meno una barbie idiota… Con la coda dell’occhio cerchi i tuoi, i nostri, aguzzini…sono ancora vicini dinnanzi alla porta d’uscita della cappella…sai che dovrai lottare per sopravvivere e ricacci la paura nel profondo dell’animo per lasciar posto alla vendetta. Così mi piaci! Restando china su di me infili la mano all’interno del mio chiodo, la fai scendere verso i miei pantaloni…ma che vuoi fare? Non mi sembra proprio il momento cazzo! E invece pensavo male…mi hai stupito…piacevolmente stupito! La tua mano entra nella mia tasca e ne riemerge stringendo il mio serramanico! Ti adoro!! Lasci che la lunga manica del mantello ti copra la mano armata e a testa bassa, lentamente ti avvicini alla porta d’uscita. Cammini verso il tuo destino con un’eleganza e una determinazione che non mi aspettavo…mi piaci! Lasci che il cappuccio del tuo mantello ti cali sul viso rigato di lacrime…sei tu ora ad assomigliare alla Morte! I 3 ignoti ti si parano davanti…sghignazzano e ridono del tuo dolore…si guardano tra loro…non immaginano le tue intenzioni…non capiscono di essere in lotta…si credono già vincitori. Il più alto dei 3 ti afferra una spalla trascinandoti a se…lo lasci fare.. aspetti la distanza necessaria al tuo braccio…ZOCK!! L’incappucciato si blocca col braccio a mezz’aria…i suoi occhi strabuzzano dalle orbite mentre l’espressione di stupore gli digrigna il volto….la lama del serramanico è completamente infilata tra le sue costole…gli ha bucato un polmone…nessuno scampo…cade a terra e rimane a rantolare … Sei stata grande! Il secondo incappucciato ti afferra il braccio armato…ti stringe il poso con tutta la sua forza, tanta da farti cadere il coltello…fai partire un calcio verso i suoi stinchi ma sei scalza, i tuoi anfibi non possono aiutarti ora e il calcio è debole…perdi l’equilibrio e finisci a terra di fianco alla tua vittima…il secondo incappucciato gridando furioso sta per colpirti con una spranga di ferro…vuole ucciderti, senza tanti preliminari ora…alzi le braccia in un ultimo tentativo di difesa ma sai che a poco servirà contro i tuoi aggressori…chiudi gli occhi aspettando il dolore… … e invece nulla accade…nessun dolore…nessun suono…riapri gli occhi e davanti a te solo il coltello a terra. Lo afferri e sei di nuovo in piedi pronta a combattere…così mi piaci! Poi li vedi…i due incappucciati sono legati per i piedi alle travi della cappella…sgrondano sangue formando una pozza nera a terra…sono senza tunica e cappuccio…hanno uno squarcio enorme sul petto e il volto coperto di sangue. Ancora stringendo il coltello continui a guardarti attorno in cerca dell’artefice del massacro, del tuo salvatore. Pochi passi a ritroso ti forniscono la migliore delle verità…la bara è vuota! Due mani gelide ti coprono gli occhi…sei paralizzata…senti le borchie e le fibbie del mio chiodo poggiare contro il tuo corpo…lasci cadere il serramanico e ti volti in lacrime…ti stringo baciandoti, lasciandomi scaldare dalle tue lacrime di gioia. Il tuo sguardo è un vortice di rabbia, felicità e mistero…ti sorrido appena mostrandoti i lunghi canini…poggi la testa sul mio petto ma neppure ora percepisci un battito…so esattamente cosa provi perché anch’io provai le stesse emozioni molto, molto tempo fa. Non rispondi, ti lasci guidare stancamente fuori dalla cappella, il tempo di gettare i 3 cadaveri in una fossa vuota coprendoli alla buona con terra e calce viva e stiamo già salendo le scale verso il salone. Attizzo il fuoco e preparo altri due calici di vino, ne hai bisogno. Sei accucciata sul divano con lo sguardo fisso tra le fiamme…le ginocchia al petto in cerca di conforto. Mi siedo al tuo fianco e ti accoccoli con la testa sulle mie gambe come una bambina spaventata. Le fiamme sembrano dare vita ai disegni sui muri…siamo le uniche figure immobili nel salone…demoni e spiriti danzano in circolo saltando dai muri al soffitto in un sabba medianico. Sempre distesa sul divano ti apri il mantello restando nuda. Così dicendo mi prendi la mano e scostando appena le cosce ti penetri con le mie dita… il corpo non mente, rivelatore delle verità più intime e recondite…sei un lago di umori deliziosi…so che non menti. Ti scosto da me poggiando le mani sul tuo culetto ancora bollente dalle sferzate subite. Scatto in piedi e riprendo il coltello…mi recido una vena dell’avambraccio lasciando che il mio sangue nero coli nel calice argentato…lo mescolo al vino rosso e te lo porgo…senza la minima esitazione lo afferri bevendolo come stessi bruciano dentro…lo finisci subito ma non ne sei sazia…cadi in ginocchio ai miei piedi, supplicante…so cosa vuoi…stringo il braccio lasciando colare il mio sangue verso di te che a bocca spalancata ne ingoi ogni singola goccia…i tuoi occhi fiammeggiano e, afferratomi il polso, ti avventi a succhiarmi con una foga animalesca…mi sento svenire mentre ti nutri di me…mentre diventi parte di me…non so come riesci ad aprirmi i pantaloni prendendolo in mano…è un attimo e mi ritrovo seduto con te sopra...sempre continuando a succhiarmi il sangue dall’avambraccio afferri il mio membro e ti penetri da sola scopandomi con una foga nuova…mi cavalchi indemoniata mentre sento le forze abbandonarmi…riesco a staccarti dal mio braccio lasciandoti la bocca rossa del mio sangue coi canini allungati e lucenti…continui a saltellare sopra di me fermandoti solo il tempo necessario a godere davanti o dietro…gli ansimi iniziali sono adesso delle urla…le tue unghie mi graffiano il collo…sono debole e finalmente ti sento venire…ebbra di piacere…ti afferro la testa e ti mordo il collo…sono io ora a nutrirmi di te…so di non dover eccedere ma mi avevi tolto le energie…ero come sul punto di collassare ma ora tutto passa…tu vivi in me ed io in te…prigionieri per sempre di un orgasmo senza fine. continua? 2609 3 10 anni fa
- 8 anni fa Il limite L’alto cancello in ferro battuto si apre a scatti dischiudendo alla nostra auto la strada sterrata, contornata da grandi cipressi, che sparisce all’orizzonte ovattato dalla nebbia. Gli alberi scorrono al nostro passaggio scandendo, come un infallibile metronomo, il mio ineludibile destino. Le mie mani tradiscono l’emozione del mio cuore che rulla frenetico e con le dita tormento le autoreggenti nere col rischio di smagliarle. Un senso di sgomento m’assale quando delle luci balenano tra la lanuginosa foschia e con uno scatto nervoso stringo il braccio di Flavio che sorridendo continua a guidare; vorrei urlargli che ho cambiato idea, che lo amo, che ho paura. Ma solo un fievole sospiro trasale dalle mie labbra sapientemente orlate di rosso. Il motore dell’auto si sopisce dinanzi a una villa palladiana nel cui centro trionfa una ampia scalinata che accede a un portico sorretto da quattro colonne classiche con capitelli dorici; l’ampia vetrata d’accesso s’apre liberando violenti getti di luce che s’infrangono nel piazzale ghiaioso circondato da alberi, simili, nell’ombra, a grossi titani. Un uomo di mezz’età, elegante, ci accoglie signorilmente invitandoci ad entrare e il mio evidente imbarazzo non sfugge all’anfitrione che, con molta delicatezza e proferendomi un lusingante complimento, mi prende la mano accompagnandomi dolcemente nell’atrio. Una grande scala in marmo arabescato rosso, ampio semicerchio, porta ai piani superiori mentre sui lati scorgo due ampi locali illuminati dalla luce tremolante di candelabri: tutta la volta ad archi è affrescata con motivi floreali e mitologici tra i quali colgo il ratto di Europa perpetrato dal lussurioso Zeus. L’uomo che ci ha accolti, mi sfila la pelliccia mentre Flavio mi sussurra la sua ammirazione per le ampie scollature che il vestito nero di raso mostra e cingendomi la vita mi sospinge a seguire l’elegante figura che nel frattempo si è avviata verso la sala di sinistra. Appoggiate su due dei lati di quest’ultima, due massicci mobile a scaffali, di noce scuro, sui quali centinaia di libri allineati si susseguono fino alle volte del soffitto anch’esse affrescate e, tra le due librerie, vicino all’angolo, una massiccia porta intarsiata; sulla parete che dà sul giardino, tre ampie vetrate bifore addobbate da fini tendaggi damascati porpora che impediscono la visione esterna, mentre sulla quarta parete, oltre alla porta d’ingresso, cinque grossi arazzi con scene venatorie, occupano l’ampia parete. Al centro tre grandi divani di alcantara, verde scuro, posizionati a forma di U sui quali due uomini stanno conversando sommessamente con in mano due ampi baloon contenenti del brandy. Veniamo presentati ai due uomini, che nel frattempo si sono educatamente alzati, dal nostro accompagnatore e vengo invitata da Flavio a sedermi sul divano nel mezzo mentre lui e l’anfitrione si seggono sul divano alla mia destra e gli altri due su quello alla mia sinistra. Nella mia mente baluginano emozioni contrastanti e la vergogna sembra sovrastare tutto tranne le mie gambe che non osano muoversi. Rimango rigida senza appoggiare la schiena ai soffici cuscini e con le gambe strette, ruotate di tre quarti per cercare di celare le cosce nude tra gli spacchi dell’abito che tende a sollevarsi. Loro conversano amabilmente come vecchi amici di affari, senza coinvolgermi, se non per offrirmi un brandy che rifiuto. Cercando di apparire disinvolta, senza nemmeno proferire verbo, e so d’essere la protagonista della serata ma, volutamente trattata come un oggetto in attesa di essere usato e, cosa che scoprirò dopo, un oggetto consapevole e poco consenziente. Sfruttando la poca attenzione riservatami ne approfitto per scrutare i tre uomini ai quali affibbio i soprannomi di anfitrione, tozzo e atleta : quello che sembra il proprietario della villa è un uomo molto alto, segaligno, con folti capelli bianchi pettinati all’indietro e con un naso aquilino che gli conferisce un aspetto aristocratico; l’altro di fronte a Flavio è tarchiato, sulla trentina e, le sue mani tozze e nodose emanano una sensazione di grande forza. Ha un viso largo diviso da un ampio naso da pugile e tutto nel suo aspetto richiama l’umiltà delle origini. Il terzo ha circa quarant’anni, è molto bello con capelli ed occhi neri, un viso molto regolare a tratti femmineo e un fisico atletico e proporzionato. Il deus ex machina della riunione è senza dubbio l’anfitrione che detta gli argomenti sui quali discetta coltamente senza che nessuno degli interlocutori osi interromperlo nemmeno quando, facendo lunghe pause, gusta il brandy. Anche Flavio, risoluto dominatore, subisce il fascino dell’abile oratore; l’atleta, pone domande intelligenti e si esprime forbitamente anche se non mostra una grande cultura mentre il tozzo sembra non interessarsi alla conversazione e sfregandosi le grosse mani, mi osserva le gambe con un sorriso ironico. La scena , nella quale presto diverrò la protagonista, m’appare come un visione onirica e devo stringermi le dita fino a congestionarle per convincermi che non sto sognando. Mio marito sta per materializzare le sue fantasie nei miei confronti ed io, o solo la parte oscura del mio subconscio, lo permette. Attendo come una vergine sacrificale che uno dei sacerdoti dia l’inizio all’orgia sublimatrice dove sarò immolata alle fantasie maschili. L’orgoglio, dote che posseggo, s’accoda mesto a quella indescrivibile voglia di sottomissione, un fanciullesco bisogno di essere comandata e usata a dispetto della mia volontà. Il sesso represso dall’infanzia vissuta in ambienti cattofobici ha creato in me questa indicibile voglia che rimarrà repressa solo per qualche momento, eppure mi ostino e m’illudo a pensare ancora che sono là solo per Flavio. La coscienza della donna morigerata s’erge tra i flutti del desiderio ma è sempre più stremata e l’abisso l’attende inesorabile. Vengo risvegliata dal mio sfarfallio mentale dall’atleta che si è alzato mentre gli altri hanno smesso di parlare e si pone dinanzi a me, così vicino che le sue gambe sfiorano le mie ginocchia sempre più serrate. Fissandomi negli occhi con uno sguardo sardonico, si slaccia la cintura, si sbottona i pantaloni abbassandoli insieme agli slip; il suo membro in stato di semi erezione poggia su grossi testicoli molto scuri che si perdono nella folta peluria del pube e tutto, mi sembra pulsare minaccioso. Rimango immobile e lui anche, ma ora sorride compiaciuto credendo di avermi impressionato, e in effetti non sono tranquilla. L’impasse della scena viene interrotto da Flavio che mi chiede seccato cosa sto aspettando ed io lo guardo dapprima supplichevolmente e poi, osservata la sua espressione riprovevole e spinta dalla mano dell’atleta, m’avvicino al membro ed inizio a leccarlo lentamente. La completa erezione non si fa attendere cosicché debbo spostarmi più avanti per raggiungere il prepuzio che inizio a suggere sempre lentamente. L’atleta ansima e con le mani mi incita ad aumentare il ritmo ma io, ora protagonista, mantengo il ritmo impostato mentre con una mano gli massaggio lo scroto. Mio marito sembra impazzito e mi apostrofa con epiteti pesanti mentre l’anfitrione deve ricorrere alla sua autorità per trattenere il tozzo che sembra essere diventato ancora più largo e paonazzo. Nonostante la lentezza del coito orale sento che l’atleta fatica a trattenere l’orgasmo e allora mi stacco bruscamente schernendolo con un sorriso. La mia esibizione d’indipendenza altera l’anfitrione che ordina all’atleta di spostarsi e fissandomi con disprezzo, mi spiega altezzosamente che sono là solo per dare piacere e non per provarne, anche se non mi è precluso, e che l’obbedienza e l’osservanza ai desideri degli ospiti è inappellabile e indiscutibile. L’enfasi con cui l’anfitrione ha elargito il suo disprezzo nei miei confronti risveglia il mio orgoglio e con uno scatto mi alzo dirigendomi verso l’uscita; solo pochi passi e il tozzo mi raggiunge stringendomi con forza un braccio, interrompendo la mia fuga. Cerco di richiamare l’attenzione di Flavio che invece, tranquillo, continua a gustare il brandy. L’anfitrione si alza e con un cenno ordina al tozzo di lasciarmi e, riprendendo il tono gentile che aveva usato accogliendoci, mi invita a seguirlo. Penso fiera che la mia dimostrazione di forza abbia placato la sua arroganza e così lo seguo verso la porta tra le due librerie. Varchiamo la soglia entrando in un locale in forte penombra dove intravedo strane forme e sento un leggero tintinnio metallico. La porta si richiude pesantemente dietro di me e, senza voltarmi, dai respiri affannosi, capisco che anche Flavio, tozzo e l’atleta ci hanno seguiti nella stanza. La sensazione di trappola, sgradevole e svilente per la mia falsa sensazione trionfale di poco prima, lascia presto spazio all’incredulità non appena l’anfitrione, sparito nell’oscurità, accende delle candele. Scorgo al centro della stanza una figura umana in una postura improbabile, come sollevata da terra, ma non riesco a distinguere i particolari a causa della scarsa luce; l’anfitrione, mentre accende un altro candelabro, con voce calma e metallica mi rispiega le finalità per cui sono lì, rimarcando che non posso scegliere. Le sue parole poco prima mi avrebbero imbestialito ma la visione, ora chiara seppure tremolante, mi toglie il fiato: quella figura che avevo intravisto è una giovane donna appesa con quattro sottili catene che gli cingono i polsi e le caviglie. Quest’ultime sono regolate in modo tale da costringere la poveretta a tenere le gambe allargate con il sesso e l’ano oscenamente mostrati e penetrati da due falli di gomma rossi fissati con cordicelle alle cosce. E’ completamente nuda e sembra svenuta. L’anfitrione sempre con una voce impersonale mi spiega che quella è la moglie dell’atleta che non ha voluto collaborare ed è stata punita. Mentre cerco di focalizzare anche gli altri oggetti nella stanza, il tozzo e l’atleta, azionando dei verricelli, fanno scendere lentamente la donna su un tappeto persiano con forti tinte amaranto; lei si affloscia gemendo e l’atleta con gesti amorevoli e sussurrandogli qualcosa, la libera dai polsini che la imprigionano. Poi, sempre delicatamente gli sfila i due vibratori e la bacia sulle labbra. Fisso Flavio con ira dissimulando la paura che mi ha pervaso e lui evita il mio sguardo attendendo gli ordini dell’anfitrione. Mi volto con uno scatto e ruoto la maniglia dorata della porta che non s’apre e nemmeno riesco a rigirarmi che mi sento afferrata alle braccia e trascinata nel centro della stanza, dove con forza vengo sdraiata su un lettino simile a quelli usati dai ginecologi con due staffe soprastanti dove mi vengono legate le cosce; anche i polsi vengono fissati alla struttura e l’unica cosa che posso fare è quella di gridare il mio disprezzo per loro. La paura, incredibilmente, ha lasciato il posto alla combattività e con scossoni violenti cerco di liberarmi urlando anche parole poco educate all’indirizzo degli uomini e specialmente di Flavio. Loro silenziosi, in cerchio di fronte alle mie gambe alzate e allargate e al mio sesso appena velato, mi guardano divertiti. La donna accanto a me, forse risvegliata dai miei urli, si è messa in ginocchio abbracciando con forza la gamba del marito. L’anfitrione le si avvicina sussurrandogli qualcosa e lei, titubante, si alza, si posiziona in ginocchio tra le mie cosce spostando con delicatezza lo slip e inizia a suggermi la figa. Mi contraggo effettuando i pochi movimenti che le cinghie mi permettono ma la lingua della donna inizia a provocarmi dei singulti di piacere. Cerco di resistere offendendo la donna, ma la mia convinzione appare sempre più forzata. Lei intanto, sapientemente mi sugge il clitoride provocandomi sussulti di piacere e la sua lingua passa velocemente dalla vulva all’ano con sapiente perizia. Ora il mio piacere traspare da ogni muscolo e con gli occhi chiusi voglio solo raggiungere l’orgasmo. Il lettino su cui giaccio è lungo poco meno del mio tronco cosicché la mia testa e il bacino sono esterni ad esso. L’atleta, mentre sussulto per il piacere, avvicina al mio viso il membro eretto e, ruotandomi con forza il viso, me lo spinge in bocca; alla mia sinistra Flavio mi tamburella il suo cazzo sulla guancia continuando ad offendermi con solerzia; la donna continua il suo lavoro ormai invasa dai miei umori vaginali e l’anfitrione guarda compiaciuto il tutto. Resiste poco, sposta la donna, mi strappa gli slip e mi penetra con forza tenendosi alle mie cosce. La donna intanto, eccitata dalla mia performance, si dedica a Flavio mentre l’atleta con bestiali singulti mi rovescia il suo seme in bocca e sul viso. Il tozzo che fine ha fatto? Eccolo che appare nudo e tragico; il suo fallo è lungo ma l’immenso diametro lo fa sembrare corto. L’anfitrione si sposta ridacchiando mentre tutti gli altri attori si fermano fissando quel mostro avvicinarsi. Gli sistemano dei cuscini sotto i piedi a causa della statura e lui penetra la mia figa che nonostante sia molto umida fatica ad accoglierlo; mi scopa per circa un minuto come studiandomi, sorridendo sinistramente, e d’improvviso estrae il cazzo dalla figa e inizia a puntarlo al mio ano. Con le poche forze rimastemi cerco di spostarmi ma Flavio e l’atleta mi schiacciano i fianchi. Non riesco nemmeno a urlare perché sono ancora invasa dallo sperma dell’atleta e il tozzo continua a spingere. La penetrazione risulta difficoltosa e la donna, su ordine dell’anfitrione, umetta con la lingua l’ano e il cazzo per permettere la sodomizzazione e così facendo il tozzo, dopo una secca spinta e un urlo soffocato, lacera l’ano iniziando dapprima lentamente e poi con sadico ritmo ad incularmi fino in fondo. Da quel momento tutto è una grossa baraonda di sessi che si confrontano, senza nessuna cerebralità e solo istintività: i maschi hanno la possibilità di trattarci come orinatoi, di seviziarci con schiaffi e pizzicotti, di riempirci tutti gli orifizi con il loro sperma, di offenderci verbalmente, insomma di trattarci come oggetti. Tutte la forza che la madre terra infonde alle donne e che terrorizza l’altra metà del cielo, viene esorcizzata e tutto l’immaginabile viene materializzato. Gli uomini danzano frenetici spostandoci, posizionandoci, occludendoci, offrendoci le loro terga per essere baciati in un estremo gesto di sopraffazione. Noi due, le vittime, senza mai parlarci, abbiamo stretto un tacito sodalizio consolidato dal lampo indomito che talvolta attraversa i miei occhi e che rassicura la mia debole compagna di stupro. E l’ora arriva quando le lunghe candele sono ormai dei mozziconi come i falli dei nostri dominatori che paiono ora delle scimmie sfinite. Giacciamo tra di loro, fieramente attente e ora uniche dominatrici. Mi alzo e porgo il mio aiuto alla donna che s’alza anch’essa; nonostante il bruciore agli occhi e il dolore anale, riusciamo ad aprire la porta mentre nella penombra un uomo tenta d’alzarsi. Leste chiudiamo la pesante porta dietro noi e velocemente rovesciamo pesanti volumi dagli scaffali vicini che ostruiscono l’apertura della stessa. I nostri ometti si sono svegliati e scuotono la porta con urla poco affabili e noi per rafforzare la diga cartacea, avviciniamo alle pile i tre divani d’alcantara. Ci guardiamo, scoppiamo a ridere, ci abbracciamo saltellando nude e sporche come siamo, mentre gli orango ululano minacce tremende nei nostri confronti. Mi guardo intorno rimuginando qualcosa e all’improvviso prendo un portacenere d’alabastro su un tavolino e mi scaglio sull’arazzo centrale, quello più grosso, lacerandolo con frenetici colpi. La mia compagna superata la sorpresa aggredisce una vetrina fracassandola con un grosso tomo e ridendo sinistramente. La nostra opera devastatrice, dopo la frenesia iniziale, assume una cadenza metodica e tutte le suppellettili alla nostra portata vengono oltraggiate. Le urla dei padroni sono cessate tranne quella dell’anfitrione che, probabilmente, è il tristissimo e furioso proprietario della villa. Esaurita la nostra rivalsa nella stanza accanto, trovo le chiavi dell’auto che Flavio, sbadato, ha lasciato sulla libreria e coprendoci con i tendaggi strappati, raggiungiamo la macchina ridendo come delle liceali. Parto schizzando ghiaia sulle vetrate e imbocco il viale facendo urlare il sei cilindri e poco dopo siamo al cancello, imponente, immanente e chiuso! L'euforia svanisce mentre il retrovisore dell’auto riflette luci che rischiarano l’abitacolo;ci voltiamo e in fondo al viale, minacciosa, scorgiamo un’auto che sta giungendo velocemente. Sono loro! Ed ora? 10925 2 11 anni fa
- 10 anni fa Una schiava in campagna - seconda parte Il ragazzo mi palpa le tette e con aria di sfottimento mi dice: "Qui da noi le donne hanno le tette molto più grandi delle tue. Speriamo che la tua figa non sia una delusione!" e ridendo in modo sfacciato, accompagna le sue parole ad uno sputo che finisce dritto dritto nella mia bocca aperta. "Ed ora ingoia, puttana", mi dice in modo insolente. Io non reagisco e ubbidisco agli ordini del giovane. Nicola invita tutti i presenti a togliersi le scarpe e poi mi fa mettere a quattro zampe, dicendo: "Cagna, lecca i piedi preziosi dei nostri cari amici. Renditi utile una volta tanto!". Io eseguo l'ordine, mi metto a quattro zampe, ma gli faccio capire che non posso leccare i piedi con la lingua bloccata e la bocca spalancata! Nicola, bontà sua, mi toglie il fermo dalla bocca e io faccio un po' di ginnastica con la lingua, intorpidita dalla posizione e dal caldo opprimente. Poi inizio a leccare i piedi dei presenti: giovani, meno giovani, puzzolenti, puliti, callosi e anche... sporchi di terra! Alla fine del giro, mi fanno alzare e mi tolgono la gonna. Ora solo le mutandine mi separano dalla nudità completa. Poco dopo mi sfilano anche quelle e io rimango nuda, come mamma mi ha fatto (molto tempo fa!). Tutti gli uomini si alzano, si fanno intorno a me in un ipotetico cerchio e mi fanno andare verso la stalla. Lì Nicola mi ordina di salire su un'asse di legno molto ruvida, che subito mi ricorda di aver ricevuto una bella quantità di frustate su tutte le parti del corpo. Vengo bendata, poi le mie gambe vengono reclinate all'indietro sul seno, così come la mia testa che penzola all'indietro senza sostegno alcuno. Sento le corde che si avventano sul mio corpo provocandomi dolore e poco dopo sono completamente immobilizzata. Dalla posizione in cui vengo legata intuisco che cosa mi aspetta: una bella scopata generale, come usa fare Nicola con i suoi amici, quando a fine sessione mi offre ad "uso gratuito". Le parole di Nicola non tardano ad arricvare: "Ora questa troia è tutta vostra, fatene quello che volete. Scopatela nella figa, spaccatele il culo, infilatele il vostro braccio nelle sue cavità. E non abbiate paura di farle male... anzi, più male le farete, e più lei godrà!". E subito mi arriva un grosso uccello nella figa, non ancora completamente dilatata. Ma l'uomo sa come farsi largo all'interno della vagina di una donna e con pochi colpi mi spalanca la figa. Ora sono bagnata, completamente bagnata. Mi scopa per un bel dieci minuti e poi sento le sue mani sul buco del mio ano. Spinge con le dita, si fa largo in modo rude e il mio buco inizia a cedere: dopo poco si allarga completamente e la sua mano ruvida e dura mi fa urlare di dolore. Dolore? Forse piacere, o forse tutti e due. Poi mi introduce il suo uccello nel culo e sento qualcosa che mi invade lo sfintere: penso che sia venuto, ma quella non è sborra... mi sta pisciando dentro il culo! "Sei un porco fottuto", grido io e in cambio ricevo un tremendo schiaffo, che mi fa sbattere la testa contro l'asse, provocandomi un lancinante dolore al collo. Subito dopo una tempesta di sputi invade il mio viso. Gli uomini si susseguono in un susseguirsi frenetico: figa, culo e poi bocca o viso, dove finiscono tutte le loro sborrate. Ad un certo punto sento un uccello "tremolante" pervadermi la figa: chi sarà? Nicola mi sbenda e io vedo un anziano, non il più anziano però, che se la ride mentre mi scopa con ritmo e impegno. Ormai il tempo è passato, ma manca ancora uno all'appuntamento con la mia figa: è il diciottenne, che baldanzoso avanza con un grosso uccello tra le mani. Io mi sento davvero imbarazzata, perchè lui potrebbe essere mio figlio, visto che ho quarantadue anni. "Dai non farlo, non farmi sentire una puttana. Potrei essere tua madre", dico io con voce supplichevole. Lui non si cura delle mie parole e non mi risponde. Inizia a stantuffarmi nella figa, poi nel culo e lo fa con grande maestria. Non ci crederete, ma io con lui ho goduto come una pazza! Alla fine mi inonda il seno di sborra. Nicola mi slega dall'incomoda posizione, mi fa rivestire con camicetta, gonna e scarpe e lascia i pezzi del mio reggiseno distrutto e le mie mutandine di pizzo ai "villici". Per loro un trofeo, per me un'umiliazione ritornare in città senza biancheria intima. Ma sono o non sono una schiava? 18968 0 11 anni fa
- 10 anni fa Una schiava in campagna - prima parte Era una calda domenica di luglio e il mio Padrone, Nicola, aveva deciso di portarmi in campagna nei pressi di Reggio Emilia. Lì c'erano ad attenderci diversi uomini, di età compresa tra i diciotto e i novantadue anni. Partenza da Milano alle sette e dopo poco più di due ore di viaggio in auto raggiungiamo la mèta: una sperduta casa di campagna con annessa stalla nella verde campagna emiliana. Io mi ero vestita in modo elegante, più adatto allo shopping in città, che ad una gita in campagna: camicetta bianca, gonna azzurra, scarpe nere con tacchi alti e raffinata biancheria intima di pizzo. Appena giungiamo alla casa colonica veniamo accolti calorosamente dai dieci amici che erano stati avvisati del nostro arrivo da Nicola. Inutile dirsi che al centro dell'attenzione c'ero io e di conseguenza quello che il mio Padrone mi avrebbe fatto fare. Ci sediamo sotto al portico e li rimaniamo seduti comodamente all'ombra fino a mezzogiorno. Allo scoccare delle dodici il padrone di casa ci fa entrare ed accomodare a tavola. Mangiamo e conversiamo allegramente, ma al dolce l'idillio si "rompe". Nicola interviene dicendo che io non avrei mangiato la squisita crostata di frutta e avrei preferito andare fuori. Mi prende per mano e mi fa uscire, mi conduce alla macchina e dopo aver aperto il bagagliaio estrae un collare e me lo mette al collo. Mi trascina fino ad una colonna e lì mi lega, dopodichè rientra in casa a mangiarsi il suo agognato dolce. Il caldo è insopportabile, ma per fortuna io sono all'ombra. Dopo quasi un'ora tutti gli amici escono dalla casa e si sistemano nuovamente sotto al portico. Uno di loro va a prendere il trattore e si posiziona davanti alla casa. Nicola mi presenta come una schiava, alla quale si può chiedere tutto o quasi... Poi con voce decisa sottolinea che ogni azione che mi faranno compiere, dovrà essere avallata dal suo benestare, in quanto "io sono sua"! Mi slega dalla colonna e mi fa togliere la camicetta. Poi mi spalma sul decollete e sulle spalle una specie di miele, mi fa aprire la bocca e tirare fuori la lingua, che mi blocca con un aggeggio che mi impedisce di ritirare la lingua e di chiudere la bocca. A quel punto mi ordina di alzare le braccia e mi lega i polsi con una corda, che assicura alla forca anteriore del trattore. Fa un cenno all'uomo che guida il trattore e la forca si alza... in pochi istanti il mio corpo penzola nel vuoto. Non capisco subito perchè mi ha bloccato la bocca in posizione aperta... L'uomo sul trattore ingrana la prima e mi porta fino nei pressi della stalla, dove "troneggiano" due bei mucchi di escrementi di cavallo. Lì le mosche la fanno da padrone e svolazzano allegramente sulle merde, incuranti del caldo soffocante. Poi qualcuna di loro si accorge della mia presenza e trova delizioso il miele che ho sulla parte superiore del corpo... e così le mosche trovano interessante fare la spola tra me, le mie spalle, la mia lingua e gli escrementi! Una situazione orribile, imbarazzante e molto, molto sgradevole. Sento le mosche sulla mia lingua e cerco di non pensare a dove avevano posato prima le loro preziose zampette. Poi Nicola afferra una frusta e mi dà qualche colpo ben assestato che fa oscillare nel vuoto il mio corpo, tra le risate e i commenti dei presenti divertiti. Il mio Padrone invita poi il ragazzo più giovane a prendere la frusta al posto suo e a frustarmi con decisione. Il giovane non se lo fa ripetere due volte e inizia a frustarmi violentemente.Io mi lamento, ma dalla mia bocca aperta escono suoni incomprensibili. Il ragazzo sfoga su di me una specie di "rabbia giovanile" e il mio corpo, seppure parzialmente coperto, comincia a mostrare i segni rossi lasciati dalla frusta. Il sudore cola dalla mia fronte e mi sento un giocattolo nelle mani di quel ragazzo, che poi decide di dare la caccia alle mie scarpe. Ora mi colpisce le gambe e le caviglie, nel tentativo di togliermi le scarpe a colpi di frusta. Dopo qualche colpo andato a vuoto, riesce a sfilarmi una scarpa, che ruzziola qualche metro più in là per la veemenza della frustata. "E ora toglile l'altra scarpa", lo incita uno dei più anziani. Il ragazzo si accanisce con le frustate, ma sembra aver perso la concentrazione e l'altra scarpa non se ne vuole andare dal mio piede. E intanto le mie gambe si ricoprono di segni rossi per le frustate. Dopo vari tentativi, la frusta colpisce il mio tacco e la scarpa si sfila dal mio piede. "Bravo, hai vinto il reggiseno", dice Nicola al ragazzo e fa cenno all'uomo del trattore di abbassare la forca. Io sono stremata dal caldo e dalle frustate, ma di parere diverso sembra il giovane, che mi si avvicina e appena metto piede a terra con un coltello mi taglia le spalline e la parte centrale del reggiseno. Ora i miei seni sono lì indifesi, davanti a ventidue occhi che mi fanno sentire una nullità. 21964 0 11 anni fa
- 10 anni fa In mezzo agli operai Tutto potevo immaginarmi, ma quello che mi è successo martedì 29 maggio è davvero incredibile. Alla mattina raggiungo uno dei miei attuali Padroni per passare qualche ora con lui. Il motivo della mia visita non era il solito incontro punitivo, ma l'occasione per discutere delle sue prossime vacanze, visto che ho un'amica che gestisce un'agenzia di viaggi. Quando vado da lui in incognita per qualche incontro di carattere "sessuale", scendo direttamente in box con la macchina (ho l'apricancello e un box a me riservato) e poi da lì raggiungo la sua abitazione. Ma quella mattina non c'era nulla da nascondere agli occhi indiscreti e curiosi dei vicini. Ho quindi parcheggiato fuori e ho citofonato, come una qualsiasi amica. Lui mi ha aperto e io sono salita, recando sotto il braccio una montagna di depliant; lui li ha guardati con attenzione e poi mi ha indicato le sue preferenze circa i luoghi in cui vorrebbe trascorrere le vacanze di agosto. Abbiamo conversato, bevuto un buon caffè e poi è arrivata la sua proposta del tutto inaspettata: "Ho parlato di te ad alcuni amici che vorrebbero conoscerti. Vuoi che te li presenti?". "Sì, va bene, ma questa mattina non ho voglia di giochi sado e non ho voglia di essere sottomessa, d'accordo?", dissi io. Lui mi rispose che io potevo scegliere e che lui non mi avrebbe mai obbligato a fare qualcosa contro la mia volontà. Accettai di conoscere questi nuovi amici e partimmo con la sua auto. Si diresse alla periferia della città e poco dopo varcò la soglia di un cantiere. "Nicola, ma dove stai andando?", dissi un po' preoccupata. Lui mi rassicurò dicendo che i suoi amici lavoravano in quel cantiere e che erano operai, ma persone a modo. Io non ho mai avuto preconcetti verso gli operai, anzi talvolta sono persone decisamente migliori di coloro che hanno studiato a lungo, ma vivono solo di apparenze. Scendemmo dall'auto e lui mi presentò a una decina di amici. "Ciao ragazzi, questa è Sonia, una grande amica con la quale a volte si può anche trasgredire un po', ma questa mattina non ne ha proprio voglia", disse il mio Padrone. Dopo le solite presentazioni, qualcuno azzardò qualche commento un po' pesante. Si avvicinò a me un uomo barbuto dall'aria poco rassicurante, di corporatura massiccia e con una canottiera intrisa di sudore. Mi disse con voce roca: "Ma guarda che bella porcellina. Nicola ci ha detto che sei brava a fare certe cose. Dai, facci vedere le tettine... almeno quelle". Si avvicinò a me con la sua mano grassoccia e tozza. "Senti bello, questa mattina non ho voglia di fare spogliarelli e quindi non osare a toccarmi", ribadii io in modo fermo e deciso. "Eppure Nicola ha detto che sei una puttana e che vai con tutti, senza chiedere soldi, ma solo per il tuo gusto... Ora ti facciamo divertire noi, lurida sgualdrinella!", disse un altro. "Nicola sei un bastardo, i patti sono patti", dissi io intuendo le intenzioni di quegli uomini. Poi mi voltai e iniziai a correre verso l'uscita del cantiere. Nel cantiere c'era una casa in costruzione e dall'alto un operaio, che aveva assistito alla scena, mi invitò a fuggire. Io correvo e sentivo di essere inseguita da alcuni uomini. Stavo guadagnando terreno rispetto ai miei inseguitori, quando un tacco di una scarpa rimase infilato nel terreno cedevole e io capii di averla persa. Continuai a correre con un piede scalzo, ma la cosa diventava sempre più difficile e poco dopo venni raggiunta dai miei inseguitori. Mi bloccarono e mi riportarono sui miei passi, dicendomi: "Ma brava, hai cambiato idea. Vuoi conoscerci meglio!". Quando fummo davanti a Nicola mi denudarono completamente, tra gli sghignazzi di tutti e mi legarono le braccia dietro alla schiena. "Sai che sei proprio una bella fighetta? Non sei più giovanissima, ma te la cavi ancora bene! Peccato che sei così superba...", disse un operaio divertito. "A lei piacciono i camion... facciamogli vedere il cassone del nostro. Salvatore vieni qui con l'escavatore, così mettiamo questa troia sul camion", disse l'operaio barbuto. Poco dopo l'escavatore si avvicinò e mi misero legata dentro la benna, con modi alquanto ruvidi. Praticamente mi sbatterono dentro! L'uomo in cabina alzò il braccio dell'escavatore e io venni sollevata ad alcuni metri da terra, dentro a quella specie di cucchiaio bollente per il sole caldo e splendente di quella giornata. Mi depositarono, anzi mi fecero rotolare per l'esattezza, nel cassone dell'autocarro dove c'era un mucchio di sabbia e quattro operai salirono sul camion. "Ti piace la sabbia? E' come essere al mare... Speriamo non dia fastidio alla tua candida schiena...", mi apostrofò un operaio in tono ironico. Mi slegarono e mi buttarono sul mucchio di sabbia. Poi uno tiro fuori l'uccello già duro e rigido e mi allargò le gambe. Invitò altri due a tenermi ferme le gambe e loro strinsero le loro mani forzute sulle mie caviglie. Uno, ridendo, mi sfottò dicendo: "Ma lavati i piedi, zoccola. Hai un piede pulito e uno sporco... sei una lurida troia!". E' chiaro che la cosa era dovuta al pezzo di strada che avevo percorso in cantiere senza una scarpa, ma qualsiasi occasione era buona per loro per sfottermi. Ormai non avevo più dubbi: Nicola mi aveva tradito ancora una volta. Lui era rimasto giù dal camion, ma esortava gli altri a farmi qualsiasi cosa avessero voluto, tanto a suo dire ero solo una cagna in calore. Io non ero per niente eccitata e la mia parte intima credo non fosse assolutamente bagnata. Ma ai quattro quello poco importava. A turno mi scoparono, aprendomi con colpi decisi la figa. Io vedevo altri operai che dall'alto della casa assistevano alla scena divertiti e commentavano in modi scurrili la mia sottomissione. La mia schiena si strofinava sulla sabbia, che faceva quasi da carta vetrata sulla mia pelle. Poi uno prese un grosso ramo di ortica e me la strofinò sui seni e sulla pancia. Che bruciore provai in quei momenti! Poi mi voltarono e io capii che era venuta la fine anche per il mio culetto. Mi sfondarono in quattro o cinque, io non riuscivo più a contare gli uomini che mi sodomizzavano... solo un gran bruciore all'ano mi faceva capire che gli energumeni dovevano essere tanti! Ad ogni colpo che ricevevo le mie tette sbattevano sulla sabbia ruvida, provocandomi dolore. Io urlavo, ma più alzavo la voce, più loro si accanivano su di me. Quando furono soddisfatti, mi rigirarono a pancia in su e mi legarono con le braccia aperte e le gambe divaricate alle sponde del cassone del camion. Mi ricoprirono di insulti e si sputi e quelli che non erano venuti nel mio culetto, mi sborrarono addosso. Rimasi nuda e legata, sotto al sole cocente del mezzogiorno, mentre gli operai andarono a mangiare. La mia pelle bruciava per l'ortica, lo strofinamento contro la sabbia e il sole che mi stava cuocendo a fuoco lento. Rimasi lì fino alle cinque del pomeriggio, con le gambe atrofizzate e la pelle ormai rossa e dolente. Alla fine mi slegarono e Nicola mi disse con aria di rimprovero: "Sonia, sei sempre la solita... una lurida cagna in calore, che mi fa fare figure ovunque la porto. Domani riceverai cinquanta frustate a casa mia per il comportamento da puttana che hai tenuto oggi! Intesi?". Vita da schiava... 15854 1 11 anni fa
- 10 anni fa Umiliazioni di schiava Nicola, uno dei miei attuali Padroni, mi aveva "ceduta" temporaneamente a James, che mi aveva invitato a casa sua per una prima lezione di umiliazione davanti a dieci uomini. Doveva essere una lezione di sottomissione a livello cerebrale, in cui non era prevista una sottomissione a carattere fisico. E proprio per questo mi ero vestita in modo decisamente carino con un bell'abitino di un pallido color azzurro (graditissimo regalo di mio marito) e scarpe laccate blu con il tacco alto. Sotto avevo reggiseno e mutandine di colore blu di una nota Casa di intimo. Quando arrivai venni subito presentata da James ai dieci uomini presenti, di cui notai subito la differenza di età: cinque erano in giovane età, mentre gli altri cinque si avvicinavano alla settantina. Mi aspettavo di essere investita da un fiume di parole, che mi avrebbe fatto sentire la loro schiava inutile e disprezzata; chiaramente non mi aspettavo minimamente che il mio corpo fosse protagonista della serata. Uno degli anziani si avvicinò a me e, mettendomi una mano sul seno, disse a James: "Questo vestitino è proprio brutto, insignificante e da educanda". James rispose con tono fermo: "Se non ti piace... distruggilo!". E mentre diceva così porse al vecchio un paio di forbici, che il vecchio afferrò con destrezza; l'uomo infilò la punta della forbice in una manica del mio abito perforandola e da lì tagliò la manica all'altezza della cucitura. "Ehi, che fai! Smettila con quella forbice... quest'abito è un regalo di compleanno dii mio marito", dissi io stizzita. Ma non riuscii a finire la frase, che già la forbice aveva compiuto il suo scempio. L'uomo mi sfilò la manica ormai staccata dal vestito, la buttò sul pavimento e la calpestò. Poi fece apprezzamenti galanti al mio barccio ormai scoperto: "Che bel braccio hai, lurida troia". Io cercai di far notare a James che il tema della serata era la sottomissione cerebrale e lui mi ridicolizzò, dicendomi che se avevo creduto a quella promessa ero proprio un'ingenua. Il vecchio mi disse allora: "Cagnetta e sotto come sei? Ora facciamo vedere a tutti come sei fatta... Ti taglierò questo inutile vestitino dal basso verso l'alto". Detto fatto iniziò a tagliarmi il vestito dalla gonna verso l'alto e dopo poco il mio abito era diviso perfettamente in due parti: intervenne allora un altro che mi sfilò il vestito e lo gettò sul pavimento. Ero rimasta con le scarpe e la biancheria intima, davanti agli occhi libidinosi dei vecchi e a quelli più indifferenti dei giovani. Mi vennero tagliate le spalline del reggiseno, poi venne diviso in due parti con un taglio netto in mezzo alle coppe, rendendolo inutilizzabile. Poi mi tagliarono le mutandine all'altezza dei fianchi e io rimasi nuda, ad eccezione delle scarpe. Mi fecero sedere su una sedia, mi fecero portare le braccia all'indietro e divaricare le gambe; venni poi legata con le braccia dietro alla spalliera della sedia, mentre le gambe mi furono legate in posizione aperta all'altezza delle ginocchia. Uno dei vecchi accese una sigaretta e chiese un portacenere al padrone di casa, che stupito e beffardo disse: "Vecchio, non ti basta la bocca di questa povera schiava? Sonia reclina il capo all'indietro e apri la bocca. Tira fuori la lingua, cagna!" Io replicai dicendo che mi sarei rifiutata di fare il portacenere e ricevetti due sonori ceffoni. Io insistevo nel rifiuto e ormai gli schiaffi non si contavano più. Alla fine cedetti, con il viso arrossato dagli schiaffi, reclinai la testa all'indietro e aprii la bocca. Il vecchio fumava con lentezza e buttava la cenere della sigaretta sulla mia lingua e in gola. Ad un certo punto mi venne imposto di buttare tutta la cenere in gola, ma io non riuscii a svuotare completamente la bocca. James ordinò ai presenti di sputarmi in bocca per "aiutare" la mia deglutizione. In men che non si dica mi riempirono la bocca di sputi e vi assicuro che la saliva non è molto simpatica, a maggior ragione se proviene dalla bocca di una persona di una certa età. L'anziano aveva finito la sua sigaretta e James lo invitò a spegnerla... sotto ai miei piedi! L'uomo mi alzò un piede e spense il mozzicone sulla suola della mia scarpa. "No, non hai capito niente... devi spegnerla sul piede nudo di questa povera diavola e non sulla suola della scarpa", intervenne il padrone di casa. Nel frattempo altri uomini avevano acceso alcune sigarette e tutti usavano la mia bocca come portacenere. Sputi e cenere nella mia bocca si mischiavano in una nauseabonda mistura. E allora a James venne un'idea geniale: invitò i più giovani ad urinare dentro ai bicchieri di plastica e a masturbarsi, versando nei bicchieri colmi di urina anche il loro sperma. A suo dire questa calda bevanda sarebbe riuscita a farmi ingoiare cenere e sputi. Un vecchio finì la sua sigaretta, mi tolse una scarpa e la spense sulla mia pianta, immediatamente sotto alle dita. Per fortuna lì la pelle è leggermente più spessa che in altri punti, ma il dolore fu comunque atroce. Un altro, decisamente più bastardo, mi tolse l'altra scarpa, mi allargò il quinto dito del piede e spense il suo mozzicone tra le mie dita. Lì la pelle è più vulnerabile e io urlai dal dolore provocatomi dalla bruciatura. Poi mi fecero bere alcuni bicchieri di urina "condita" dal bianco sperma: una bevanda calda e odorosa, che mi lascio in bocca uno sgradevole sapore. Un altro mozzicone mi venne spento sul tallone e ancor oggi fatico a mettere le scarpe, avendo i piedi provati dalle vesciche. Dopo tanti sputi, insulti e "bevande" di cattivo gusto la mia serata finì con una buona dose di schiaffi sui seni. Venni slegata e buttata a terra, dove ricevetti altri sputi su tutto il corpo e anche qualche calcio. Ricevetti però anche un applauso fragoroso e convinto e venni invitata a ritornare in quella casa, ad "esibirmi" davanti a quella variegata platea. 35561 0 11 anni fa
- 10 anni fa L'apprendista schiava Già da tempo ero la schiava di mio marito, con lui facevo giochi sado, ma sognavo il "grande salto". Fu la prima volta che confessai a mio marito la mia voglia di diventare schiava di un altro uomo. Lui all'inizio rifiutò categoricamente l'idea di vedermi alle prese con un altro uomo, ma poi con il passare del tempo acconsentì alla mia bizzarra richiesta. Lui stesso contattò attraverso una rivista di settore un Master, che ci fissò un incontro in un bar della zona in cui era ubicato il locale delle torture. Ci incontrammo e bevemmo un caffè insieme, tutti e tre come vecchi amici. Il Master si chiamava Max, aveva trent'anni ed esibiva un fisico scultoreo. Mio marito chiese a Max di non essere molto duro con me: "Mi raccomando, falla sentire schiava, ma fai in modo che la cosa risulti molto soft. Per lei è la prima volta e potrebbe rimanere traumatizzata dalla cosa". Max lo rassicurò, lasciando intendere che la cosa si sarebbe limitata a qualche bacchettata alle mani e al sedere... "ricoperto" dai pantaloni! Venne deciso il giorno dell'incontro e io fremevo come una bimba in attesa di quel momento. Quando arrivammo alla location prestabilita, trovammo con nostro grande stupore cinque uomini ad attenderci: Max si era portato quattro amici, tutti molto ben piazzati e dal fisico atletico. Max ci salutò calorosamente e poi si rivolse a Mario, mio marito, in tono deciso: "Caro Mario, tu non mi dai la benchè minima garanzia. Non sono sicuro che rimarrai fermo e buono vedendo la tua bella mogliettina nelle mani altrui. Devo per forza farti legare". "Tu non farai questo, non era negli accordi. Ricordi che cosa ci dicemmo al bar il giorno del nostro primo incontro? Solo punizioni soft per Sonia. E nient'altro", replicò mio marito. Non ebbe il tempo di finire la frase, che due uomini lo immobilizzarono, legandolo saldamente ad una poltrona. Io cercai di andare in suo soccorso, ma fui subito bloccata da altri due uomini e dalle parole gelide di Max: "Troietta, tu non vai da nessuna parte. Ora sei nostra, ci hai provocato e dovrai stare ai nostri ordini. Noi siamo veri uomini, non ci facciamo prendere per il culo da nessuno... non come quella mezza sega di tuo marito! Se vuoi scappare, se hai paura, chiedi aiuto a Mario... Guarda che aria impaurita ha... Ora Mario vedrà come si trattano le puttanelle come te!". Io guardavo Max con aria altera, mentre i due uomini mi tenevano ferma, afferrandomi le braccia in una morsa decisa. "Tu sei solo uno sbruffone, che si vanta per avere due muscoli in più degli altri. non mi fai paura. Mi fai schifo! Sì, solo schifo...", dissi io a Max, che nel frattempo si era avvicinato al mio viso, con l'indice alzato. "Puttana, ora ti faccio pentire di quello che hai detto", ribadì il Master con tono beffardo. Si rivolse ai due uomini e impartì loro l'ordine di strapparmi i vestiti. I due non si fecero pregare e iniziarono a lacerarmi i vestiti. Io mi divincolai e persi le scarpe nella colluttazione. Sentivo i miei vestiti che venivano inesorabilmente stracciati e poco dopo rimasi con la biancheria intima. "Via tutto, lasciatela nuda", ordinò Max. Mi slacciarono il reggiseno e me lo tolsero, poi si gettarono sulle mie mutandine. Cercarono di strapparmele, ma loro opponevano una grande resistenza, Tirandole verso l'alto, le fecero passare all'interno della mia figa, procurandomi un leggero dolore. Poi anche le mutandine vennero sopraffatte e io rimasi nuda ed inerme davanti ai sei uomini. Ero visibilmente intimorita da quell'ambiente ostile che si era creato attorno a me. Max chiese ai quattro chi volesse essere punito con me e uno di loro si fece avanti: "Padrone, io merito di essere punito. Fatemi qualsiasi cosa". Io guardai l'uomo attentamente e mi accorsi che i suoi pantaloni si erano gonfiati a dismisura. Max chiese all'uomo di spogliarsi e lui lo fece con aria alquanto disinvolta. Quando fu nudo vidi che non mi ero sbagliata: il tipo aveva un uccello spropositato e duro come il marmo! Altro che Mario, ottimo marito, ma poco dotato sessualmente. Ci fecero mettere uno di fronte all'altra e la visione dell'uccello di quell'uomo mi stava provocando pruriti vaginali intensi. Poi ci fecero alzare le braccia e ci spinsero l'uno contro l'altra. Ora l'uccello in tiro dello schiavo premeva contro la mia figa totalmente bagnata. Ci legarono insieme, in modo molto stretto, provocandomi piacevolissime sensazioni; ormai ero bagnata all'inverosimile e ci sollevarono uniti, corpo contro corpo. Mio marito urlava come un pazzo, ma venne preso a schiaffi da Max. "Guarda quella vacca di tua moglie. Guarda come si stringe al bull, le piace sentire l'uccello contro la sua figa... è una porca... e tu povero cornuto grida, grida pure..." Poi Max ordinò a me e all'uomo che avevo davanti di scambiarci un bacio, con grande intensità. Sentii la lingua di quel porco entrare nella mia bocca e io non potei far altro che accettare quello scambio ravvicinato di effusioni. Le nostre lingue si avvinghiarono, con grande trasporto da parte di tutti e due. Ma una frustata sulla schiena ruppe l'idillio. Io gridai per il dolore, interrompendo quello splendido momento di piacere. Anche lo schiavo ricevette una spietata frustata e i nostri corpi ondeggiavano ora uniti, sotto l'effetto devastante della frusta. Frustate, tante frustate. Io ero distrutta, ma l'uccello dell'uomo continuava a premere sulla mia parte intima, a tal punto che cominciai a gocciolare... sul pavimento! Max se ne accorse e ordinò ai suoi uomini di spargere puntine da disegno sul pavimento. Poi ci calarono, fino a farci toccare il pavimento con i piedi. Sia io che lui cercavamo di non toccare terra, per evitare le puntine, ma ad un certo punto i nostri corpi si allungarono e fummo costretti ad appoggiare i piedi a terra. Le puntine fecero scempio delle nostre piante, conficcandosi senza pietà e producendoci un atroce dolore. A quel punto ci sollevarono e ci fecero scendere di nuovo e ad ogni contatto con il pavimento qualche puntina riusciva a conficcarsi nelle nostre carni. Per fortuna qualche altra puntina si staccava e così via per un buon quarto d'ora. Ci ripulirono i piedi dalle puntine e ripulirono anche il pavimento, dopodichè venimmo slegati. Anche Mario venne liberato, ma i suoi occhi lucidi erano un chiaro sintomo del suo stato d'animo. Ci spinsero fuori dalla porta, io ero nuda e raggiungemmo la macchina in un batter d'occhio. La prova fu molto dura, molto più di quanto si pensava. E fu solo l'inizio di una serie di sottomissioni. alle quali ora non so più rinunciare. 19189 0 11 anni fa
- 1 anno fa La Madame e lo stallone Due giri di chiave, si apre la porta di casa ed entra Avvolta in spendidi aderenti pantaloni neri, e la gambe fasciate da stivali neri con suola rossa. Il rigonfio inguinale tradisce il suo stato di estremo eccitamento. La Madame si muove con passo sicuro, Il rumore dei tacchi segnala i suoi spostamenti. Gira per casa, appoggia le chiavi si avvicina alla camera da letto ed entra."scusami per il ritardo tesoro, ma sai come siamo noi donne ce ne abbiamo sempre una. Spero tu non ti sia annoiato nel frattempo, mon amour". Lo stallone e' sdraiato sul letto. Avvolto in una camicia di forza e da un natrso plastificato che gli cinge le braccia, ha il busto impachettato. Le gambe avvolte in collant con le caviglia unite e bloccate da un giro di nastro grigio fosforescente.Il collant aperto all'altezza del'inguine da cui fuoriesce il membro dello stallone legto con un corda rossa che gli seziona i testicoli estremamente sensibili ed esposti. Ai piedi un paio di decolte' con tacco 12' bloccate con delle corde. Intorno alla vita ha una corda che gli scende tra le natiche per fasciargli le cosce appena al di sotto delle natiche. Le chiappe sono cosi' ben rigonfie ed esposte......incapucciato con gli occhi coperti, e' imbavagliato con una calza che gli cinge la bocca selvaggiamente conferendogli una espressione quasi sorridente.Lei si avvicina, gli scopre gli occhi e mentre con le sue unghie affillate gli accarezza i testicoli e il glande pulsante, si avvicina al suo viso e gli sussura: "leggo il terrore nei tuoi occhi e fai bene perche' fra poco avremo un atmosfera molto calda qua dentro. Non so bene ancora cosa ti faro' di preciso, ma ti assicuro che alla fine sarai uno straccio, un manzo mansueto, uno stallone in lacrime. Hai capito bene cazzone?" e gli serra i coglioni fra le sue unghie."annuisci caro per farmi capire che sei daccordo, se non vuoi che ti strappi questi testicoli gonfi di sperma" prosegue "ero gia' eccitata al pensiero di questa giornata ma devo dire che questo quadretto mi ha fatto bagnare ulteriormente. In pratica sono gia' fradicia. Fammi un po veder come ti muovi che mi piace". Lo stallone comincia ad ancheggiare ed agitarsi goffamente sotto la presa ferrea di madame che gli sorride compiaciuta. "Bene fra poco ti agiterei ancora di piu'. Ho in serbo dei giochetti divertenti per te e sopratutto per me. Annuisci caro. Tutte le volte che mi rivolgo a te devi annuire, altrimenti ti strappo i coglioni. Sono stata chiara?" e alzando il tono della voce "sono stata chiara?" Lo stallone mugola e annuisce. "Direi che la mia amica ha fatto un lavoro eccellente ed e' stata gentile a prestarmi questo bell'animale. Poi la chiamiamo insieme per ringraziarla. Ma prima qualche piccola dettaglio. Prendiamo questa bella corda di canapa, ci facciamo un cappio e la infiliamo prorpio al di sotto della tua bella cappella. Ecco Proprio cosi' la'" spiega Madame tirando fuori lavsua bella linguavtra una parola e l'altra. "Serrare bene e voila' ti ho preso a lazzo". Con il glande impiccato, Madame comincia a tirare e rilasciare l'estremita' del cappio. Il membro dello stallone comincia ad oscillare come una verga impazzita e diventa sempre piu' gonfio."Ecco vedi come mi piace manovrare e gestire i cazzi belli grossi degli stalloni. Mi piace ingabbiarli, metterli le briglie. Ridurvi a feminuccia e farvi diventare delle vere e proprie troie. Un giorno ti faro' cavalcare anche dalla mia trans di fiducia. Ti assicuro che e' una vera e propria amazone" sottolinea Madame."Bene, bando alle ciance, e' ora di riscldare l'ambiente. O meglio piu che l'ambiente le tue natiche, direi" e prosegue "come vedi hai le natiche legate e non e' un caso. Cosi belle esposte si scaldono meglio. Le battero' sino a quando saranno cosi rosse da non poterci appoggiare la mano. Sai come si fa con il ferro da stiro per capire se e' ben caldo" sorride dolcemente madame "Ecco.....una volta riscaldato......l'ambiente....... e non solo, andiamo avanti com il resto del programma. Sei daccordo mon amour?" lo stallone annuisce. " bene vede che cominci a capire come funzionano le cose, perfetto" sorride compiaciuta Madame." bene innanzi tutto controlliamo che il bavaglio non si sia allentato, ma anzi sigilliamolo meglio. Mi piacciono i mugolii degli stalloni che si lamentano e si dimenano. Anzi mi piacerebbe vedere qulche lacrima e sentire qualche singhiozzo a dire il vero." escalama con un gigno crudele madame.Madame gira lo stallone prono, si siede sulle sue caviglie, e dopo essersi ben accomodata e resasi conto di aver bloccato lo stallone, afferra il frustino da amazzone e comincia ad assestare frustate sulle natiche. Ad ogni colpo lui inarca la schiena ma lei continua con cadenza regolare: "uno, due , tre, quattro.....facciamo serie da dieci va bene caro? Annuisci per favore....ecco cosi' va bene. Questo serve per renderti piu' mansueto. E' un metodo infallibile sperimentato anche su stalloni molto indisciplinati."Quando le natiche sono belle rosse madame accarrezza le chiappe, col palo della mano prima, con le unghie poi....."credo ci sia bisogno di un altra ripassata" lo stallone cerca di liberarsi ma lei ripiglia a battere. " ti ho detto che devi annuire. Adesso te lo faccio sanguinare questo culetto"La madame riprende a battere con la solita cadenza sino a quando le natiche non sono ardenti."Bene credo tu abbia capito la lezione, e mi pari molto piu' mansueto. Sei pronto, anzi pronta per diventare la mia giumenta, la mia vacca, la mia troia. Spesso tu dai, bene oggi tu ricevi. Aspetta diamo prima una galoppattina al tuo cazzo" Dopo averlo messo supino, comincia a strattonare il glande "Yeah yeah galoppa galoppa stallone. Hai un bel cazzo e dei coglioni belli sodi. Poi, piu' tardi, mi prendero' cura anche di quelli" sorride madame strizzando l'occhiolino.Tirandolo per il cordino legato al glande del cazzo, lo fa alzare, e le fo accomodare a quattro zampe davanti ad uno specchio con le chiappe belle esposte. Gli bacia caldamente con la lingua le due chiappe e sussurra "bene adesso ci prendiamo cura del tuo bel buchetto, che tra poco non sara' piu' tanto buchetto,......te lo assicuro" Indossato un guanto tipo chirurgo, fa schioccare la plastica come se si apprestasse ad un intervento chirurgico. Comincia quindi ad unguettare il buchetto indifeso dello stallone. "Ecco cosi un bel po' di vasellina, prima un ditino, poi due, affondiamo e trapaniamo ben bene. Mi piace e mi eccota da morre preparare questi buchetti per la deflorazione.....Piace anche a te vero? Bene. Adesso indosso il mio bel cazzone e lo preparo"Madame si piazza davanti allo stallone, indossa lo strap on sopra i pantaloni, lanciando sguardi ammiccanti, stringe le cinghie, invasselina il dildo con fare sapiente, lo maneggia come se fosse un cazzo vero. Poi si muove con passimsicuri dietro lo stallone, allarga le natiche dello stallone con due dita e sussurra "Ecco questo e' uno dei momemti che piu' mi eccita e preferisco, il buchetto pulsante, quasi ansimante dello stallone, bello unto pronto ad essere sverginato. Tu laggiu' ignaro, di quello che ti succedera'. Se hai pazienza un secondo la tua curiosita' sara soddisfatta. Ecco ti punto il mio bel cazzo sul buchetto.....lo senti vero, senti la punta fresca e oleosa...adesso spingo dolcemente.....senti come scivola dentro. Sai perche' scivola dentro cosi?bene? Perche' da ora sei un vacca una vera troietta......via si parte, si stantuffa, al galoppo yeah yeah""Cominciamo con cento stantuffate ..uno due tre..." e proseguendo come impazzita nella sua cavalcata, Madame arriva a cento stantuffate."Bene siamo a cento. Adesso rush finale, per farmi colare alla grande" Madame comincia a stantuffare vorticosamente sino a quando esclama "ecco ci sono quasi,...si si si...ancora qualche colpetto,.....vengo vengo che meraviglia ti vengo nel culo troia che non sei altro."Finita la cavalcata madame si spoglia. Sotto i pantaloni rivela uno stupendo stringivita a cui sono agganciate delle meravigliose calze stile retro'. Indossa quindi un paio di scarpe raffinate dal tacco vertiginoso e si accomoda davanti allo stallone ancora prono con il culo colante, a cosce larghe facendo esplpdere le sue labbra turgide e rigonfie di umori."Mi riassetto un po' qui davanti a te, se non ti dispiace" esclama con aria civettuola toccandosi i capelli e muovendo la testa "La cavalcata mi ha un po' scombussolata" continua.Si riacconcia i capelli, con aria soddisfatta, si strofina un po di lucidalabbra, e si acarezza le albbra con la lingua, quindi si passa un ditino fra le cosce e se lo ficca in bocca: "sublime" esclama sochhiudendo i suoi grandi occhi."Bene adesso chiamiamo la nostra amica e nel frattempo tudevi essere cosi' bravo e carino da farmi squirtare con la tua lingua...chiaro troia? Bene"Madame si accomoda sul letto, si appoggia comodamente alla spalliera splanaca la cosce mostrande tutto il suo splendore e trascina la bocca dello stallone tra le sue cosce. Gli toglie il bavaglio e sussurra "Ora come un bravo cagnolino mi fai colare come una vera vacca......voglio squirtarti in bocca......quindi datti da fare e bada bene di non deludermi. Io ti guido la testa tu fai lavorare bene la lingua."Mentre lo stallone sotto la guida sapiente delle mani di Madame si da da fare con la lingua nel tentativo di farla squirtare... Madame esclama: "bene continua cosi', fai lavorare quella lingua con dolcezza, fammela sentire bene sul clitoride, giraci d'intorno poi scendi e affonda arriva bene sino in fondo,....ecco, bravo, cosi' che mi fai colare. Mi raccomndo tutte quello che esce dalla mia fregna lo devi ingurgitare .....ci siamo capiti vero? Ok, nel frattempo che tu mi sollazzi, chiamiamo la nostra amica per non farla stare in pensiero."Madame compone il numero "Ecco squilla, da libero, vediamo se puo' rispondere tra un godimento e l'altro....ciao cara, come stai? Qui siamo in piena attivita'. Come? E' qui, fra le mie cosce che mi sta lavorando di lingua. Gli vedo il cazzo e le palle che sono veramente enormi. Era tutto perfetto. Lo avevi preparato benissimo. Purtroppo non te lo lascero' tanto in buono stato. Lo sai che quando ho uno stallone fra le mani lo riduco uno straccio....ormai mi conosci. Comunque dopo qualche giorno sara' riutilizzabile, niente di irreparabile te lo assicuro E tu come stai? Hai un bel maschio tra le mani? Bene allora ce lo facciamo insieme. Organizziamo. Ho voglio di scopare prima con te e poi con un bel cazzo. Mi raccomando una cosa raffinata come sai fare tu. Allora a piu' tardi ......mmmmmh come lecca questo stallone. No per adesso non me lo sono ancora chiavato. Fino ad ora mi sono dedicata solo al suo culetto, ora mi faccio il resto. Ciao tesoro a dopo."E dopo aver colato un paio di volte "aspetta che ti voglio fare una bella pisciata in bocca". Madame fa sdraiare lo stallone con il volto verso l'alto si siede a 'spegnimoccolo' sulla bocca di lui e lo irrora con il suo nettare dorato ed esclama in preda al godimento: "Ah che bello, senti che meraviglia il rumore della cascata, pipi' mista a godimento.""Bene adesso fammi sentire la tua cappella, ecco te la punto tra le mie labbra rigonfie e poi bene falla andare piano piano solo la cappella. Ti dico io quando affondare. Ecco ancora cosi' cosi' bene sto per colare dai affonda ora svelto.......stantuffa datti da fare, aspetta che ti afferro per i testicoli. Voglio sentirli bene, mi piace guidarti per i coglioni che stanno, per esplodere."Lo stallone continua a statuffare mente Madame continua guidarlo per i testicoli.E quindi "Aspetta che mi inumidisco il culetto, tu continua fottere, non fermarti mai, altrimenti mi fai arrabbiare davvero. Ok, aspetta te lo estraggo e via adesso mettimelo nel culo.....entra piano, cosi' bene......fermati, aspetta.......ok adesso spingi,......con delicatezza. Senti che bello fa un po' di attrito ma entra inesorabile. Vai inculami sino ale palle. Guarda, osseva la fica libera, vedi come e' rigonfia...ci vorrebbe un'altro bel cazzone, vedi come ansima......su svelto toglilo dal culo e rifottimi con la cappella...dai che coliamo, si che coliamo." e cosi' in questo turbinio di umori e stantuffi Madame ficca la sua amano sulla bocca dello stallone, gli accarezza le palle e lo sente esplodere dentro di lui tra i suoi mugolii e le urlabdi madame. "Bene stallone, mi ha fatto colare, adesso pulisci tutto, leccami bene culo e fica neanche una goccia ne deve rimanere e fai veloce che devo scappare"Ripulito tutto madame si riveste il fretta. Bacia lo stallone sulla fronte e gli sussurra: "sei stata una brava troietta avremo da divertirci insieme.....ciao tesoro." e se ne va. 13337 0 11 anni fa
- 10 anni fa Sotto il tavolo Sabato sera. Sono stata invitata in una villa del comasco per partecipare ad una cena principesca... forse il vocabolo "partecipare" è eccessivo... sì, perchè io sono stata sotto il tavolo per tutto il tempo della cena! In effetti sono andata già sapendo il ruolo che mi toccava, in quanto ero stata contattata da un amico di Nicola, un mio Padrone, che aveva bisogno di una schiava per allietare la serata. Mega villa in un mega parco, ambiente elegante e gente raffinata. Dopo una veloce presentazione, vengo invitata dal padrone di casa a mettermi sotto il tavolo a "disposizione" di chi avrà bisogno di me. "Tu Sonia soddisferai i nostri desideri, senza opporre resistenza e ti ricordo che non sono accettati rifiuti di alcun tipo. Infilati sotto il tavolo, che la cena sta per iniziare", mi dice Gioele, il padrone di casa. Io mi infilo sotto il tavolo, completamente ed elegantemente vestita. Inizia la cena e per i primi venti minuti rimango inoperosa. Mangiano e chiacchierano i commensali, in tutto sei coppie abbastanza giovani. Poi all'improvviso mi sento chiamare in causa da una voce femminile: "Sonia, da brava cagna leccami i piedi. Toglimi le scarpe... io sono quella con le scarpe di vernice nera!". Individuo la tipa che mi ha fatto la richiesta e le slaccio lentamente i cinturini, poi con grande delicatezza le tolgo le scarpe e inizio a leccare il suo piede destro. Io sono in ginocchio, con la testa piegata sul suo piede, e lei mi mette l'altro tra le mie gambe, quasi a cercare la mia parte intima. Le lecco un piede e poi l'altro, in modo minuzioso, dito per dito e poi passo a leccare tutta la pianta che si presenta giovane, liscia e vellutata. Ad un certo punto la tipa si rifà viva dicendomi: "Basta ora. Smetti di leccare, lurida cagna. La tua lingua mi importuna! Togliti le scarpe e dammele, insieme alle mie". Io mi tolgo le scarpe e poi le passo alla signora, che probabilmente le appoggia sul tavolo; poi le porgo le sue e anche quelle spariscono alla mia vista. Vengo poi invitata da una voce maschile a fare un bel pompino: una mano sotto il tavolo mi indica il commensale che desidera quel servizio. La mia posizione è alquanto scomoda, ma inizio il mio lavoro di bocca. Gli sbottono i pantaloni, gli abbasso la zip e gli tiro fuori l'uccello, scostando gli slip lateralmente. E' un uccello grosso e già duro, di grande sezione, ma non mi faccio intimidire e inizio a spompinarlo. Lui geme e mi fa capire di gradire molto il mio servizio; ad un certo punto capisco che sta per venire e lui mi conferma la cosa: "Sì, sì, zoccola. Sei brava... sto per venire. Voglio che tu beva il mio sperma, fino all'ultima goccia. Ohh, ohh...". E viene copiosamente nella mia bocca; io ingoio tutto, stando attenta a non sprecare quel liquido caldo e saporoso. Altri due mi richiedono di essere spompinati e io eseguo. Loro però non vengono e mi chiedono espressamente di fermarmi, essendo vicini al traguardo. Il padrone di casa mi invita a spogliarmi totalmente e a posare i miei indumenti sopra il tavolo. Mi tolgo la camicetta, la gonna, le autoreggenti, il reggiseno ed infine il perizoma e metto tutto sul tavolo. Ormai sono completamente nuda, ma nessuno dei commensali mi ha ancora vista. Una donna mi fa leccare i suoi piedi e alla fine mi chiede di stendermi davanti alle sue estremità inferiori. Io lo faccio e lei usa il mio volto come appoggiapiedi. Poi un altro uomo mi chiama: "Sonia, devo pisciare, ma non ho voglia di andare in bagno. Vieni qui, latrina umana! Devi bere la mia urina... tutta, fino all'ultima goccia. Capito?". Io rispondo affermativamente, lui si abbassa i pantaloni e le mutande, liberando l'uccello. Poco dopo la sua urina scorre nella mia gola, ma la quantità e davvero tanta e io non riesco ad ingoiarla tutta; il mio viso viene colpito dallo schizzo potente dell'uomo e io mi sento lavata da quel liquido disgustoso. Il padrone di casa interviene e mi ordina di leccare la figa liscia e depilata di una commensale, che dopo poco emette gemiti di piacere e mi squirta in viso. Poi Gioele mi dice che siamo verso la fine della cena e anche io devo devo partecipare al banchetto: altro che banchetto... devo ingoiare lo sperma di tutti coloro che vorranno venire nella mia gola! I sei uomini presenti iniziano a masturbarsi, i gemiti non si contano e arrivano i primi schizzi. Io non riesco a bere tutto lo sperma che arriva, perchè i tipi vengono anche contemporaneamente e così finisce che mentre ingoio lo sperma di uno, l'altro mi viene sul culo e sulla schiena. Ho sperma dappertutto: in gola, sul seno, sulla schiena e sul culo e gli schizzi finiscono anche sul pavimento. Ormai tutti i presenti si sono masturbati e hanno irrorato la schiava con il loro caldo nettare. Ad un tratto, come per magia, il tavolo si alza e viene riposizionato poco più in là. Io rimango scoperta e ora tutti mi possono vedere in "costume adamitico". Gioele inveisce contro di me, con voce sprezzante: "Puttana, hai permesso che questi uomini sporcassero il pavimento con il loro lurido sperma. Meriti di essere punita. Prendetela a calci, senza pietà!". E così i presenti si divertono a prendermi a calci, con o senza scarpe. Io sono sdraiata a terra e ricevo colpi nei fianchi, nella pancia, sui seni. Poi sento una mano che preme sul buco del culo. "No, quello no... vi prego... mi fa ancora male dall'ultima punizione ricevuta...", supplico io con voce flebile. Ma il tizio non si fa impietosire e continua ad allargarmi l'orifizio con le dita. Alla fine il mio buco cede alla violenza della mano, che si introduce e mi dilata irreversibilmente l'orifizio. Provo dolore al culo, ma anche le altre parti del mio corpo risentono dei colpi ricevuti. Piango, mi dispero e mi agito, ma non c'è nulla da fare per me. Devo subire e basta! Solo la voce di Gioele riuscirà a fermare i commensali inferociti (e anche arrapati!): "Basta ragazzi, non vedete come è ridotta questa povera creatura? Ora riconosco che è stata punita abbastanza!". Mi aiuta a rialarmi: il trucco è colato dai miei occhi piangenti, il rossetto non è che un ricordo, il mio corpo inizia a mostrare i primi lividi e la sborra si sta seccando sulla mia pelle. Qualcuno mi infila qualche banconota nella figa, ma io non voglio essere pagata. Rifiuto il denaro... faccio la schiava per piacere, non per soldi! 16182 1 11 anni fa
- 10 anni fa Indovina chi è. Terza parte Si prepara la quarta coppia. Il primo uomo mi infila un uccello duro come il marmo in bocca e inizia a muoverlo con grande maestria. La mia lingua si muove anche lei e io succhio con grande avidità quell'uccello dalle dimensioni importanti. Subito dopo sento il secondo uccello che mi sfonda l'ano e inizia a pomparmi con un giusto ritmo. Mi piace essere inculata davanti a tutti, mentre mio marito guarda e gode come al solito. A lui non interessa se sua moglie viene sbattuta da tutti, a lui interessa più che altro vedere sua moglie punita con rigore, che si lamenta per le torture che riceve. Alla fine dei fatidici tre minuti, come un orologio svizzero, il Master impone lo stop. Mi rivolge la solita domanda e io rispondo sicura: il primo è Nicola, il secondo è James. Sbaglio clamorosamente e tutta la platea bisbiglia quasi con soddisfazione. Arriva la prima punizione, alquanto dolorosa: i miei capezzoli vengono stretti, prima uno e poi l'altro, dalla ferrea morsa di una pinza e avvitati più volte su sè stessi. I miei capezzolini si torcono, producendomi un dolore fortisssimo e io non posso esimermi dall'emettere un prolungato urlo. Arriva l'altra punizione, che consiste nel clistere maxi. Mi tolgono la benda dagli occhi e mi fanno mettere supina. Io odio profondamente questa punizione, non tanto per l'esecuzione che non è molto dolorosa, quanto per gli effetti devastanti che produce il liquido che mi viene iniettato nel culo. Il liquido è molto caldo, quasi bollente, un po' fastidioso, ma non doloroso. Alla fine dell'introduzione, mi sento veramente gonfia, ma voglio trattenermi (per quanto posso!) dall'espulsione. Sento che il mio intestino reclama lo svuotamento, ma io resisto. Chiedo se posso andare in bagno, ma il Master me lo nega e mi indica un angolo della stanza, dove potrò scaricarmi, vista da tutti i presenti. Mi trattengo e il Padrone, ridendo sottolinea la situazione: "Fin quando questa puttana non cag...., non potremo continuare il gioco. Non vorremmo far trovare in situazioni imbarazzanti i nostri giocatori!". Ormai sono al limite del trattenimento e chiedo al Padrone di poter andare nell'angolo. Percorro i pochi metri addirittura piegata su me stessa, con grandi dolori di pancia. Mi scarico rumorosamente e purtroppo questa volta lo scarico è costituito anche da roba solida. Sono umiliata al massimo, mentre la platea commenta e mi deride rumorosamente. Ritorno al mio posto e due uomini puliscono celermente l'angolo della stanza. Vengo nuovamente bendata. Quinta coppia: il primo come al solito in bocca e il secondo nella figa. Sbaglio clamorosamente anche questa volta e mi accingo a subire le punizioni che merito. Vengo sbendata e tre uomini si pongono davanti a me con gli uccelli in mano. Mi lavano la faccia e i capelli con l'urina, obbligandomi anche a berne una buona quantità. L'altra punizione mi riduce il culo ad un puntaspilli e decine di aghi con la testa in plastica vengono conficcati nelle mie tenere carni. Che dolore! Quando li tolgono, qualche rigagnolo di sangue affiora qua e là. La prova è finita e tutti mi applaudono con grande calore. Non mi ero mai esibita davanti a tanti uomini, ma devo dire che, clistere a parte, è stato per me un gioco appassionante. Anche mio marito, vero cuckold, è soddisfatto. In fondo ci vuole poco per farmi felice! 9781 0 11 anni fa
- 10 anni fa Indovina chi è. Seconda parte Vengo bendata e fatta stendere sulla cassapanca, che si rivela subito dura e ruvida; appoggio il collo nel semicerchio apposito e devo tenere la testa ben orizzontale, perchè sotto non c'è alcun appoggio. Posizionano l'altra parte della parete, che viene "chiusa" con appositi ganci. Ora il mio collo è bloccato e il senso di impotenza è totale. Sento che le mie caviglie vengono afferrate da due forti mani e le gambe mi vengono alzate e divaricate. Il Master invita due uomini a posizionarsi: uno davanti alla mia bocca, l'altro davanti al mio pube. Sono tesa perchè non so quale parte del mio corpo verrà interessata dal secondo uomo. Il Master dà il via e il primo uomo mi infila in bocca un grosso uccello: preme molto, me lo fa arrivare in gola, quasi soffocandomi. L'altro sceglie il mio culo, che ancora non è pronto a ricevere dilatazioni da parte di un pene grosso e gonfio. Io emetto un gemito, che viene soffocato dall'uccello che ho in bocca. Lecco l'uccello che ho in gola, mentre l'altro pene mi sfonda il culo con molta veemenza. Dopo tre minuti esatti il Padrone dà lo stop e i due uomini tolgono gli uccelli dalla mia bocca e dal mio ano. Poi il Master si rivolge a me, formulando quella che sarà la domanda di rito per tutto il gioco: "Sonia hai individuato i due uomini che ti hanno "avuta"?. Prima dirai il nome di colui che è stato deliziato dal tuo pompino, poi il nome di colui che ti ha scopato. E' tutto chiaro?". Io rispondo che il primo è Alberto, mentre il secondo è Mario, mio marito. "Esatto, brava Sonia. Niente punizione. Passiamo ad un'altra coppia di uomini", risponde il Master. Beh, la prima manche era relativamente facile: non è la prima volta che Alberto si fa spompinare e quel suo ritmo veloce e quel suo modo di infilarmelo in gola è del tutto caratteristico. Per quanto riguarda Mario... conosco bene il suo modo di pomparmi nel culo... è mio marito! Seconda coppia. In bocca mi viene infilato un uccello moscio, che rimarrà così per tutti tre minuti della prova, mentre il secondo uomo sceglie ancora il mio culo. E' dolce nell'entrare ed uscire dal mio orifizio, a tal punto che il buco mi duole meno di prima. Alla fine della manche sono sicura che il primo uomo è Pietro, che anche se non ho mai visto reputo di età avanzata, il secondo lo identifico con Giorgio. Il Master è quasi felice delle mia risposte e annuncia con ilarità: "Sonia hai indovinato il primo nome, ma hai sbagliato il secondo. Sarai punita per questo. Attendi con fiducia la tua punizione... sta arrivando!" Non so che cosa mi faranno... nella mia mente passano diverse immagini... Poco dopo il mio seno viene inondato di cera bollente e i miei capezzoli sono totalmente ricoperti di cera, che in breve si solidifica. Terza manche: un piccolo uccello in bocca e uno medio in figa. La mia figa è ormai completamente bagnata e non oppone alcuna resistenza... anzi... mi godo interamente e con grande intensità quei tre minuti di scopata. Alla fine il Master mi chiede i nomi dei due, ma io sbaglio clamorosamente. Il Master questa volta è magnanimo e mi fa scegliere la prima punizione: vuoi ingoiare sperma o essere lavata dall'urina? Scelgo di ingoiare sperma e un altro uomo si masturba davanti a me, inondandomi la bocca del suo caldo nettare. Lo ingoio fino all'ultima goccia, anche se devo dire che la quantità era veramente notevole. Mi fa scegliere anche la seconda punizione: bacchettate sulla pianta dei piedi o clistere maxi. Io scelgo le bacchettate e ricevo venti bacchettate per pianta. Ho le piante dolenti, ma non ho subito l'onta del clistere, che per me rimane una delle cose più umilianti per una schiava. 7073 0 11 anni fa
- 10 anni fa Indovina chi è. Prima parte Serata particolare dal Padrone, che ha ideato per me un gioco a carattere erotico. Appena arriviamo, io e mio marito, veniamo portati in una sala dove sono presenti una trentina di uomini completamente nudi. Il Padrone fa la presentazione della schiava ai presenti e poi fa accomodare mio marito nella prima fila di sedie. Viene invitato a spogliarsi dal Master, visto che anche lui sarà parte attiva del gioco. Mio marito si spoglia e si siede al posto che gli è stato riservato. Io scruto le facce dei presenti e riconosco tanti vecchi e nuovi amici: tra gli altri Nicola, Sandro, Pietro e Alberto. Parte la musica e io vengo invitata a spogliarmi a ritmo di musica, improvvisando uno spogliarello tipo "nove settimane e mezzo". Inizio a spogliarmi e lancio i miei vestiti ai presenti, che fanno a gara per aggiudicarseli. Rimango completamente nuda e mi avvicino al Padrone, che si accinge a spiegare il gioco. Poco più distante c'è quello che sarà il "letto" su cui si svolgerà il gioco: una specie di cassapanca in legno ruvido alla cui sommità è fissata una parete iin legno divisa in due parti, con un foro centrale per permettere l'introduzione del collo della vittima di turno. Quasi una specie di gogna moderna. Il Padrone mi dice che io dovrò stendermi sulla struttura in legno, che il mio collo passerà oltre la parete grazie al buco e che, una volta richiusa la parete, non potrò vedere che cosa succede oltre alla stessa. Il gioco si svolge a manches di tre minuti, durante le quali due uomini mi impegneranno contemporaneamente: uno mi obbligherà a fargli un pompino, mentre l'altro potrà scegliere se scoparmi davanti o dietro. Io sarò bendata, per impedirmi di vedere, e le mie gambe saranno alzate, divaricate e tenute in posizione da due uomini, al fine di offrire i miei buchi allo scopatore di turno. Io dovrò scoprire i nomi di coloro che mi hanno usata e tal fine tutti gli uomini presenti vengono invitati ad alzarsi e a dire il loro nome. Io cerco di fissare nella memoria i loro uccelli, che non sono tutti in erezione. Da alcuni sono già stata scopata, ma quando ricevi tanti uccelli è facile fare confusione. E se non indovinerò la loro identità? Provate a pensare che cosa succederà... Verrò punita con una piccola tortura, che metterà a dura prova la mia figura di schiava. 8897 0 11 anni fa
- 10 anni fa Come si sfonda una slave Dopo un'intensa giornata lavorativa, qualsiasi uomo normale si mette davanti alla televisione e si gode il suo programma preferito: ormai con tanti canali a disposizione non c'è che l'imbarazzo della scelta. Ma mio marito è un po' speciale e alla sera fissa telefonicamente con il Padrone appuntamenti punitivi per la sua consorte. Qualche sera fa ho intercettato una sua telefonata, nella quale dava la disponibilità del mio culetto ad essere tormentato: "Sì, per me non ci sono problemi... io acconsento! Lei ha già avuto rapporti anali e non penso che una dilatazione in più faccia la differenza. Inculatela pure a vostro piacere. La convinco io, tranquillo". "Con chi parlavi, tesoro?", gli dico con aria sorniona. Lui tergiversa un po' e poi si decide a confessare la sua marachella: "Non ho resistito alla tentazione di vederti nuovamente punita dal Padrone: mi piace troppo quando ti vedo sottomessa da altri. Lo sai che mi eccito moltissimo nel sentire i tuoi lamenti e nel vedere che gli altri ti scopano con piacere. Domani sera saremo dal tuo Padrone. Sicuramente alla fine mi ringrazierai, visto che ti divertirai molto anche tu". "E perchè parlavi del mio sedere?", chiedo io con aria curiosa. Lui non risponde, forse vuole mantenere il segreto. Aggiungo che l'importante per me è che non ci sia Pietro alla sessione, visto il suo poco invitante odore; non l'ho mai visto in volto, ma penso sia un uomo di una certa età, che non potendo fare altro, si è adattato alla condizione di schiavo. Mio marito mi assicura che Pietro non ci sarà, ma io non ne sono affatto certa. Giungiamo alla "casa delle torture" e come sempre mio marito mi affida al Master. Vengo portata nella solita stanza, spogliata e bendata. Mi viene messo il guinzaglio e "a quattro zampe" devo proseguire per raggiungere un'altra stanza, "tirata" senza troppi complimenti dal Master. Lì ci sono altri uomini e mi fanno stendere a pancia in giù su quella che percepisco essere una vecchia rete metallica. Non è molto piacevole per le mie tette e la mia pancia il contatto con la rete metallica. Mi fanno aprire le braccia e le gambe a X e mi dicono di attendere. Sento uno strano odore famigliare... un odore pestilenziale di sudato... è sicuramente Pietro. L'identità misteriosa passa accanto alla rete sulla quale sono sdraiata e poco dopo il Padrone dice: "Pietro stenditi sulla rete a pancia in giù. Apri le gambe e le braccia ad X. Forza, bastardo. Esegui gli ordini!". Io ormai ho la certezza che quell'essere orripilante sarà anche questa volta il mio compagno di avventure. Poco dopo sento due piante callose e ruvide a contatto con le mie. Sono le piante dei piedi di Pietro. Stanno prendendo le misure per organizzare la punizione e solo quando sarò sbendata alla fine, avrò la certezza di come sono posizionate le reti: sono una in fila all'altra, unite da cavi d'acciaio, che le tengono saldamente legate. "Apri il culo a quella troia, che le facciamo passare la voglia di essere nata", ordina il Padrone. Due robuste mani mi allargano le natiche e io sento il mio buco opporre una giusta resistenza. "Guarda che bel buco rosa ha la puttana. Chissà quanti cazzi avrai preso in vita tua in quel fantastico buchetto. Ora non avrai i cazzi che vuoi, ma un bel manico di scopa, che ti spaccherà il culo", sentenzia il Master. MI infilano il manico di scopa e io mi sento spaccare lo sfintere. Mi lamento e supplico il Padrone: "Signore, fatemi tutto quello che volete, ma non sfondatemi il culo con un manico di scopa!". Lui ride e i suoi uomini spingono nel mio povero orifizio il manico con molta violenza. Poi sento Pietro che si lamenta per quel maledetto manico di scopa nel culo e capisco che cosa è successo: il manico è da una parte nel mio culo e dall'altra... nel culo di Pietro! I nostri piedi vengono legati insieme, le nostre piante sono posizionate definitivamente le une contro le altre e una sbarra di ferro, situata tra una gamba e l'altra, ci tiene le gambe divaricate. Il manico di scopa sembra leggeremente lungo, ma agli uomini del Padrone la cosa non interessa proprio. Spingono il manico un po' nel mio culo, che ormai è totalmente sfondato,e spingono un po' il manico dall'altra parte nel culo di Pietro, che ora si lamenta come un bambino piagnucoloso. Poi Pietro viene frustato sulla schiena e si dimena per quel che può, visto che gli uomini del Master lo tengono ben fermo, a contatto con la rete metallica. Però riesce a dimenarsi un po' e il manico di conseguenza si sposta nel mio culo. Ormai ho le lacrime agli occhi, per il dolore che è davvero insopportabile. Poi la mia schiena viene inondata di cera calda e anch'io tento di divincolarmi dalla stretta morsa degli uomini che mi circondano. Più mi muovo e mi agìto e più il mio culo viene "lesionato" dal robusto manico di legno. Alla fine mi afferrano per le spalle e mi spingono contro le piante dei piedi di Pietro. Un rigagnolo di sangue esce dal mio buco del culo e solo allora cessano di spingermi contro Pietro, spaventati da quelle che possono essere le conseguenze di un tale sconsiderato gesto. Una volta slegata, mi sfilano il manico della scopa dal culo e per fortuna il sangue sembra cessare di uscire. Ma qualche altra perditina rossa si verificherà nei giorni successivi, specie durante l'espulsione delle feci. Vengo sbendata e ho una situazione chiara della scena che si è consumata ai miei danni. Pietro si è già allontanato e anche questa volta non sono riuscita a vederlo. Comunque ne sono sicura... la sua "visione" non deve essere affatto angelica! 37892 3 11 anni fa
- 10 anni fa Frustate per due Mario, mio marito, telefona al Padrone per fissare un nuovo appuntamento e lui gli dice che ha in mente qualcosa di nuovo ed interessante per me. Sarà una sessione in cui io proverò uno stato di sottomissione del tutto nuovo, che mi umilierà in modo deciso e annullerà completamente la mia personalità. Appena arrivati Mario mi consegna al Master, che mi conduce nella stanza delle torture. Mario non mi può seguire e viene fatto accomodare fuori in una stanza tapezzata di foto di schiave, dove ci sono anch'io ritratta in varie pose, con la schiena distrutta dalle frustate e le tette livide. Nella stanza delle torture sono sola con il mio Padrone, che mi ordina di spogliarmi. Io mi tolgo tutto e rimango in reggiseno e mutandine. "Togli anche il reggiseno e le mutandine, puttana", mi dice con tono brusco il Master. Tolgo il reggiseno e mi sfilo le mutandine, rimanendo completamente nuda davanti a lui, che mi scruta e poi mi schiaffeggia con tono "affettuoso" le tette. "Ora rimettiti le scarpe, lurida cagna... quelle oggi ti sono concesse!", mi apostrofa il Padrone. Mi infilo le scarpe e lui mi benda gli occhi, impedendomi così di poter vedere quello che mi aspetta. Quando si viene privati della vista e non si sa che cosa ti faranno, l'adrenalina sale e tutto può succedere, senza che la schiava possa minimamente prevedere lo sviluppo delle cose. Il Master mi fa mettere le braccia sulla testa e mi ordina di rimanere immobile. Poi mi mette un ferro in bocca, che mi impedisce di chiuderla, Avverto che qualcuno sta entrando dalla porta, ma non immagino chi sia. Poco dopo capisco che si tratta di un uomo, che si pone di fronte a me: purtroppo percepisco subito che non è amante del sapone e la cosa mi disturba non poco. Vengo spinta dalla schiena contro di lui: é nudo, ha una pancia pronunciata e un uccello alquanto moscio. E il suo uccello rimarrà moscio per tutta la sessione, malgrado lo sfregamento con il mio corpo. Le mie caviglie vengono legate alle sue, un'altra corda che mi passa sotto il seno mi blocca al suo corpo; mi vengono alzate le braccia e i miei polsi vengono legati con i suoi. Poi i nostri corpi vengono assicurati ad un gancio, che presumo collegato al soffitto e vengono messi in tensione. L'odore di sudato che emana il corpo dell'energumeno che mi sta davanti è nauseabondo e il suo alito è veramente pesante. La sua bocca è esattamente davanti alla mia, che è obbligata a rimanere spalancata a causa dell'aggeggio di ferro che mi hanno infilato. Prende la parola il Padrone, che ci illustra con voce perentoria la punizione che andremo ad affrontare: "Ora Sonia e Pietro siete legati saldamente una davanti all'altro e riceverete la punizione che meritate. Inizierò a frustare la schiena di Pietro, che se si lamenterà procurerà due violenti colpi di frusta alla povera Sonia. Se poi Sonia emetterà dei lamenti, riceverà uno sputo in bocca da Pietro. Avete capito tutto?". Alcune persone entrano dalla porta e si sistemano davanti a noi. Io sono bendata e non riesco a capire quanti siano gli spettatori e se tra loro ci sia mio marito. La frusta inizia a lavorare e Pietro riceve un deciso colpo, che lo fa sbattere ancor più contro di me. Il suo peso mi fa vacillare, ma per fortuna l'energumeno non si lamenta minimamente. Bene, penso io, è un uomo coriaceo, che sopporta bene il dolore. Io cerco di immaginare che tipo di uomo sia Pietro: di certo non giovane, che forse ha già raggiunto la pace dei sensi, visto che il suo pene è decisamente ciondolante, pur premendo sulla mia figa. Ma quel che più mi disturba è l'odore acre del suo sudore. Viene frustato con veemenza, ma lui tace per i primi dieci colpi, accusando i colpi con grande self control. Poi però inizia a lamentarsi: "Ah, che dolore", dice il mio "dirimpettaio". E puntualmente mi arrivano due colpi sulla schiena. Anch'io sono una donna abituata s subire e non proferisco parola. Ora Pietro si lamenta di continuo per le frustate ricevute e io "godo" di ben due frustate ad ogni suo lamento. Dopo una dozzina di frustate decise, non riesco più a trattenere i lamenti e, per quel che posso, gemo per il dolore prodotto dalle frustate. E Pietro viene invitato a sputarmi in bocca. Io provo uno schifo tremendo, sentendo sulla mia lingua la sua schifosa e puzzolente saliva. Frustano lui, frustano me sulla schiena e sul sedere... lui comincia a sudare in modo copioso e io sento il suo sudore sul mio corpo. La mia bocca si riempie di saliva e io sono costretta, mio malgrado, a deglutire, Il Padrone sghignazza e le frustate aumentano in maniera considerevole. Non so quante ne ho ricevute, ma sicuramente alla fine i colpi non sono meno di settanta. Poi il Master invita i presenti ad usarmi come discarica e io ricevo sputi in tutto il corpo. Non vengono risparmiati i miei capelli e persino la benda che ho sugli occhi riceve enormi sputacchiate. Ne ricevo ovunque: dal culo alle caviglie, dalla schiena alle scarpe. Mi slegano e Pietro viene accompagnato fuori dalla stanza; anche tutti i presenti escono e io rimango sola con il Master. Vengo sbendata e finalmente posso vedere il mio corpo martoriato, livido e oltraggiato dagli sputi. Ritrovo mio marito nella sala d'aspetto... sarà entrato anche lui? E' possibile, visto che ormai non si scompone più nel vedere la sua povera moglie umiliata e sottomessa. Anzi gode nel vedere il trattamento che mi viene riservato durante le sessioni! 17073 0 11 anni fa
- 4 giorni fa le foto Ciao a tutte le coppie, L'altra sera parlavo con Michelle e scherzando lo ho proposto di aggiornare le ns. foto, lei e' rimasta ben contenta ( so che le piace farsi fotografare). Pero' non poteva immaginare la location del servizio fotografico che avevo in mente... guardo le previsioni e danno x domenica una buona temperatura.. passabile per le foto outdoor Domenica mattina le dico di preparare una borsa con dentro tutti i suoi completini intimi, da quelli castigati a quelli sado-maso, sussurandole che al pomeriggio saremmo andati a fare le famose foto. Io nel frattempo preparo in macchina anche una corda e il gatto a nove code... dopo mangiato saliamo in macchina e mentre viaggiamo lei mi chiede dove eravamo diretti, le ho risposto che era una sorpresa, l'importante e' che doveva lasciare a me la conduzione delle foto delle pose ecc.ecc. Tutta eccitata accetta di buon grado. Dopo circa 1 ora arriviamo sul ticino passiamo il ponte di oleggio, sulla sinistra c'e' una spiaggetta dove prendere il sole d'estate, ma adesso non si puo' scendere se non a piedi. Avendo gia' frequentato il posto so' che inoltrandosi lungo la riva d'estate ci sono posti dove le coppie nudiste possono prendere il sole, ma adesso e' tutto vuoto... a un certo punto si apre a destra come una biforcazione del ticino in secca , la percorriamo e dopo un po' ci ritroviamo di nuovo su un'ansa del fiume ma lontano dai posti frequentati.. "ok questa e' la location" le dico, lei si guarda intorno per assicurarsi che non ci sia nessuno.. Mi chiede cosa facciamo, io le dico di cominciare a spogliarsi nuda e di indossare i completini partendo da quelli casti.. lei esegue, vedo il suo sesso umido, evidentemente la cosa la eccita... cominciamo a scattare le foto, lei si propone in pose sempre piu' maliziose, man mano che i completini si fanno sempre piu' provocanti.. gli scatti si susseguono sempre piu' provocanti.. ma il bello deve ancora avvenire... ( a nostra insaputa!) Era rimasto solo il completino sadomaso.. lo indossa, scatto qualche foto, poi le propongo di appoggiarsi a una pianta con i seni rivolti al tronco e il culo sodo rivolto verso me. Le dico di non muoversi, prendo la corda che avevo preso dalla macchina senza farmi notare da lei, e faccio per legarle un polso, ma lei si volta e dice di no!! con dolcezza la invito a lasciarmi fare, dopo qualche resistenza accetta, e cosi la lego nella posizione sopra descritta, scatto qualsche foto, la slego e le faccio cambiare posizione: stavolta braccia alzate e lego i polsi, passo la corda sopra un ramo e la immobilizzo cosi. poi prendo un ramo e le lego le gambe aperte..in pratica e' la posizione e': rivolta verso me, con le gambe aperte e le braccia alzate e aperte. Le scatto qualche foto, ( ho il sesso turgido dalla voglia del suo corpo) lei mi invoca che mi vuole e di slegarmi. Le dico di resistere ancora un po' intanto continuo a scattare, poi mentre la fotografo sentiamo un rumore, Lei si agita, ha paura che ci sia qualcuno, io pure... in effetti ponendo attenzione notiamo nella boscaglia un uomo sui 30 anni in bicicletta da montuain bike che sta venedo verso di noi.. non so se si e' accorto di noi.. Siamo assaliti dal panico Lei si agita fa per urlare di slegarla , io le dico di stare ferma e non fare rumore, forse e' talmente impegnato con la bici che non si accorge di noi.. Lei si tranquillizza, ma ha il cuore che le batte forte, io idem, pero' entrambi siamo ancora di piu' eccitati da questa situazione non voluta.. Cavoli! ci ha visto!! cosa facciamo? lei mi chiede.. le rispondo di far finta di niente e come se lui non ci fosse continuiamo a fare foto.. Con la coda dell'occhio lo tengo sotto controllo... lui appoggia la bici ad una pianta e si avvicina a guardare... pensavo che non osasse parlare ( come fanno di solito i guardoni) invece ci chiede se puo' rimanere a guardare. Questa domanda ci viene posta cosi' educatamente che, prima che io possa rispondere, Michelle stessa le dice di si!. io rimango abbastanza colpito dalla risposta , ma va bene anche per me... proseguiamo a fotografare, poi prendo il gatto a nove code , mi porto alle spalle di michelle e cerco di fotografarla mentre le frusto il suo bel culo, ma l'operazione e' difficile... Il singolo si propone di fare lui le foto, io invece le dico il contrario: io fotografo e lui frusta il culo di Michelle, Lei acconsente!! E cosi' io fotografo, lui frusta e lei gode!! Lei si contorce da un misto di dolore ma ancor di piu' dal piacere... ci guarda e ci chiede di scoparla legata.. Il singolo dice che non ha il profilattico.. per fortuna ne ho sempre un paio con me ( quando esco con Michelle non si sa mai come finisce). ne porgo uno al singolo che si propone davanti a MIchelle con un sesso di rispettabili dimensioni, Michelle sbava dalla voglia di provarlo.. io nel frattempo mi sposto dietro di Lei. il singolo aspetta , allora gli dico di prenderla, lui si avvicina e le penetra in piedi con Michelle legata a gambe aperte e braccia sollevate, io a mia volta mi infilo nel suo ano. noi due cominciamo a muoverci nel suo caldo corpo. Lei comincia a godere sia per la posizione sia per la situazione, sia per quello che sta provando nel suo corpo. Gode e rigode piu' volte velocementele. le sue gambe sono molli e viene sorretta in piedi solo dalle corde che le legano le braccia al ramo sopra di se. io e il singolo godiamo dentro di lei quasi in simultanea, ( forse dovuto al fatto di sentire con il pene i colpi dell'altro nel corpo di Michelle. Siamo sconvolti tutti e tre. preso fiato il singolo ci ringrazia e prende la bici, ma anziche salire va a piedi ( forse e' cotto!!) Slego Michelle che si adagia per terra molle per l'intensita' degli orgasmi avuti. ha uno sguardo delizioso, lo sguardo di una completamente appagata, mi sorride dolcemente e mi dice che sono un gran porco, ma gli piacio anche per questo! Ci rivestiamo e torniamo alla macchina.. Mi guarda , ci guardiamo, ci scappa un sorriso...e un bacio profondo.... sicuramente faremo altre fotografie outdoor!!! William p.s. le foto le pubblicheremo appena possibile! 9800 2 11 anni fa
- 10 anni fa Sonia Tutto è successo in una fredda sera d'inverno del dicembre scorso. Quella sera avevo appuntamento con Luciano, il mio Padrone numero tre: e sì, perchè tramite questo fantastico sito mi sono trovata ben tre Padroni, tutti molto severi ed esigenti, che si conoscono tra loro e che qualche volta architettano punizioni "comuni" ai danni della sventurata che scrive. Luciano era in compagnia di tre amici e il mio arrivo è stato salutato in modo molto festoso, addirittura con spumante e pasticcini. Ma le feste durano poco per le schiave come me e io so bene che quando vado a queste riunioni finisco sempre per soffrire molto. E' chiaro che comunque queste sofferenze me le cerco volutamente, perchè nessuno mi impedirebbe di stare sul divano di casa a guardare la televisione. Dopo il primo quarto d'ora di stampo godereccio, Luciano ordiina con voce perentoria a due suoi amici di spogliarmi. "Via tutto, lasciatela nuda". I due eseguono e poco dopo finiscono sul pavimento maglione, camicetta, reggiseno, gonna, stivali, calze e mutandine. Dopo essere stata denudata, devo inginocchiarmi a leccare i piedi di tutti i miei aguzzini. Vi confesso che, dopo i pasticcini e lo spumante, l'odore dei piedi maschili, che sono stati chiusi negli scarponi tutto il giorno, non è il massimo. Ma eseguo alla perfezione, leccando i loro piedi sopra, sotto e in mezzo alle dita. Poi Luciano mi fa stendere su un tavolo a pancia in giù e mi fa un clistere di grandi dimensioni. "Così sarai ben pulita e potremo usare il tuo culo a nostro piacimento", disse il Master in modo severo. "Padrone, posso andare in bagno a liberarmi?", chiedo io dopo pochi minuti. "No, questa volta vogliamo assistere tutti al tuo show. Se hai bisogno di liberarti, lo farai sul quel cellophane disteso sul pavimento", disse Luciano indicando un angolo della stanza. Scesi dal tavolo e mi accovacciai sul cellophane, liberandomi a dovere. Mi fecero risalire sul tavolo e mi fecero mettere a "quattro zampe". Mi abbassarono il busto, fino a farmi toccare il tavolo con le tette e il mio culo rimase inarcato verso l'alto. A quel punto Luciano prese un grosso fallo di plastica e lo posizionò sul mio buco dell'ano. Iniziò a premere con forza, nel tentativo di farmi dilatare. Il mio ano sembrava rifiutare categoricamente quel fallo dalle dimensioni importanti e io lo implorai di smettere. "Mi fai male, smettila per favore, non resisto... mi stai spaccando tutta!", dissi a Luciano. Lui però non mi ascoltò e alla fine vinse la battaglia con il mio culo: il fallo entrò con fatica, dilatandomi il buco che iniziò a bruciarmi. Poi Luciano prese una corda e mi fece una specie di mutandina, che passava nella mia figa e tratteneva in posizione quel grosso fallo di plastica. Mi fecero rivestire, ma mi impedirono di rimettermi le mutandine, le calze e gli stivali. Mi infilarono il cappotto e Luciano mi disse: "Ora ti recherai da Alberto, un mio amico, che ti sta aspettando in via ... Avrai a tua disposizione venticinque minuti per raggiungere quel luogo, dove ti toglieranno quel cazzo dal culo. Ma ricorda: ogni minuto di ritardo ti costerà una frustata moltiplicata per il numero dei presenti a quella sessione. Loro sono in quattro, per cui per ogni minuto di ritardo riceverai quattro frustate. Sono le ventidue e trenta... vai e raggiungi velocemente Alberto. Ne hai tutta la convenienza!". Uscii dall'appartamento a piedi nudi, senza calze e senza le mutandine. Intanto quel coso ingombrante mi irritava il retto, mentre la corda già mi faceva bruciare l'interno delle labbra della mia figa. Appena appoggiai i piedi sul gelido pavimento del pianerotttolo un brivido mi serpeggiò nella schiena. Mi feci coraggio e scesi le scale, temendo che qualcuno mi potesse vedere in quelle condizioni. Raggiunsi la macchina, che per fortuna era poco distante dal portone della casa. Salii e posizionai il navigatore sulla via che dovevo raggiungere. La via era in zona dell'autostrada Milano - Genova e il tempo previsto dal navigatore mi gelò il sangue: ventotto minuti, tre in più di quelli che mi erano stati concessi. Avevo inoltre perso un paio di minuti per salire in macchina. Praticamente cinque minuti in tutto, che tramutati in frustate volevano dire... venti colpi! Partii a razzo e seguii le indicazioni del navigatore. Dopo qualche chilometro incontrai un posto di blocco della Polizia. L'agente mi fece segno di accostare e gentilmente mi chiese la patente e il libretto. Poi con estrema calma andò verso l'auto della Polizia e controllò i miei documenti. Io non scesi dalla macchina, in quanto ero scalza e senza calze. Mi avrebbero presa per pazza con quel freddo pungente. Poi l'agente tornò verso la mia auto e mi rassicurò sulla mia posizione di brava cittadina! Io tenevo i piedi ben nascosti sotto la pedaliera e con il cappotto coprii le gambe nude; il fallo nel culo era diventato insopportabile, mentre la corda con il suo sfregamento mi faceva bruciare l'interno della passera. L'agente si complimentò con me per la macchina, che in quel momento era l'ultimo dei miei pensieri: "Bella questa macchina... è un'Audi... sembra una coupè, ma in realtà è una spaziosa berlina. E via con tutti i complimenti di questo mondo (alla macchina!). Alla fine riuscii a ripartire e alle ventitre e dieci arrivai a destinazione. Dovetti lasciare la macchina un centinaio di metri lontano dal capannone, in quanto la strada sterrata era bloccata da una sbarra; scalza proseguii al buio, su una stradina fangosa piena di buche. Scivolai più volte, ma per fortuna riuscii a non cadere. Alle ventitre e tredici arrivai al capannone, dove mi aspettavano con trepidazione i quattro amici: erano trascorsi quarantatre minuti dalla mia partenza, che tradotti in frustate facevano... settantadue colpi! Per la seconda volta quella sera venni denudata e poi venni appesa a testa in giù per la punizione. Avevo sempre nel culo quell'oggetto ingombrante e le corde mi avevano ormai irritato irreversibilmente l'interno della figa. I quattro a turno, armati di fruste, mi colpirono settantadue volte: i miei seni, la mia schiena, tutto il mio corpo venne colpito senza pietà e alla fine solo la mia faccia e i miei piedi si salvarono da quel tremendo supplizio. Succede poi che coloro che sono addetti alle fruste ci trovano gusto nel sentire i lamenti della poveretta di turno, che grida e implora di smettere, puntualmente inascoltata. Anzi più gridavo e più loro ci mettevano forza nel frustarmi. All'inizio il dolore non è tanto, ma poi le fruste finiscono inevitabilmente per colpire più volte la stessa zona del corpo e lì iniziano i dolori: la pelle si arrossa e poi si lede, fino alla comparsa del sangue. Alla fine il mio corpo era pieno di segni rossi, lividi e anche piccole ferite sanguinanti. Mi tirarono giù sfinita, a fatica mi reggevo sulle gambe e mi liberarono il culo dal fallo di plastica. Dopo le frustate, ricevetti un fragoroso applauso e potei rivestirmi per fare ritorno a casa. Ero sempre scalza e percorsi la strada sterrata tra il fango, che era aumentato a causa della pioggia battente, che aveva intanto iniziato a scendere. Arrivai a casa infreddolita e disastrata nel corpo e nella mente. Mi ci vollero parecchi giorni e buone pomate per dimenticare quella sera da incubo! 16945 5 12 anni fa